Insisto per la centesima volta di una voce piagnucolosa presso una delle cassiere dell’Opera di Bordeaux, la supplico quasi in ginocchio di vendermi un biglietto. Sono pronto a tutto. Questo biglietto della Stravaganza d’amore di Monteverdi ne ho un bisogno vitale altrimenti se dovessi presentarmi al pranzo natalizio, domani, senza regalo per mia madre, lei mi ammazzerebbe e poi mi diserederebbe. E dunque ho pensato a Monteverdi. Mia fottuta madre ha una passione per la musica barocca e ho visto il manifesto all’ingresso. Signorina, lei è la mia ultima chance! La ragazza storce il naso e mi guarda disgustata. Anch’io, per dire la verità, mi disgusto a fare tutte queste lagne. Ma no, lei mi ripete. Pensi! Ci voleva comprare il biglietto almeno sei mesi fa. Tutto è venduto. Non ho nemmeno uno strapuntino di libero per Monteverdi. E se pagassi il doppio, il triplo? E se attraversassi la via per andare da Larnicol e comprare due o tre chili di cioccolatini? Sarebbe un’idea, no; i cioccolatini? Chi non si lascerebbe corrompere dalle specialità di Larnicol? Dai, è Natale! Lei abbozza un sorriso. No, non accettiamo le tangenti. Va bene, lei sospira, guardiamo ancora una volta sul computer. Ecco, mi resta solo due biglietti, di quelli riservati soltanto ai nostri abituati! Riprendo speranza, allora va bene, dico, mia madre viene ogni mese per i concerti del mezzogiorno! La ragazza trova il cognome di mia madre nel computer e posso acquistare il penultimo sesamo a un prezzo ragionevole. L’indomani quando le offro il biglietto, mia madre salta da gioia e non parla di altro per tutta la giornata. E come ho fatto per aver un biglietto visto che lei non è riuscita….
Ieri, era la serata della rappresentazione della Stravaganza d’Amore. Piove a secchi, il vento soffia in tempesta. Telefono a mia madre nella mattina. Non voglio che tu prenda la corriera con questo tempo, ti porto al concerto stasera. Mia madre protesta. Ma, no, non sono ancora in zucchero e non mi sciolgo sotto la pioggia! E poi, la pioggia a Bordeaux, il bell’affare! Finalmente, lei si rassegna e mi dice che, forse, potremmo andare a cercare una sua amica, La Tirchia, che va al concerto anche lei; così La Tirchia risparmierebbe il prezzo della corriera. Come vuoi, mamma! Faremo una deviazione per prendere La Tirchia. Ma sia pronta quando arrivo a casa tua perché ti conosco bene! Lei è pronta, anzi prontissima tranne che le scarpe comprate per la serata sono introvabili! Mamma, ti assicuro che la gente non si veste più per andare all’opera! Un maglione, un paio di jeans e delle scarpe da basket…Pensate come lei è convinta da questo tipo di argomentazione. Dopo una mezz’ora a cercare queste fottute scarpe ovunque in casa anche nel frigorifero, le scopriamo nel posto il più improbabile del Mondo, l’armadio dell’ingresso….
Stiamo per partire quando il telefono squilla. Dio mio, cosa succede ancora? Mia madre mi dice che è La Tirchia, che lei non vuole più venir a causa della tempesta, che lei non riesce a convincerla e che La Tirchia vuole parlare con me. Ma perché? Me ne frego io di La Tirchia! Va bene, passami La Tirchia, allora! La Tirchia si scusa dicendomi che lei ha paura della tempesta e che non si sente di andare al concerto, ma che se io volessi il biglietto…Va bene, penso, visto che dovrò comunque tornare a cercare mia madre tanto restare in città e assistere alla rappresentazione con lei. Ringrazio La Tirchia e le dico che veniamo a cercare il biglietto….
In macchina, mia madre si mette a ridere e mi dice che dovrei fermarmi a uno sportello automatico per ritirare un po’ di soldi. Perché mamma? Oh dio, che credulone! E perché credi che la tizia sia soprannominata La Tirchia? Credimi che lei non te lo regalerà il biglietto e te lo farà pagare. Sai cosa è successo secondo me? La Tirchia ha comprato il biglietto, poi si è messa a rimpiangere i soldi e ora vuole ricuperarli. La pioggia è solo una scusa. Ma, no, mamma! Il concerto commincia in meno di un’ora, il biglietto era perso! Meglio farne approfittare qualcuno, no? Comunque non penso che possa esistere una persona maleducata a quel punto. E ovviamente sbagliavo. Attraverso il giardinetto. Busso alla porta di La Tirchia. Lei apre soltanto una specie di sportello nella porta e dice che non vuole aprire a causa del vento. Meno male che ho un ombrello altrimenti sarei già bagnato fino alle mutande. Lei mi chiede i soldi prima di allungarmi il biglietto. Allora? chiede mia madre quando torno in macchina. Avevi ragione, mamma! Non smetto di brontolare durante tutta una parte del tragitto. Va bene, dice mia madre, a me fa piacere condividere qualcosa con te per una volta. E poi povera donna, cosa ne farà La Tirchia dei soldi quando sarà a bagnaculo? (traduzione di mouillecul, una parola bordolese per dire cimitero). Non pensarci più. Ora ti racconto un po’ degli strumenti musicali barocchi e di Monteverdi…La sala è strapiena. Mia madre è in platea e io in galleria dietro il palco centrale. La guardo, concentrata, il viso illuminato, già ammagliata quando il coro e l’orchestra entrano sotto gli applausi. Povera La Tirchia penso un’ultima volta mentre il maestro alza la bacchetta…