Mentre gli italiani chiacchierano, i bordolesi fanno Meraviglie!

Cliccate l’immagine per la ricetta!

Sapete dove si fanno i migliori dolci di Carnevale del Mondo? A Bordeaux! E sapete come i dolci di Carnevale vengono chiamati dagli indigeni bordolesi? Le Meraviglie! E, ultima domanda, sapete dove si fanno friggere le migliori Meraviglie di Bordeaux cioè dell’Universo? Facile! Nella mia cucina, una sera di martedì grasso! 😉

 

La casa dei lupi.

 

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Una volta, in una casa, il gatto sentì la padrona che diceva al marito:

– Questo gatto si fa vecchio. Non può più cacciare i ratti come una volta. Ci vorrà annegarlo nel ruscello.

 Bene come vorrai rispose l’uomo.

Il gatto che si scaldava al piede del focolare, sentiva tutto, ma non diceva niente. Un momento dopo la donna disse ancora:

– Carnevale si avvicina. Metterò il gallo in pentola. Così, avremo del buon brodo e del buon bollito il giorno di Martedì Grasso.

Il gatto faceva finta di dormire, ma non perdeva una parola di tutto quello che si diceva. Poi se ne andò fuori a trovare il gallo:

– Gallo, si stanno combinando delle cattive cose per noi due. Tu, vogliono metterti in pentola il giorno di Carnevale, e io, vorrebbero annegarmi perché sto diventando troppo vecchio. Penso che non sia una brutta idea di squagliarsela al più presto.

– Hai ragione, gatto.

Poi il gatto e il gallo se ne andarono. E camminarono, e camminarono. In strada, incontrarono una cicogna.

– Buongiorno brava gente.

– Buongiorno Cicogna, E dove vai così?

– Oh! Ho un’ala rotta. E ormai non posso più volare. Quindi sono costretta a camminare.

– E bene, noi, siamo partiti per fare un viaggio. Se vuoi seguirci. Ti portiamo con noi.

E il gatto, il gallo e la cicogna se ne andarono.

E camminarono, e camminarono. Attraversando un prato, incontrarono un montone che pascolava là.

– Buongiorno brava gente.

– Buongiorno Montone. Non sembra troppo felice!

– Oh! Pensate! Carnevale si avvicina e il pastore vuole vendermi al macellaio del paese.

– E bene, noi siamo partiti per fare un viaggio. Se vuoi seguirci. Ti portiamo con noi.

E il gatto, il gallo, la cicogna ripresero la loro strada con il montone.

E camminarono, e camminarono. Alla fine, arrivarono davanti a una casa, lontano, lontano, in mezzo alla Landa. C’era sul davanti della casa un prato tutto tappezzato di una bella erba verde. Il gallo, la cicogna e il montone si misero a pascolare.

– Oh, a me, disse il gatto, non piace. Nessuno mi ha imparato a pascolare. E entrò nella casa: non c’era nessuno dentro: Andò al salatoio e ne uscì con un bel pezzo di lardo.

Come la notte cadeva, queste quattro bestie, una volta bene sazie, si rifugiarono nella casa per passarci la notte al riparo. Ma presto, sentirono gli urli di una muta di lupi che arrivavano verso la casa al gran galoppo.

– Oh! Disse il gatto, siamo nella casa dei lupi. Ci vuole sbarazzarsi di queste cattive bestiole…Spegniamo la candela, e non diciamo più niente. Tu, gallo, appollaiati su questa mensola davanti alla porta. Tu, cicogna, accoccolati all’angolo del lavandino. Tu, montone, cacciati sotto la tavola. Quanto a me, mi nascondo nelle ceneri del focolare.

I lupi avevano visto da lontano la luce nella casa: non osavano entrare senza sapere chi era dentro.

 Ci entro il primo, disse l’uno di loro, per vedere se non c’è pericolo poi vi chiamerò.

Questo lupo aprì la porta, e ascoltò: non sentì niente. Si inoltrò allora dentro, piano piano. L’oscurità era totale, ed egli brancolava nel buio. Volle avvicinarsi alla tavola per prendere la candela: ma il montone passò dietro di lui, e gli diede tre grandi testate nel sedere, così forte che lo fece cadere sul naso. Il lupo si rialzò e andò verso il focolare per accendere la candela ai tizzoni: il gatto gli saltò alle narici e con le grinfie gli strappò tutto il pelo con un pezzo della pelle del muso.  Il lupo si voltò verso il lavandino: la cicogna lo aspettava e gli cavò un occhio con un colpo di becco.

Il povero lupo, spaventato, massacrato di botte, graffiato e accecato, si salvò fuori senza chiedere il suo conto. Come egli varcava la soglia della porta, il gallo si mise a cantare.

– Chicchirichì!  chicchirichì!  chicchirichì

Il lupo corse verso il posto dove aveva lasciato gli altri.

– Amici, non tornate in questa casa! Non ci si respira un buona aria per noi. Mentre stavo cercando la candela sulla tavola, un fabbro mi ha dato tre grandi colpi di mazza nel sedere: mi ha fatto schiacciare il naso a terra. Ho voluto avvicinarmi del focolare: là, un cardatore mi ha pettinato il muso con il pettine del lino. Accanto al lavandino, c’era un calzolaio che mi ha strappato l’occhio con il suo punteruolo. Andateci a vedere se volete essere trattati come lo sono stato; per quanto mi guarda, non ho nessuna voglia di tornarci.

Sentendo questo, i lupi presi dalla paura, scapparono fino al fondo della Landa, come se avessero avuto il diavolo a ridosso.

Non tornarono mai più nella loro casa; e il gatto, il gallo, la cicogna e il montone ci rimasero, felici e in pace, buoni amici, e ci morirono di vecchiaia.

Fiaba tradizionale delle Lande di Guascogna.  

In cui l’autore di questo blog si ritrova a evocare San Francesco da Paola mentre voleva solo parlare di bondage!

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Buon-cristiano d’estate.

L’altro giorno, un lettore è arrivato su Bordeaux e dintorni digitando su Google la domanda seguente: bondage è una parola francese? E’ vero che la metà delle parole inglesi hanno un’origine francese e che bondage suona un po’ francese, allora bondage è francese, sì o no? No, bondage è una parola tipicamente inglese (cliccate qui per l’etimologia) e, figuratevi, che l’inglesismo non si trova nemmeno nel mio dizionario di francese; eppure dovrebbe trovarsi da qualche parte tra buon-cristiano e bondieuserie e invece niente. Nessuna traccia di bondage nel mio dizionario. Poi, sfogliando il dizionario, c’è qualcosa che mi ha intrigato. Bondieuserie so cos’è, è l’oggetto religioso di cattivo gusto che è venduto nei negozi di Lourdes tipo la Madonna di plastica made in Cina che fa lampada da tavolo. Ma cos’è questo strano buon-cristiano di cui parla il dizionario? Ne ho nessuna idea quindi faccio una piccola ricerca e posso già dirvi che c’è un rapporto con l’Italia. Buon-cristiano è una varietà di pera, particolarmente stimata dai ghiotti, di grosse dimensioni e che ha una bella buccia gialla. In francese, buon-cristiano è un altro nome per designare la pera William che è probabilmente, oggi, la pera più coltivata al Mondo. Ma come è nato il successo mondiale di questa pera buon-cristiano che all’inizio si chiamava pera del buon-cristiano per diventare poi il buon-cristiano. La storia nasce in Italia, in Calabria per essere più preciso. Ci sono due personaggi importanti in questa storia. Un religioso italiano che in francese chiamiamo Saint François de Paule e che in italiano chiamate San Francesco da Paola e il Re di Francia Louis XI (Luigi XI). Quindi ecco la storia della pera buon-cristiano. Luigi XI, come tutti noi,  teneva alla vita più di tutto e voleva morire, d’accordo in cristiano, ma comunque il più tardi possibile (e sicuramente non a 60 anni come gli è successo). Purtroppo, Luigi XI si è gravemente ammalato e il tizio sta morendo. I medici non possono più niente per lui e qualcuno racconta all’amico Luigi di una specie di mago, di un taumaturgo, di un povero religioso che fa dei prodigi di guarigione ottenuti grazie a Dio, nelle sue montagne selvagge di Calabria; che il religioso si chiama Francesco da Paola e che sarebbe un’idea farlo venire al più presto alla Corte di Francia. Luigi XI riprende a sperare, dà le sue ordini. Velocemente un’ambasciata è radunata a Plessis-lez-Tours, città al confluente del Cher e della Loira. L’ambasciata parte per la Calabria e il Re è tanto impaziente e – non dimenticate che il tizio sta morendo e che all’epoca non c’era la Ryan Air e nemmeno i treni – ricco che lui fa sistemare sulla strada qualcosa che non esisteva allora: delle stazioni di posta che permettono all’ambasciata di viaggiare a tutta birra verso la Calabria.  E’ così che sono nate le poste, cosa credete? Dunque l’ambasciata rimette la lettera di Luigi XI a Francesco da Paola e in questa lettera c’è scritto che il taumaturgo calabrese non deve venire solo con le grazie che sollevano l’anima, ma anche portare con lui, dalla sua terra, alcuni prodotti tipici calabresi che fanno anche del bene al corpo (se venite a casa mia, non mi dispiace anche a me qualche regalo!). Dunque l’ambasciata torna in Francia con Francesco da Paola nei bagagli e tutto un assortimento di piantine da frutto (peri, noci, susini) che facevano allora la ricchezza della Calabria e che il santo coltivava. Inutile dire la gioia del Re che stava agonizzando al ritorno dell’ambasciata. Il malato riceve con sollievo le esortazioni e le preghiere del religioso, che invece di guarirlo, tenta piuttosto di convincerlo di sopportare i suoi mali e di fare già il sacrificio della sua corona. Tra due colloqui interminabili con il Re di Francia, Francesco da Paola coltiva le sue piante da frutto affidate al ricco suolo della Touraine. Gli alberi si sviluppano e crescono fino a dare quei frutti che hanno un sapore tanto particolare sulle rive della Loira. E tra tutti i frutti quelli che il Re preferisce sono le pere che lui chiama le pere del buon-cristiano, dal nome che Luigi XI dava a Francesco da Paola. Ecco perché la pera William si chiama anche buon-cristiano in Francia, in riferimento a Francesco da Paola. Poi, la pera di Calabria sbarcherà in Inghilterra nel XVII secolo e prenderà il nome di William, ma questo è ancora un’altra storia…

Oceano: Le dame grigie ballano divinamente, ma non chiedete loro di parlare!

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La Gru. disegno del 1953 di Pablo Picasso. Museo Picasso, Parigi.

Non c’è niente di più adorabile di una gru cenerina. In inverno, appena ho del tempo libero, vado ammirarle in fine pomeriggio nelle paludi del Médoc. La Dama grigia come la chiamiamo da noi. La Dama grigia è vanitosa ed è sempre vestita elegantemente in tutte le circostanze di uno stupendo mantello grigio che si abbina perfettamente con il suo piccolo cappello rosso. La sua andatura è immodesta e compassata. La Dama grigia si dà delle arie grazie al suo collo interminabile che le permette un portamento di testa di regina. La Dama grigia è così aristocratica che, accanto a lei, il cigno sembra un’anatra. Tutto vero. Ma se fate il piede di gru* a lungo nel cuore della palude, allora la Dama grigia vi ricompensa mettendosi a ballare e le perdonate tutto. La Dama grigia è nata per ballare; è addirittura la Danza. Le sue zampe sono fatte per l’entrechat. Quando la Dama grigia ha iniziato a danzare è una meraviglia di vederla girare, fare delle arabesche, sfarfallare, pirouettare senza fine sopra le acque morte della palude. La Dama grigia potrebbe essere Primadonna nei più prestigiosi corpi di balletti, ma lei preferisce danzare solo per voi che la state osservando nel cuore della palude. In febbraio, le Dame grigie lasciano le nostre paludi per andare a ballare in Siberia o in Scandinavia. Allora, sopra la mia casa, la notte, passano stormi e stormi di dame grigie e il loro vociare mi impedisce di dormire. È questo il difetto della Dama grigia che dimentichate quando la vedete danzare: La Dama grigia parla! Ma non parla come essa danza. Parla in modo volgare, chiassoso. Il modo di parlare rozzo che associamo volentieri in Francia alle pescivendole e fruttivendole sui mercati, al modo di parlare delle portinaie e soprattutto a quello delle prostitute**quando interpellano il cliente. Poi  la Dama grigia ha una voce rauca orrenda come se avesse dieci gatti*** in gola quello che non le impedisce di chiacchierare. Insomma, ho l’impressione, la notte, che mi passano sopra la casa delle cantanti francesi di una volta, tipo Piaf, di quelle che cantavano con se avessero una grattugia da formaggio in gola. Ma anche questo lo perdonate alla Dama grigia perché il suo orrendo vociare significa che l’estate sta arrivando.

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*Fare il piede di gru significa in francese annoiarsi ad aspettare qualcuno.

**Gru non designa solo l’uccello, ma in gergo francese anche una ragazza volgare o una prostituta.

*** Aver un gatto in gola significa in francese essere rauco.

 

Bordeaux: Poltronesofà!

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Bordeaux non parla d’altro. E tutti i bordolesi di chiedersi come qualcuno, nella notte tra martedì e mercoledì, è riuscito a issare un divano a quasi quattro metri di altezza e infiggerlo sulla testa dell’orrenda statua in bronzo che raffigura il nostro ex sindaco. Se lo chiedono soprattutto gli impieghi comunali che hanno messo tre ore per togliere il divano con l’aiuto anche di una gru. Forse il tizio che ha avuto l’idea del divano era stufo di vedere l’ex sindaco camminare trionfalmente verso il Municipio e voleva offrirgli qualche ora di riposo oppure è stato un gesto politico che voleva denunciare un politico che è rimasto quarant’anni incollato alla poltrona del Municipio di Bordeaux senza mai aver un’idea per la città. Oppure il tizio voleva semplicemente infiggere un divano sulla testa dell’ex sindaco. E tutti i bordolesi (di cui l’autore di questo blog fa parte) che chiudono gli occhi quando devono passare davanti all’orrenda statua, di chiedersi perché gli impieghi comunali che avevano una gru, invece di togliere solo il divano, non ne hanno approfittato per portare via tutto il coso e buttarlo alla discarica. Mistero.

Francia: Non solo i treni in orario non sono un imperativo nei trasporti parigini…

 

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…ma anche l’imperativo non è un imperativo sui cartelli! Cari amici della RATP, non è francese scrivere: ne forcer pas les portes. Avete solo due possibilità se volete usare l’imperativo: sia scrivere ne forcEZ pas les portes (non ostacolate il funzionamento)  sia scrivere ne PAS forcER les portes (non ostacolare il funzionamento). Oh bon sang ! come direbbe una mia cara amica. 😉