Dietro questo cartello c’era una duna, non una duna qualsiasi però, una duna piantata dai miei antenati per proteggere il nostro litorale. Una duna che sfidava orgogliosamente l’Oceano da più di cinquant’anni. Una duna ancora bambina e che sognava di essere un giorno bella come l’adolescente smorfiosa di La Teste de Buch all’ingresso del Bacino di Arcachon. Una duna piantata secondo i metodi tradizionali di questo paese di piantatori di dune cioè con una palizzata fatta con dei pini marittimi che veniva rialzata man mano che la sabbia si ammucchiava intorno e dei rami di tamerice per impedire la sabbia di volare via quando soffia il vento dal golfo di Biscaglia. Piantare una duna è un lavoro di una pazienza inaudita che scoraggerebbe anche il vecchio Sisifo con il suo masso. E tutto questo è stato travolto da un’onda assassina venuta dall’altra parte della Terra. La mia duna non profumerà mai più di curry quando fioriscono le immortali, non ammirerò più la fioritura delle unghie delle streghe che colonizzavano i suoi fianchi, non mi arrabbierei più silenziosamente, l’estate, contro i turisti che, nonostante il cartello, calpestavano le linarie a foglie di timo, i poligoni marittimi, le euforbie…perché mi sentivo proprietario della mia duna e soltanto io avevo il diritto di percorrerla. Mentre vago con altri abitanti sbalorditi davanti al disastro delle dune portate via dall’Oceano e dal litorale che ha indietreggiato ancora di una decina di metri quest’anno, sento la gente venuta da Bordeaux e di altrove che si estasia davanti allo spettacolo della marea del secolo, davanti a queste onde mostruose che si infrangono sulla spiaggia; sciacalli che utilizzano tutti gli aggettivi del dizionario francese per descrivere la nostra sciagura: “Bello, spettacolare, impressionante, straordinario, stupendo, mozzafiato…E io che ho perso un’amica, mi viene da piangere…
Archivio mensile:febbraio 2015
Oceano: la guerra a Lacanau!
Domenica 22 febbraio. Mentre sto camminando attraverso la foresta per raggiungere la mia spiaggia preferita: L’Alexandre tutta al Nord di Lacanau, sto ripensando a questa mandria di mucche marine che è stata sistemata nella riserva naturale dietro casa mia. Questa razza di mucche che tutti pensavano estinta ancora qualche anno fa è una specie di miracolo. Ai tempi di Napoleone III, a Parigi, qualcuno decise di fissare le dune del paese Mezzo Morto e di creare la più grande foresta di pini marittimi del Mondo per fornire l’industria in legno, ma soprattutto per la resina che permette di produrre la pregiata trementina. Allora, ci fu la guerra alle mucche selvagge ed ai cavalli che campavano in libertà, da migliaia di anni, in questo paese alla fine del Mondo; i cavalli e le mucche erano il nemico: mangiavano i germogli dei pini e per questa ragione dovevano sparire dalla faccia della Terra. Si diceva che l’ultima mucca selvaggia era stata abbattuta da un cacciatore negli anni 1950. E poi, il miracolo! Negli anni 1970-1980, una mandria di mucche marine è stata ritrovata per caso nella stalla di una cascina e da allora gli uomini tentano di reintrodurre le mucche marine nelle paludi del paese Mezzo Morto….
Mentre sto leggendo al riparo del vecchio bunker nazi che ha capitombolato dalla cima della duna, mi ricordo che quando ero bambino c’erano dei bunker anche sulla spiaggia principale di Lacanau. Poi sono stati demoliti perché erano diventati pericolosi per i bambini e gli adolescenti che ne avevano fatto il loro terreno di gioco. Anche a Lacanau c’è la guerra, ma un altro tipo di guerra, una guerra già persa: la guerra contro l’oceano. Gli uomini lavorano ad arginare il fronte mare della modesta località balneare. Per il momento sono riusciti solo a frenare l’avanzata dell’oceano e hanno dovuto elaborare un piano per sgomberare le case più vicine alla battigia. In primavera fino all’autunno ci sarà la tregua estiva, poi la guerra ricomincerà in inverno e gli uomini, che conoscono bene il loro vecchio nemico, hanno già notato la sua nuova strategia: aprire due nuovi fronti a Sud ed a Nord per prendere in tenaglia la cittadina. Non c’è niente da fare, dobbiamo rassegnarsi. E’ la stessa vecchia storia di sempre: Paesi che appariscono e Paesi che spariscono…
Achtung für badende. Der stand ist nicht überwacht avverte il cartello per ricordare ai turisti tedeschi che l’Oceano è pericoloso. Osservo il vecchio cannone tutto arrugginito che punta fuori dal bunker e mi chiedo che vita hanno avuto questi soldati che hanno trascorso la guerra in questo paese ad aspettare lo sbarco. Una volta, avevo incontrato un uomo parlando un francese perfetto che era venuto dalla gelida Germania sulle tracce del padre che aveva fatto la guerra qui. L’avevo accompagnato, Virgilio silenzioso, nel suo pellegrinaggio ed avevamo percorso il vallo atlantico dal Cap Ferret fino a Le Verdon…
Seguo dallo sguardo la direzione indicata dal vecchio cannone verso l’Oceano e mi sembra distinguere lo scheletro di una balena. Incuriosito, lascio il riparo del vecchio bunker nazi per andare a vedere cosa la mareggiata di ieri ha riportata a galla. Ho già la mia piccola idea. Le nostre spiagge prendono spesso il nome di una nave che ci ha fatto naufragio. L’Alexandre era il nome di una nave che aveva fatto naufragio dopo la seconda mondiale, qui abbiamo il Cantabria, una nave spagnola sfuggendo la guerra di Spagna che si è arenato volontariamente con i suoi 500 passeggeri su questa spiaggia nel 1936 dopo che il governo francese abbia rifiutato di accogliere questi profughi e chiesto alla nave di tornare indietro con il suo carico di donne, bambini, nonni. E come gli uomini sono spesso più generosi che i loro governanti, certi di questi passeggeri sono stati adottati dagli abitanti del comune e hanno fatto la loro vita a Bordeaux. Tutto questo mi ricorda che Bordeaux è sempre stata una città spagnola e tra i suoi più illustri cittadini, ci fu Francisco Goya, un altro profugo che sfuggiva al terrore di un’altra guerra, quella del 1824 in Spagna….Mi sono lasciato intrappolare dal tempo circondato da tutti questi fantasmi e sono già le sei e mezzo, il sole sta per tramontare e adesso devo riattraversare tutta la foresta nel buio.
San Valentino: Gli amanti di Bordeaux!
Gli amanti di Bordeaux, terracotta realizzata da Pistillus tra la fine del II secolo e l’inizio del III secolo d.C. Scoperta in una casa bordolese nel 1850.
Ai tempi di Asterix, Bordeaux si chiamava Burdigala e i suoi abitanti non bevevano frascati come i barbari romani o cervogia come i selvaggi galli, ma già vini pregiati! In febbraio, i civili bordolesi non sacrificavano capre per i lupercali e non avevano bisogno di frustare le loro donne per renderle fertili come si faceva nel terzo Mondo (diciamolo chiaramente, in Guascogna, i disturbi sessuali di cui soffrivano i poveri romani erano completamente sconosciuti, un po’ come la paura per i vichinghi). Anzi, in una città civilissima come Burdigala, gli antichi bordolesi avevano addirittura altre usanze e quella di fare dei doni alle loro donne, senza scopo, soltanto perché le amavano, era molto diffusa (e non solo in febbraio). Non credete quello che leggete nei libri oppure su internet: è cosi che è nata la festa di San Valentino! In realtà, il primo Valentino repertoriato si chiamava Valentignac ed era viticoltore a Marojallia (Margaux) nel Médoc. Una volta, a Burdigala, non si produceva vino per l’esportazione, ma per il consumo locale. Solo quando i bordolesi non riuscivano a bere tutta la quantità di vino prodotta, i viticoltori prendevano il mare oppure la via Agrippa per tentare di vendere il loro vino ai barbari che siano romani o galli. Probabilmente, è quello che è successo al nostro Valentignac bordolese che si è ritrovato alla fine del II secolo, in pieno inverno, tra i bevitori di cervogia, in un paesello chiamato Augustodunum (Autun) a fare il giro delle taverne per spacciare qualche botte di questa bibita in provenienza dalla lontana Novempopulana (Aquitania), tanta esotica al palato grossolano dei barbari. E il Vascon (guascone) Valentignac che era già buon negoziante in vino è riuscito a vendere una parte della sua merce. Non abbastanza per regalare alla moglie una collana preziosa o una figurina in bronzo, ma comunque abbastanza per entrare nella bottega di Pistillus, un cloroplasta (vasaio) rinomato in tutta la Gallia per le sue figurine e statuette di terracotta e acquistare questa bellissima terracotta che raffigura l’immagine perfetta della felicità di due innamorati. I due amanti sono sdraiati su un letto romano, nudi sotto le lenzuola e si tengono abbracciati, l’uomo accarezza amorevolmente il mento della donna sussurrandole probabilmente delle parole d’amore, un cane dorme sul letto arrotolato su se stesso. Non vi fa tenerezza questa terracotta? Non la comprerete per la festa degli innamorati come l’ha fatto Valentignac nel corso del secondo secolo d.C? Questa modesta terracotta è stata battezzata: gli amanti di Bordeaux perché è stata scoperta in una casa di Bordeaux negli anni 1850 (potete vederla non lontano da Parigi, al museo delle antichità nazionali di Saint Germain en Laye). La storia non finisce qui. Quando il nostro Valentignac torna a Burdigala, frettoloso di ritrovare la moglie per farle il suo dono, le porte della città sono chiuse. Una guerra è scoppiata tra i civili abitanti di Burdigala ed i barbari romani e Valentignac che vuole tornare al più presto a coltivare la sua vigna presso la moglie si propone per negoziare con i romani: “Barbari, ci avete invasi perché eravate convinti che la dieta bordolese a base di ostriche di Arcachon guarirebbe la vostra impotenza sessuale. Risultato zero e avete esaurito tutti i nostri giacimenti di ostriche. Adesso non frustate e tentate di violentare soltanto le vostre matrone e le vostre arpie, ma anche le burdigalesi che incrociate per le vie della città, ultimamente avete ricoperto le mura di Burdigala con dei graffiti pornografici per tentare di eccitarvi. Francamente, se volete continuare a vivere tra noi, dovete civilizzarvi e rinunciare a tutte queste stupidaggini. Siamo in febbraio quindi invece di frustare le donne, fate dei regali come quello che mi preparo a fare a mia moglie. Le violenze domestiche non vi porteranno da nessuna parte, allora provate la tenerezza…ecc…” E’ questa storia di Valentignac che è all’origine della festa di San Valentino e che si è diffusa nel mondo intero. Adesso come i barbari romani hanno fatto di Valentignac, un semplice viticoltore di Marojallia innamorato di sua moglie, un santo chiamato Valentino? Non me lo spiego. Mistero.
Parigi, città ROMANTICA!
Cosa può fare il pasticcere dilettante e pigro a Bordeaux, una domenica mattina, con meno di 10 euro? Terza parte
Se avete mancato la prima parte, cliccate qui! e per la seconda parte dovete cliccare qui!
Andare dal panettiere verso le dieci, fare la coda e sperare che il cliente davanti a lui non abbia la pessima idea di ordinare i tre ultimi dolci che vengono chiamati duomi (dômes) dal pasticcere e cosi (trucs) dalla zia dell’autore di questo blog. Truc in francese significa coso e lei non dice truc perché non trova un’altra parola per designare questo tipo di dolce! Ma perché truc è anche una parola di guascone marittimo che significa “duna”. D’altronde, se un giorno andate al Cap Ferret, c’è una spiaggia che si chiama la spiaggia del Truc Vert. E gli indigeni non hanno chiamato la spiaggia il “Coso Verde” perché non avevano abbastanza di fantasia per trovare un altro nome come lo pensano i turisti, ma semplicemente per dire la duna boschiva.
Vino: Il vino di Bordeaux che manderebbe in bestia qualsiasi tifoso della Squadra Azzurra! (e non solo!)
Interessante scoperta fatta questa mattina mentre “gringonnevo” (il verbo bordolese “gringonner” significa fare le pulizie, spazzare…ecc…) nella mia cantina. Avevo completamente dimenticato questa bottiglia di vino rosso che manderebbe in bestia qualsiasi tifoso della Squadra Azzurra. Eppure sono capace di ricordarmi cosa facevo il 11 giugno 1998, il giorno della partita Italia-Cile allo stadio municipale di Bordeaux e come questa bottiglia improbabile si è ritrovata a casa mia. Il suocero di mio fratello lavorava allora in un’azienda specializzata nelle comunicazioni e satelliti militari e gli impiegati avevano ricevuto dei biglietti VIP per la partita Italia-Cile. Il tizio non poteva andare a vedere la partita e mi aveva proposto il suo biglietto con tanti raccomandazioni perché era in tribuna presidenziale e dovevo assolutamente indossare una cravatta il giorno della famosa partita. E io questa fottuta cravatta l’avevo cercata durante tutta una settimana nei negozi bordolesi e mi era anche costata un capitale. La vigilia della partita, il tizio mi telefona, seccato, per dirmi che lui non aveva più il biglietto perché l’azienda l’aveva regalato ad un cliente. Ed io mi sono ritrovato come un imbecille con la cravatta che non serviva più a niente. Tanto disgustato che non ho nemmeno guardato la partita in T.V e che sono andato a trascorrere la fine pomeriggio in spiaggia. Poi, ho saputo dal mio fratello che suo fottuto suocero aveva comprato in anticipo una cassa di vino speciale “Mondiali” per festeggiare la vittoria certa dei Bleus e mi ricordo che abbiamo molto riso di questa stranezza. Qualche giorno dopo la finale Francia-Brasile, sono stato invitato ad un’immensa festa organizzata dal suocero per celebrare la vittoria della Francia e il suo compleanno. Ed io non ci volevo andare tanto ero ancora vessato da questa storia del biglietto e, chissà come, mio fratello è riuscito a convincermi, ma sono arrivato in ritardo, dopo l’aperitivo, e la gente aveva già mandato giù alcune bottiglie di Champagne. Mi ricordo che il suocero non smetteva più di cantare: I will survive di Gloria Gaynor. Era troppo per me! Prima il colpo del biglietto, poi questa fottuta canzone. Cosa ho fatto allora? Una cosa orrenda che rimpiango ancora oggi! Ho proposto di occuparmi del vino per la cena e il suocero mi ha mandato in cantina per cercare la sua famosa cuvée speciale “Mondiali”. E volendo vendicarmi sempre di questa storia del biglietto, ho portato, stappato e messo in caraffe una decina di bottiglie senza etichette pensando che si trattava di un vinello qualunque ancora peggio della cuvée mondiali. Mi ricordo ancora di avere pensato: “e adesso, cara Gloria Gaynor, vediamo se riesci a sopravvivere al tuo vino”. E ho visto per la prima volta della mia vita una cosa allucinante: un tizio disubriacarsi subitamente accorgendosi che la gente stava bevendo i suoi migliori Pomerol. Ho detto che rimpiangevo questa serata, ma non troppo comunque, altrimenti non avrei derubato questa bottiglia per conservarne il ricordo! 🙂
Bordeaux sotto la neve!
L’ultima volta che ha nevicato a Bordeaux, correva l’anno 1956. Mia madre era bambina, il nonno aveva fatto una follia acquistando un’auto, ma soprattutto la prima televisione del quartiere e la gente si precipitava in casa dei nonni la sera per guardare l’unica rete francese. Il riscaldamento si faceva ancora con vecchie stufe a carbone e non c’era l’acqua corrente nelle case bordolesi e la gente doveva attingere l’acqua alla fontana del quartiere….La vecchia gente bordolese che ha conosciuto questo incredibile e unico giorno di neve in 2500 anni di storia bordolese, ne parla ancora oggi come se avesse sopravvissuto alle sette piaghe d’Egitto. E potete vivere in Finlandia e avere tre metri di neve ogni inverno, non lo raccontate ad un vecchio bordolese! Perché lui, navigato, vi risponderà: E’ niente! Si vede che lei non ha conosciuto la nevicata del 1956 a Bordeaux! 🙂
Italiani, popolo di santi, poeti, navigatori e….massacratori di lingue straniere!
Francamente, se siete francesi e che esitate ancora a recarvi in Italia per l’Expo 2015, basta andare sul sito internet dell’Expo per farvi definitivamente passare la voglia di una vacanza in Italia. La versione francese del sito è un insulto alla lingua di Molière. Se fosse ancora in francese maccheronico, sarebbe divertente. Ma no! è ancora peggio! Ho tradotto un testo intitolato: La nourriture dans l’art, de 1600 à Warhol dal francese all’italiano, così vi renderete conto del massacro. E ancora, sono riuscito a rendere il mio testo italiano più comprensibile di quello in francese 🙂
Di Campi a Baschenis, Ceruti, Figino, di Magritte a De Chirico, passando da Manzoni e Fontana ed arrivare a Warhol. Alcuni dei maestri dell’arte ad ammirare alla mostra “il cibo nell’arte. Capolavorabarbadori grandi maestri di 1600 a Warhol”, a Brescia dal 24 gennaio al 14 giugno 2015.
Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita: il Tema di Expo Milano 2015 sul web.
Coordinandosi con il Tema di Expo Milano 2015, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, la mostra esemplificarà, utilizzando un criterio iconografico e cronologico, che i maestri, in attività dal XVI al XIX secolo, amamereste designare piatti, cibi dai loro paesi di origine e proposti di piatti ormai scomparsi.
100 le opere in mostra, la più parto di storia dell’arte italiana, a partire dalla fine del 1500 a oggi. Proponendo un legame importante con il tema di Expo Milano 2015 – bene ha egli spiegato il direttore della mostra David Dotti. – Si tratta di un viaggio nell’arte, nel cibo e nei luoghi: gli artisti erano molto sensibili ai tradizioni dai loro paesi di orgighin. I maestri napolitani fighirorerono il “casatiello” o le “sfogliatelle” ed i maestri della Toscanaba e dell’Emilia Romagna si vedono i salami, mentre che il quadro della Lombardia protagonista è alcune volte la selvaggina”
Do 1600 a Wharol il cibo è un sistema di comunicazione che viagga da più di 4 secoli.
Tra i diversi capolavoro in mostra si trova per esempio i ” mangiatori di ricotta – quelli che mangiano la ricotta” di Vincenzo Campi, il Piatto di pesche – Plat de pêches” di Ambrogio Figino (la prima natura morta della storia dell’arte italiano realizzata cinque anni in anticipo in rapporto alla canestra di frutta di Caravaggio), l’importante durante di nature morte di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, la “Tavolo con angurie – Table avec pastèques” del divisionista Emilio Longoni e “L’Ultima Cena – la Cène d’Andy Warhol, la famosa opera dell’artista pop americano riprendendo l’ancora più famosa La Cena di Leonardo da Vinci.
La mostra si compone di dieci sezioni, amo bene pensare a dieci piatti: l’allegoria di cinque sensi, mercati, dispense e cucine, la frutta, la verdura, pesci e cristacea, tutto tipo di selvaggina, carne, salumeria e formaggio, dalci, vini e liquara; tavole apparecchiate, il cibo dell’arte del XX secolo – ha – egli – sottolineato il direttore. Offriremo un meno artistici. Ha conclusione del percorso l’instalazione di Paola Nizzoli “la piramide alimentare”.
“Auguro che questa mostra provocherà dell’appetito solo no artistico. Scoprire le nostre usanze gastronomiche attraverso gli occhi degli artisti può senza dubbio provocare un appetito intelletuale ha egli sottolineato Davide Dotti, aggiungendo con entusiasmo – su 100 opere, 26 sono inebite, trovate tra le collezioni private. Sono veramente felice di prasentare l’opera di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto: le sue tavole apparecchiate, mai mostrate fino ad oggi.
Per informazione sulla mostra visitate il suo sito.
Oceano: In cui l’autore di questo blog fa una passeggiata nel paese mezzo morto.
Passeggiata intorno al lago di Lacanau e lungo un piccolo tratto del vecchio canale che collega tutti i grandi laghi del Médoc prima di sfociare nel bacino di Arcachon, poi di continuare la sua corsa verso il lago di Sanguinet nelle Landes di Guascogna. La Canau significa il canale in guascone, non a causa di questo canale, ma perché una volta il lago (nel Médoc diciamo stagno) era collegato all’Oceano tramite un canale che non esiste più oggi. Il cammino di Compostela costeggia il vecchio canale parallelo all’oceano per raggiungere il Bacino di Arcachon. L’opera faraonica è stata scavata nel XIX secolo per bonificare le paludi del paese mezzo morto e creare dei terreni agricoli. Dopo qualche anno, i terreni sono tornati paludosi perché qui niente resiste all’acqua, nemmeno l’immensa foresta di pini marittimi delle Landes di Guascogna riesce ad assorbare tutta quest’acqua. In primavera e in estate, il canale fa la gioia degli escursionisti e dei canoisti.
Sarà che sono colpito da uno spleen baudelairiano? Avrei potuto mostrarvi la fioritura delle mimose intorno al lago di Lacanau in febbraio, ma ho deciso di mostrarvi quello che Odilon Redon, il principe del sogno, chiamava il paese mezzo morto. Il paese mezzo morto è tutta questa regione della penisola del Médoc che va da Le Porge fino a Le Verdon, situata tra i grandi laghi del Médoc e l’Oceano. Se non vi piace l’acqua, se non avete trascorso qualche giorno in inverno nella solitudine di queste terre desolate costituite da spiagge oceaniche immense, stagni, dune, laghi, paludi, foreste profonde ed insondabili, non potete capire veramente cos’è il Médoc. Il principe del sogno scrive nel suo libro intitolato A se stesso: “Si è così solo lassù, “alle fine delle terre”, è l’unica impressione che avrete in questo paese mezzo morto e selvaggio, senza vita e senza cultura, confinato quasi nell’oceano”…
All’isola dei famosi c’è anche un gatto francese a nove code!
Discussione in ufficio durante la pausa pranzo:
Alex: in Italia c’è un reality show chiamato l’isola dei famosi tipo il nostro Koh Lanta tranne che i cretini che partecipano al gioco sono famosi mentre i nostri cretini sono dei perfetti sconosciuti. Ne hai sentito parlare?
Il collega: No!
Alex: Eppure, ci sono anche dei candidati francesi, ho letto a proposito di una Catherine Spaak e di un certo Brice Martinet. Ti dicono qualcosa queste persone perché per me era la prima volta che sentivo quei nomi?
Il collega: Sconosciute anche per me, ma forse sono francesi famosi solo in Italia?
Alex: Questi italiani sono davvero bizzarri. In Italia, ho scoperto che un cordon bleu non era una buona cuoca, ma una specie di involtino industriale….
Il collega: Non sapevo che il cordon bleu fosse italiano, ormai trovi questa roba in tutti i supermercati! Ma quali sono i famosi italiani? Forse conosco qualche nome!
Alex: C’è Rocco Siffredi…
Il collega (scoppiando dal ridere): Quello li lo conosciamo tutti! E l’altro il francese come hai detto che si chiamava?
Alex: Brice Martinet!
Il collega (crepando dal ridere) interpella un altro collega: Sai che in Italia c’è un reality show con Rocco Siffredi e il francese Brice Martinet?
L’altro collega: Un reality porno?
E tutti ci mettiamo a ridere a causa di questo cognome francese banale diventato improbabile perché associato al “divo” italiano e che sembra addirittura essere lo pseudonimo di un attore porno specializzato nel sadomaso!
Avete capito il perché, cari lettori e care lettrici? Il martinet designa in francese il rondone, ma anche un’altra bestiola: il gatto a nove code!