Sempre sabato scorso nei Paesi Baschi. Pomeriggio ad Ainoha sul confine tra la Francia e la Spagna. Secondo me, Ainoha è semplicemente il più bel paese del sud della Francia. Ma noi, bordolesi, passiamo ad Ainoha soprattutto per andare a Dantxaria a due passi dove facciamo il pieno di sigarette, alcol e salumi. Lo scatto è stato preso dal camposanto di Ainoha perché volevo parlarvi di una bellissima tradizione basca di una volta che riguardava la morte e un certo tipo di insetto. Poi ho cambiato idea e, in questa bellissima giornata soleggiata, ho deciso di raccontarvi una favola basca che parla di altri insetti e che non è senza rapporto con il post che avevo previsto e che sarà pubblicato, se me lo ricordate, probabilmente per Ognissanti.
Prima la favola, devo dirvi due parole sui Mamurrak baschi. I Mamurrak (hanno diversi nomi in basco) sono dei geni della mitologia basca che possono essere catturati la notte che precede la San Giovanni ponendo un astuccio per aghi aperto su un cespuglio. Certi dicono che sono degli insetti tipo delle mosche, altri pretendono che sono addirittura degli uomini minuscoli che portano dei pantaloni rossi. Come tutti i geni, i mamurrak possono essere utili o dare fastidio come lo racconta la favola sotto:
A casa Mendiondo, c’era un padrone che era un gran pigrone, eppure i lavori della sua fattoria erano sempre terminati i primi. Una mattina, in appena un’ora, il prato sotto la casa si trovò falciato; una domenica, durante il tempo della messa, tutto il frumento di un campo fu tagliato. Tutta la gente era sorpresa perché non si vedeva mai un bracciante a casa sua. Anche la moglie del padrone si fidava di lui. Una domenica come lui andava in chiesa, egli nascose qualcosa in un cespuglio. La moglie lo vide da lontano e fu curiosa di sapere cos’era. Lei scoprì un astuccio per aghi. Lo aprì e ne uscì una decina di mosche. Queste mosche le andarono agli occhi e alle orecchie chiedendo: “Che fare? che fare? che fare?”. Sbalordita, la donna disse: “Rientrate nello stesso buco” e subito le mosche rientrarono nell’astuccio. Lei lo racchiuse e lo rimise al suo posto. La moglie non mise molto tempo a raccontare al marito quello che le era successo, e, lui, confessò che erano queste mosche che facevano tutti i lavori della fattoria. A partire da questo momento, le mosche effettuavano tutto il lavoro, qualunque sia, che la donna loro dava. Un giorno, le mosche la tormentavano dicendo rumorosamente: “Lavoro! lavoro! lavoro!” La moglie del padrone stanca diede un setaccio alle mosche e disse: “Andate e riempite la botte vuota che si trova in cantina portando dell’acqua dentro questo setaccio dalla rete del molino, poi la metterete al prato sotto casa”. E lei di pensarsi tranquilla per qualche ora. Dopo un breve momento, avendo finito questo lavoro, le mosche tornano e si rimettono a cianciare: “Lavoro! lavoro! lavoro! lavoro!”. La moglie ne potendo più di queste mosche, andò a trovare il marito e disse: “Che miracolo è questo? Dobbiamo sbarazzarsi di queste mosche! – Sì, rispose il marito, ma purtroppo dobbiamo a ognuna uno stipendio. – Ci sono dieci oche che vivono sotto il tetto ; diale loro, disse la moglie.” (n.b: la lingua basca non conosce il tu). Appena la frase fu pronunciata che le oche volarono via a gran voce verso le nuvole, e le mosche di Mendiondo non riapparvero più.