La bimba e la vasca!

Ho una bimba (classe 2010) a casa per le vacanze di Pasqua. Lei non vuole andare al mare, al parco o altrove. Il sogno della bimba è di passare tutto il suo tempo nel mio bagno perché ho la vasca e a casa sua c’è solo la doccia. Ogni volta che lei fa due passi fuori, si trova  sporca e chiede di tornare dentro perché lei ha bisogno di fare il bagno nella vasca. Sono rovinato. La bimba ha fatto quaranta bagni nella settimana e mi sento male a pensare alla prossima bolletta d’acqua. Anche la bimba si sente male. E io non capivo il perché e le ho chiesto: “Ma non sei contenta di tornare a casa tua, di ritrovare il babbo e la mamma, le amiche della scuola?”E la bimba di rispondere con un rimpianto nella voce: “A me quello che mi piacerebbe il più al Mondo e di aver la vasca a casa mia, ma ho solo 17 euro in banca!” 😉

Vino: 2017 un millesimo di merda per i vini di Bordeaux.

In maggio, i vignaioli guardano il cielo e pregano. Pregano perché vorrebbero che i santi di ghiaccio, quei tre bastardi dell’apocalisse che sono Mamerto (11 maggio), Pancrazio (12 maggio) e Servazio (13 maggio) si tengano alla larga dei loro vigneti. Dopo Servazio si dice che non c’è più rischio di gelo per le piante e che i giardinieri possono ricominciare a respirare. Ma i vignaioli non ci credono a queste sciocchezze e continuano a pregare, a tremare  e a incrociare le dita fino al 25 maggio perché come dice il proverbio, solo quando sant’Urbano è passato, il vignaiolo è rassicurato. Siamo il 29 aprile e non c’è più da tremare o pregare tutti i santi dell’universo per evitare un’eventuale gelata tardiva nei vigneti in maggio perché il gelo l’abbiamo avuto nella notte di giovedì. Non succedeva da più di 25 anni una cosa del genere. Quasi due mesi d’estate e una notte di freddo ha distrutto tutto. Lo château vicino a casa mia ha perso tutta la raccolta 2017 e sono numerosi a essere in questo caso che sia nel Médoc, a Saint-Emilion, Nelle Graves, a Sauternes…Ti strappa il cuore di vedere tutti questi vigneti bruciati lungo le strade. E ti strappa ancora più il cuore di sentire stamane sul mercato la gente che ha perso il guadagnapane.

Oceano: Sta glaglattando in aprile in riva al più grande lago di Francia!

 

A glagla! è l’onomatopea francese per dire che fa freddo. Il francese che crepa dal freddo fa “à glagla!”. Da questo glagla deriva il verbo onomatopeico “glaglater” che ho italianizzato in “glaglattare” e che è abbastanza flessibile. Potete dire “sto glaglattando” (je tremble de froid), “sta glaglattando fuori” (il fait froid dehors), “mi sto glaglattando” (je me gèle). Potete anche aggiungere dei glagla secondo l’intensità del freddo e se vi dico “glaglaglaglatto” è ovvio che ho più freddo che si mi accontento di glaglattare! Sapete cosa c’è di bene per le vacanze di Pasqua? I turisti tedeschi e olandesi tornano a frequentare le spiagge oceaniche del Médoc e le gelaterie riaprono e io posso ricominciare a mangiare dei gelati dopo sette mesi di astinenza. C’è aria d’estate nel Médoc. Un altro segno che l’estate sta arrivando è che, dall’alto della duna, non vedo più soltanto i surfisti in acqua, ma anche quelli che nel Médoc chiamiamo i “culs-nus” cioè i nudisti. Non dico che restano ore nelle onde, ma un bagno di una decina di minuti lo fanno già. Nonostante il caldo quasi estivo, mi dico che sta glaglattando in acqua visto che, magia del Golfo di Biscaglia, i nudisti maschi entrano in acqua con un pene e ne escono con un clitoride! Li trovo coraggiosi. Ora, siamo domenica scorsa e fa tanto caldo che mi dico che sarebbe un’idea di fare anch’io  il mio primo bagno dell’anno. Rassicuratevi, non sono incosciente e ho una vecchia muta da surf nel baule dell’auto. Perché no? Prima vado a misurare la temperatura dell’acqua con due dita di piede. Glaglaglagla! Non è possibile, mi dico. Non potrei mai entrare in questa acqua anche con la muta da surf. Devo rinunciare. Poi mi dico che dovrei forse tentare al lago di Hourtin a ridosso del posto dove mi trovo. Prendo il mio zaino ed eccomi partito attraverso la foresta per raggiungere le rive del più grande lago di Francia come dicono i dépliant turistici; nel Médoc si dice semplicemente lo stagno di Hourtin. Seguo un tempo il cammino dei Fari e incontro una coppia in bici che mi ferma, il sorriso stampato in faccia, per dirmi che hanno appena visto una cerva al margine della foresta. Loro probabilmente non lo sanno ma i cervi pullulano addirittura in queste dune boschive che separano i laghi di Lacanau e di Hourtin e l’oceano. Tanto che l’inverno devo vestirmi in bianco se voglio camminare nella foresta altrimenti rischierei di prendere un colpo di fucile da un indigeno del Médoc tutto alla sua passione per la caccia. Sono delle cose che si sono già viste nel Paese. Siete fortunati, rispondo, sorridendo. Poi, lascio la pista ciclabile per ritrovarmi a camminare in mezzo alla foresta. Il paradiso. Colpisce il silenzio. In estate ci sarebbe il chiasso incessante delle cicale, ma in aprile, quasi a sentire il battimento delle ali dei falchi pescatori che mi immagino sorvolare la foresta verso il lago. Dopo quattro o cinque chilometri, arrivo sulla riva orientale dello stagno. Sono solo al Mondo. Noto che l’acqua del lago è più calda di quella dell’oceano. Ma comunque sta glaglattando troppo e non mi sento di fare il bagno! Forse la settimana prossima glaglatterà meno in paradiso.

Bordeaux: Passeggiata a La Bastide!

La Bastide è il quartiere di Bordeaux situato sulla riva destra della Garonna e che conoscete già se seguite Bordeaux e dintorni (altrimenti vi invito a curiosare nelle stagioni di Bordeaux e dintorni). Oggi, vi propongo una piccola passeggiata con me sul lungo Garonna, da qualche parte tra il Ponte di Pietra  e il Ponte Jacques-Chaban-Delmas.

A La Bastide, attraverso i pioppi e gli ontani, si può vedere la Borsa Marittima e dirsi che il bordolese è particolarmente reazionario nel campo architetturale visto che il coso settecentesco è stato edificato nel XX secolo. Caspita, mentre gli americani costruivano dei grattacieli, i bordolesi erano ancora bloccati nel XVIII secolo! E forse lo siamo ancora nel 2017!

A proposito di americani. A Port Bastide, potete fare gli americani e pagarvi una gita in una barca d’epoca in legno. E perché no? Perché a Bordeaux non si potrebbe fare come nei film americani ubicati a Venezia dove c’è sempre la scena romantica in cui la coppia si ritrova di notte sulla laguna in barca di legno! Ma forse è possibile solo a Venezia! A Bordeaux, attraversate la Garonna in barca al chiaro di Luna senza aver fatto un bagno di prodotti insetticidi prima e, vi assicuro, che tornate a casa con la malaria! Fate la vostra traversata in giornata senza essere spalmato di crema solare e finite la gita tipo astice alla termidoro. Non per niente i bordolesi si avventurano raramente sul fiume! La paura di finire al pronto soccorso!

A La Bastide, potete vedere quei due edifici ciechi che sono i vestigi di due pile del mitico ponte trasportatore di Bordeaux. E se non sapete cos’è un ponte trasportatore o transbordeur come si dice in francese. Fate un giro a Nord di Bordeaux, nel dipartimento della Charente-Maritime,  fino a Rochefort perché in questa città hanno il fratello gemello del ponte trasportatore fantasma di Bordeaux e io ci ho camminato sopra in un precedente post. Un ricordo indimenticabile.

A La Bastide, non vedrete manifesti per Macron, Fillon o Le Pen, ma ovunque ci sono manifesti che chiamano a votare per Mélenchon o Poutou. Perché La Bastide è di Sinistra e ci si crede ancora alla lotta delle classi a La Bastide.

A La Bastide, due bottiglie della mostra “Le bordolesi XXL” che hanno avuto l’onore di essere esibite al giardino pubblico di Bordeaux per una festa del vino di tanti anni fa, sono ormai in pensione sognando probabilmente alla loro gloria effimera. Ma io non le ho dimenticate.

A la Bastide, c’è una palestra all’aperto gratis in cui i giovani e i disabili in sedia a rotelle vengono a farsi i muscoli. E io non so come fanno a restare in questo recinto con questo caldo che già abbiamo in aprile.

A La Bastide, c’è un cantiere navale con barche nuove di zecca e altre che sembrano risalire al diluvio e che gli operai tentano di rabberciare senza illusioni. Poi, come in Italia, ci sono gli umarells come quello che vedete in bici e che vengono scocciare gli operai a raccontare loro tutta la giornata come si ristruttura una barca.

A La Bastide, ci sono campi di fiori blu che ti sembrano uscire da un quadro di Monet. Tranne che non ci vuole guardare di troppo vicino perché il suolo è pieno di cadaveri di bottiglie e di preservativi usati.

A La Bastide, lungo la sponda del fiume, il sottobosco è pieno di piante di borragine. A me evoca l’Italia la borragine. Forse perché ne ho mangiato per la prima volta in quel Paese.

A La Bastide, ci sono cartelli che ti raccontano che una volta c’era un’isola misteriosa tra Bordeaux e La Bastide. E tu che sei del Médoc, dell’estuario della Gironda e delle sue isole, ti viene in mente che a La Bastide sono solo gelosi della gente del Médoc per inventarsi queste storie!

A La Bastide, il Municipio di Bordeaux ci ha relegato un piccolo busto dedicato a Toussaint Louverture invece di fare una bella statua dell’illustre uomo in centro città. Perché i nostri nonni erano trafficanti di carne umana e non ci vuole gridarlo troppo forte. Meglio vantarsi per la nostra immagine e raccontare che siamo la città di Montaigne e di Montesquieu.

A La Bastide, si vede sull’altra riva la brutta chiesa di Saint Louis des Chartrons.

A La Bastide, talvolta ci si crede a Hyde Park.

A La Bastide, c’è un ragazzo che cammina su una fune.

A La Bastide, si può passeggiare leggendo la poesia dello scrittore bordolese Jean de la Ville de Mirmont che è considerato tra i più grandi poeti francesi e che probabilmente sarebbe diventato il più grande se non fosse stato ucciso a solo 27 anni durante il primo conflitto mondiale.

A La Bastide, si guarda i bordolesi della riva sinistra e i turisti che si divertono allo specchio d’acqua come se loro fossero su un altro pianeta. Si potrebbe attraversare il fiume per raggiungerli, ma decisamente fa troppo caldo per lasciare l’ombra dei platani.

Botanica: Maggio in aprile!

Giglio della Valle. Strumento di musica delle Fate. Scrigno di smeraldo. Campanelle fatte con una scheggia di Luna. Gioia. Le Fate fanno trillare i gigli della Valle. Farfalle e libellule danzano la Sarabanda. Dal fondo della foresta ci provengono profumi di maggio. Tristezza. Siamo a metà aprile. La stagione dei gigli della Valle è già finita. Le innamorate sono disperate. Niente mughetto portafortuna del primo maggio quest’anno.

 

 

Nel paese dove le fate vivono tra le caldaie dell’inferno!

Le caldaie dell’inferno sono ranuncoli e come tutti i ranuncoli sono piante tossiche che contengono una sostanza chiamata anemonina che è mortale per uomini e animali. I ranuncoli perdono la tossicità solo quando sono essiccati. Credo siano chiamate così da noi perché, secoli fa, la radice essiccata della pianta serviva a fare una specie di tè che veniva usato per fare sudare i malati. Sono cugine strette dei botton d’oro che sono l’incubo degli allevatori di bestiame e di cavalli e i fiori preferiti dei bambini. Mettete due bambini francesi in un campo dove ci sono dei botton d’oro e li vedrete subito andare a raccogliere botton d’oro per giocare a “Ti piace il burro?” La differenza tra i due cugini è che la caldaia dell’inferno è molto più grande, il fior molto più bello di quello del botton d’oro e che la caldaia dell’inferno vive nelle paludi. Un’altra cosa da notare è che le caldaie dell’inferno hanno bisogno, come le fate, di un’acqua purissima per svilupparsi. Di cui l’idea che le caldaie dell’inferno sono le piante preferite delle fate perché condividono gli stessi luoghi. E se passeggiate nelle paludi tutte ingiallite dalla fioritura delle caldaie dell’inferno in aprile, potete essere sicuri che ci sono delle fate che vivono a prossimità e non dovete mai offenderle raccogliendo delle caldaie dell’inferno. Altrimenti le fate si vendicano. Mi è successo una volta, bambino, di offendere le fate. Eppure, ero stato avvertito mille volte di non toccare o raccogliere piante nella palude perché sono tossiche e appartengono al mondo delle fate e delle streghe. E io cosa faccio? Mi sporco le mani e mi presento a casa della nonna per offrirle un pieno mazzo di caldaie dell’inferno. Mia nonna non guarda i fiori, ma subito le mie mani. E anche io guardo le mie mani che stanno incuriosendo tanto mia nonna. E cosa vedo? Che ho le mani tutte infiammate e gonfiate, che mi sta venendo un forte prurito…Forse è la lebbra, dico, contento delle mie conoscenze scientifiche. O forse hai offeso le fate! dice mia nonna. Non piangere, tesoro! Dobbiamo tornare nella palude dove hai raccolto le caldaie dell’inferno. Ecco il posto, nonna! A due passi dalla casa. Sai perché l’acqua dei fiumi è rossa nella palude, tesoro? mi chiede mia nonna. Perché le fate si lavano da secoli nei fiumi e a forza i loro capelli rossi hanno tinto tutte le acque della palude, rispondo. Esatto, tesoro! Adesso dobbiamo fare un regalo alle fate che hai offeso. Ho portato un fazzoletto ricamato che servirà alle fate a confezionare vestiti. Vai a legarlo a un ramo di questo antico ontano perché sono sicura che le fate vivono tra le sue vecchie radici che si immergono nel fiume. Va bene. Le fate non possono resistere a questo tipo di regalo. Adesso immerge le tue mani nell’acqua rossa del fiume e chiedi loro perdono di aver derubato i loro fiori promettendo di mai più farlo. Vedi le tue mani cominciano a sgonfiare; è il potere magico dell’acqua delle fate. Le fate mi hanno perdonato nonna? Lo saprai domani. Tornando dalla scuola, andrai a vedere se c’è ancora il fazzoletto. Se non lo vedi, sei perdonato. L’indomani, non c’era più il fazzoletto. Non ho mai più toccato una caldaia dell’inferno.

In cucina con Alex: Couleur café!

Come l’avete capito ascoltando Petra Magoni interpretare la canzone di Serge Gainsbourg, oggi vi propongo una torta al caffè, una torta di pere e caffè per essere preciso.

Per questa ricetta ci sono tre tappe:

– 1 La preparazione delle pere in uno sciroppo al caffè.

– 2 La crema pasticcera al caffè.

– 3 La pasta per foderare che è una tipo di pasta senza troppo di zucchero, abbastanza comune in Francia, e che chiamiamo “pâte à foncer.”

1 preparazione delle pere in uno sciroppo al caffè:

– Gli ingredienti:

  • Cinque pere
  • 50 cl d’acqua
  • 400 g di zucchero
  • 20 g di zucchero vanigliato
  • 16 g di caffè solubile

Dividete le pere a metà. Eliminate la parte centrale e sbucciatele. Mettete l’acqua e gli zuccheri in una pentola (non troppo grande, basta che possa contenere le pere). Portate a ebollizione leggera. Poi aggiungete il caffè. Proseguite l’ebollizione finché lo sciroppo cominci ad addensare…

Aggiungete le pere e cuocete finché le pere siano tenere (non indico un tempo perché dipende delle pere che avete comprate, se sono più o meno mature). Fuori dal fuoco, lasciate macerare le pere nello sciroppo al caffè per almeno due ore.

2 La crema pasticcera al caffè:

– Gli ingredienti:

  • 50 cl di latte
  • 4 tuorli d’uovo
  • 50 g di maizena
  • 80 g di zucchero
  • 20 g di zucchero vanigliato
  • 2 cucchiai di caffè solubile

Versate il latte in una pentola e portate a ebollizione leggera. Durante questo tempo, in una ciottola, sbattete i tuorli con gli zuccheri e la maizena finché la preparazione sia omogenea. Incorporate il caffè nel latte. Poi versate il latte al caffè nella preparazione precedente.

Versate di nuovo la preparazione nella pentola e lasciate addensare la crema su fuoco dolce senza mai smettere di mescolare. Versate la crema su una placca da forno. Filmate e riservate. La crema pasticcera è pronta.

3 La pasta per foderare. Se non volete fare la pasta per foderare, potete comprare una pasta frolla.

– Gli ingredienti:

  • 250 g di farina
  • 150 g di burro morbido
  • 1 uovo
  • 5 g di sale
  • 20 g di zucchero

In una ciotola, mescolate la farina, lo zucchero e il sale. Aggiungete alla preparazione il burro spezzato. Poi schiacciate il burro nella farina per ottenere delle grosse briciole. Sabbiate l’impasto cioè soffregatelo tra le mani faccendolo slittare tra le dita (mi rendo conto che sto scrivendo delle cose un po’ sensuali!). Aggiungete all’impasto l’uovo leggeremente sbattuto. Non dovete impastare, ma integrare l’uovo con la mano facendo un movimento circolare…

Deponete l’impasto sulla spianatoia infarinata. Poi, in francese, utilizziamo il verbo “fraiser” che significa che dovete schiacciare l’impasto con il palmo della mano spingendolo in avanti.

Formate una palla. Poi abbassatela. Filmate e riservate in frigo per almeno 45 minuti.

Preriscaldate il forno a 180 gradi. Cottura classica in bianco. Non dimenticate di bucherellare il fondo  con una forchetta. 10 minuti con i legumi secchi e dieci minuti senza. La pasta è pronta.

Sbattete la crema pasticcera per renderla facile da stendere. Io non l’ho fatto, ma potete usare di una tasca di pasticciere se volete disporre la crema pasticcera sul fondo della pasta in modo professionale. Sgocciolate le pere per un minuto. Poi disponetele sulla crema pasticcera.

Al momento di servire, spennellate le pere di sciroppo al caffè. Buon appetito!

Vino: L’acchiappaminchioni di Bordeaux!

L’acchiappaminchioni è il nome che ho trovato per la città del vino di Bordeaux. Quando pensate che ci sono persone che vengono a Bordeaux da Paesi lontani e che si comprano un biglietto alla città del vino di Bordeaux per godersi, dalla terrazza, un costoso bicchiere di vino di Namibia in mano (o peggio un costoso bicchiere di vino del loro Paese in mano), un panorama su Bordeaux. Roba da non crederci per un tizio come me! No, perché, basta andare in una cantina o al mercato per comprare una simpatica bottiglia di vino di Bordeaux, di quello che va bene come si dice da noi. Poi di attraversare la Garonna e di salire la montagna delle orchidee per assaggiare in cima, nei cieli bordolesi, il vostro bicchiere di vino godendo, in mezzo alla fioritura delle coronille, di un panorama mozzafiato su Bordeaux e sopra lo specchietto alle allodole che è la città del vino. E poi potete portare anche il vostro cestino da picnic perché c’è un bel prato in riva al lago di montagna dalle acque turchesi che troverete lassù. Ed è gratis! 😉

 

Animali: Il ritorno del gatto diabolico!

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L’anno scorso, nel post: i maniaci della caccia alle lumache e il gatto che pratica il commensalismo, vi avevo raccontato come, in autunno, faccio dei mucchi di foglie e di legno sotto i siepi per permettere ai ricci, i miei piccoli commensali  che vivono nel mio giardino, di svernare tranquillamente. Da qualche giorno, ci divertiamo perché i tre primi cuccioli di riccio sono usciti da uno di quei mucchi di legno e, ogni giorno, le bestiole si avventurano un po’ più lontano dal nido; quasi a entrare in casa l’altro giorno! Il gatto diabolico, che conoscete già se seguite il blog, ormai si prende per una volpe e vorrebbe mandarsi giù le due galline che il vicino ha sistemato nel suo giardino. Quindi il gatto si è messo a campare nel giardino del vicino e sta cercando un mezzo di entrare nel piccolo pollaio. Mi rovina la salute questo atteggiamento del gatto diabolico e, ogni volta che qualcuno bussa alla porta o mi telefona, ho paura che sia il vicino per annunciarmi che, finalmente, il mio fottuto gatto ha fatto fuori le sue galline. Non vivo più. Non ridete, ma la prima cosa che faccio quando mi sveglio o quando torno a casa la sera, è di andare a vedere, attraverso i siepi, se le bestiole sono ancora viventi. Che angoscia! Lei tenta di rassicurarmi, che forse il gatto è innamorato delle galline perché sono delle cose che succedono. Io non ci credo perché mi ricordo ancora quando il gatto è stato accusato di attaccare le cicogne della riserva naturale. Che l’ho difeso sapendo che lui era colpevole. Come se questo fottuto gatto potesse aver un sentimento e pensare a un’altra cosa di quella di riempirsi la pancia. Si vedono solo su internet queste cose, mia povera! Una cosa che mi manda in bestia è che il gatto si è accorto che ci sistemiamo fuori prima la cena per osservare i cuccioli di riccio. Dunque lui, ogni sera, degna lasciare il suo posto nel giardino del vicino quando ci sente parlare. Vattene volpe! Torna alle tue galline che non voglio più vederti! Pensate come il gatto se ne frega di tutto quello che posso dirgli. Lui, tranquillamente, va ad annusare ogni piccolo riccio. Da’ un colpo di dente che ridiamo un po’ alle tue spese, gli dico (non troppo forte, penso, che non voglio spendere soldi dal veterinario!). Il gatto ci guarda e sembra dirci: è a quello che siete ridotti ora che sono più nel giardino, ad ammirare questa roba di niente. Siete patetici! Poi, lui si allontana, fiero come Artabano, verso l’altra parte del giardino, quella dove si trova le galline. Ma ci snobba questa cattiva bestiola! quasi mi strangolo dall’indignazione…

Brigitte e mia madre!

Una domenica a pranzo da mia madre. Stiamo guardando un servizio politico dedicato a Emmanuel Macron. Lui, classe 1977,  è sposato con Brigitte, ventiquattro anni più grande di lui.

Mia madre: Bella la signora Macron! Lei potrebbe essere suo figlio…o l’inverso!

Siamo lunedi mattina e sto ancora cercando un senso a questa frase! 😉