Dimenticate il vino perché, in autunno, per gli abitanti della penisola del Médoc c’è una sola cosa che conta: i funghi e particolarmente i porcini. Tutta la vita della penisola gira intorno ai porcini e si potrebbe addirittura parlare di civiltà del porcino quando si evoca la gente del Médoc. Notate che c’è comunque un rapporto stretto tra il porcino e la vite perché si assomigliano e gli antichi bordolesi dicevano semplicemente “cep” per designare sia il porcino, sia il ceppo di vite. Poi, la parola guascone è passata in francese e ha dato “cèpe” (porcino) e cep (ceppo di vite). Le due parole si pronunciano allo stesso modo. Ecco per la lezione di etimologia. Quest’anno i porcini sono rari per la mancanza di pioggia e per colpa di questo caldo che ci fa guerra da mesi. La gente è alla disperazione. C’è chi non è andato in chiesa da una vita e che va a fare bruciare candele; c’è chi vuole andare fino a Lourdes per chiedere spiegazioni a Bernadette Soubirous; c’è chi, un po’ stregone, fa la danza della pioggia o che studia febbrilmente il calendario lunare; c’è chi va cento volte al giorno nello stesso bosco nel caso in cui i porcini sarebbero cresciuti durante i suoi dieci minuti di assenza; c’è chi è tanto disperato che compra di nascondiglio dei porcini che vengono dall’estero. Insomma siamo tutti da mandare al manicomio! Io? Mi sono studiato scientificamente le mappe e ho pensato a un bosco di querce, quasi irraggiungibile perché ci vuole camminare tanto, salire un milione di dune, attraversare paludi e craste (una parola guascone per dire fiume) e quando le gambe non vi reggono più, siete arrivati. Sono in cima a una duna e mi sto mangiando un panino per riprendere forze. Mi piace la solitudine del posto, tanto isolato che non c’è nemmeno un uccello. Solo il rumore dell’oceano mi sta arrivando assordito. Non penso a niente e voglio dimenticare per qualche ora tutto quello che ho letto sui giornali o visto in televisione. Guardo le mie scarpe bagnate, poi sento un rumore nella “lède” (una parola guascone per designare una depressione umida tra due dune). È un altro cacciatore di porcini che ha avuto la stessa idea di me. Un “pimpoye” (parola bordolese per designare un cretino) come direbbe mia madre. Adesso devo diventare bugiardo e ipocrita per eseguire tutto il rituale dei cacciatori di porcini del Médoc. Gli dico buongiorno e lui si accontenta di fare un movimento del mento. La verità e che siamo arrabbiati tutti e due di questo incontro perché i cacciatori di porcini del Médoc sono animali solitari che detestano condividere il loro territorio. Lui mi dice: allora? Niente, rispondo, sono appena arrivato. A questo punto il rituale che consiste a scoraggiare e cacciare l’avversario può iniziare veramente, anche se nessuno, dall’inizio del Mondo, è mai stato beffato dal rituale. Mi sto preparando a pronunciare la tradizionale frase che inizia da: “un amico…”, ma lui mi precede e mi dice la più grossa bugia che non ho mai sentita: “un amico del rugby ne ha trovato 100 kg a Sainte-Hélène”. Lo guardo stupito perché io volevo dire che “un amico ne ha trovato 10 kg a Lacanau”. Lui mi guarda sorridente, orgoglioso di questa mostruosa bugia. Sto pensando a come ha fatto il tizio per portare i porcini a casa e al tipo di congelatore che ci vuole possedere per conservare 100 kg di porcini. E poi, gli sorrido dicendomi: “ci sono tonnellate di porcini a Sainte-Hélène”, e tu, cretino, hai camminato ore fino qui alla fine del Mondo”. Comunque, il rituale deve proseguire. Forse, sarebbe un’idea di andare a Sainte-Hélène, io ho un amico che ne ha trovato a Lacanau, rispondo. Lui fa finta di interessarsi alla mia piccola bugia, poi ci separiamo condividiamoci tacitamente il bosco. Lui verso il Lago e io verso l’Oceano. Finalmente, dopo due ore, ho trovato circa 3 kg di porcini e devo già tornare a casa se non voglio essere preso dalla notte. Sul cammino del ritorno, incontro di nuovo l’altro cacciatore di porcini. Faccio un movimento di mento. Lui risponde: niente solo qualche galletto. Guardo il cesto chiuso dell’amico che mi sembra abbastanza pesante e lo sospetto di aver fatto una raccolta simile alla mia. Anch’io non ne ho trovato, non c’era proprio niente. Torniamo insieme in silenzio e al momento di lasciarci. Lui mi dice ipocritamente: Alla prossima! Buona sera, alla prossima! rispondo augurandomi di non mai più incontrare questo tizio nella “mia” foresta. La civiltà del porcino, vi dico. Tutti bugiardi, ipocriti e micofagi questi abitanti del Médoc 😉
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A Bordeaux, i terroristi del vino ci fanno pisciare a dirotto!
Sapete come si dice tavernello, vinaccio e aceto in francese? Beaujolais! I vignaioli terroristi del Beaujolais hanno ancora colpito come ogni anno in novembre, del resto. Una volta, ce la prendevano solo con gli stranieri e particolarmente con quei poveri giapponesi, ma da qualche anno, ce la prendono con tutti e anche i poveri bordolesi, che non hanno mai chiesto niente a nessuno, non sono più risparmiati. Io resisto ancora e non mi lascio ingannare da un’etichetta dove c’è scritto “vino per buffone”, “gatto rosso” o che mi invita a “pisciare a dirotto”. Ma voi, lo comprerete un vino che si vanta di aver come qualità principale di fare pisciare a dirotto il consumatore? tranne ad avere problemi urologici! Mi crepa il cuore di osservare, nel mio supermercato preferito, un reparto intero dedicato al Beaujolais già semi vuoto. Tanti bordolesi sono già caduti. Noto con spavento che i terroristi del Beaujolais non si accontentano più del tradizionale vino rosso che profuma di banana e che ormai c’è anche un rosato che profuma di banana. Io resisterei anche se dovessi essere l’ultimo bordolese. Non berrei mai un bicchiere di Beaujolais tranne, ovviamente, se me lo prescrivesse un urologo al posto dell’acqua di Vichy. 😉
Botanica e reggiseni ovvero come i vignaioli riciclano i reggiseni nel Paese di Bengodi!
Se volete sapere come i vignaioli di Dordogna riciclano i reggiseni, guardate il video sopra fino alla fine! 😉
Il più grosso pomodoro d’Europa 2015 è stato appena raccolto nell’orto di Fabrice Boudyo, viticoltore a Carsac-de-Gurson nel Paese di Bengodi cioè in Dordogna nel cuore della nostra bellissima regione Aquitania. Quanto pesa la bestiola? 3,795 kg! E attento è qualcosa di serio! Un notaio di Bergerac e un tizio del Guinness Book sono stati convocati per omologare il record europeo. Mancava solo 19 g – 19 miserabili grammi – e il nostro simpatico viticoltore batteva il record mondiale che appartiene all’americano Dan McCoy del Minnesota che aveva ottenuto un pomodoro di 3,814 kg qualche anno fa a partire di un seme inviato da…Fabrice Boudyo! Non pensate che un pomodo di 3,795 kg cresca così “a caso” perché per produrre un pomodoro di 3,795 kg ci vuole un lavoro pazzesco e fa quindici anni che Fabrice Boudyo si appassiona per questa disciplina tutta particolare dei frutti e delle verdure giganti. Il segreto del nostro viticoltore? La sua straordinaria terra di Dordogna, la selezione dei semi e ovviamente la fertilizzazione dell’orto senza l’uso di prodotti chimici (solo sangue essiccato e letame di cavallo come faccio anch’io per i miei pomodori, ma senza risultati!). Fabrice Boudyo è l’Usain Bolt di questo sport e ha già battuto un sacco di record tipo la sua zucca di 643 kg (che potete vedere nel video sopra) ed è stato anche campione d’Europeo del più grosso pomodoro nel 2012 e, nel 2013, si era già avvicinato del record mondiale con un frutto di 3,100 kg! Un pomodoro che l’aveva già fatto conoscere nel mondo intero!
Bordeaux: Un cigno bianco nel porto della Luna!
Questo clipper che galleggia, a bassa marea, nelle acque torbide del fiume dei bordolesi è stato costruito nei Paesi Bassi e lanciato nel 2000 per commemorare i 500 anni della scoperta del Brasile dal navigatore portoghese Pedro Álvares Cabral e si chiama il Cisne Branco cioè il Cigno Bianco ed è la replica di un clipper olandese del XIX secolo: lo Stad Amsterdam. Mentre siamo appoggiati al parapetto contemplando il meandro del fiume, l’amica decide di raccontarmi per la milionesima volta la sua cena annuale di tanti anni fa con i colleghi di lavoro in un famoso ristorante brasiliano del quartiere Saint-Pierre. Sai cosa faccio sempre, Alex, quando vado in un ristorante? I cessi, rispondo sapendo già la risposta. Esatto e ti posso dire che in questo boui-boui (bettola) già quando si entra nella sala da pranzo non si sente l’odore dei fiori tropicali, ma una vecchia odore di cavolo lesso, di vecchio sudore e di marcio e non ho mai capito la scelta dei colleghi di portarci in questo tugurio. Le ballerine di samba quasi nude che ballano tra i tavoli, suggerisco sapendo che questo ristorante è famoso per lo spettacolo di cabaret con finte ballerine brasiliane che alzano la gamba più che per la qualità della cena che è davvero secondaria. Lei ride dicendo che devo conoscere i suoi colleghi di lavoro. Quindi entro nei cessi e cosa vedo? Un vecchio vaso alla turca tutto sporco e degli schizzi di merda che costellano le pareti dal suolo al soffitto! E l’odore non ti dico! Quando sono tornata nella sala da pranzo, ero convinta che rischiavo di morire se assaggiassi una qualsiasi pietanza! Mentre gli altri prendevano l’aperitivo, sono uscita per fumare una sigaretta e respirare la buona aria dei moli. Volevo sfuggire, ma ero intrappolata perché era una cena organizzata dall’azienda. Quando ho trovato il coraggio di entrare di nuovo nel boui-boui, restava solo un posto che dava sulle cucine. Ogni volta che un cameriere spingeva la porta, potevo vedere questo sgabuzzino completamente lercio con degli scarafaggi mostruosi che correvano sulle pareti e anche dei topi che si deliziavano in un angolo con il contenuto rovesciato di una pattumiera. Niente era sprecato e tutta la roba veniva riciclata e i resti di feijoada nei piatti tornavano in una specie di lisciviatrice che serviva di pentola. Lei continua a elencarmi gli orrori visti in questa fottuta cucina aspettando che faccia la mia domanda rituale: perché non hai detto niente ai tuoi colleghi di lavoro? E lei di rispondere: E rischiare di privarli di una malattia tropicale? Loro che avevano scelto questo ristorante per l’esotismo e lo spaesamento?…. Scendiamo dalla nave e passiamo davanti i marinai brasiliani che, come tutti i marinai del mondo, sono occupati a giocare con i loro smartphone e faccio notare all’amica che i marinai di una volta, quelli del XIX secolo dello Stad Amsterdam, avevano altri svaghi nel vecchio quartiere dei bordelli di Mériadeck. Poi ci fermiamo un attimo davanti alla balera sui moli per ammirare le coppie che ballano al ritmo della musica brasiliana…Un sabato di ferragosto sui moli del porto della Luna.
Estuario: Di che colore è l’acqua di Margaux?
Elezioni dipartimentali francesi: E adesso la Marine Le Pen si crede Mosè e ci profetizza una pioggia di sangue!
Prima piaga d’Egitto: l’acqua cambiata in sangue. Miniatura XVI secolo, Francia.
Jeanne d’Arc, l’eroina del Front National, udiva voci celestiali e la sua discendente, Jeanne-Marine Le Pen, si è messa a profetizzare! Tutto normale, dopotutto siamo in Francia! E, secondo la nostra Cassandra nazionale, il futuro non si prospetta rosa per gli abitanti dei due dipartimenti, il Vaucluse e l’Aisne, che potrebbero essere gestiti dal Front National al termine delle elezioni.
Intervista di Jeanne-Marine Le Pen in Le Parisien:
“…permetterebbe (nb: la vittoria del Front National alle elezioni) di apportare una risposta precisa e fattuale alla campagna denigratoria permanente, questa campagna di catastrofismo che consiste nel dire, che se il Front National vincerà, pioverà rane e i fiumi diventeranno torrenti di sangue. Sarà l’inverso.”
Avete letto bene, cari lettori, con il Front National: pioverà sangue ed i fiumi pulluleranno di rane nei due dipartimenti che gestiranno! Certo che non si va verso il bello come direbbe mia zia! 😉
In cui l’autore di questo blog si rivela il francese tipico, incapace di non dissertare al momento di fare gli auguri!
MES MEILLEURS VŒUX A TOUS!
C’è una cosa che mi fa sempre perdere le staffe in gennaio: le cartoline d’auguri virtuali! Sapete, cari lettori, come si dice ” Tanti Auguri!” in francese? “Tous mes Voeux” tranne che l’ho scritto male, colpa di questa maledetta tastiera del computer che non conosce l’alfabeto francese e devo fare un copia e incolla oppure un alt 0156 ogni volta che voglio scrivere certe parole francesi tipo coeur (cuore), oeuf (uovo), oeuvre (opera), oeil (occhio), voeux (auguri), oenologie (enologia)…ecc…perché non si scrivono affatto così! – ma quanto siete fortunati voi altri italiani a non avere tutti questi fottuti problemi di ortografia! Coeur, oeuvre voeux, oeil…(e anche questo fottuto greco, Oedipe, con il suo complesso)…in francese si scrivono: cœur, œuvre, œil, vœux, œuf…ecc…Questo grafema particolare al francese si chiama una legatura cioè che, un giorno, la lettera o e la lettera e hanno deciso di intrecciarsi, di fondersi insieme per formare una nuova lettera; notate che non è sempre il caso e, per esempio, le parole coexistence (coesistenza) e moelleux (morbido) sono più pudibonde e non accoppieranno mai le loro o ed e per dare luce ad una nuova lettera! Questa lettera œ in francese si chiama “o e nell’o” e sto pensando che esiste anche æ cioè “a e nell’a” come lo canta Serge Gainsbourg nella sua canzone Lætitia. Riconoscete comunque che le parole coeur od oesophage (esofago) diventano tragicamente banali scritte così e perdono tutto il loro fascino! Temo il giorno dove il nostro “œsophage” sarà talmente semplificato che assomiglierà a quello del cugino italiano! Ma da dove viene questo “o e nell’o” che fa tutta la magia dei nostri auguri dell’anno nuovo? Dal greco e dal latino ovviamente! In greco c’è il dittongo oi che ha dato oe in latino e quando questo dittongo è sbarcato in Francia, si è trasformato in questa bellissima legatura œ e invece di pronunciare le parole di origine greche con un accento acuto: Edipe, ésophage, énologie…ecc…come dovremmo farlo, le pronunciamo grossomodo con la vocale ø nell’alfabeto fonetico internazionale cioè: Eudipe, eusophage, eunologie…ecc…Scrivo “grossomodo” perché questa lettera œ non si pronuncia sempre allo stesso modo e ha in particolare due altri suoni quando la lettera che segue è una vocale (senza parlare dei modi di parlare dialettali!)…