Pascade, la crêpe all’uso dell’Aveyron!

La pascade (pascada in occitano) è un tipo di crêpe-frittata semplice semplice che i lavoratori dei campi mangiavano, ogni giorno, una volta, nel dipartimento dell’Aveyron tranne ovviamente per la Quaresima. Ci sono tre ingredienti base: Uova (di cui questo nome di pascada in occitano), farina e latte. Per il resto, potete fare la vostra pascada con qualsiasi ingredienti che avete sotto la mano.

…A l’ostal brandisia las costas lo matin, (A casa, lei scuoteva i pagliericci la mattina)

Anaba al camp portar la sopa è la pascada, (ai campi, portava la zuppa e la frittata)

E los batiers, en l’espian dins lo camin, (E i bovari, sbirciandola sul cammino)

Sentian s’emporporan lor gauta mascarada, (Sentivano arrossire le loro guance sporche)

Gracia à l’amor, belèu, o gracia al despartin… (Grazie all’amore, forse, o grazie al pasto)

Per questa pascada ho scelto un formaggio “Bleu des Causses”. Il Roquefort che proviene dalla stessa zona è fatto con latte di pecora mentre il Bleu des Causses è fatto con latte di mucca. Comunque potete usare gli ingredienti che volete per fare una pascada (lardo, formaggio, verdure…ecc) e anche farla solo con latte, uova e farina; se volete farne una dolce, per esempio, basta sostituire al formaggio dello zucchero, della vaniglia…ecc.

  • 3 uova
  • 27 cl di latte
  • 140 g di farina
  • 150 g di formaggio
  • un po’ di burro
  • 1 pizzico di sale

Mescolate la farina con le uova.

Aggiungete il latte man mano per evitare i grumi…

Il formaggio schiacciato con un po’ di burro, il pizzico di sale. Lasciate riposare la preparazione almeno un ora.

Foderate uno stampo con una carta da forno. Versate l’impasto.

Al forno a 210 gradi per circa 35 a 40 minuti. Vedete come la pascada si gonfia durante la cottura.

Lasciatela ricadere prima di servirla con un’insalta verde.

Bon ap’

Un anno nel mio Médoc: Settembre.

Qualcuno di voi ha già scalato la torre Pey Berland di Bordeaux? Io mai. Invece conosco il paese natio di Pey Berland, perso nel cuore delle lande del Médoc, dove lui fece edificare, nel 1447, una modesta cappella dedicata a San Raffaele, su un terreno che apparteneva al padre. Pey Berland, per noi, è l’equivalente di Giovanna d’Arco per gli altri francesi. Un eroe e un santo. Una nascita verso gli anni 1375-1380. Un’infanzia a fare il pastorello al culo delle pecore nelle lande fino ad abbracciare una vocazione religiosa ed essere nominato arcivescovo di Bordeaux nel 1430. Una vita, insieme al nostro Re Talbot, a difendere la Guascogna e la sua indipendenza e a lottare contro i francesi fino alla caduta di Bordeaux nel 1453. Dopo la sua morte, nel 1458, la sua tomba nella cattedrale Sant’Andrea, per secoli, diventò un luogo di culto per generazioni di bordolesi; e i suoi effetti personali delle reliquie capaci di fare miracoli, in particolare i suoi sigilli….Fa caldo. Il cielo è disperatamente blu, credo sia piovuto solo due pisciatine di gatto quest’estate. La cappella è chiusa e non voglio scocciare qualcuno al municipio del paese per aver le chiavi. D’altronde un amico mi ha detto che lui ci è già andato a palpare il sigillo di Pey Berland e che non era il primo a farlo. E niente. Conosco un altro metodo. Dunque mi metto a girare intorno alla cappella, devo farlo nove volte per ottenere un miracolo. Accarezzo le querce centenarie.  Mi metto a parlare al santo: “Lo sai Pey che abbiamo bisogno di pioggia, che tutta la nostra vita gira intorno ai porcini in autunno. Anche tu sei un tizio della Civiltà del porcino. Ti ricordi quando andavi ai porcini? L’emozione che ti stringeva il cuore davanti a tuo primo porcino dell’anno. Dai Pey! Facci un po’ di pioggia…” Parlo tanto che dimentico il numero di giri che ho già fatto. Spero basterà così, penso. Uno sghignazzare nei cieli lontano sopra la mia testa. Alzo gli occhi: un biancone. Un segno di Pey Berland per dirmi che la stagione dei serpenti non è ancora finita e che devo essere paziente? Oppure che lui non ha niente a che fare con un serpente del mio genere? Poi la verità mi appare, crudele: l’uccello mi sta canzonando…

 

 

 

Pensando a Francesca, vi faccio un tiramisù!

Gli ingredienti:

  • 250 g di mascarpone
  • 125 g di biscotti tipo Petit Beurre
  • 2 uova
  • il succo di un limone
  • 50 g di zucchero
  • 30 g di zucchero
  • 20 g di zucchero tipo vergeoise
  • 3 frutti della passione
  • 1 mango

In una casseruola, fate fremere 3 minuti il mango tagliato a cubetti con 30 g di zucchero e il succo del limone.

Aggiungete il frutto della passione e lo zucchero vergeoise. Mescolate. Lasciate raffreddare completamente.

Sbattete i tuorli con i 50 g di zucchero.

Aggiungete il mascarpone.

Montate i bianchi a neve.

Incorporateli delicatemente alla preparazione al mascarpone.

Uno strato di biscotti sbriciolati, uno strato di frutta…

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Uno strato di crema al mascarpone. Poi si ricomincia e si finisce con uno strato di frutta.

Riservate in frigofero, è il dessert della nostra domenica.

Bon ap’

 

I draghi d’acqua del giardino botanico di Bordeaux.

Nel fondo di uno dei bacini del giardino botanico di La Bastide, in mezzo ai girini e alle rane, qualcuno ha notato delle strane bestiole nascoste tra le piante acquatiche. Tutti i sapienti di Bordeaux sono stati convocati e tutti di interrogarsi intorno al bacino: Ma cosa sono queste bestiole che nessuno ha mai visto? Una nuova specie? Mistero totale. Il buio completo. Poi un tizio qualunque che passeggiava nel giardino si è fermato davanti al bacino e, incuriosito, davanti alla dotta assemblea riunita per l’ennesima volta, ha guardato le bestiole e ha scoppiato dal ridere. Sono degli axolotl, egli ha affermato, basta andare a Jardiland (l’equivalente francese di Viridea) per trovarne, sono le bestiole alla moda in questo momento. Un cretino le avrà comprate poi buttate nel bacino del giardino botanico. Diciamo che se comprate un axolotl, la vita di un sasso vi sembrerà  più palpitante e dunque il cretino si sarà stanco di aver le soporifere bestiole a casa e le avrà buttate nel bacino. Tutto qui. E tutti i sapienti di guardare il tizio con la bocca aperta e gli occhi spalancati davanti a questa rivelazione: Allora il mitico axolotl, la bestiola che possiede delle capacità fuori dal comune e che si pensava estinta, si venderebbe nei garden center? Straordinario. Ora vi racconto la storia dell’axolotl. Non è difficile di indovinare che l’axolotl è messicano con questo nome tipicamente azteco. Più precisamente l’axolotl è originario dalle acque fredde dei laghi Xochimilco e Chalco non lontano dalla città del Messico. E dunque axolotl deriverebbe dal nome di un Dio messicano chiamato “Xolotl” che secondo la leggenda si cambierebbe in drago d’acqua per sfuggire ai suo nemici. Probabilmente un tipo di ironia azteca visto il lato completamente amorfo delle bestiole che popolano le acque del bacino del giardino botanico. Notate che i naturalisti che sono conosciuti per dare nomi latini di fantasia a tutto, l’hanno chiamato anche “Gyrinus Edulis” (girino commestibile) osservando probabilmente gli aztechi ingozzare gli axolotl allo spiedo dalla mattina alla sera. Parlate di un drago d’acqua che sfugge ai suoi nemici! Dunque fino all’inizio del XIX secolo, axolotl, la leccornia azteca, è sconosciuta in Europa. Nel 1803, Alexander von Humboldt e Aimé Bonpland viaggiano in America latina e ne riportano le loro famose Raccolte di osservazioni di zoologia e d’anatomia comparata in cui Georges Cuvier del museo nazionale di storia naturale descrive per la prima volta gli axolotl. Humboldt, Bonpland e Cuvier ci dicono che gli axolotl hanno quattro zampe separate in quattro dita, la bestiola acquatica di colore bianco, giallo oppure nero e fulvo, misura circa 15 centimetri ed è dotata di polmoni ma anche di branchie. Inoltre l’axolotl assomiglia come due gocce d’acqua alla larva di una salamandra. Dunque sono i primi dati sugli esemplari di axolotl descritti e inviati da Humboldt al museo di nazionale di storia naturale. Passano alcuni anni – una sessantina – e ci ritroviamo negli anni 1860 dove una trentina di axolotl sono di nuovo inviati in Francia dal Messico al professore Auguste Duméril, ideatore e responsabile del vivarium del Giardino delle piante di Parigi. Figuratevi che quegli axolotl sono gli antenati di tutti gli axolotl che trovate in tutti i garden center di Francia. Dunque Duméril si mette a studiare le bestiole e ci vuole coraggio tanto gli axolotl hanno una vita vegetativa. E, dopo un anno, succede qualcosa di davvero incredibile, stupefacente, allucinante. Uno degli esemplari di axolotl si mette a deporre uova. Finora, si pensava che l’axolotl era una larva di una specie di salamandra americana, un volgare  girino. Ma come fa un girino per riprodursi? È una cosa inconcepibile. Auguste Duméril non ha tempo di fare una crisi cardiaca dopo questa prima scoperta che succede già un evento ancora più straordinario se fosse possibile. Un secondo esemplare di axolotl si mette addirittura a cambiare completamente di colore e di forma! L’axolotl perde le branchie e si mette ad assomigliare a un batrace conosciuto sotto il nome di Amblystome. Immaginate il povero Duméril nel suo laboratorio che pensava studiare delle larve di salamandra e che diventa quasi pazzo davanti a questi fenomeni. Se qualcuno avesse detto a Duméril della vita trepidante dell’axolotl, lui avrebbe pensato di essere preso in giro. Eppure, davanti agli occhi di Duméril, lui sta osservando, per la prima volta, il concetto che il biologo Kollmann chiamerà qualche anno dopo: la neotenia (la gioventù prolungata) cioè la capacità di certi animali a conservare delle forme larvali sapendo comunque riprodursi. Ma non è tutto ed è solo l’inizio. Durante altre esperienze, Duméril ha tentato di forzare la metamorfosi dell’axolotl e ha dimostrato che la bestiola  può metamorfosarsi, perdere le branchie e diventare un animale terrestre a patto che l’axolotl sia in buona salute e che le condizioni di vita siano buone. Oppure, anzi, rimanere una larva acquatica tutta la sua vita. Più tardi, i ricercatori hanno fatto altre esperienze e hanno constatato che l’axolotl può rigenerare le sue zampe ferite. Di recente, gli scienziati hanno scoperto che l’axolotl può rigenerare i suoi occhi, la sua colonna vertebrale e anche una parte del suo cervello. L’axolotl è ugualmente molto tollerante per tutto quello che riguarda i trapianti di pelle o di organi interni. Quindi l’axolotl ha un certo successo nel mondo scientifico con i suoi superpoteri. Ecco la storia dell’axolotl. Specie a rischio di estinzione nel suo paese natio per colpa dell’inquinamento e dell’urbanizzazione del lago Xochimilco secondo l’UICN. Leccornia azteca una volta venduta sui mercati. Animale prodotto e studiato in laboratorio per le sue capacità misteriose di rigenerazione e di riproduzione. Animale di moda venduto nei garden center per la sua somiglianza con qualche pokemon. Animale buttato in un bacino del giardino botanico da un cretino. E bene, speriamo che gli axolotl possano vivere in pace in questo bacino senza essere scocciato dagli uomini. Per una volta.

Oceano: Il signor Esquirot e lo smeraldo.

In cima alla duna, In un palazzo fatto di aghi di pino e di muschio, nel buco di un antico pino a strapiombo sul lago, vive il brioso signor Esquirot detto ancora il gatto*. Mentre i turisti che si ammucchiano nei campeggi del Paese russano ancora, il signor Esquirot si è già lavato, pettinato, e fischietta facendo le pulizie di casa. Di pomeriggio mentre i turisti sono spiaggiati sulla sabbia, il signor Esquirot si diverte nella foresta e salta da un albero all’altro facendo mille capriole. Il signor Esquirot detesta l’acqua e non sogna di essere una balena, un pesce, di avere le pinne. No, lui sogna di essere un uccello e di avere le ali. Alla fine della giornata, mentre i turisti fanno la coda davanti alle dieci mille bancarelle dei polli allo spiedo e delle patatine, il signor Esquirot, seduto su un ramo dell’antico pino, si accontenta di una cena frugale ammirando il volo delle rondini sopra il lago fino al tramonto. Da qualche giorno, il signor Esquirot è soggiogato dal riverbero giallo e verde di un grosso smeraldo attaccato al ramo di un pino vicino. In due scambietti, il signor Esquirot raggiunge lo smeraldo e si mette a rosicchiare il peduncolo per impadronirsi di questa splendida gemma. Al momento di staccarsi, ahimè, lo smeraldo è troppo grosso è cade in pieno mezzo del sentiero forestale. In due salti, il signor Esquirot ha raggiunto il suo tesoro. Lo tira, lo spinge, lo solleva come un pesista, lo fa slittare sulla garbaye*. Il signore Esquirot deve sbrigarsi non si sa mai che uno di quei maledetti escursionisti abbia l’idea di fermarsi e, tra i migliaia di smeraldi che lastricano il sentiero, di raccoglierlo. Un ultimo ostacolo. Un Himalaya per il signor Esquirot e il suo fardello: la ringhiera che impedisce agli escursionisti di capitombolare dalla cima della duna nel lago. Il signor Esquirot si sforza, si esaurisce, si sfiata senza mai riuscire a issare lo smeraldo sopra la prima sbarra. Frustrato, il signor Esquirot abbandona il suo prezioso tesoro e torna ai piedi della sua casa per ricuperare un torsolo di smeraldo e portarlo a casa per la cena. Sorrido osservando la scena, poi raccolgo la pigna verde e la butto ai piedi dell’antico pino….

* In guascone: esquirot oppure gat-esquirot è il nome dello scoiattolo

* Garbaye: il tappetto fatto di aghi di pino.