In cui l’autore di questo blog accarezza i capelli di una fata con il piede destro.

Médoc. Mi reco alla fontana della fata (a la hont de la hada). Pensavo essere solo, ma sfortunato come sono, ho scelto il solo giorno dell’anno dove la discreta fontana riceve altre visite della mia. E dire che nessuno vuole crederci quando dico che sono maledetto! Tutto un gruppo di escursionisti! Ma cosa fanno con tutto questo armamentario e quegli sgabelli pieghevoli che si trascinano dietro di loro? Ma andate via che la fontana è tutta mia e che non è un posto per fare del campeggio! Saluto la compagnia – pensate ipocrita come sono – di un amichevole buongiorno anche se sto bollendo dentro. Tento anche di farla sloggiare questa fottuta gente evocando le zanzare che infestano la palude, ma loro hanno tutto previsto e hanno svaligiato il reparto antizanzare della farmacia del Paese e mi fanno notare che io non puzzo di citronella e che non ho nemmeno un braccialetto repellente, che non sono affatto prudente, che rischio la dengue… E, penso, ma volete cacciarmi dalla mia fontana o che? Sono arrabbiato perché vorrei bagnarmi il piede destro nell’acqua magica della fontana tra i capelli della fata e che non oserei mai farlo davanti a tutta questa canaglia. Pensate cretino e delicato come sono se mostro i miei piedi al primo arrivato! E poi le mie credenze sono affari privati. Abbandono gli escursionisti per seguire, attraverso la palude, il fiume che alimenta la fontana sperando che loro saranno andati via al mio ritorno. Potrei bagnare il mio piede nel fiume tra i gardon, ma no, perché solo le acque della fontana dove vive la fata sono magiche e in una giornata nera per me come quella di oggi, raccoglierò solo sanguisughe. Oh no! Quando torno presso la fontana della fata, gli escursionisti si sono sistemati con cavalletti, carte e tele per dipingerla! E ma cos’è? Un raduno di fan di  Monet? Mi siedo sotto una vecchia quercia in un’insenatura del fiume. Talvolta mi alzo e vado ad aggirarmi tra i cavalletti dei pittori della domenica. Loro mi raccontano cose assurde tipo che sono particelle di ferro che colorano le alghe e che creano questo capolavoro della natura e che è questo che loro tentano di dipingere. Non dico loro che non sono alghe come tutti gli abitanti del Paese sanno, ma la chioma rossa della fata, non racconto niente della fontana magica, che sono venuto per bagnarmi il piede, già che loro non se ne vanno! Pensate se comincio a narrare favole. Bocca chiusa. Il tempo non passa e comincio a dirmi che non partiranno mai. Poi qualcuno annuncia che è l’ora del pranzo, che ci vuole tornare alle macchine per cercare il picnic. Esitano perché mi vedono girare intorno alla fontana e tra i cavalletti, ma finalmente, lasciano tutto il loro bordello e partono. Mi tolgo la scarpa e la calza e posso immergere il piede nell’acqua fresca e accarezzare i capelli della fata per un quarto d’ora. Che felicità. Sento del meglio e non avrei mai potuto tornare a casa senza farlo. Dico qualche parola alla fata come la strega mi ha detto di fare. Oh no, i pittori della domenica tornano già! Ma che fottuti scocciatori! Cosa credono quegli orgogliosi? Che sono rimasto appostato tutta la mattina perché sono qualche ladro di scarabocchi? Indosso la calza e la scarpa. Lancio una bella monetina nell’acqua per ringraziare la  fata, l’ennesima da un anno. La storia si ripete instancabilmente in modo noioso. La fata fa finta di guarirmi per qualche giorno e poi torna il dolore. Colpa mia. Pensate che tirchio come sono, le offro dei franchi e non degli euro. Come se una fata del Médoc, anche vivendo nelle acque di una fontana persa in mezzo al nulla, potesse essere abbindolata tanto facilmente; anche lei sa che abbiamo cambiato di valuta! Che venale questa fottuta fata! Partendo, sorrido incrociando i pittori della domenica. Belle journée. Adieu Mesdames et Messieurs les peintres.

Carne parigina cotta in pentola oppure fritta in padella?

Correva l’estate 1911, l’estate fu tanto rovente che più di 40 000 persone ne morirono in Francia. La temperatura  superò 21 volte trenta gradi di cui 13 volte per il solo mese d’agosto con un massimo di 37,5 gradi il 9 agosto. Fece tanto caldo che quei poveri parigini con i loro cervelli tutto abbrustoliti, invece di scendere nelle catacombe, si rifugiarono sui tetti di Parigi per dormire. Insomma lasciarono il caldo atroce dei loro appartamenti trasformati in pentole a pressione per friggere nelle padelle che erano diventati i tetti di Parigi. Oggi, il record di caldo dovrebbe essere battuto a Parigi con un 42 gradi all’ombra. Allora, parigini cotti in pentola o fritti in padella? 😉

Fa tanto caldo che i gatti stanno gattando!

Cane in guascone si dice can e gatto si dice gat. In gergo bordolese, c’è il verbo caner che deriva dal guascone (s’) escanar (strozzar(si)) e che significa morire, uccidere e non solo: je l’ai cané ! (l’ho ucciso!), je suis en train de caner ! (sto morendo!), il a cané ! (è morto!), le lave-vaisselle est cané (la lavastoviglie è morta), ce type me cane (quel tizio mi scoccia a morte), Je suis cané avec cette canicule (sono stanco morto con quel caldo), ce travail me cane ! (quel lavoro mi esaurisce!)…ecc. Dunque quando sono tornato a casa, ieri sera, mio gatto era “canato” sotto la tavola da giardino e pensate che faceva solo 35 gradi! Stamane, non l’ho trovato e forse quando torno a casa stasera, il gatto sarà “gattato” perché che verbo dobbiamo usare quando annunciano delle temperature di 45 gradi oggi a Bordeaux? Comunque ho lasciato le porte finestre aperte affinché la bestiola possa mettersi un po’ al riparo e bere (che dentro la casa fa un piacevole 32 gradi di pomeriggio). Spero che i ladri siano “canati” anche loro con quel caldo che non mi piacerebbe trovare stasera un gatto “gattato” e una casa “canata”! 😉

Lingua francese: Quelle parole francesi che abbiamo rubato agli italiani!

A  Attitude   

B  Balourd

C  Caricature

D  Désinvolture

E  Escarmouche           

F  Fracasser 

G  Grotesque

H Harangue 

I  Isoler

L  Lazzi

M  Mascarade

N  Numéro

O  Oratorio

P  Pastiche

Q  Quadrille

R  Rebuffade

S Scarlatine

T Trafic

V  Voltiger

Z  Zibeline

Alfabeto ispirato da un link inviato via mail da un lettore che si riconoscerà. 😉

Ma c’è il mare in Italia?

E no, cari giornalisti italiani, il ministro francese dell’Ecologia, François de Rugy, non si è dimesso per le sue abbuffate a base di aragoste giganti a spese dei contribuenti, ma per le sue abbuffate a base di astici giganti. E no, cari giornalisti italiani, le persone che hanno manifestato contro di lui, non brandivano aragoste giganti gonfiabili, ma astici giganti gonfiabili. Di due cose l’una. Sia avete inventata questa storia delle aragoste giganti per abbellire i vostri articoli – ancora che non capisco il perché visto che l’astice è molto più pregiato dell’aragosta almeno in Francia, ma forse è il contrario in Italia? Per appoggiare questa tesi, noto che avete aggiunto questa storia di ostriche che ho letto da nessuna parte nei giornali francesi visto che le ostriche, forse sono un prodotto di lusso in Italia, ma in Francia no. D’altronde, non sono milionario e ne mangio  almeno una volta per settimana in inverno e la dozzina costa tra 5 e 6 euro. Sia fate confusione tra aragosta e astice perché non c’è il mare in Italia, che ci conoscete niente e che comunque alzarvi il culo per fare un minimo di lavoro giornalistico con questo caldo…

L’escuranha sus Andernos!

14 luglio. Bacino di Arcachon. Scritto sulla spiaggia di Andernos aspettando i fuochi d’artificio. L’escuranha in guascone è quel periodo magico che vi sta avvolgendo man mano in un lenzuolo di tenebra dopo il crepuscolo. Periodo magico rovinato da un ragazzina che vi chiede ogni trenta secondi: Eh, quando si sparano  i fuochi d’artificio già? E dal fratello maggiore che vi ripete a usura che i fuochi d’artificio inquinano come lui ha imparato quest’anno a scuola e che il coso non è affatto ecologico! Allora state là, in spiaggia, avvolto nel vostro lenzuolo di tenebra, con quei due fottuti ragazzini che rompono, e vi ricordate che l’escuranha non è per forza un momento magico, ma può essere anche malefico. Purtroppo, non potete liquidarli e dovete bere il calice fino alla feccia: è bassa marea stasera! 😉

 

 

Viaggio nelle isole del mare degli stretti, di là della fine delle Terre! Sesta parte.

Immagini della chiesa San Nicola sull’isola d’Oléron e della chiesa San Martino sull’isola d’Aix.

Di là della fine delle Terre, le chiese non sono diverse delle nostre. Ci sono navi ex voto che furono fatte da marinai che, miracolosamente grazie all’intercessione di Nostra Signora del Mare, riuscirono a sopravvivere ai colpi di coda della balena, alla melopea delle sirene, a Nettuno che cercava di  trascinare loro nel suo castello nel fondo dell’Oceano, agli attacchi dei pirati; insomma a sopravvivere ai naufragi che minacciavano le loro navi a ogni istante. E sono anche strapiene di piccole croce nere sui pareti e di cenotafi nei cimiteri per ricordarci tutti quelli che non ce l’hanno fatta e che dormono tra le braccia dell’Oceano. Una volta, le navi ex voto non erano monumenti storici protetti da vetri come oggi. Erano strumenti a vento e ne trovate ancora nelle nostre chiese sistemati nel modo giusto per essere messi in moto come una volta. Dovete immaginare le navi ex voto sospese a fili sottili che scendevano dal soffitto. Una flotta. Dovete immaginare i marinai e le loro famiglie che assistevano alla messa prima l’imbarco con le navi ex voto sopra le loro teste. Il prete sceglieva un giorno ventoso per la celebrazione. Dovete immaginare il vento che soffiava dentro la chiesa da ogni fessura e dalle finestre lasciate aperte. E le navi ex voto che si mettevano allora a sfarfallare, a girare a destra e a sinistra come quando la tempesta si avvicina e che il mare comincia a essere mosso. Allora, lo scaccino spalancava le porte della chiesa per invitare il vento a entrare e scatenarsi completamente. Il legno delle navi ex voto scricchiolava lugubremente, le navi ex voto, in una danza macabra, cavalcavano il vento come se fossero onde giganti. Immaginate il terrore provocato da quegli acchiappa-incubi. Immagini di un passato rivissuto per i marinai che avevano scappato a un naufragio e che si ricordavano i compagni morti e visioni di un futuro probabile per i marinai che si apprestavano a imbarcare. Allora, il prete per rassicurare i marinai e le loro famiglie, mostrava da un gesto della mano la statua di Nostra Signora del Mare, lei era immobile, sorridente, insensibile alla furia del vento e pronta ad aiutare e proteggere loro dai colpi di coda della balena, dalla melopea delle sirene, da Nettuno che cercava di trascinare loro nel suo castello nel fondo dell’Oceano, dagli attacchi dei pirati. Allora, lo scaccino chiudeva le finestre e le porte per cacciare il vento e gli uomini potevano imbarcare. 

LA MAGGIORANZA.

 

Avrebbe potuto ridicolizzarti!

E di più 75% della gente va d’accordo con lui…

E allora cosa c’entra?

E bene, è la maggioranza!

Ah, beh cazzo è la maggioranza e poi basta cosi, è la maggioranza! Fine. La quale già? La quale? Quella che pensava che la terra fosse piatta? Quella che vuole ripristinare la pena di morte? Quella che si ficca una piuma nel culo perché è la moda? La quale esattamente?

(tratto dal film: Cuisine et Dépendances)

 

Oceano: I milanesi del Médoc!

Médoc. Di solito queste spiagge sono frequentate solo dai bordolesi, ma se un giorno avete l’occasione di attraversare la cittadina di Le Porge per fare il bagno nell’Atlantico. Al ritorno dalla spiaggia, parcheggiate l’auto a destra  sulla piazza della chiesa, sotto i platani piantati ai tempi della Rivoluzione francese. Tornate indietro e attraversate la via per entrare nella minuscola panetteria e non potete sbagliare perché è la sola di Le Porge. Sarete sorpresi dai dolcetti che loro propongono e per i prezzi derisori nei confronti di quelli che potete trovare nelle panetterie bordolesi. E bene figuratevi che in questa panetteria fanno i migliori milanesi del Mondo; milanesi grandi perché il milanese da noi fa bene i suoi dieci centimetri di diametro. Dunque quando entrate nella panetteria e che è il giorno dei milanesi, fate come quando andate in un negozio di ottica per comprare o cambiare gli occhiali. Dite alla padrona: Bonjour! Je voudrais des lunettes! (Buongiorno! Vorrei degli occhiali!) Se guardate  l’immagine sopra, capite bene perché il milanese è diventato un occhiale in francese (anche se è la prima volta che ne compro con i buchi a forma di stella; il panettiere avrà avuto un colpo di caldo!). Notate che è molto raro di chiedere alla padrona un solo milanese anche se il milanese fa dieci centimetri di diametro, il cliente che entra nella panetteria, con gli occhiali sul naso o senza, ha sempre gli occhi più grandi dello stomaco e ne esce sempre con un pieno sacchetto di occhiali! L’abitante del Médoc che sono, troverà sempre una buona scusa per mangiare degli occhiali: Va bene, per il prezzo non c’è da privarsi! Non ti preoccupare che non ci sarà di spreco! Me ne mangio uno subito e i due altri dopo la cena. Che tortura, ma sai che non torno a Le Porge prima tre giorni? ….ecc. 😉

Viaggio nelle isole del mare degli Stretti, di là dalla fine delle Terre! Quinta parte.

Maggio. L’isola d’Aix è una mezzaluna di terra di 129 ettari nel cuore del mare degli Stretti. Forse non lo sapete, ma l’isola fu l’ultima residenza francese del serpente corso che ci trascorse i suoi ultimi quattro giorni sul nostro territorio prima di essere spedito a Sant’Elena dagli inglesi per crepare. Bon débarras. Tutto ricorda il bandito corso sull’isola. Una via del paese porta il nome di Napoleone e l’altra quella della battaglia di Marengo. Anche la piazzetta del paese si chiama Austerlitz! C’è anche un museo tutto dedicato alla gloria della “paglia al naso” nella casa dove lui ha vissuto. All’isola d’Aix ci vuole andarci fuori stagione quando l’isola non è ancora presa d’assalto dai turisti e altri fan dell’avventuriero corso. Potete farci delle lunghe passeggiate sulle spiagge deserte oppure esplorare le vestigi delle vecchie batterie costiere e dei forti che sfidavano la marina della perfida Albione già ai tempi della guerra dei cent’anni; potete giocare all’isola del Tesoro e credervi in un romanzo di Stevenson; potete mangiare ostriche sulla spiaggia delle conchiglie bevendo il vino del vignaiolo dell’isola; potete passare una mattina a scocciare le grancevole negli scogli a bassa marea; potete fare tutte le cose che si possono fare su un’isola di 129 ettari o semplicemente niente e solo guardare l’oceano per ore. Va bene, prima di riprendere, con un immenso rimpianto, il traghetto, vi racconto l’ultimo tentativo del serpente corso per sfuggire agli inglesi…

Nel mese del luglio 1815, la guarnigione dell’isola d’Aix era composta dal quattordicesimo reggimento dei marini, sotto il comando di un capitano di vascello e di alcune compagnie ugualmente di marini. Fu il sabato 8 luglio, alle otto della sera che il serpente corso si imbarcò a bordo della fregata l’Amphitrite; l’indomani mattina, alle sei, scese all’isola d’Aix, visitò le varie fortificazioni dell’isola e si rimbarcò alle otto e mezzo. Recandosi al molo, trovò il quattordicesimo reggimento schierato sulla piazza d’armi per passare la rivista d’ispezione; si fermò davanti alla compagnia dei granatieri del ventisettesimo equipaggio, comandata da M. Bancal e ordinò a questo ufficiale di fare eseguire alcuni movimenti di maneggio delle armi agli uomini che comandava, quello che si affrettò di fare l’ufficiale. Dopo essere rimasto circa tre minuti di fronte al reggimento, immobile e senza aver parlato a nessuno marinaio, il serpente salutò e se ne andò… Il 12 luglio, il corso si sistemò sull’isola d’Aix, nessuna visita fu resa all’appestato dagli ufficiali superiori della guarnigione; soltanto alcuni ufficiali subalterni comunicarono con lui e furono ipnotizzati dall’aquila spennata. Diversi piani di fuga furono tramati, e tra essi quello di partire per gli Stati uniti, a bordo di uno smack danese (tipo di nave di origine americana usata per la pesca o l’ostricoltura) che doveva comandare un certo Besson, luogotenente di vascello, sposato a una danese a chi la barca apparteneva. Alcuni ufficiali avrebbero formato l’equipaggio di due scialuppe di pilote che dovevano servire a trasportare il tizio e il suo seguito a bordo di quello smack nello stretto di Antiochia. Il piano prova qualche resistenza da parte di qualche persona che accompagnava l’aiaccino. Tuttavia esso doveva essere eseguito nella notte del 13 al 14 luglio e già gli ufficiali subalterni erano a bordo delle scialuppe; però i movimenti e il chiasso provocato dai preparativi di quella miserabile evasione diedero l’allerta. Le truppe presero le armi, delle disposizione furono prese, e ci occorse rinunciare a questa impresa. L’indomani, i 6 ufficiali traditori riapparvero e furono arrestati. Un indirizzo al principe d’Eckmulh fu fatto e firmato, il 11,  dagli ufficiali subalterni della guarnigione quando tutto progetto di fare evadere il corso fu perso. Gli ufficiali superiori rifiutarono di firmarlo. Questa petizione fu rimessa al generale Bertrand. Qualche giorno prima, gli stessi ufficiali traditori fecero un indirizzo alle Camere per testimoniare del rimpianto del corpo della marina, all’occasione dell’abdicazione del serpente; però sulle rimostranze del colonnello del quattordicesimo, quell’indirizzo non fu inviato. Il serpente si imbarcò il 15 luglio 1815, a bordo del brick l’Epervier, comandato dal luogotenente di vascello Olivier Jourdan che lo guidò a bordo del Bellerophon comandato da Maitland per il suo ultimo viaggio verso Sant’Elena.