Médoc. La nebbia che avvolge tutto in questa mattina di fine settembre annuncia una giornata caldissima. Ho preparato il picnic compreso qualche bottiglia di vino. Non si sa mai e non ci vorrebbe morire di sete. In una curva della strada provinciale, lungo un vigneto, mi sembra indovinare uomini intorno a un’immensa tavola. Prendono una pausa per la collazione, penso, e presto torneranno a lavorare tra i filari. Tempo di vendemmia. Guardo l’orologio, non sono ancora le nove e non sono veramente in ritardo perché la nave parte solo alle dieci. Dal porto, diciamo piuttosto dal prato, non si vede la riva destra dell’estuario della Gironda. Un airone mattiniero sta pescando in un buco d’acqua mentre decine di egrette stanno ancora a letto negli alberi, ma dopotutto è domenica. Il sole scioglie gli ultimi banchi di nebbia e la nostra destinazione, incoronata da un’aureola azzurrognola, appare nel lontano: l’isola Senza-Pane! dico ancora l’isola Senza-Pane come gli abitanti del Médoc, ma il suo nome ufficiale è da più di cento anni: l’isola Nuova (l’île Nouvelle). Nuova nel senso che sono due isole, l’isola Bouchaud a Nord e l’isola Senza-Pane a Sud, che sono separate solo da un piccolo braccio dell’estuario che è stato arginato nel mezzo del XIX secolo per fare una sola isola. L’isola Nuova fa sei chilometri di lunghezza per circa sei cento metri di larghezza. Notate che hanno ragione gli abitanti dell’estuario di continuare a chiamarle Bouchaud e Senza-Pane visto che dalla tempesta del 2010, le due isole sono di nuovo separate e che il dipartimento della Gironda ha deciso di non colmare la breccia per fare dell’isola Nuova una riserva naturale e ornitologica. Ai tempi della sua gioventù si diceva l’isola del piccolo Fagnard per l’isola Senza-Pane e l’isola del grande Fagnard per l’isola Bouchaud. (fagnard ha il senso di un mucchio di fango nel gergo locale). La nave solca le riche acque melmose dell’estuario. A destra, c’è la punta dell’isola Verde; di fronte, la piccola isola del forte Paté; a sinistra, il vasard di Beychevelle, l’isola Nuova e l’isola di Patiras più lontano a Nord. Ma forse vi state chiedendo perché ho parlato della gioventù dell’isola Senza-Pane? Allora, immaginatevi un po’ più di duecento anni indietro, diciamo in 1800, allo stesso posto di me sulla nave e guardate verso l’isola Senza-Pane e quella di Bouchaud. Cosa vedete? Assolutamente niente! Senza-Pane e Bouchaud non esistono ancora! Adesso, immaginatevi nel futuro, diciamo negli anni 2200, e forse la nave non solca verso Senza-Pane, ma verso un’isola che non conosco perché non è ancora nata. È questo l’estuario della Gironda. Un motto perpetuo. Una gigantesca macchina a creare delle isole e a farne morire altre. Duecento anni fa, c’erano altre isole sull’estuario, oggi inabissate, e che sono diventate quasi mitologiche per gli abitanti dell’estuario e sto pensando alle due più conosciute ancora e che sono l’isola di Trompeloup e quella de la Croûte. C’è una coppia inglese sulla nave e la donna mastica un po’ di francese. Lei mi dice che hanno dimenticato la lozione antizanzare all’albergo. Gliene propongo, ma lei non vuole accettare e devo veramente insistere. Due pazzi, penso.
Come nascono le isole della Gironda? È qualcosa di misterioso. Un alchimia tra elementi naturali che interagiscono tra loro. Ci vuole la melma cioè i milioni di tonnellate di sedimenti, di alluvioni, di limi che convogliano, ogni anno, i fiumi Dordogna e Garonna verso l’oceano. La melma si chiama in francese la “vase”. Ci vogliono tonnellate di sabbia, i venti, le maree e gli uccelli che portano la vegetazione. Un primo stadio della nascita di un’isola si chiama in gergo del Médoc, il “vasard” che è la stessa cosa che il “fagnard” cioè un mucchio di melma che si è agglomerato e che si sta sviluppando in un’isola. La parola ha anche un altro senso e tutte le isole che non sono abitate o arginate dall’uomo si chiamano “vasard” nell’estuario. Quindi avete il vasard di Plassac che è un’isola in formazione al largo di Blaye, ma anche il vasard di Beychevelle che è un’isola non arginata al largo di Beychevelle. Cammino sulla vecchia diga che circonda l’isola Senza-Pane. Osservo gli uccelli marini che campano nella palude e nella mangrovia a Sud e penso che hanno fatto bene gli inglesi di accettare un po’ di lozione antizanzare. Sull’isola Senza-Pane, siamo ancora in luglio e ci sono migliaia di libellule, farfalle e zanzare. E dire che non sono lontano da casa mia eppure sembra addirittura un altro universo! Sento delle cannonate sulla riva destra verso la cittadella di Blaye come se la città fosse sotto assedio. La stagione della caccia è iniziata, penso. Siamo sulla linea di difesa di Bordeaux creata da Vauban nel XVII secolo per impedire agli inglesi di riprendersi Bordeaux. Il catenaccio di Bordeaux come viene chiamato. Sulla sponda destra dell’estuario, la cittadella di Blaye. In mezzo al fiume, il forte dell’isola Paté. Sulla sponda sinistra, il Forte-Médoc. Dunque siamo circa un secolo più tardi, nel 1800 e cosa succede? L’isola Senza-Pane sorge quasi tra la cittadella di Blaye e il forte-Paté sulla linea di difesa di Bordeaux. Nel 1814, ai tempi di Napoleone, gli inglesi fanno il blocco dell’estuario. Il 3 aprile, una nave inglese, il Belzebù, si nasconde dietro l’isola Senza-Pane e si diverte a bombardare la città di Blaye per dieci giorni. Fort-Médoc che si trova a cinque chilometri sulla riva sinistra non è di nessuna utilità. L’apparizione di un isola ha distrutto tutta l’architettura difensiva immaginata da Vauban. Non c’è un albero e fa mille gradi sull’isola Senza-Pane. Forse sapete che queste terre alluvionali della Gironda sono le migliori del Mondo per il vino. E dunque verso gli anni 1850, la viticultura si sistema su Senza-Pane e Bouchaud con un’azienda vitivinicola per ogni isola. Due villaggi sono edificati con i suoi alloggi per gli operai, la casa dell’amministratore, la tinaia, la scuola per i bambini. Oggi, solo quello di Senza-Pane è perfettamente conservato e si visita. Al massimo hanno vissuto sessanta famiglie di îlout (il nome che si dà alla gente che vive sulle isole dell’estuario) durante l’età d’oro della viticultura sulle due isole, diciamo tra il 1850 e la prima guerra mondiale. Fa troppo caldo per restare sulla diga e d’altronde è l’ora del pranzo. Il solo albero dell’isola che fa un po’ di ombra è l’ippocastano centenario dietro la scuola dove sono state sistemate quattro tavole da picnic. Chiudo gli occhi e, dietro il vociare degli uccelli e delle rane, mi sembra sentire quello dei bambini îlout che giocano sulla diga. Mentre sto aprendo una bottiglia, arriva la coppia inglese. Lei ringrazia ancora per la lozione antizanzare. Niente, dico, ma scommetto che avete dimenticato anche il vino, ma questa volta non devo insistere troppo. Un giono sull’isola Senza-Pane.