Archivi categoria: Bordeaux
Bordeaux: La dieta bordolese!
Asterix e Obelix davanti a una bancarella dove si vendono specialità di Burdigala cioè ostriche e vino bianco. Che altro? vignette tratte dall’albo Il giro della Gallia
Finito per me i banchetti a base di anatra e di maiale. Finito il grasso, lo zucchero, l’alcol, il formaggio, il pane, i dolci. Addio alla vita tutto è finito. La dottoressa mi ha detto di mettermi a dieta se non voglio crepare. Le ostriche, ho supplicato, non mi togliete le ostriche altrimenti meglio che mi faccia saltare subito la testa! Lei, che aveva la mia vita tra le sue mani, mi ha guardato come se fossi l’ultimo dei miserabili e, dopo un momento di suspense, ha lasciato sospirando: Sì, ostriche anche tutti i giorni e anche i mesi senza la R. Sollievo infinito. Ho deciso di tentare di nuovo la mia chance davanti a questo inflessibile dragone: Ovviamente le ostriche senza vino bianco….un mezzo bicchierino al giorno, ha tagliato corto la bisbetica, non la bottiglia che la conosco troppo bene….. 😉
Bordeaux: Breve storia di un capitano negriero di Bordeaux!
L’altro ieri, durante un dibattito televisivo, un uomo diceva che ci vorrebbe cancellare tutti i numerosi segni del passato negriero di Bordeaux, che tutte queste vie che portano nomi di armatori, di marinai, di parlamentari bordolesi che hanno partecipato alla tratta dei neri sono un’offesa per l’umanità….Un altro, gli rispondeva che non ci voleva cancellare un bel niente perché quei nomi ci ricordano la storia sporca della nostra città… Poi, tra i nomi delle vie citate, ho sentito il nome di Desse, allora mi sono detto che ci vorrebbe forse cominciare per raccontare chi era questo capitano negriero e perché la via porta il suo nome, non perché il tizio ebbe un ruolo attivo nella tratta dei neri, ma perché egli salvò tutto un equipaggio olandese il 17 luglio 1822. Non è un post per riabilitare la persona del capitano Desse che era un bordolese tipico del suo tempo, è un post per dire che la Storia è raccontare tutto, il brutto e il bello….
Pierre Desse (1760-1839), medocchino di Pauillac, si imbarcò giovane come allievo ufficiale su navi negriere che facevano il commercio triangolare tra Bordeaux, l’Africa, la Martinica, e Saint-Domingue (Haïti). Egli combattette presso Lafayette durante la guerra d’Indipendenza americana. Poi, lo troviamo luogotenente sulla nave negriera Arada tra il 1787 e il 1788. Poi capitano di tre spedizioni negriere dopo 1789; nel 1791, tra la Gambia e Gorea e dalla Sierra Leone a Cuba e a Saint-Domingue, nel 1792, tra il Senegal e i Caraibi. La schiavitù e la tratta di carne negra vennero abolite in Francia nel 1794, ma se pensate che questi dettagli importavano alla città di Montaigne e di Montesquieu, sbagliate completamente! È la tratta negriera continuò a Bordeaux come prima la rivoluzione Francese. Pierre Desse venne arrestato appena sbarcato a Bordeaux, dopo una spedizione nel Senegal dove aveva fatto il pieno di “doni patriotici” per il suo armatore di suocero. Una farsa di processo e Pierre Desse fu liberato e ricevette anche gli onori della città e il comando di una fregata per andare a stuzzicare gli inglesi che lo fecero prigioniero. Verso i primi anni dell’Imperio, Pierre Desse comandò l’Incroyable, una nave corsara bordolese. Catturato di nuovo dagli inglesi, venne liberato per aver salvato una donna che stava annegando. Poi, Pierre Desse tornò a fare il suo mestiere di capitano negriero visto che Napoleone aveva ripristinato la schiavitù e anche quando la schiavitù fu definitivamente abolita nel 1815, non cambiò assolutamente niente per la città di Bordeaux, i suoi mercanti, armatori e abitanti dai più umili ai più ricchi che continuarono a organizzare quell’ignobile commercio fino all’anno 1826. Pensateci bene quando venite a Bordeaux e che sentite i bordolesi che vi raccontano dei loro Montaigne e Montesquieu di cui ne hanno pieno la bocca, la verità sui nostri antenati non fu così rosa. Nel 1822, Pierre Desse parti con il bricco La Julia da Bordeaux per l’isola Borbone (La Riunione)…..
Cari lettori e care lettrici, soffrite il mal di mare? No, lo dico, perché ora, vi porto al museo delle Belle Arti di Bordeaux per vedere l’immenso quadro dipinto da Jean Antoine Théodore de Gudin intitolato: Tratto di dedizione del capitano Desse. Ovviamente ci vorrebbe venire a Bordeaux per osservare tutti i dettagli del dipinto. Siamo in piena tempesta, una tempesta che scoppia in piena giornata come l’indica il raggio di sole che trafigge il cupo delle nuvole per illuminare la tragedia infernale che si sta svolgendo sul ponte del Columbus, una nave olandese. Non siamo lontano dalle coste dell’Africa di Sud. Il movimento e il colore delle onde, la schiuma, il gabbiano ci indicano che siamo a prossimità di banchi di sabbia. Il Columbus è in perdizione con quei muri d’acqua che mugghiano, che si abbattono e che hanno già sconquassato gli alberi della nave. Tutti i novantuno naufragati sono sul ponte, tutti tentano di afferrare qualcosa per non essere precipitati in acqua. La nave prende acqua da tutte le parti. Tutta questa gente sta per annegare da un momento all’altro e si può quasi sentire i gridi dei disperati. Allora mentre tutto sembra perso in quel giorno del sette luglio 1822 per l’equipaggio del Columbus, spunta, scendente una montagna d’acqua il bricco La Julia del bravo capitano Desse che rischia tutto, l’equipaggio, la nave, la merce, per portarsi al soccorso del Columbus. Una volta, due volte, cento volte, La Julia tenta di avvicinarsi al Columbus, cento volte La Julia è respinta dagli elementi scatenati. Un giorno, due giorni, tre giorni, sei giorni, il capitano Desse lotta contro le onde e il vento, finalmente, il 13 luglio riesce ad avvicinarsi abbastanza del Columbus per trasferire a suo bordo, sani e salvi, i novantuno olandesi…
L’episodio fu raccontato da tutta la stampa europea, il capitano ricevette una medaglia, questo dipinto per ricordare la dedizione del capitano Desse fu ordinato dal ministero della Marina al pittore Gudin. Eppure il capitano Desse fu processato dall’armatore della Julia e fu condannato a una multa – pagata dal governo olandese – per aver rischiato la merce a bordo del bricco. A difesa del capitano Desse, il capitano olandese Greveling e il luogotenente Gerlings comandante dell’esercito a bordo del Columbus scrissero lettere per ringraziare il capitano Desse e il suo accanimento a salvarli.
Si legge sotto la penna di Gerlings a data del 22 agosto 1822:
“È così che fermato durante sei giorni in mezzo a pericoli orrendi, di cui la sua sola generosità gli impediva di ritirarsi, sprezzante i suoi interessi i più cari, la cura della sua propria salvezza, il capitano Desse, riuscì a strappare alla morte novantuno uomini, che non erano nemmeno i suoi amici, che non erano nemmeno i suoi concittadini.”
Lettera del capitano Greveling del 22 agosto 1822 indirizzato a un giornale:
Intrepreto dei sentimenti del mio equipaggio e dei miei passeggeri, come lo è il signor Gerlings delle sue truppe che lo accompagnavano, vi preghiamo, signor redattore, di iscrivere nella gazzetta di cui siete editore, il racconto delle nostre sfortune, come l’espressione del sentimento profondo di riconoscimento per il bravo capitano della Julia.Possa il nome di quell’eroe dell’umanità incidere nella memoria di quelli che leggeranno quella lettera quanto lo è nei nostri cuori! Possa quel nome essere presto esposto all’ammirazione della Francia e dell’Olanda, ricordare a tutti l’onore e il modello dei marinai di tutte le nazioni…..
Ora, cari lettori e care lettrici, ne sapete molto di più della stragrande maggioranza dei bordolesi, sapete perché c’è una via dedicata al capitano Desse a Bordeaux. 😉
Covid-19: Bordolesi, popolo di sniffatori di roba marocchina e spagnola!
Il melone. Giovanni Boldini (1842-1931). Museo d’Orsay. Parigi
Anche se non possiamo più andare ai mercati all’aperto e nei centri commerciali senza indossare una mascherina, non cambia assolutamente per gli sniffatori di meloni fuori stagione, spagnoli e marocchini, come in giugno dell’anno scorso e come in giugno di quaranta anni fa, li soppesano, li manipolano, li palpeggiano, li portano al naso per sniffarli e, alla fine, rimangono delusi, la sola differenza è che oggi li sniffano attraverso la mascherina! Avete letto bene, attraverso la mascherina! E li ho visti fare ancora stamane! Una donna sniffatrice interpella il suo vicino sniffatore che ha la mascherina addirittura incollata a un melone: Eh, non profumano troppo quest’anno, no? Come l’anno scorso, risponde il tizio, io non ne compro eppure ne ho una voglia pazzesca, però a tre euro il melone, osare proporci questa roba, ma ci prendono veramente per scemi! Quasi mi piscio addosso dal ridere davanti allo spettacolo che si svolge intorno alla cassa dei meloni e che non si ferma mai. Quindi mi chiedo, anche voi, in Italia, cari lettori e care lettrici, sniffate meloni a metà maggio o all’inizio di giugno, appena usciti dai frigoriferi, attraverso una mascherina, e siete sorpresi che la roba non profuma assolutamente niente? Per carità, rispondete no, che mi piace troppo pensare che la gente di Bordeaux è la più scema dell’universo per comportarsi così! 😉 🙂 🙂 🙂 🙂
Covid-19: E ora la neve!
Médoc. Dietro casa mia. Febbraio 2012.
Io: Ma cosa sarà la prossima tappa dopo questo fottuto covid-19 di merda? Non c’è stato l’inverno in inverno e ora abbiamo il freddo in aprile! Non ci credo proprio che sta nevicando una fine di marzo a Bordeaux! Già che non ci credo che possa nevicare tout court a Bordeaux in inverno! Ma cos’è? La fine del mondo che ieri le vigne sono state bruciate dal gelo?…..
Lei guardando dalla finestra: Forse stai esagerando, sarà il confinamento che ti fa saltare i nervi….
Io: Parliamone del confinamento! Ma guarda che ora non sono solo confinato a casa, ma anche dentro i miei propri vestiti! Va bene sono riuscito a indossare il parka e le scarpe da trekking, mi mancano solo i guanti e sono pronto ad affrontare la banchisa fuori. Spero non ci siano lupi che gironzolano nel paese….
Lei guardando di nuovo fuori dalla finestra: Va bene, puoi togliere il tuo travestimento da eschimese e indossare qualcosa di meno confinato….
Io: Mi vuoi morto, è quello che mi stai dicendo. che mi prenda un raffreddore….
Lei: No, basterà il tuo cappotto, ha smesso di nevicare. Piove. Erano solo tre fiocchi….
Io sospirando: Fortunato come sono, vedrai che si metterà a nevicare seriamente una volta che avrò tolto tutto questo tralala che ho addosso!
Ridiamo come due matti.
In cui l’autore vi regala una parola bordolese per Natale!
Questa parola è mounaque. Le mounaque in bordolese sono le bambole. All’origine sono le bambole di stoffa o di paglia e per estensione, almeno è così nella mia famiglia, tutto quello che assomiglia da vicino o da lontano a una bambola e dunque tutte le bambole made in Cina tipo Barbie o Disney, i G.I Joe… sono delle mounaque per me. Notate che una mounaque designa anche una persona debole e senza carattere. Quindi se la mia mounaque di fratello, invece di voler fare l’americano e di dirmi che sua figlia voleva i pogues per Natale, mi avesse semplicemente detto: la drôlesse veut des mounaques de Fornique pour Noël (la marmocchia vuole bambole di Fornica per Natale) avrei capito subito e non avrei perso tutta una giornata a ricercare due mounaque che siano di Fornite o d’altrove! 😉
Il ritorno dei Pogues!
Telefono per l’ennesima volta a mio fratello per i regali di natale dei suoi fottuti figli. Lui per l’ennesima volta tergiversa: Oh no, non lo so. Non ho ancora chiesto. È mia moglie che si occupa di queste cose. Diciamo del denaro così si compreranno quello che vorranno. Per i due grandi sono d’accordo, rispondo, ma per la piccola che ha solo nove anni, la busta con i soldi te la puoi dimenticare. Ma che razza di regalo è? Fuori questione. Mi prendi davvero in giro, fa almeno venticinque volte che ti telefono per i regali. Quasi ti devo supplicare! Ora basta, ti lascio fino a stasera per dirmi cosa vuole la bambina dopo potete tutti andare a quel Paese. La sera, il telefono squilla, è il mio fottuto fratello: ho chiesto a mia moglie e figurati che la bambina vuole i Pogues. Un bianco. Forse mi dico che non ho sentito bene o allora sono entrato in un episodio di The Twilight zone! Mi dici? ti farà ridere, ma ho sentito che la bambina voleva i Pogues! E sì, lui risponde seriamente, proprio i Pogues. Ma, insisto, mi dici che tua figlia di nove anni vuole un disco dei Pogues, è quello che mi stai dicendo? Lui ride. No, i Pogues sono giocatoli di cui i bambini vengono matti in questo momento, Si giocano ai Pogues in tutte le scuole, i bambini li collezionano anche. Vedrai li troverai subito nei supermercati e nei negozi di giocatoli. Basta chierderli. Va bene allora, rispondo, quando vado al supermercato mi fermo per comprare due o tre Pogues. Il dopodomani sono al supermercato nel reparto giocatoli e questi fottuti Pogues non li vedo da nessuna parte già perché non ho nessuna idea di ciò che possono essere come tipo di giocatolo. Quindi chiedo a un impiego appena uscito dall’adolescenza: lei potrebbe indicarmi dove posso trovare i Pogues, è per una bambina di nove anni? Sguardo vitreo e bocca spalancata come se il tizio fosse in presenza di un alieno. Mi dispiace signor, lui risponde, non ho idea di cosa sono i Pogues! Mi informo presso la mia collega. L’adolescente torna con la collega e lei mi dice che i Pogues si trovano nel reparto dedicato alla musica. A quel momento, capisco già che la giornata sarà lunghissima. So chi sono i Pogues, rispondo, ma non cerco il gruppo irlandese, ma giocatoli che si chiamano Pogues di cui la mia nipote viene matta. Noi, risponde la signora, non li abbiamo e non ho mai sentito parlare di giocatoli con questo nome. Lei dovrebbe andare al negozio di giocatoli dall’altro lato della strada, loro sono davvero specializzati. Va bene sospiro, en route verso il negozio di giocatoli. Dunque chiedo di nuovo i Pogues e mi ritrovo davanti agli stessi sguardi vitrei e le stesse bocche spalancate tranne che, in questo negozio, hanno un vecchio che ci lavora da una vita e che conosce tutta la storia dei giocatoli dai tempi dei merovingici. E dunque lui mi dice che i Pogues sono in realtà i Pogs, un gioco popolare negli anni 1990 che si giocava con gettoni di cartone che avevano una faccia decorata. Il tizio mi spiega tutto sul gioco dei Pogs e quasi mi avrebbe proposto una partita se avesse avuto qualche gettone. Forse il gioco è tornato di moda, lui si interroga. Dove vive sua nipote? Nel dipartimento accanto, vicino alla città di B, rispondo. Allora, è possibile, lui mi afferma, perché in questa zona i bambini devono ancora giocare alle biglie e agli astragali. Dubito e gli dico che la lebbra dei videogiochi ha raggiunto la città di B già da una cinquantina di anni. Dunque il tizio mi dice che posso comprare i pogs su internet e mi dà qualche indirizzo di negozio di giocatoli vintage che potrebbe aver dei Pogs. Mi metto a cercare quei fottuti Pogs attraverso tutto Bordeaux, faccio quattro volte il giro della città e finalmente mi trovo nella bottega di uno spacciatore di vecchi Pogs. Gli racconto tutta la mia odissea che mi ha portato fino a entrare nel suo negozio. Lui ride come un matto e si rifiuta di vendermi i famosi Pogs. E mi pugnala dicendomi che non sono né i Pogues né i Pogs che vuole mia nipote per Natale, ma i Pops! Là, sono quasi da ricoverare al manicomio il più vicino. Sì, sì, proprio i Pops che non sono assolutamente i gettoni di cartone, ma riproduzioni di personaggi in vinile dedicati ai personaggi Disney o Marvel. I bambini dicono Pops, ma il nome ufficiale è Funko Pop. Ma io non li vendo, ci vuole andare in un negozio di giocatoli più moderno. Esco dal negozio completamente stordito e entro in un bar e, probabilmente influenzato da questa storia di Pogues, mi mando qualcosa di più forte di una birra. Ma perché ho voluto fare un vero regalo alla bambina invece di offrirle un piccolo biglietto? mi chiedo durante tutto il tragitto che mi porta a entrare in un nuovo negozio di giocatoli. C’è tutto un reparto dedicato ai Pops: centinaia, migliaia di Pops allineati davanti a me. Telefono a mio fratello e di una voce agonizzante, gli sussurro: ho trovato i Pogues….
La mappa golosa di Bordeaux e dintorni!
Non cliccate la mappa se non volete aver l’acquolina in bocca! Notate che su questa parte della mappa gastronomica della Francia del 1929, non troverete i cannelé di Bordeaux perché sono un’invenzione recente. Invece ci sono le Fanchonnette* che sono dolcetti tradizionali di Bordeaux: tartellete di pasta brisè riempite di crema pasticcera, ricoperte di una bella corona fatta di meringhe con al centro un cucchiaio di marmellata di lamponi! Da chiedersi perché sono cadute nel dimenticaio queste famose Fanchonnette di Bordeaux perché come direbbe una mia amica italiana: c’est une tuerie ! (sono micidiali!). Miam-miam ! Notate che la Fanchonnette è anche il nome di un bonbon al caramello tipico di Bordeaux, ma questo è un’altra storia!
*diminutivo di Françoise.
Fa tanto caldo che i gatti stanno gattando!
Cane in guascone si dice can e gatto si dice gat. In gergo bordolese, c’è il verbo caner che deriva dal guascone (s’) escanar (strozzar(si)) e che significa morire, uccidere e non solo: je l’ai cané ! (l’ho ucciso!), je suis en train de caner ! (sto morendo!), il a cané ! (è morto!), le lave-vaisselle est cané (la lavastoviglie è morta), ce type me cane (quel tizio mi scoccia a morte), Je suis cané avec cette canicule (sono stanco morto con quel caldo), ce travail me cane ! (quel lavoro mi esaurisce!)…ecc. Dunque quando sono tornato a casa, ieri sera, mio gatto era “canato” sotto la tavola da giardino e pensate che faceva solo 35 gradi! Stamane, non l’ho trovato e forse quando torno a casa stasera, il gatto sarà “gattato” perché che verbo dobbiamo usare quando annunciano delle temperature di 45 gradi oggi a Bordeaux? Comunque ho lasciato le porte finestre aperte affinché la bestiola possa mettersi un po’ al riparo e bere (che dentro la casa fa un piacevole 32 gradi di pomeriggio). Spero che i ladri siano “canati” anche loro con quel caldo che non mi piacerebbe trovare stasera un gatto “gattato” e una casa “canata”! 😉
Oceano: I milanesi del Médoc!
Médoc. Di solito queste spiagge sono frequentate solo dai bordolesi, ma se un giorno avete l’occasione di attraversare la cittadina di Le Porge per fare il bagno nell’Atlantico. Al ritorno dalla spiaggia, parcheggiate l’auto a destra sulla piazza della chiesa, sotto i platani piantati ai tempi della Rivoluzione francese. Tornate indietro e attraversate la via per entrare nella minuscola panetteria e non potete sbagliare perché è la sola di Le Porge. Sarete sorpresi dai dolcetti che loro propongono e per i prezzi derisori nei confronti di quelli che potete trovare nelle panetterie bordolesi. E bene figuratevi che in questa panetteria fanno i migliori milanesi del Mondo; milanesi grandi perché il milanese da noi fa bene i suoi dieci centimetri di diametro. Dunque quando entrate nella panetteria e che è il giorno dei milanesi, fate come quando andate in un negozio di ottica per comprare o cambiare gli occhiali. Dite alla padrona: Bonjour! Je voudrais des lunettes! (Buongiorno! Vorrei degli occhiali!) Se guardate l’immagine sopra, capite bene perché il milanese è diventato un occhiale in francese (anche se è la prima volta che ne compro con i buchi a forma di stella; il panettiere avrà avuto un colpo di caldo!). Notate che è molto raro di chiedere alla padrona un solo milanese anche se il milanese fa dieci centimetri di diametro, il cliente che entra nella panetteria, con gli occhiali sul naso o senza, ha sempre gli occhi più grandi dello stomaco e ne esce sempre con un pieno sacchetto di occhiali! L’abitante del Médoc che sono, troverà sempre una buona scusa per mangiare degli occhiali: Va bene, per il prezzo non c’è da privarsi! Non ti preoccupare che non ci sarà di spreco! Me ne mangio uno subito e i due altri dopo la cena. Che tortura, ma sai che non torno a Le Porge prima tre giorni? ….ecc. 😉