Bordeaux: il poeta bordolese che sognava di essere capitano….

Si chiamava Jean de La Ville de Mirmont ed era un figlio del porto di Bordeaux. Era nato il 2 dicembre 1886 in una famiglia della borghesia protestante di Bordeaux ed è morto a 27 anni, come tanti altri, nei primi giorni di questo macello che fu la Grande Guerra. Il comunicato militare dice: “A Verneuil, in Champagne, alle cinque della sera, il sergente La Ville de Mirmont è seppellito con due dei suoi uomini sotto un’onda di terra, mentre aveva appena rifiutato il cambio della guardia.” Una foglia di carta fu ritrovata sulla scrivania dell’appartemento parigino di Jean dove il giovane poeta aveva scritto:

Cette fois, mon coeur, c’est le grand voyage
Nous ne savons pas si nous reviendrons
Serons-nous plus fiers, plus fous ou plus sages
Qu’importe, mon coeur, puisque nous partons.

Si chiamava Jean de La Ville de Mirmont ed era un figlio del porto di Bordeaux che sognava di essere un capitano di lungo corso e questo suo sogno fu  infranto da un problema agli occhi che sembrerebbe benigno oggi. Jean de Ville de Mirmont diventò funzionario alla questura di Parigi e ne conservò una certa amarezza che lui ha descritto nel suo romanzo autobiografico: Le domeniche di Jean Dézert.

Je suis né dans un port et depuis mon enfance
J’ai vu passer par là bien des pays divers
Attentif à la brise et toujours en partance
Mon coeur n’a jamais pris le chemin de la mer…

Si chiamava Jean de La Ville de Mirmont ed era un figlio del porto di Bordeaux ed è considerato come une gigante della poesia francese allo stesso titolo di un Baudelaire. Eppure tutto quello che ha scritto Jean de La Ville de Mirmont potrebbe tenire in un quaderno: il romanzo autobiografico, qualche racconto, le sue lettere alla madre durante la guerra, ma soprattutto l’orizzonte chimerico che è una raccolta delle sue poesie pubblicata dopo la sua morte, dedicato a Baudelaire, e considerato un capolavoro assoluto della poesia francese. L’orizzonte chimerico è conosciuto da molti perché alla fine della sua vita il musicista Gabriel Fauré, emozionato dalla poesia di Jean de La Ville de Mirmont, ha messo in musica, sotto il titolo l’orizzonte chimerico, per il baritono Charles Panzéra, quattro poesie del nostro poeta bordolese: Il mare è infinito (la mer est infinie); Mi sono imbarcato (je me suis embarqué); Diane, Séléné (Diana, Selene); Vascelli, vi avremo amato (Vaisseaux, nous vous aurons aimés). Quattro poesie che potete ascoltare sotto. Perché vi racconto tutto questo? Perché anch’io sono stato stroncato dall’emozione scoprendo che il municipio di Bordeaux ha sistemato dei cartelli lungo i moli di La Bastide, sotto i platani centenari, che rendono omaggio a Jean de La Ville de Mirmont. Volevo andare a fare un giro a Bordeaux festeggia il fiume sull’altra sponda, ma riconoscendo i versi del poeta, non ho potuto fare un passo di più. Atterrato.

1. Il mare è infinito
Il mare è infinito e i miei sogni sono folli.
Il mare canta nel sole battendo le scogliere
e i miei sogni leggeri non sentono più il piacere
di danzare sul mare come uccelli ebbri.
Il vasto movimento delle onde li porta con sé,
la brezza li agita e li avvolge tra le sue pieghe;
giocando nella scia, faranno da scorta
ai vascelli che il mio cuore ha seguito nella loro fuga.
Ubriachi d’aria e di sale ed arsi per la schiuma
del mare che consola e che lava le lacrime
conosceranno il largo e la sua dolce amarezza;
i gabbiani perduti li crederanno dei loro.

2. Mi sono imbarcato
Mi sono imbarcato su di un vascello che danza
e rolla da banda a banda e beccheggia e oscilla.
I miei piedi hanno dimenticato la terra e i suoi sentieri;
le onde agili mi hanno insegnato altre cadenze
più belle del ritmo stanco dei canti degli uomini.
Nel vivere tra voi, ahimé! avevo un’anima?
Fratelli miei, ho sofferto su tutti i vostri continenti.
Non voglio altro che il mare, non voglio che il vento
per cullarmi, come un bimbo, nella cavità delle onde.
Fuori del porto, che non è più che un’immagine sbiadita,
le lacrime della partenza non bruciano più i miei occhi.
Non mi rammento dei miei ultimi addii…
O mia pena, mia pena, dove ti ho lasciata?

3. Diana, Selene
Diana, Selene, luna di bel metallo,
che rifletti verso di noi, con il tuo volto deserto,
nella noia immortale della calma siderale,
il rimpianto di un sole, di cui noi piangiamo la perdita.
O luna, detesto la tua limpidezza
ingiuriosa per l’ansia inutile delle povere anime,
e il mio cuore, sempre stanco e sempre agitato,
aspira alla pace della tua notturna fiamma.

4. Vascelli, vi avremo amato
Vascelli, noi vi avremo amato inutilmente;
l’ultimo di voi tutti è partito sul mare.
Il tramonto ha portato con sé tante vele spiegate,
che questo porto e il mio cuore saranno deserti per sempre.
Il mare vi ha reso al vostro destino,
oltre la riva dove si arrestano i nostri passi.
Non potevamo trattenere incatenate le vostre anime;
per voi sono confacenti lontananze a me ignote.
Io sono di coloro i cui desideri stanno sulla terra.
Il soffio che vi inebria riempie il mio cuore di spavento,
ma il vostro richiamo, nel fondo della sera, mi dispera,
poiché in me restano inappagati grandi congedi.

Botanica: I fiori delle montagne bordolesi!

Non è piovuto da due mesi. I viticoltori ridono mentre i produttori di patate piangono. A Bordeaux, il sole tramonta quasi alle 10 e tutte le sere vado a camminare, per due ore, in riva all’oceano o nella foresta. In precedenti post, vi avevo parlato delle ragazze di Margaux che annunciano la primavera e degli asfodeli che sono fiori tipici delle foreste della penisola del Médoc in maggio. Nella foresta dietro casa mia crescono anche delle orchidee e anche una bellissima e misteriosa anemone altamente velenosa, lontana cugina delle pulsatilla, che crescerebbe solo in questa foresta e che fa che la foresta è protetta al livello nazionale. Uso il condizionale perché è un’anemone tanto rara che non l’ho mai vista e che l’ultima volta che è stata osservata da un essere umano, correva l’anno 1999. Invece un’altra pianta misteriosa e che è endemica in tutte le foreste della Gironda, fino a tappezzare letteralmente il suolo dei boschi, è l’erbacea della famiglia delle Caryophyllaceae che vedete sopra con i suoi fiori bianchi che sbocciano tra aprile e giugno. La cosa misteriosa e divertente è il nome della pianta! Lo conoscete? La pianta si chiama in francese “sabline des montagnes”, il nome scientifico sia in francese che in italiano è arenaria montana quindi la parola sabline deve significare che la pianta cresce nei terreni sabbiosi. Ma perché una pianta alpina cresce in un paese dove la montagna più alta culmina a 168 metri di altezza a Grignols nel sud del dipartimento? Mistero! Ancora più misterioso, se guardate l’area di ripartizione naturale dell’arenaria montana in Francia, vi accorgerete che la pianta cresce solo in Gironda e lungo il litorale atlantico fino alla Bretagna e che non la troverete quasi mai in montagna! E’ così a Bordeaux: non abbiamo le montagne, ma i fiori di montagne preferiscono vivere a Bordeaux e approfittare del nostro dolce clima bordolese 😉

Coraggio a tutti gli scaldabanchi di Francia e d’Italia! Quarta parte.

Ogni anno, i docenti francesi, per vendicarsi degli allievi, fanno un libro di tutte le enormità, le sviste, gli strafalcioni, le stronzate che possono dire i nostri scaldabanchi durante gli esami orali di riparazione della maturità (o scrivono durante gli esami scritti).  E’  stato appena pubblicato il libro che riguarda la maturità dell’anno scorso quindi vi ho fatto una piccola selezione delle cose che dicono e scrivono i nostri esaminandi francesi e forse troverete che gli esaminandi italiani sono dei geni nei nostri confronti 😉

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Les petits anges. Félix Valloton (1865-1925)

1. Géografia. Tesina: l’Africa, un continente emergente. L’esaminando: “i terremoti come quello di Haiti devastano e rovinano l’Africa e fanno che ha delle difficoltà a emergere.”

2. Storia. Tesina: La Cina e il Mondo dal 1949. L’esaminando: “Finalmente i cinesi sono puniti di fabbricare tutti i nostri oggetti perché non possono più riportare dei souvenir made in France ai loro amici perché sotto c’è scritto “made in Cina.”

3 Storia. L’esaminando: “il presidente americano ha incontrato il suo monologo francese Hollande”.

4. Géografia. Domanda: citate i principali luoghi di produzione e di consumo del caffè. Risposta: “i bar, le macchine da caffè Nespresso, la macchina da caffè per ufficio.”

5. Francese. L’esaminando: “la scrittrice Colette ha preso come modella sua madre, penso che la mia potrebbe fare anche la protagonista  di un romanzo, ma di fantascienza.”

6. Filosofia. tesina: Viviamo per essere felici? L’esaminando: “se rispondessi: beh, no, viviamo per essere disgraziati”, l’esaminatore mi prenderebbe per un cretino.”

7. Prevenzione, salute e ambiente. Tesina: La cyber-dipendenza e internet. L’esaminando: “Per me è semplice, se mi cancellano internet, mi sparo un colpo in  testa. E’  vero che sono dipendente ma cyber, questo non lo so.”

8. Filosofia. Tesina: “il linguaggio è solo un attrezzo?. L’esaminando: “Non dimentichiamo il proverbio: la parola è d’argento e il silenzio addormenta.”

9. Matematica. L’esaminando: “se il numero complesso è un numero reale, ne concludo, per conseguenza che una risposta è possibile, però non so la quale.”

10. Prévenzione, salute e ambiente. L’esaminando: Un incidente sul lavoro è quando si lavora troppo e che ci si facciamo una burne-out (notate per i non francofili che la parola “burne” è un modo molto volgare per dire testicolo in francese).

Tratto dal libro: Brèves de copies de Bac 2.

La ragazza di Guascogna che salvò il suo paese grazie ai suoi gatti!

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Gers. La Romieu, Collegiata San Pietro.

In un altro post, vi ho raccontato la storia di Fleurette, una ragazza di Guascogna che flirtò tragicamente con un Re di Francia. Oggi, vorrei vi raccontare un’altra storia di una ragazza di Guascogna, quella di Angéline che salvò il suo paese grazie ai suoi gatti! Notate che non sono fiabe o leggende, ma storie vere che sono accadute nel bel paese di Guascogna! E se visitate un giorno la stupenda cittadina di La Romieu e la sua bellissima collegiata classificata al patrimonio mondiale dell’Unesco, non siate sorpresi di tutte queste sculture di gatti che vedrete intorno alla piazza del paese. Sono opere di Maurice Serreau e ricordano la storia di Angéline e dei suoi gatti.

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Nell’anno di grazia 1338,  in un piccolo paese di Gascogna chiamato La Romieu, famoso per la sua bellissima collegiata edificata venti anni prima, vivevano felici Vincent e Marinette. Lui faceva il boscaiolo e lei lo accompagnava nella foresta e raccoglieva frasche per fare dei fastelli. Lavoravano duro duro, ma con qualche gallina, il maiale, la verdura e la frutta del giardino, c’era sempre qualcosa da mettere sulla tavola. Erano sposati da tre anni, quando Marinette diede alla luce una bambina che chiamarono Angéline. Ahimè, Vincent fu schiacciato da un albero che stava abbattendo. Marinette, inconsolabile, si lasciò deperire e due mesi più tardi, fu ritrovata morta stingendo tra le braccia la piccola Angéline. La bambina fu adottata da una vicina e crebbe con i suoi figli come se fosse la loro sorella. Angéline manifestava un’attrazione misteriosa per i gatti. A tal punto che c’erano sempre due o tre gatti intorno a lei e che dormivano anche nel suo letto; e la bambina condivideva anche la sua scodella con i suoi gatti.

Angéline, con il passare del tempo, diventava una bella ragazza che aiutava i suoi genitori adottivi ai lavori dei campi, sempre accompagnata dai suoi gatti. L’anno 1342 e i due anni successivi, l’inverno fu aspro, e la primavera e l’estate tanto piovosa che non fu possibile di seminare nei campi. Seguì una grande carestia e nonostante la distribuzione dal signore Arnaud delle riserve della collegiata, gli abitanti di La Romieu non ebbero più niente a mettere sotto i denti. Pensarono allora ai gatti, tanti numerosi nel paese, e ne fecero della fricassea.

I genitori di Angéline, sapendo quanto lei amava i suoi gatti, accettarono che lei tiene un gatto e una gatta a condizione di nasconderli bene perché sarebbero finiti in padella con tutti questi vicini che crepavano di fame. Angéline chiudeva il giorno i due gatti in soffitta, e la notte li lasciava uscire per cacciare qualche preda. Ma la carestia si accentuava e molta gente moriva. Angéline e i genitori sopravvivevano mangiando delle radici e dei funghi trovati nei boschi e così poterono sormontare questo triste periodo e dei tempi più clementi consentirono di nuovo di raccogliere di che vivere.

Ma a La Romieu, dove ormai non c’erano più gatti, gli abitanti erano confrontati a un altro pericolo: i ratti che avevano proliferato e che minacciavano le raccolte. Gli abitanti di la Romieu si lamentavano e non sapevano come fronteggiare questa nuova calamità. Non solo i ratti avevano proliferato, ma anche i gatti di Angéline che si ritrovava con una ventina di gattini in soffitta e questo gli abitanti del paese non lo sapevano. Angéline, che aveva perdonato agli abitanti di la Romieu il loro gusto per la fricassea di gatto, annunciò la sua intenzione di lasciare i suoi gatti nelle vie di La Romieu e che gli abitanti del paese potrebbero adottarli. I gatti fecero un festino di tutti i ratti di La Romieu e così Angéline salvò la cittadina di una nuova calamità. Ma la storia non finisce qui perché si dice ancora che con il passare del tempo, Angéline assomigliava di più in più ad un gatta fino a prendere addirittura la sembianza di una gatta…

Bordeaux: il sindaco narciso che non amava le iridi!

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1900. Claude Monet. Il giardino dell’artista a Giverny

Uno dei miei più grandi piaceri in maggio era di andare al parco floreale di Bordeaux per ammirare la straordinaria collezione di iris della città di Bordeaux, forse tra le più belle di Francia. Quindi mi reco al parco floreale, godendo in anticipo la fioritura delle iridi, e al posto delle immense aiuole fiorite che costeggiavano di solito il ruscello che attraversa il giardino, cosa vedo? Niente! Un terreno incolto! Ho mancato fare un infarto tanto la cosa mi ha rotto il cuore. Vago nel parco floreale completamente scombussolato fino ad incontrare un giardiniere che faceva la potatura di qualche albero e riesco a balbettare: le iridi…cosa è successo alla collezione di iridi?!? E lui di rispondermi che le iridi sono troppo capricciose, che la fioritura dura molto poco e che il risultato è troppo aleatorio e che spesso i fiori giganti dai colori sontuosi sono rovinati dalla pioggia e dal vento, che ci volevano quarantacinque giorni di lavoro a tempo pieno ogni anno per mantenere la collezione e che il municipio, finalmente, in tempo di crisi, ha deciso di ridurre il personale del giardino e di sacrificare la collezione di iridi per risparmiare quattro soldi. Faccio notare al giardiniere che quando si è trattato di  fare costruire il nuovo stadio di 40.000 posti contiguo al giardino floreale oppure per questo stupido museo delle civiltà del vino in riva alla Garonna, i soldi si sono trovati. E l’amico giardiniere di rispondermi: Non è la stessa cosa! Lo stadio e il museo lusingano l’orgoglio del nostro sindaco, le iridi no. Se fosse un fiore, il tizio sarebbe un narciso! Amarezza.