Francia: Il modo più bello di scoprire Parigi dietro il suo computer!

Credo sia la visita virtuale di Parigi più bella, più poetica, più sensibile, che possa esistere! Perché non è una banale visita di Parigi attraverso i suoi monumenti, ma una visita di Parigi attraverso i suoi suoni ed i  suoi rumori perché vedere una città è una cosa, ma ascoltare una città è tutta un’altra cosa. Il principio è semplice: una mappa di Parigi in cui sono disseminati dei punti di colore che dovete cliccare e che rappresentano suoni catturati a prossimità di quei luoghi. Possono, secondo il codice colore, essere suoni di paesaggi, suoni presi dal vivo, suoni di una volta, suoni di testimonianze, suoni sentiti durante delle passeggiate con dei parigini attraverso le vie della città. Non c’è bisogno di conoscere il francese per apprezzare la bellezza dei suoni di Parigi! Quindi se avete visitato Parigi e se non avete ascoltato il suono della Senna oppure se volete semplicemente scoprire Parigi in modo originale, vi invito ad aprire le orecchie e cliccare sotto il doccione di Notre Dame!

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Scatto di Jérôme Prince. Collezione Prince, Parigi.

Oceano: Alla ricerca d’oro nella foresta dello scultore di alberi!

Ve l’ho già detto che la gente della penisola del Médoc è un popolo di raccoglitori e di mangiatori di funghi? E’ tanto vero che la gente prende le vacanze addirittura per andare a funghi e che viene matta in autunno, non solo per i funghi porcini ed i gallinacci, ma anche per un fungo squisito e altamente velenoso, chiamato bidaou in guascone (tricholoma equestre in italiano),  che cresce unicamente nella sabbia delle dune oceaniche. Va bene, oggi, non parleremo di quei bidaou di cui il consumo è vietato in Italia, ma di un altro fungo che cresce nelle immense pinete di pini marittimi che costeggiano l’Oceano Atlantico: i finferli. Dopo la stagione dei gallinacci e dei funghi porcini, i mesi che vanno da novembre fino a gennaio sono dedicati alla ricerca dei finferli. Ed io, oggi, ho assolutamente bisogno di trovare quei funghi perché è il contorno tradizionale che accompagna l’oca per il nostro pranzo di natale. Notate che i finferli non sono difficili da trovare perché si trovano per tonnellate, soprattutto nelle foreste in riva all’oceano e particolarmente in quelle di Lacanau. Quindi oggi vi porto al mare per cercare dei funghi, sorprendente no? Il mio “giacimento” si trova a Nord, non lontano dalla mia spiaggia segreta dell’Alexandre di cui ho già parlato più volte su questo blog, in una strana foresta ai piedi dell’ultima duna a ridosso dell’oceano.

 

Ve l’ho già detto che adoro camminare? quindi da dove ho lasciato la macchina a Lacanau, dovete camminare due ore attraverso la solitudine della foresta verso Nord prima di raggiungere il posto. Quando il clangore dell’oceano si fa più forte e diventa assordente; quando le vostre gambe non vi reggono più; quando i vostro polmoni sono pronti ad esplodere; quando avete un gusto di sangue in bocca, allora siete arrivati e vi resta a salire le ultime dune per raggiungere il mio giacimento di finferli.

Dentro una strana foresta, quasi spettrale, soprattutto quando c’è la nebbia e che soffia il vento, che vi ricorda che questo paese una volta veniva chiamato il paese mezzo morte. Non è la foresta di pini marittimi ben allineata e coltivata come la vigne, no, qui siamo davvero in un altro universo, un campo di battaglia dove si svolge una guerra eterna tra i pini e l’oceano per la conquista della duna. Sembra una foresta creata da un dio, una specie di maestro bonsai pazzo. Conoscete l’arte dei bonsai? E’ l’arte della costrizione perché essa consiste a costringere un albero a non crescere ed a mantenerlo in vita in uno stato fuori dal tempo naturale; è una costrizione tutta particolare perché lo scopo del maestro bonsai è mantenere un albero piccolo e bello senza uccidere l’albero. Il bonsai è un albero in equilibrio tra la natura e la morte; è una lotta tra un albero che vorrebbe crescere ed un uomo che lo costringe a rimanere piccolo. Ma qui, in questa strana foresta, non c’è di maestro bonsai perché la bellezza di quegli alberi alle forme bizzarre ed eccentriche è puramente fortuita e lo scopo della natura non è certamente di  creare opere d’arte, ma la morte. Qui niente maestro bonsai che costringe gli alberi con forbici, cesoie e filo di ferro perché la natura possiede già i suoi arnesi che sono il vento ed il sale. Solo con il vento e un po’ di sale, la natura riesce a creare tutta questa strana bellezza. Dico la natura, ma il pino marittimo ha il suo ruolo perché è lui che trova delle strategie per sopravvivere a questa costrizione permanente esercitata dalla natura per farlo crepare e se saliamo in cima alla duna, vedrete che i pini marittimi hanno sviluppato un’altra strategia per sopravvivere, quella di crescere addirittura all’orizzontale. Ed è in mezzo a questa foresta che si trovano i finferli. Un fungo magico che si nasconde sotto gli aghi dei pini, un po’ fastidioso a raccogliere, ma sono tanti numerosi che vi trovate con lo zaino pieno in una piccola ora e dovrete tornare perché i finferli cotti si conservano molto bene al congelatore e l’inverno si annuncia lungo.

 

 

Vino: l’ultima vendemmia dell’anno in Guascogna, quella di San Silvestro!

Forse pensate che, a Natale, a casa Alex si accompagna il foie gras con un Sauternes, un Sainte-Croix-du-Mont o ancora un Monbazillac e che è una cosa ovvia per un abitante del Sud Ovest della Francia e particolarmente di Bordeaux. Allora, sbagliate completamente e, se venite a Bordeaux, sareste sorpresi di scoprire che a Natale e per Capodanno, i bordolesi apprezzano particolarmente i vini bianchi dolci del Sud della regione e soprattutto quelli che provengono da un’altra parte della Guascogna e più precisamente dal dipartimento del Gers (il paese di D’Artagnan) che siano Madiran, Tariquet o Pacherenc-du-vic-bilh.  Per tradizione familiare, a natale, troverete sempre a casa mia un Pacherenc del Vic Bilh per bere con un foie gras. Il Pacherenc è un vino tutto particolare (anche i due altri vini del Gers citati d’altronde) perché la vendemmia dei vitigni di cui sono fatti i Pacherenc cioè gros manseng, Petit manseng, courbu e petit courbu si svolge fino alla fine dicembre e anche durante la notte di San Silvestro per quanto riguarda le vigne che si trovano sul comune di Viella; sono le vendemmie più tardive della regione e vi prometto che dopo, da gennaio fino a settembre, non vendemmiamo più!

 

Adesso un capodanno originale nel Gers con vino da fare sul posto. Un vendemmia di notte. Da dieci anni gli ultimi grappoli di Pacherenc, è un vitigno (nb: il giornalista sbaglia, Pacherenc è l’appellazione) sono raccolti la notte di San Silvestro a Viella. Servizio di….

“Be’ allora brindiamo là. Buon anno!”Su! alla salute del Pacherenc, questo vino che si vendemmia la notte di San Silvestro. A Viella è così da più di dieci anni. L’uva quasi “confit” è raccolto l’ultimo giorno dell’anno fino alle ultime ore. Un po’ per la tradizione e molto per la qualità del vino: il Pacherenc di San Silvestro. Certo che lo facciamo per il folklore, ma soprattutto per aver un prodotto nobile ed eccellente”. Si migliora la qualità? Sì, certo, altrimenti non lo faremo! Affinché tutti si divertono, la “partita” di vendemmia notturna è aperta a tutti che siano di qui o di altrove. Perché lei è venuta signora? Perché è la sera di San Silvestro e non volevo ritrovarmi in una sala piena di fumo. Il ragazzo: è bene. Fa vivere il paese. E’ per rendergli omaggio che Viella celebra in pompa magna la resurrezione del Pacherenc, questo dolce beveraggio che ha mancato morire e di cui, eppure, siamo tanti ghiotti. L’anziano: “Ma non credete che siamo qui nel paese per bere dell’acqua. Non è perché ci sono fonti “alla” montagna e poi non arrivano fino qui. Una pastorale creata da paesani volontari si è sistemata nella chiesa, il tempo di una storia, quella della vigna, quella delle sofferenze e delle gioie. Prima di assaggiare il vino nuovo, lo spettacolo si è proseguito nei vigneti; altri furono gli umili servitori del Pacherenc ben decisi a festeggiare.

 

Bacino di Arcachon: Santa Claus is coming to town!

Io sono ragazzo davvero malvagio! Volete una prova? Ogni anno, c’è questa tradizione di Babbo Natale che arriva ad Arcachon e il vecchio, che deve sempre distinguersi (l’abito rosso non basta!), raggiunge Arcachon, non con le renne che trainano la slitta però, ma in barca. La cosa più strana essendo che questa fottuta barca non vuole mai attraccare lungo il molo Thiers, ma si ostina ad ancorare in mezzo all’acqua a una cinquantina di metri dalla riva. E dunque ci sono membri del club nautico, tra i più temerari ovviamente perché ci vuole essere davvero intrepido per entrare in un’acqua a dieci gradi, che devono andare a cercare Babbo Natale (il nostro Babbo Natale non è americano quindi non ha i poteri di Superman) e portarlo sulle spalle fino alla riva. Anno dopo anno, la gente è sempre più numerosa ad assistere a questo spettacolo non banale di questo Babbo Natale che ha la fifa di cadere in acqua (basta vedere le smorfie del nostro Babbo Natale idrofobico). E io di pregare – notate che non devo essere il solo altrimenti non ci sarebbe tanta gente in spiaggia in una giornata di dicembre – “ma  fatemelo  cadere in acqua questo Babbo Natale, ma non c’è qualcuno per buttarlo in acqua sto cretino! Dai! sarebbe un bel regalo di Natale di vedere questa cosa e io che ho fatto tutto il tragitto da Bordeaux non merito un compenso? E sti cretini del club nautico non potrebbero fare finta di un malore per lasciare il loro fardello nell’acqua ghiacciata oppure una bella idrocuzione non potete farla cari amici nuotatori” E così dura la mia critica finché il tizio è messo al riparo sulla sabbia e, ogni anno, rimango deluso perché Babbo Natale non è finito nell’acqua. Ma l’anno prossimo! Speriamo! Forse avrò più fortuna!

 

In cucina con Alex: La migliore torta di mele del Mondo? E’ francese ed è la più facile da realizzare!

I fedeli lettori della rubrica “in cucina con Alex” sanno bene che ho una passione tutta particolare per i dolci a base di mele. Quindi dopo i nostri viaggi culinari in Normandia e in Loir-e-Cher dove siamo andati alla ricerca della torta di mele perfetta nelle stagioni precedenti di Bordeaux e dintorni, oggi, sempre in ricerca di questa perfezione, vi porto semplicemente a casa mia per realizzare una delle torte di mele tra le più conosciute dai francesi e sicuramente la più facile da fare. Voglio parlare della torta sottile alle mele (tarte fine aux pommes). In francese, la parola “fine” è polisemica e può applicarsi a mille cose. Qui, “fine” per designare la sottigliezza della pasta sfoglia e anche “fine” nel senso “succulenta”. Comunque basta con la linguistica perché lo scopo della ricetta di oggi e farvi esclamare come l’attore-filosofo belga, Jean-Claude Van Damme: “Vedi, io questa storia di Adamo ed Eva non ci credo proprio più perché non sono completamente cretino, una mela non può essere brutta, è pieno di pectina“. Di più le mie sono anche piene di burro e di zucchero a velo!

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Gli ingredienti:

  • 4 o 5 mele
  • 150 g di burro salato
  • 150 g di zucchero a velo
  • 250 g di pasta sfoglia (io ho comprato un rotolo di pasta sfoglia rettangolare, dà un tocco veramente francese alla torta di mele)

Vedete niente di complicato! In realtà, il più estenuante in questa ricetta di torta di mele, è di aprire e di chiudere la porta del forno!

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Preriscaldate il forno a 180 gradi e stendete la pasta sfoglia con la sua carta da forno su una placca  rettangolare e ponete sopra una delle griglie del forno (per contrastare il rigonfiamento della pasta durante la cottura). 5 minuti al forno con la griglia, poi 5 minuti di cottura della pasta senza la griglia e di nuovo 5 minuti di cottura con la griglia. Non l’avevo detto che il più difficile era di aprire e di chiudere la porta del forno!

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Il risultato!

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Pelate e tagliate le mele a fettine sottili…

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Disponete le fettine di mele sulla pasta sfoglia. Adesso la cottura si fa in tre volte di dieci minuti. Fate sciogliere il burro nel microonde e spennellate generosamente le mele di burro fuso, poi spolverate abbondantemente le mele con dello zucchero a velo. Al forno per dieci minuti….

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Togliete di nuovo la torta di mele dal forno e rincominciate l’operazione burro e zucchero a velo e di nuovo al forno per dieci minuti. Poi, si ricomincia un’ultima volta l’operazione e, normalmente, alla fine non avete più né burro, né zucchero a velo (lo dico perché gli italiani sono un po’ pigri con il burro, ma dovete utilizzare i 150 g di burro e tutto lo zucchero a velo).

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Il risultato!

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Buon appetito!

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In cucina con Alex: il viaggio nel Loir-e-Cher!

 

Il ragazzo delle Lande di Guascogna che pensava alla morte mentre cavalcava l’onda più alta del Pianeta!

Il 11 dicembre a Nazaré (Portogallo), il “big wave rider” landese, Benjamin Sanchis, è riuscito a domare, per quaranta secondi (un’eternità), l’onda più alta mai surfata da un essere umano, una scogliera d’acqua di più di cento piedi (30 metri). Immagini che danno i brividi.

“Molti di voi diranno che sono pazzi. Loro dicono semplicemente che sono appassionati. Surfisti venuti dal mondo intero si sono dati appuntamento in Portogallo e avevano una sola cosa in testa, la fine del mese di dicembre è il periodo propizio in cui si disegna L’ONDA, quella di Nazaré. Una sfida dunque e una reale scarica di adrenalina. Guardate, i commenti sono di Arnaud Ursule: E’ l’onda della sua vita. Su questo muro d’acqua di 30 metri, il francese Benjamin Sanchis appare minuscolo. Dopo quaranta secondi di surf, finisce per cadere in acqua. La potenza dell’onda lo trascina sotto acqua su più di 200 metri. “Ho vissuto la più incredibile esperienza di surfista mai vissuta. Dopo alcuni tentativi, sono riuscito a tornare in superficie quando la seconda onda mi ha semplicemente polverizzato. Ho pregato per non essere portato verso la scogliera altrimenti sarebbe stato la fine e nessuno sarebbe potuto aiutarmi, avrei finito dilaniato nelle scogliere”. 30 metri, è l’altezza di un palazzo di 10 piani. Delle onde eccezionali che nascono in Portogallo al largo di Nazaré. Depressioni, venti potenti, questi ultimi giorni le condizioni meteo hanno risvegliato il Mito. I migliori surfisti al mondo sono venuti per misurarsi. Specialisti di onde giganti tanto talentuosi quanto intrepidi”.

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Indovinello: sapreste dirmi a cosa serve questo oggetto tipicamente francese?

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E’ un arnese indispensabile a tutte le famiglie francesi durante il periodo natalizio. In Guascogna dove siamo più civilizzati delle altre regioni francesi, lo utilizziamo durante tutto l’anno e non solo a Natale (d’altronde ne possiedo una decina a casa). Un’idea?

Nessun’altra proposta? Bene, allora vi do un indizio!

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L’arnese, indispensabile a tutte le famiglie francesi durante il periodo natalizio, ha lo stesso nome di uno strumento di musica molto utile per attraversare gli inferni e ammansire i rottweiler greci che hanno la curiosa particolarità di essere tricefali. Adesso che avete il nome dell’oggetto, dovete trovare la funzione (senza l’aiuto di Google però! Onestamente con un po’ di riflessione).

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Si vede che, la “cosa” tagliata dall’oggetto indispensabile a tutte le famiglie francesi durante il periodo natalizio, non fa assolutamente parte della cultura italiana! Avete già indovinato che la “cosa” tagliata si mangia quindi ecco un terzo indizio con la gelatina di vino di Sauternes che accompagna tradizionalmente la “cosa” a natale nella Alex’s family. Sono sicuro che avete trovato, altrimenti ci sarà un ultimo indizio!

Bacino di Arcachon in cui San Nicola è morto dopo una scorpacciata di ostriche!

Ogni anno, la città di Andernos, che si adagia sulla riva est del bacino di Arcachon, organizza per la San Nicola sui moli del piccolo porto ostricolo la sua festa delle ostriche e del vino dell’Entre-deux-Mers; non c’è niente di meglio che uno o due bicchieri di vino bianco dell’Entre-deux-Mers per mandare giù una dozzina d’ostriche di Arcachon o del Cap-Ferret. E’ qualcosa di proprio incredibile perché sembra che tutta la città di Bordeaux si sia recata ad Andernos per festeggiare le ostriche; ma veramente, in quel giorno di San Nicola c’è più gente ad Andernos che per il 14 luglio o per Ferragosto. Notate che Andernos è una città molto vivente in inverno, molto di più della città di Arcachon che sembra una vecchia signora un po’ assopita. C’è una spiegazione abbastanza semplice: Andernos ha una popolazione attiva e giovane mentre Arcachon possiede una popolazione di pensionati. L’anno scorso, ho dovuto rinunciare alla festa delle ostriche perché non sono riuscito a trovare nemmeno un posto di parcheggio e sono andato a passare la giornata al Ferret! (la gente di Bordeaux non dice il Cap-Ferret, ma semplicemente il Ferret). E non pensate che sia solo per questa fottuta festa delle ostriche, è così ogni weekend appena c’è un raggio di sole!

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Moli gremiti di persone che passeggiavano tra le capanne degli ostricoltori, sempre pronte a sguainare il loro bicchiere a tulipano che portano al collo, appena l’occasione di inghiottire qualche ostrica si presenta; persone che chiacchieravano a proposito di tutto e di niente: dalla prima brina di questa mattina all’ultima vittoria dei Girondini di Bordeaux; bambini saliti sulla grande scala dei pompieri e che urlavano di gioia; gruppi di Hell’s Angels venuti da tutta la regione per fare ammirare e fare fremere i motori delle loro Harley-Davidson in un rombo infernale; giro a due euro della città in Limousine extra lunga per fare finta di essere un VIP; cuochi più rinomati di Bordeaux presentando sotto un tendone mille e uno modi di cucinare le ostriche e l’autore di questo blog di ritrovarsi i piedi schiacciati per aver avuto la pessima idea di avvicinarsi al palcoscenico!; regate di vecchie barche tipiche del bacino di Arcachon chiamate “pinassotte” e che rappresentano diversi paesi di Arcachon che si sfidano; il nostro palio in qualche modo; gare di “bandas” che massacrano canzone e che suonano per la millesima volta “vino griego“, cosa sarebbe una festa nel Sud Ovest senza una banda? Notate che sono quasi diventato sordo dopo il mio incontro con un bagad bretone, credo che il suono prodotto da una decina di cornemuse sia la cosa più pesante per un orecchio su questo pianeta…E così via fino ai fuochi d’artificio che illuminarono il cielo e le acque del bacino di Arcachon in una notte in cui la temperatura non superava i 6 gradi! Giornata di follia ordinaria sul bacino di Arcachon.

 

In cui l’autore di questo blog si avventura in un misterioso palazzo sotterraneo sotto una collina di Saint-Émilion!

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La nebbia è così densa che, sulla vecchia strada provinciale tra Bordeaux e Bergerac, i cartelli stradali che indicano orgogliosamente che i paesaggi vitivinicoli di Saint-Émilion sono classificati al patrimonio mondiale dell’Unesco sono invisibili; a malapena si riesce a scorgere ogni tanto un ceppo di vite e la sagoma fantomatica  di uno di quegli château che fanno la fama di Bordeaux. E dire che a Bordeaux il sole splendeva! I due fiumi dei bordolesi attraversati e mi ritrovo in questa strana nebbia che si potrebbe tagliare al coltello come si dice in francese. Guardo il termometro della macchina che dice che la temperatura esterna è di 14 gradi. Non male per una fine novembre alle nove della mattina! Sarà ancora un’ennesima giornata calda, di questo caldo che non si lascia in pace da settembre. Conoscendo un po’ il paese di Saint-Émilion, so che la nebbia non si disperderà prima la fine del pomeriggio. Non sarà ancora oggi, cari lettori, che vi porterò a Saint-Émilion per scoprire le meraviglie architetturali della cittadina medievale oppure ad osservare i turisti asiatici che spendono un capitale nelle enoteche e  bevono, estasiati, delle risciacquature di botti (pura gelosia da parte mia). D’altronde oggi,  con la nebbia, non ci sarà nessuno a Saint-Émilion. I negozi ed i ristoranti devono essere chiusi e solo i gatti devono bazzicare gli antichi sampietrini della città. Non vi lamentate perché questa nebbia è una benedizione, l’occasione che mi è data di farvi scoprire un palazzo davvero insolito che si nasconde dentro una collina di Saint-Émilion, sotto un vigneto, e non sto parlando di una cantina, ma di un vero palazzo degno di un re e che possiede d’altronde anche la sua galleria degli specchi, più modesta certo, ma comunque un po’ come quella che potete ammirare a Versailles. Sicuramente uno dei tesori architetturali più pittoreschi di Saint Emilion; e diciamo che il tempo nebbioso è davvero propizio per visitarlo perché è un palazzo di cui emana un’atmosfera poetica e quasi onirica e d’altronde questo palazzo è nato grazie all’ammirazione del suo ideatore per un romanzo! Forse pensate che sto esagerando come al solito e dubitate che possa esistere un palazzo di questo tipo a Saint-Émilion? Bene. Allora andiamoci!

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Il sito si chiama le grotte di Ferrand ed è situato in un paesello di Saint-Émilion che si chiama Saint-Hippolyte a sud est di Saint-Émilion. Un bellissimo paese su un’altura che domina tutta la vallata di Saint-Laurent-des-Combes dal nome di un altro piccolo paese di Saint-Émilion. A cosa assomiglia Saint-Hippolyte? Un’adorabile chiesetta romanica, un numero di Château che supera il numero delle abitazioni, vigneti a perdita d’occhio e meno di 200 abitanti che si dedicano tutti a Bacco. Le grotte di Ferrand sono conosciuti da tutti gli escursionisti del dipartimento – un po’ meno dai nostri visitatori -perché il sentiero che parte da Saint-Émilion per fare tutto il giro dei vigneti e uno dei più belli della regione e attraversa la tenuta vinicola dello château di Ferrand dove si trovano le famose grotte. D’altronde se avete qualche denaro da spendere in un vino…ma lo château di Ferrand non ha bisogno di pubblicità su Bordeaux e dintorni per vendere il suo vino, è un grand cru classé…

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In cima alla collina di Saint-Hippolyte c’è lo château di Ferrand. Basta lasciare l’auto davanti alla chiesetta e poco prima l’ingresso dello château, girare a sinistra e scendere il sentiero su 100 metri tra le vigne per raggiungere le grotte di Ferrand. Forse mi chiederete cosa hanno di speciale queste grotte di Ferrand? In realtà non sono semplicemente delle grotte, ma un palazzo delle meraviglie che è stato ideato, scavato nella falesia e allestito nel XVII secolo dal proprietario dello château che, non solo era viticoltore, ma anche avvocato, uomo di lettere e poeta. Il signor, che non ha lasciato il suo nome alla posterità letteraria, si chiamava  Elie de Bétoulaud ed aveva tre passione nella vita: il Re Luigi XIV, la signorina di Scudéry che fu la sua musa e la sua amante immaginaria e il più grande romanzo europeo del XVII secolo (non l’ho letto ma il libro racconta diverse storie d’amore insieme alla storia della Gallia del V secolo): L’Astrea di Honoré d’Urfé. Figuratevi che il nostro viticoltore e poeta bordolese era tanto pazzo di questo romanzo che aveva preso addirittura lo pseudonimo di Damon, uno dei protagonisti del romanzo, credo sia un pastore nel libro. Ma non solo questo ed è lo straordinario potere della letteratura: Il nostro viticoltore-poeta-pastore si è messo in testa il progetto di riprodurre le grotte che sono descritte nel romanzo e ci è riuscito! Non solo ha ricreato le grotte, ma anche tutto un giardino su tre livelli con delle piante esotiche, dei bacini con delle carpe…insomma un palazzo sotterraneo ed anche un teatro di verdura come scrigno a questo palazzo straordinario. Ovviamente esisteva già qualche grotta nella falesia con tracce antichissime di presenza umana; è qualcosa di abbastanza comune nella regione. Ma le grotte artificiali scavate e create dal nostro viticoltore-poeta sorpassano l’immaginazione. Perché non sto parlando di una semplice grotta, ma di tutta una rete di grotte collegate tra esse e che corrono su una falesia che fa più di cento metri di lunghezza. Una delle grotte si chiama la camera d’amore ed è dedicata alla signorina di Scudéry e probabilmente il poeta veniva sospirare e declamare delle poesie in alessandrino dedicate alla sua musa. Non penso che la Scudéry avrebbe lasciato la Corte di Versailles per raggiungere il suo poeta cavernicolo! Un’altra stanza è stata scavata in forma di lira ed è dedicata ovviamente alla musica, un’altra grotta è in forma di croce. C’è una grotta chiamata la camera del Re e destinata probabilmente ad accogliere il re Luigi XIV; figuratevi che c’è anche una cappella reale. Al centro di questo strano palazzo c’è il labirinto. Sì, un vero labirinto indistricabile come quello del Minotauro, scavato nella falesia e costituito da corridoi, stanze cieche e di una galleria che corre su 30 metri e curiosamente chiusa al centro con una pietra forata da una ventina di buchi, questo luogo particolare del labirinto si chiama il confessionale, probabilmente perché c’è anche un banco da una parte e l’altra di questa misteriosa pietra. La parte più orientale del palazzo comprende  la galleria degli specchi, lunga 33 metri e che comunica con l’esteriore grazie a nove corridoi perpendicolari, è un omaggio alla galleria degli specchi della Reggia di Versailles e al re Luigi XIV. In realtà, tutto il palazzo è dedicato a Luigi XIV e se nelle immagini vedete un universo oscuro ed umido dove l’autore di questo blog annaspa in ogni pozzanghera nelle grotte e riesce ad orientarsi solo grazie al flash della macchina fotografica, dovete fare un piccolo sforzo di immaginazione perché, una volta, era un universo solare, direi anche accecante. Quando la gente passeggiava nella galleria degli specchi, poteva immaginare trovarsi nella galleria degli specchi di Versailles. La galleria era riempita di piante esotiche e di statue antiche, di marmi pregiati sulle pareti. La galleria è orientata sud ed i nove corridoi che comunicano con l’esteriore hanno una ragione di essere. Lasciano passare il sole di cui i raggi andavano illuminare le nicchie dove erano iscritti le lettere che costituivano il nome di  Luigi XIV. Anche la finestra della cappella è stata creata apposto per illuminare un bassorilievo che raffigurava il re. La strana pietra forata permetteva di creare un cielo stellato dove al centro risplendeva il nome del re. Insomma tutto creato da de Bétoulaud secondo il principio che non deve esistere in Francia un giorno in cui il sole non faccia il suo inchino al re. Quando siete in questo palazzo, non dovete vedere soltanto i graffiti lasciati da generazioni di visitatori, ma tutto l’universo onirico creato in queste grotte: le statue antiche, le piante esotiche, la madreperla, il cristallo, gli specchi, le conchiglie di San Giacomo, il corallo che tappezzavano ogni parete delle grotte. Dovete immaginare le stanze allestite con mobili lussuosi, arazzi dei gobelins; dovete immaginare il giardino e le fontane, la terrazza dove si passava le giornate a tavola, il tintinnio dei bicchieri di Saint-Émilion, la gente giocare a moscacieca nel bosco, la rappresentazione di un’opera di Molière…d’altronde mi sono stregato da solo e mi sembra sentire il suono di un menuet di Lully che proviene dalla nebbia…….