Il Moulleau è la frazione più a Ovest della città senza inverno cioè Arcachon; dopo il Moulleau c’è la duna del Pilat. Nel mezzo del XIX secolo, era un paese di pescatori perso nelle dune ed era tutta una spedizione di raggiungerlo da Arcachon. Poi, ci sono imprenditori immobiliari che hanno deciso di farne una stazione balneare per clienti in ricerca di tranquillità, dei beretti da notte come si dice in francese per designare i guastafeste. Il Moulleau si voleva l’equivalente della città d’inverno di Arcachon senza la vita dissoluta che la gente ci menava tra casinò e feste senza fine. Il sole splende e la temperatura raggiunge quasi i venti gradi. Anche se siamo a fine gennaio, sembra una giornata di primavera. Salgo la duna per raggiungere in cima la chiesa di stile bizantino di Notre-Dame-des-Passes. Le “Passes” sono gli stretti pericolosissimi tra i banchi di sabbia mobili all’ingresso del Bacino di Arcachon che devono varcare le navi che vogliono entrare o uscire dal Bacino di Arcachon. Ogni anno, ci sono degli incidenti e Notre-Dame-des-Passes è dedicata ai marinai che rischiano la pelle negli stretti. Moulleau all’origine è il nome di questa duna e significa la stessa cosa di Pilat cioè mucchio di sabbia. La chiesa bizantina è stata costruita nello stesso tempo della stazione balneare cioè tra il 1863 e il 1864. Gli imprenditori immobiliari hanno dato la duna del Moulleau all’ordine domenicano affinché siano costruiti un convento e una cappella. Non per una questione di filantropia, pensate, ma perché nessuno avrebbe comprato o affittato una casa senza che ci sia una chiesa a prossimità. Nel post: la ragazza che sognava di una città senza inverno, vi avevo raccontato come, una volta, la città di Arcachon era un immenso sanatorio per la cura della tubercolosi. Nessuno malato sarebbe andato a sistemarsi al Moulleau sapendo che ci voleva fare quattro a cinque chilometri a piedi o in carro, attraverso le dune, per raggiungere la chiesa di Arcachon. Erano altri tempi. Mi fermo un attimo sul piazzale della chiesa e mi volto per guardare il panorama verso il Bacino di Arcachon. La chiesa è allineata perfettamente con il molo e il faro del Cap-Ferret sull’altra sponda. Non si scherza con l’estetica e, una volta, il molo era a sinistra dal Grand-Hôtel e, dunque, negli anni 60, questo molo è stato demolito per farne un altro a destra che sia perfettamente allineato con il faro. Entro nella chiesa per andare a sbirciare una statua molto rara – ne esistono solo due altre in Francia – che raffigura una madonna incinta fino alle orecchie, la Vergine dell’Avvento lei si chiama e si è salvata da un incendio dalla Casa Madre della Compagnia delle Figlie della Carità, 140 Rue du Bac a Parigi. Uscendo dalla chiesa, posso sentire le vostre osservazioni tipo: “Non fa troppo bizantina questa chiesa!” C’è una ragione, le cupole dei due campanili sono state tolte negli anni 1960 quindi oggi la gente dice che è una chiesa bizantina che è diventata toscana, ma immaginatela con le sue cupole e lei ridiventa bizantina. Io l’ho raccontato in diversi post, ma il Moulleau si è completamente lasciato andare nel 1910 con l’arrivo del viveur italiano, Gabriele d’Annunzio, che ci è vissuto fino al 1915. Ci vuole immaginare il poeta intrappolato al Mouleau per sfuggire ai suoi creditori italiani e parigini. Cos’è il Mouleau all’epoca di d’Annunzio? una ventina di chalet (il nome che si dà ad Arcachon ai palazzi e alle case), il Grand-Hôtel, la chiesa bizantina e il convento dei domenicani, il Molo e i due sanatori per i tubercolosi. Insomma un posto dove la gente viene per morire. Meno male che c’erano tutte le donne dei ricchi industriali e le loro figlie da sedurre e poi i casinò di Arcachon si sono avvicinati con l’arrivo del tramway al Moulleau nel 1911 quindi l’amico italiano è riuscito più o meno a sopravvivere. Esco dalla chiesa e imbocco l’avenue Saint-Dominique per scendere la duna. Non è difficile di immaginare il poeta passeggiare tra le dune con i suoi tre levrieri bianchi. Passo davanti la villa Caritas dove ha vissuto l’italiano. Le persiane della villa sono chiuse. È in questa villa che il poeta ha scritto la Leda senza Cigno e il martiro di San Sebastiano per la ballerina Ida Rubinstein con la collaborazione di Claude Debussy. Continuo la mia passeggiata e, ai piedi della duna, prendo il viale Gabriele d’Annunzio, passo davanti la villa Saint-Dominique al numero 25 che è oggi un’altra di quella dove ha vissuto d’Annunzio con la pittrice americana Romaine Brooks. Cammino fino al monumento che raffigura il busto del poeta e che è al riparo sotto una splendida mimosa in fiore. Ah le fragranze delle mimose del Bacino di Arcachon in gennaio e febbraio talmente forti che eclissano gli odori dell’oceano. Mentre torno indietro per dirigermi verso il molo, noto i passanti che non esitano a raccogliere mazzi di mimose in giardini che appartengono ad altri. Forse loro non sono di Arcachon e non sanno che le loro mimose cominceranno ad appassire già prima di aver raggiunto il molo. Ci sono persone che prendono il caffè alla terrazza del Grand-Hôtel. Noto che il vecchio cannone tutto arrugginito è sempre al suo posto davanti al molo. Il suo gemello è sull’altro sponda in un paesello sulla strada del Cap-Ferret che si chiama appunto Le Canon. Si dice che sono relitti di una vecchia fortezza che sorgeva al posto della chiesa bizantina nel XVIII secolo e che proteggeva gli stretti del Bacino di Arcachon da un’ipotetica invasione inglese. Sul molo, osservo gli appassionati di kitsurfing che cavalcano le onde. A sinistra, davanti alla duna del Pilat, avvolta da una nebbia di calore, c’è una grossa nave che sta lavorando a dragare lo stretto sud e che sputa tonnellate di sabbia verso la riva. Una volta, ai tempi di d’Annunzio, non c’era l’Oceano come oggi davanti al Mouleau e ci voleva andare in spiaggia con gli orari delle maree in tasca per essere sicuro di trovarlo. Guardo una plate (il nome della barca da lavoro usata dagli allevatori di ostriche) tornare dal banco di Arguin verso il suo porto. È tempo per me di tornare a casa. Mentre mi allontano dal molo, guardo indietro e vedo una coppia che sta passeggiando con un levriero…