È la pittrice americana Romaine Brooks che convinse Gabriele D’Annunzio di soggiornare per un tempo nella villa Saint-Dominique che lei affittava ad Arcachon e così di sfuggire alle sue amanti e ai suoi innumerevoli creditori parigini. È lei che realizzò questo ritratto di D’Annunzio nel 1912 e che potete vedere al museo Sainte-Croix di Poitiers e che riuscì in modo pungente a catturare lo sguardo pieno di vague à l’âme e diciamolo anche spaventato del poeta italiano ad Arcachon. Ma cosa vedono di tanto terribile gli occhi di D’Annunzio ad Arcachon, in riva all’oceano atlantico negli anni 1910? Per saperlo avete due possibilità: Leggere il piccolo romanzo che D’Annunzio ha scritto ad Arcachon: La Leda senza Cigno. Questo romanzo ci racconta la storia di una Emma Bovary che avrebbe avvelenato il fidanzato con la complicità dell’amante e che si ritrova intrappolata in questa sordida cittadina di Arcachon aspettando i soldi di un’assicurazione vita e sotto il giogo dell’amante che minaccia di denunciarla se lei lo lascia. Ovviamente, per tutti i bordolesi, la vicenda ricorda un’altro romanzo, Thérèse Desqueyroux, di François Mauriac, storia di un’altra Emma Bovary avvelenatrice che tentò senza riuscirsi, purtroppo, di fare fuori il marito per liberarsi di questo cretino che pensava soltanto ai suoi ettari di pini marittimi e alla caccia alla palomba e, durante tutto il romanzo, non si capisce perché una ragazza così intelligente rimpiange il suo gesto, si confessa e cerca il perdono del marito che lei non avrà. La protagonista di D’Annunzio non assomiglia alla cattolica Thérèse Desqueyroux, ma le due protagoniste fanno pensare indubitabilmente a una famosa vicenda mediatica giudiziara che si svolse a Bordeaux all’inizio del XX secolo e che ispirò Mauriac per il suo romanzo Thérèse Desqueyroux. Questa vicenda fu quella della signora Canaby che fu accusata ingiustamente dai vicini di aver tentato di avvelenare il marito all’arsenico per sfuggire con l’amante. La signora Canaby aveva l’amante e non si nascondeva quindi il marito era perfettamente al corrente. Durante il processo, il marito difese con i denti e le unghie la moglie dicendo che lui aveva l’abitudine di prendere il rimedio all’arsenico quando era malato e che ha continuato anche quando il suo stato di salute si è messo a peggiorare, che la moglie gli procurava soltanto l’arsenico dal farmacista. La signora Canaby fu condannata al carcere, non per l’avvelenamento del marito, ma per traffico di ricette. Nel romanzo di D’Annunzio, non si sa se la protagonista ha veramente assassinato il fidanzato, solo che l’amante la ricatta. D’Annunzio ad Arcachon è esattamente nella situazione della sua protagonista. Il poeta è stato costretto di lasciare Parigi e si ritrova lontano dal suo Paese, alla fine del Mondo. Non c’è più altra possibilità. Il tizio è intrappolato ad Arcachon contando solo sulla generosità di qualche mecenate bordolese per vivere. A cosa assomigliava Arcachon negli anni 1910? Sentiamo cosa fa dire D’Annunzio alla sua protagonista: Che lei spregiava: ” la vita meschina e noiosa di quella cittadaccia nata per baracche e baraccuzze da un accampamento di resinieri” che si disperava di “essere condannata a vivacchiarci quasi tutto l′anno.” E cosa ci dice il poeta nel romanzo a proposito della città di Arcachon e dei famosi chalet che andate ad ammirare l’estate nella città d’inverno: “Le ville parevano leggiadramente costruite di carton pesto e di latta traforata da un architettorello girondino con pizzo al mento e svolazzo alla cravatta, che si fosse ingegnato di conciliare nell’arte sua ospitale l’inspirazione della Riviera ligure a quella del Lago dei Quattro Cantoni”. Quando dico che D’Annunzio si trova alla fine del mondo, non è soltanto perché il tizio si trova bloccato in un paese che confina nell’Oceano Atlantico, ma perché i suoi occhi spaventati vedono le ultime luci di un mondo che sta scomparendo e di un altro, malato, che si sta suicidando e forse il poeta vede anche già la guerra che sta arrivando. Il mondo che sta scomparendo è la civiltà dei pastori landesi che è stata vinta perché il piatto deserto landese si è trasformato in qualche anno in un’immensa foresta di pini marittimi che si è messa a correre da Bordeaux fino a Bayonne. Ci sono civiltà che muoiono per colpa del diboscamento, la civiltà guascone è morta perché gli alberi impedivano agli uomini di guardare l’Oceano. Da un altro lato, ci sono i ricchi borghesi che vengono dall’Europa intera ad Arcachon per respirare l’aria balsamica dell’oceano la giornata e bruciare le loro ricchezze al casino la sera. Loro aspettano solo la morte perché hanno la tuberculosi (sono chiamati i porci nel romanzo). È questo che vedono gli occhi di D’Annunzio ad Arcachon: un ospizio dove lui è condannato a vivere. L’altra possibilità per scoprire cosa vedono gli occhi di D’Annunzio ad Arcachon è di venire trascorrere tutto un inverno in riva all’oceano Atlantico dove non ci sono che foreste lugubre, spiagge uniformi, dune, cieli immensi anneriti dalle tempeste che vengono dal Golfo di Guascogna, allora schiacciati dalla solitudine di questo paese e dalla noia mortale, in cima alla duna, contemplando l’Oceano, capirete perché il personaggio di D’Annunzio nel romanzo si chiama Desiderio Moriar…
“La Landa era buia sotto il nuvolato; ma faceva dolco, come nella nostra Maremma notturna col vento di levante o di scirocco quando s′ode fra lunghe pause un anatrare di germani nelle tamerici, uno squittire di volpi lungo i paduli teneri di cannuccia novella, uno sgretolare di sassi al passaggio dei cinghiali su per le muricce, e il lagno che viene dal fondo dei secoli.
Qui udivo gli stridi fiochi degli uccelli marini di là dalle dune, simili talora a un pigolìo triste, e la voce dell′Oceano rammaricoso, e la nota del chiù che mi toccava ogni volta il punto più dolente del cuore come se meglio di me lo conoscesse.
Una nostalgia improvvisa m′accorava, creandomi nei sensi fantasmi così pronti che un brano di me stesso pareva sollevarsi da un di que′ paglieti e poi ributtarsi giù in qualche piscina, o escire da una lama, scendere per un trattoio, pascolare sotto una sughera. Poi le allucinazioni animali s’interrompevano; e il sentimento poetico della patria era come il murmure degli spiriti che sognano all′ombra degli iddii lontani…” (La Leda senza Cigno, Gabriele D’Annunzio)
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