L’avevo già evocato, ma una cosa davvero sorprendente per qualcuno che vive in riva all’Oceano Atlantico e che visita l’Italia per la prima volta è tutta questa gente che si mette a dire buona sera subito dopo pranzo. E poi di accorgersi che comincia veramente a fare notte dopo pranzo! (d’accordo sto un po’ esagerando!) Dove abito, un 22 agosto, il sole tramonta verso le nove e un quarto. Cosa facciamo di tutta questa luce in più? La sera si mangia in fretta per potere andare a raccogliere delle more in una radura nella foresta della laguna morta, more che serviranno a fare dei dolci, dei gelati o della confettura. Non in francese, ma nella mia famiglia le more si chiamano formiche. Sarà a causa dell’espressione francese: “un lavoro di formica” che designa un lavoro fastidioso e minuzioso. E credetemi quando si vede la lentezza con cui si riempie questo fottuto cestino mentre nuvole nere di zanzare stanno per arrivare nella vecchia laguna morta! Sarà che le drupe delle more fanno pensare alle formiche o ancora perché le formiche adorano le more. Notate che l’ultima ipotesi è probabilmente la buona. Ho fatto una piccola ricerca presso i membri della mia famiglia e la risposta è sempre la stessa: le more si chiamano formiche perché semplicemente hanno un profumo di formica. Punto. Mi è stato spesso rimproverato di fare dei dolci troppo complicati nella rubrica In cucina con alex. Quindi, oggi, vi propongo la torta alle formiche. Più semplice non si può!
Gli ingredienti:
- 600 g di more
- 1 bicchiere di latte
- 4 cucchiai di zucchero
- 1 cucchiaio di farina
- 1 uovo
- 1 cucchiaio di panna acida
- 1 rotolo di pasta frolla
Lavate accuratamente le more e mettetele a sgocciolare su un panno. Questa tappa è importantissima. Mettiamo che una volpe ha pisciato sulle more, rischiate semplicemente di perdere il fegato a causa di una malattia che si chiama trichinellosi. Stendete il rotolo di pasta frolla in una teglia per crostate con l’apposita carta forno. Disponete le more sulla pasta frolla. Se avete un forno ventilato va bene così invece se avete un vecchio forno merovingico meglio cuocere la pasta in bianco per circa 10 minuti.
In una ciotola, sbattete il latte, la farina, l’uovo, lo zucchero, la panna acida.
Versate l’impasto sulle more.
Al forno per circa 30 minuti a 180 gradi.
Buon appetito!
Ciao, Alex.
Confessa! Sei un BlackBerryano ! Il dolce va condiviso realmente e spedito (une fetta) per posta a tutti coloro che commentano il post:-)
Esiste a Carpi (MO) all’interno del castello dei Pio, les premiers seigneurs de la ville, una grande sala affrescata dove hanno luogo conferenze o celebrazioni di matrimoni civili ecc.. chiamata SALA DEI MORI. Pochi sanno l’origine del nome. Si pensa ai saraceni ma non c’è la loro traccia nella zona. Siccome la città ha una tradizione millenaria nella maglieria , nel medioevo, la sala in questione era un banale laboratorio dove le donne lavorano la seta. La chiamavano la sala dei mori per via delle more di cui le foglie costituiscono il nutrimento principale del baco a seta ovvero Le ver à soie. Complicato!

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Bellissima la sala dei mori! Sarebbe stato più semplice di chiamarla sala dei gelsi! Secondo il mio dizionario di francese, i mori erano gli abitanti della Mauritania, del Mali e del Senegal e la parola deriva dal latino maurus che designava queste popolazioni. Le more (i frutti) vengono dal latino mora e deriva dalla parola greca “mauron” che significa nero 😉
Buon weekend Ziryab,
Alex
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Ma Morano vuole dire bianca!
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🙂
Alex
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