L’anatroca!

In riva allo stagno dietro casa mia, ci sono quegli strani uccelli che non avevo mai visto in vita mia. Sono intrigato. Mi sta arrivando il vecchio dei gabbiani (mouette), avvolto nella sua eterna nuvola bianca e sghignazzante. È un pensionato che fa il giro delle panetterie, ogni mattina, con un antico sacco di farina poi porta allo stagno il suo bottino di pane raffermo ai suoi cari gabbiani verso la sera. Lo intercetto salutandolo. Quasi devo gridare tanto la nuvola bianca e affamata è arrabbiata di vedere la routine del vecchio interrotta. Non ho il tempo di formulare la mia domanda che il vecchio mi risponde: Colpa dei cambiamenti climatici, l’uccello è un’ouette d’Egitto! E io di pensare che il vecchio dei gabbiani mi sta prendendo per un’oca (cretino in francese) raccontandomi di un uccello che si chiamerebbe couette (piumone). Veramente, gli dico, questo uccello sarebbe un piumone d’Egitto?  Il vecchio si mette a sghignazzare di concerto con la nuvola bianca. Non ho detto couette, ma ouette! E lui di aggiungere: Ouette è il nome che si dà agli uccelli che sono tra le oche e le anatre. Un piumone! Mentre il vecchio si sta allontanando in mezzo alla nuvola, mi dico che non c’è bisogno di prendermi per un’oca visto che ne sono già una! Mi metto anch’io a sghignazzare. Un piumone! 🙂 🙂 🙂

In cucina con Alex: Enchaud per giorni freddi!

Ho deciso di cucinarvi un altro piatto tipico del Sud-Ovest della Francia. Precisamente un enchaud che è un confit di maiale che si mangia quando fa freddo. D’accordo è per il gioco di parole! Potete mangiarlo tutto l’anno. Se, per caso, un giorno, avete l’idea di imboccare la strada tra Bordeaux e Sarlat, questo fottuto enchaud lo troverete sul menù di tutti i ristoranti che incrocerete  sul vostro cammino.

La ricetta è per una lonza di maiale di 2 chili

  • 500 g di strutto
  • 3 scalogni sbucciati e tagliati in due parti
  • Spicchi d’aglio (senza il germe) tagliati a bastoncini. Quanto basta. Da noi molto cioè circa 8 spicchi.
  • Timo (se vi piace), alloro
  • 80 g di sale grosso
  • 10 g di pepe in grani schiacciati

Preriscaldate il forno a 140 gradi. Fate sciogliere in una cocotte lo strutto.

Aggiungete l’alloro, gli scalogni, il pepe e il timo.

Inserite i bastoncini d’aglio nella carne. Arrotolatela nel sale poi disponetela su della carta da cucina per togliere il surplus di sale. Poi mettete la carne nella cocotte. Fate una piccola ebollizione…

E fatela cuocere al forno per circa tre ore.

Togliete la carne dalla cocotte, disponetela in una ciotola e filtrate lo strutto. Poi versatelo sulla carne. In frigo per almeno due giorni.

L’enchaud, potete mangiarlo freddo, riscaldato al forno, per la colazione o la merenda, in entrée tipo paté, in piatto principale con delle patate, la sera quando non sapete cosa cucinare, per il pranzo della domenica…le possibilità sono infinite. In frigo, la carne si conserva circa une mese sotto il suo spesso mantello di strutto, ma è la teoria perché, in realtà, ci sarà sempre qualcuno che andrà a rubarvene un pezzo e, quando avrete l’idea di mangiarne un boccone anche voi di quel delizioso enchaud, ritroverete solo lo strutto e niente sotto!

Non c’è nemmeno bisogno di un coltello, la forchetta basta! Buon appetito!

 

Ghosn is gone.

Qualche anno fa, ho cambiato le finestre di casa per fare qualche risparmio sulla bolletta del gas. L’IVA era regalato dal governo e dunque, in buona fede, ho pensato che fosse anche sul montaggio delle finestre. Ma no, era solo sul prezzo delle finestre. Ho sbagliato nella dichiarazione di reddito di qualche centinaia di euro. E bene, una settimana dopo aver inviato la dichiarazione di reddito, ho ricevuto una lettera di minaccia dall’agenzia delle Entrate che se non pagassi la somma dovuta, la polizia busserebbe alla mia porta sotto quindici giorni. Allora mi fa davvero male al culo di sentire quando accendo la televisione, discorsi tipo: “Poverino. Ci vuole capire il suo gesto a questo poverino di Carlos Ghosn. Lui ha evaso qualche milione di euro. E allora? Lui non prendeva abbastanza con i suoi miserabili quindici milioni di stipendio ogni anno. Il poverino è stato costretto a fare un po’ di evasione fiscale. Ma cosa possiamo capire noi poveracci che abbiamo solo qualche tassa da pagare? Caspita, se dovessimo mantenere palazzi, collezioni di auto, gestire tutto questo denaro, ridurre gli stipendi e il numero degli operai, come faremmo noi poveracci che non ci capiamo niente a tutte queste cose…”

 

Mignon, questo falso amico francese.

Mignon in francese: Aggettivo. Delicato, gentile, grazioso. Bambino mignon. Usato soprattutto al femminile. Piacevole, carina, bella. Una fanciulla molto mignonne (carina). In lingua familiare: Gentile, compiacente. Se fossi mignonne, apparecchieresti la tavola! Sostantivo. Giovane persona. Una ragazzina mignonne. appellativo affettuoso. Mignon, mignonne (tesoro). In francese popolare: mignonne designa una ragazza o una giovane donna. I mignons nel seicento designavano i giovani favoriti del re Enrico III. In gergo francese, un mignon è un giovane gay.

Mignon in italiano: Di piccole dimensioni, di formato inferiore al normale. Una pasticceria mignon in italiano che è un “petit gâteau” in francese. Notate che, per caso, se un francese vi dice: è mignon! parlando di un dolce, non sarà per forza un complimento anzi potrebbe essere un modo di dire: Caspita, sembra che sia un bambino di otto anni che l’ha fatto questo fottuto dolce 🙂

Un anno nel mio Médoc: Novembre.

Furono i cambiamenti climatici. I ghiacciai si sciolsero. Il livello dell’Oceano salì inghiottendo le piane costiere dove cacciavamo i greggi di renne. Noi fummo intrappolati in quei lembi di terre tra Oceano e Grande Fiume. Le foreste di querce e le paludi sostituirono la tundra di una volta. E noi della nobile civiltà della renna dovemmo mettersi a pescare, a cacciare il cervo e il cinghiale e raccogliere tutto il poco che poteva regalarci questa terra che confina nell’Oceano. Migliaia e migliaia di anni passarono. Un giorno, vedemmo barche che cabotavano lungo il nostro litorale. Gli uomini che sbarcarono ci dissero che eravamo l’ultima popolazione di cacciatori-raccoglitori dell’Ovest del Mondo e loro ci insegneranno l’agricoltura e l’allevamento, ma noi, nel fondo, rimasero cacciatori e raccoglitori. Tanti popoli si sono succeduti su quei lembi di terre dopo di noi. Alcuni hanno lasciato tracce e altri no. Noi gli ultimi ottanta della civiltà della rena cademmo nell’oblio poi qualcuno scoprì il nostro dolmen perso nella palude, le nostre ossa, i nostri attrezzi e i nostri gioielli nel tumulo. Oggi, il ragazzo della duna è venuto a trovarci e ci ha parlato delle battute di caccia al cinghiale, dei cervi che pullulano nelle paludi, della stagione dei funghi e di tante altre cose che si raccontano gli abitanti del Médoc quando si incontrano.

 

Se morissi laggiù…

Se morissi laggiù sul fronte dell’armata,
Tu piangeresti un giorno o mia adorata Lou,
E dopo il mio ricordo cadrebbe come muore
Una granata esplosa sul fronte dell’armata,
Una granata che sembra una mimosa in fiore.
E poi questo ricordo scoppiato nello spazio
Con il mio sangue il mondo ricoprirebbe intero:
Mare, montagne, valli, e la stella che passa,
I soli che maturano stupendi nello spazio
come quei frutti d’oro attorno a Baratier.
Appassito ricordo, vivente in ogni cosa,
Arrosserei le punte del tuo bel seno rosa
Bacerei la tua bocca e; i capelli fiammanti.
E non invecchieresti, ogni tua bella cosa
Rifiorirebbe intatta negli incontri galanti.
Il fatale zampillo del mio sangue sul mondo
Farebbe dono al sole di più luce accecante
Di più colore al fiore, di più impeto all’onda,
Un amore incredibile scenderebbe sul mondo,
Nel tuo corpo dischiuso trionferà l’amante…
Lou, se muoio laggiù, ricordo che s’oblia,
Qualche volta ricordati gli istanti di follia,
Di giovinezza e amore e d’inesausto ardore,
Il mio sangue è la fonte ardente della gioia!
E sii la più felice perché sei la più bella,
O mio unico amore e mia grande follia!
La luce langue
Ora presento
Un lungo, lungo destino di sangue.

Se morissi laggiù… Poesia di Guillaume Apollinaire, 30 gennaio 1915, pubblicata per la prima volta nel 1947 nella raccolta Poesie per Lou. Letta dall’attore Jacques Duby. Traduzione italiana trovata su internet di Claudio Rendina.

Caterina de’ Medici alias Artemisia di Caria.

Cadillac, piccola città medievale dell’Entre-deux-Mers, dove si fa un ottimo vino bianco che vale bene il Sauternes che si fa di fronte sull’altra sponda della Garonna. Cadillac dai bordolesi è conosciuto anche per l’ospedale psichiatrico e d’altronde in bordolese: “finir à cadillac” significa finire in manicomio. Andateci un sabato mattina perché c’è il mercato nelle vie dell’antica cittadina fortificata. Comprate tutto per un picnic senza dimenticare il vino. Visitate il castello dei Duchi d’Epernon e i suoi famosi camini che sono tra i più bei di Francia. In questo castello ha soggiornato Caterina de’ Medici e il camino che si trova nella sua camera le rende omaggio raccontando una scena mitologica che sembra la storia di Caterina de’ Medici e di Enrico II. E non è difficile di capire i motivi per cui l’italiana adorava questo episodio antico e d’altronde questa scena la ritroverete, sotto diverse forme, in quasi tutti i castelli dove ha soggiornato la toscana. Si tratta di Artemisia bevendo le ceneri di Mausolo. Se vedete Artemisia bere le ceneri del marito in Francia, l’artista vi raffigura Caterina de’ Medici. Una volta che avete salutato l’italiana, prendete la macchina, attraversate il fiume e andate a fare un pranzo sull’erba del Parco di Chavat di fronte, a Podensac, in riva alla Garonna…

Già la crisi economica e le premesse delle guerre di religione. Il vampiro, Francesco I, ha tanto succhiato il sangue e il midollo dei francesi che lui non riesce più a risucchiare loro nemmeno un soldo. Ma niente paura perché i Re di Francia in situazione di sovraindebitamento hanno sempre la possibilità di storcersi il naso e comprarsi una piccola mercante fiorentina e entrare in una famiglia di banchieri italiani per rimettersi a galla. E quello che succede con questa brutta e cicciona adolescente di 14 anni, Caterina de’ Medici, che è venuta da Firenze a Marsiglia, venduta dalla propria famiglia, per sposare, il 11 ottobre 1533, un adolescente dello stesso età,  il secondogenito di quel Francesco  I, un certo Enrico di Valois. Storia sordida di un matrimonio arrangiato. Caterina non è una bellezza quanto la rivale Diana di Poitiers anzi. Ma comunque lei è simpatica e colta. Ama la festa. Sa ballare, cantare e conversare in uno strano francese storpiato. Dopo qualche anno, lei è diventata la figlia di cuore di quel Francesco I e lo accompagna dappertutto. Il figlio no. Il padre non lo sopporta affatto. Pensate. Un imbecille nemmeno capace di balbettare due parole comprensibili e che si interessa solo ai tornei. (lo sport alla moda allora). Insomma Caterina non si veste ancora di nero e non è ancora la regina più potente della Storia di Francia e soprattutto più odiata. Lei è ghiottone che ne è una cosa inimmaginabile e, in una sola giornata, l’italiana è capace di mangiare quanto tutta la popolazione di Bretagna. La tipica ragazza che non volete aver a casa. Un giorno lei manca di crepare di un’indigestione per aver trangugiato una quantità astronomica di una schifezza italiana di cui lei veniva pazza. Una specie di ragù a base di carciofi e di creste di gallo. Pensate. Poi, una cosa davvero sorprendente per una figlia del rinascimento italiano – ma forse faccio confusione tra Rinascimento e Lumi –  è la sua superstizione. Talmente superstiziosa che se non fosse stata la nuora di quel Francesco I, ma una semplice contadina basca, l’inquisizione ne avrebbe fatta degli spiedini di questa strega. Pensate. Sempre accompagnata da un esercito di astrologhi, chiaroveggenti, maghi, a farsi leggere l’avvenire nelle palle di cristallo, nelle carte, nei vecchi libri di magia, negli almanacchi. A fidarsi alle profezie chiare come acqua di budello di questo ciarlatano di Nostradamus. Tipo: “Il giovane leone il vecchio sormonterà. Nel campo bellico in singolar tenzone. Nella gabbia d’oro gli occhi perforerà. Due ferite in una, poi morire, morte crudele”. Francamente, si può dire di tutto su Caterina de’ Medici, ma sicuramente lei non mancava di immaginazione perché per capire che questa diarrea voleva dire: Il conte di Montgomery farà fuori il tuo marito durante un torneo, via del Faubourg Saint-Antoine, il 30 giugno 1559, ce ne vuole! Io capisco perché Enrico di Valois, diventato il Re Enrico II, non ha ascoltato la moglie, ha riso davanti ai suoi avvertimenti, ed è andato a crepare sotto la lancia dell’inglese. C’è una ragione per cui l’italiana si cacciava presso tutti quei stregoni da strapazzo. Lei non poteva dare una prole ai Valois. Dieci anni di matrimonio e niente rampollo in vista. Ma qualcuno convince la superstiziosa italiana a essere esaminata dal medico reale nonché il marito. Risultato dell’esame che nessuno veggente aveva visto nella sua palla di cristallo: Sono incompatibili. Lui soffre di un coso al pisello che si chiama: ipospadia e lei ha un utero retroverso. Dunque il medico prescrive alla coppia di fare qualche acrobazia quando fanno l’amore e di abbandonare la posizione del missionario. Devono aver seguito la prescrizione visto che Caterina si mette a sfornare una decina di rampolli ai Valois di cui tre Re di Francia: Francesco II, Carlo IX e Enrico III. Dunque il suo imbecille di marito muore nel 1559. Lei si veste di nero e si appresta a impadronirsi del potere durante trent’anni al nome dei figli. Francesco II è già malato quando sale sul trono di Francia e la madre deve aspettare la morte del figlio che sopravviene dopo un po’ più di un anno. Il matrimonio di Francesco II con Maria Stuart non ha dato di discendenza quindi Caterina de’ Medici diventa reggente visto che Carlo IX, il delfino, ad appena dieci anni. Dunque Caterina si ritrova alla testa di uno Stato sull’orlo di una guerra civile. Già ai tempi di Francesco I e di Enrico II, la repressione contro i protestanti ha preso proporzioni considerevoli e i tentativi di Caterina per placare il conflitto tra il partito cattolico e il partito protestante sono destinati a fallire già prima di iniziare. Ogni gesto di conciliazione in favore dei protestanti da parte di Caterina tipo garantire una libertà di coscienza o di religione è visto come un oltraggio dai cattolici. E i protestanti sempre più numerosi in Francia non ne possono più di quei cattolici che li massacrano. Lei è al centro di un conflitto tra due grandi famiglie feudali: I Borboni che sono protestanti e che sono sostenuti dall’Inghilterra e i Guisa che sono cattolici e sostenuti dalla più grande potenza dell’Europa dell’epoca: La Spagna. Le due famiglie non obbediscono affatto al potere reale. Quindi la politica di Caterina de’ Medici è per trent’anni di tentare di conciliare due partiti che sognano solo di farsi la guerra. Poi succede che i Paesi Bassi spagnoli si ribellano contro la Spagna. In Francia, l’ammiraglio Coligny che è protestante spinge Carlo IX a entrare in guerra contro la Spagna che commette massacri di protestanti nei Paesi Bassi e Coligny è molto influente presso il figlio di Caterina de’ Medici che lo considera un po’ suo secondo padre. Il Re è ammalato, tubercolosi, e Coligny è sul punto di convincerlo. E dunque cosa fa l’italiana che non vuole di questa guerra contro la Spagna? L’occasione è buona e il tizio non si diffida e d’altronde era al matrimonio di Margherita, la figlia di Caterina de’ Medici, con Enrico di Navarra (protestante e futuro Enrico IV) sei giorni prima. E dunque lei decide di farlo assassinare. L’omicidio fallisce e tutti i migliaia di protestanti che si trovavano a Parigi per le nozze chiedono giustizia per Coligny. L’italiana convince il Re che loro rischiano di essere sgozzati dai protestanti e decidono di fare sgozzare prima i capi protestanti che sono a Parigi. Il partito cattolico che non ne può della tolleranza del potere reale nei confronti dei protestanti si mette a massacrare migliaia di protestanti attraverso la Francia, è il massacro di San Bartolomeo, uno dei massacri più terribile della Storia di Francia. Una macchia sul destino di Caterina de’ Medici che fa che lei è la regina, ancora oggi, più odiata dai francesi. Dopo Carlo IX succede sul trono il terzo figlio, Enrico III, che anche lui non avrà di discendenza e che designerà Enrico di Navarra come il suo successore. Ma questo è un’altra storia…