Il viaggio a Giverny.

 

La coda davanti alla casa di Claude Monet a Giverny.

Da Parigi per andare a visitare la casa e soprattutto il giardino di Claude Monet a Giverny, non è affatto complicato. Basta recarsi alla stazione di Saint-Lazare e al primo piano c’è tutto un immenso spazio dedicato solo alla vendita dei biglietti per Giverny. Una volta preso il biglietto grande linea Parigi-Rouen e più leggeri di cinquanta euro (per due, andata e ritorno) siamo pronti per l’avventura. Tanta gente che va a Giverny che non è proprio credibile: cinesi, coreani, giapponesi, americani, inglesi, spagnoli. Gli italiani no. Non sento parlare italiano quindi ne deduco che loro preferiscono restare a Parigi, al fresco, a visitare Notre Dame o il Sacré Coeur che sono attività che costano niente e li capisco. Ci sono anche escursionisti francesi, tutto un gruppo, vestiti e attrezzati come per fare un trekking nell’himalaya. Sono le otto della mattina, fa già 25 gradi e sudo solo a guardarli o forse per gli euro già spesi e che sospetto di non essere gli ultimi della giornata. Il viaggio nel treno affollato dura appena quarantacinque minuti. Non so cosa mi ero immaginato in un treno Parigi-Rouen. Sicuramente qualcosa che assomiglia alle immagini di Epinal con un treno che fila lungo la Senna attraverso prati pieni di mucche, frutteti che crollano sotto i meli in fiore, stupende case a traliccio, profumo di sidro che penetra nel treno dai finestrini. E, invece di campagna normanna idealizzata, non lasciamo mai un paesaggio di periferia parigina fino a Mantes-la-Jolie dove scendono gli escursionisti francesi. Allora loro non vanno a Giverny? Ma a scalare i grattacieli di periferia! Nel treno, accanto a me, c’è una giovane studentessa inglese che mi è simpatica subito perché lei sta leggendo una vecchia edizione tascabile di Even cowgirls get the blues di Tim Robbins. Ci mettiamo naturalmente a discutere a proposito del libro che è un classico anche in francese, di Tim Robbins, di Claude Monet, di cosa ci aspettiamo a scoprire a Giverny. Tre esseri umani normali in mezzo a un’orda di zombie gli occhi fissati sui loro smartphone. Quando scendiamo dal treno a Vernon, notiamo che ci sono dei passi designati sul marciapiede che indicano il cammino che dobbiamo seguire, ma basta seguire la greggia asiatica che si dirige verso le navette per Giverny. Pensate un po’ che andare dalla stazione di Bordeaux all’aeroporto che è abbastanza lontano, vi costa un po’ più di un euro con la corriera. E là in questo paesello sperduto di Vernon, per fare meno di cinque chilometri, devo sborsare venti euro per due biglietti (andata e ritorno). È uno scherzo? chiedo all’autista. Niente scherzo mi risponde l’autista, prendiamo anche la carta di credito. Va bene, sospiro, abbiamo sborsato già settanta euro e non abbiamo ancora visto nemmeno un papavero. Davanti alla casa di Claude Monet c’è una coda inverosimile e meno male che siamo arrivati presto. Dobbiamo aspettare più di un’ora sotto la morsa del sole prima di raggiungere lo sportello. E là, mi succede una cosa incredibile, che vale nel fondo anche tutto questo viaggio a Giverny, perché ne stiamo ancora ridendo più di una settimana dopo il nostro ritorno a Bordeaux. Dunque prendo due biglietti e cosa mi dice l’addetta allo sportello, probabilmente per le sue statistiche, penso. Where do yo come from? Lei mi chiede in inglese con un fottuto accento guascone da dove vengo!!! Be’ di Bordeaux! rispondo un po’ stupito dal suo accento. Ma pensate che lei si ferma e si mette a parlarmi in francese? Ma no! E lei di rispondermi: Me too, I’m from Talence ! (una frazione di Bordeaux). Be’ allora, rispondo, perché lei mi parla in inglese che siamo della stessa città? Lei scoppia dal ridere e ci mettiamo a discutere in francese mentre nella coda la gente si mette a perdere pazienza. Quando le dico il nome del mio paesello nel Médoc. Lei mi dice che il suo zio ci abita e mi chiede se lo conosco. Eccome lo conosco! Tutti lo conosciamo, il tizio è conosciuto come il lupo bianco. Ridiamo di concerto. Ma io non  perdo comunque il nord e le dico: adesso che abbiamo scoperto che siamo quasi della stessa famiglia, lei non può farci uno sconto sul prezzo dei biglietti. E anche lei, in buona bordolese, non perde il nord e di rispondere sempre ridendo: Mi dispiace, non è possibile. Venti euro. 😉

4 thoughts on “Il viaggio a Giverny.

  1. Succede anche a me in centro a Firenze! Tutti quelli che vogliono tirarti in un ristorante -tipico!- “Please, this way, tuscan typical food!” E le commesse dei negozi di biancheria “Can I help you?” …

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