L’anfiteatro di Saintes. Anche la Francia è strapiena di vecchi palazzi sport romani e non capisco perché si organizzano lotterie per salvarli invece di lasciare fare la natura.
Non ho potuto rifiutare. Caio, il ricco proprietario dei chioschi intorno all’anfiteatro, ha storto il naso, si è grattato tra le gambe e ha sputato il vino. Va bene, lui ha sospirato, il vino di Burdigala non sarà mai all’altezza del Frascati, ma visto che il prezzo è ridicolo e che il beveraggio è destinato solo ad abbrutire gli spettatori, mi compro il tutto. Taccio e intasco il denaro e l’insulto. Anche se ho fretta di tornare al porto e di lasciare la Gallia, non voglio offendere il cliente romano che mi propone ora di assistere al più bello spettacolo del mondo civilizzato. Che imbonitori quei romani! Mi siedo all’aria aperta nella cavea. Un leggero zefiro soffia dall’Oceano e rinfresca le pietre surriscaldate del monumento incastonato tra le colline. Gli alberi di fico della via profumano l’aria e cacciano gli odori corporali del mio vicino. Le chiacchiere del pubblico che entra nell’anfiteatro assomigliano al suono cristallino dell’acqua che corre nell’acquedotto che collega il fiume Charente all’anfiteatro. La gente tranquillamente mangia e beve aspettando l’ora dello spettacolo; sembra un immenso picnic oppure qualche gioiosa festa contadina. La gente si mette a cantare, ora l’anfiteatro è quasi pieno e non avevo mai visto tanta gente riunita insieme. Guardo verso il porto di Mediolanum Santonum e mi dico che ho fatto bene di accordare un giorno in più all’equipaggio che, dopo il fiume, dopodomani dovremo fronteggiare l’oceano per tornare nel nostro caro Paese dei Medulli. Caio sorprende il mio sguardo verso Burdigala e mi dice che la porta nella mura è quella dei morti e che l’altra, all’opposto, è quella dei vivi. Mi viene come un sospetto di essere stato invitato a una carneficina. Le stelle appariscono nel cielo della Gallia, la luna come impaurita si nasconde dietro una nuvola solitaria. Le fiaccole sono accese. Sconvolgente, un gregge umano varca la porta dei vivi. Il pubblico si mette a urlare delle insanie. Un coro si alza: Uccidiamoli! Uccidiamoli! Uccidiamoli! I tori sono lasciati…..
(Nell’anfiteatro di Saintes, un’archeologa mi diceva che negli scavi intorno alla porta dei morti, sono state ritrovate delle bottiglie di vino del XIX secolo e che, il secolo precedente, si poteva ancora vedere le rovine di due o tre case che furono costruite là. Di cui l’idea di questo post).