Médoc: Assembramento di asini e di pecore!

Agosto nel Médoc. tranne le nuvole di zanzare e di zanzare tigri che non mi danno tregua dalla mattina alla sera, pensate un po’ che i soli esseri viventi che ho visto questo weekend sono questi asini e queste pecore raggruppati sotto un albero in un campo. Quindi la mia probabilità di contrarre il covid-19 è infinitesimale. In realtà, sono più a rischio di prendere la febbre dengue (c’è stato un caso nel dipartimento accanto) del covid-19. Il vantaggio di vivere in campagna o no. 🙂 

La duna degli involtini d’estate!

Al mercatino del sabato mattina, ci sono i turisti parigini che si fermano alla bancarella della “cinese” per comprare i loro involtini primavera. Scrivo “parigini”, ma possono essere anche bordolesi, è solo un modo di dire tutto mio per designare qualsiasi persona che può permettersi di spendere 2 euro per un involtino. Un parigino. Eppure non sono un granché da preparare questi involtini e senza spendere un capitale. Una mezz’ora e ne avete preparato velocemente una quindicina. Mi direte che non sono gli stessi involtini primavera della “cinese” del mercato, ma la “cinese” del mercato è originaria del Laos e la figlia che viene darle una mano in estate, che parla con la madre nella sua lingua natale e che fa finta di capire solo due o tre parole di francese per vendere meglio gli involtini ai parigini, è andata alla scuola materna con me, è ingegnera ed è più bordolese di me! 😉

Bon ap’

Gironda: Un giorno a Bazas!

Bazas a Sud di Bordeaux è una cittadina sulla via inglese del cammino di Compostela, l’ultima tappa, dicevano i pellegrini di una volta, prima di lasciare la Civiltà per andare a morire di malaria nelle maledette lande paludose di Bordeaux. Fine del pellegrinaggio. Amen. Si dice che una vasate (un’antica abitante di Bazas dal nome della tribù celtica che abitava il paesello ai tempi antichi) sarebbe andata – chissà perché – fino in Palestina, poi sarebbe tornata nel paesello di Bazas con uno straccio esciumpato (dall’antico verbo bordolese “eschompar cioè inzuppare) dal sangue di un certo Giovanni Battista. E lei insisteva dicendo che ci voleva costruire un duomo per dare uno scrigno a questa gueille (straccio in bordolese). Notate che gli abitanti di Bazas non sono per niente contrari e hanno costruito per soddisfare la fantasia della loro concittadina, il duomo di San Giovanni Battista. E quindi se vedete delle raffigurazioni di testi su piatti d’argento ovunque nel paesello, non vi spaventate, è per ricordare l’episodio della vecchia che riportò dalla Palestina questo souvenir macabro e insanguinato. Notate ancora ma non credo ci sia un rapporto, che Bazas è il paese di una razza bovina che dà il miglior manzo del mondo. Dimenticate il manzo di Kobe, è quello di Bazas il miglior dell’universo! E quindi c’è una festa del bue grasso a Bazas, ogni anno, il giovedì prima di Mardi Gras. Gli allevatori fanno passeggiare le loro bestiole piene di corone di fiori il giorno prima di essere inviate al mattatoio. Oggi, non le uccidono più in pubblico dopo la sfilata come una volta. Cos’è il progresso! Dunque  vi ho raccontato perché il Duomo è dedicato a un tizio che ha letteralmente perso la testa, del manzo più buono del Mondo e ora vi racconto di Crasso. Di questo Crasso, Giulio Cesare ne ha la bocca piena nel suo De Bello Gallico, era uno dei suoi luogotenenti o qualcosa del genere. Allora questo Crasso si ritrovò in Aquitania a divertirsi un mondo, lontano da Roma. E il vecchio che faceva la guerra in Gallia, lo tormentava a scrivergli delle domande tipo: allora la conquista dell’Aquitania? Pensate un po’ come il Crasso aveva voglia di smettere di far bisboccia per uccidere i suoi compagni di sbevazzata! Dopo un’ennesima notte di movida nei dintorni di Bazas, quel Crasso ricevette una nuova lettera di Cesare. E, l’altro, il Crasso, esasperato, gli scrisse una frottola tipo: ho conquistato Bazas, la città è caduta con i suoi settantamila abitanti. Pensate un po’! Al massimo il tizio sarebbe riuscito a impadronirsi delle chiavi di un bar della piazza del comune! Ah questi italiani, sempre a esagerare in tutto! Ma l’altro, il vecchio, ci crede a questa storia e lo scrive nel suo libro! Andate a capire! Già che oggi Bazas ha meno di cinquemila abitanti, immaginate un po’ durante l’Antichità! Il popolo dei Vasati e Bazas dovevano essere tre case e due famiglie perse nelle lande infette di Bordeaux!  Vi giuro che a Bazas hanno avuto tutte le sciagure dell’Universo durante la storia! Quasi un record mondiale! La cittadina è stata invasa dai Galli, dai Romani, dai Visigoti, dai Saraceni, dai Franchi, dai Francesi, dagli Inglesi, dai Papisti, dagli Ugonotti, dai Monarchici, dai Rivoluzionisti. Le chiese di Bazas sono state distrutte novantanove volte e ricostruite novantanove volte! Ma cos’è Bazas nel fondo? Una cittadina su un isolotto roccioso. Una via; una piazza centrale con le sue arcate medievali; il duomo; la chiesa di Notre Dame dau Mercandilh (cioè del mercatino), fondata da San Marziale,  che è condannata e di cui si fa il giro; il piccolo giardino del vescovo; case brutte e altre belle come la strana casa dell’astronomo (capite l’astrologo) con gli astri (Luna, Sole, Cometa)  scolpiti sopra le finestre della facciata; le mura medievali. Ci si va il sabato per il mercato sulla piazza del comune per comprare prodotti tipici del Sud-Ouest. Ci si mangia e si beve prima di continuare il viaggio verso Nord o verso Sud. Insomma non c’è differenza con il Bazas dei tempi passati, tranne che le lande hanno lasciato posto alla più grande foresta d’Europa. Sotto le arcate, leggo un articolo, tutto ingiallito, del giornale Sud-Ouest affisso sulla vetrina di una pasticceria, l’articolo dice che la pasticceria ha vinto il concorso mondiale della migliore meringa. Più lontano, mi siedo alla terrazza di un bar, al riparo dal sole, sotto le arcate. Il bar sembra una grotta, un omone beve una birra artigianale alla tavola accanto e mi dice che non è la prima della giornata. Lui fa il giro dei bar  secondo quelli che sono più esposti alla brezza che soffia sotto le arcate. Secondo lui, vince quello sotto la “casa dei lavoratori”. Il padrone non si fa vedere, l’omone dice che il tizio sta preparando la sua sangria per la serata. Pensavo a un caffè senza zucchero, ma una sangria mi sta meglio. Una sangria per favore! grido verso la grotta. Il padrone dall’interno mormora qualcosa che non capisco. Guardo dall’altro lato della piazza, una coda che si è formata sotto l’arcata lato Municipio. L’omone dice che è un negozio di gelati all’italiana, che è la cosa che mancava il più a Bazas e che ormai con questi gelati all’italiana sono in paradiso. Sorrido pensando che il gelato all’italiana è completamente sconosciuto in Italia. Buoni? chiedo. Eccome, risponde l’omone, ne ho mangiato uno dieci minuti fa! Il padrone mi porta la mia sangria, chiacchieriamo pigramente, di tutto e di niente, ma soprattutto di questa storia di Covid-19. Il padrone dice di essere contento di aver potuto chiudere un po’, che aveva bisogno di vacanze. Non vi dico la noia che provo! Poi, qualcosa cade da una delle finestre della casa dell’astronomo, è la biancheria della vicina sopra che stava asciugando al sole. Un paio di mutande si pone su un ombrellone del bar accanto che ha la terrazza che morde sulla piazza. L’omone e il padrone ridono come dei matti, tentano di ricuperare le mutande. Li capisco, forse è il solo imprevisto successo in questa calda settimana di luglio. Ne hanno per la giornata a parlare di queste mutande. Strano di essere sotto la casa dell’astronomo, mi dico. Mi ricordo vagamente di qualcosa, una storia orrenda del tempo passato. Lascio i due uomini  fare gli adolescenti, per cercare sul mio telefono che contiene più della Biblioteca di Alessandria. Ah, ecco, la cosa è successa a Bazas il 11 febbraio 1637…..

Per dire il vero sull’esecuzione che è stata eseguita nella città di Bazas, presso la città di Bordeaux, il 11 febbraio di questo anno 1637 dei tre Stregoni e maghi di cui l’uno si chiamava Galeton, l’altro Jassou, e il terzo Pautier, contadini e rustici di età per il più giovane di circa sessant’anni. Pautier per la sua maledetta magia e stregoneria perpetrava, giornalmente, malefici abominevoli e, in particolare, lanciò una fattura a una donna molto onesta che le fece tanto turbare i sensi che correva come rabbiosa attraverso i campi; e quando era chiusa in qualche stanza dove si poteva a malapena trattenerla, gettava urli terribili che erano la causa per cui la gente del paese andavano a vederla a casa sua con grande compassione.

Alcuni padri Recolletti ci andarono più volte, vedere questa giovane donna tormentata, la quale gridava a squarciagola che vedeva i detti tre stregoni (designando loro dai loro propri nomi) accompagnati da alcuni Diavoli e Demoni orribili. E anche gli assistenti vedevano allora volare pietre senza poter determinare la loro provenienza. Il rapporto di questo spettacolo essendo venuto agli orecchi dei Signori della Giustizia, loro si trasportarono nella casa della donna, e avendo raccolto il lamento della donna così afflitta in cui lei dichiarava che Galeton le aveva detto che era Pautier che le aveva lanciato la fattura, allora si decise di farli arrestare. A proposito di ciò, i Signori della Giustizia si portarono sui luoghi, e afferrarono il detto Galeton e il detto Pautier e fecero portare loro in carcere. L’indomani si arrestò anche Jassou. La Giustizia volendo istruire ampiamente questo processo criminale su una materia così prodigiosa, deliberando di udire loro seriamente sulle loro accuse, portarono i tre Stregoni, l’uno dopo l’altro, davanti al loro tribunale dove loro ci andarono a testa alta. Erano decisi come i più innocenti degli uomini del mondo. tuttavia furono interrogati tante volte che cominciarono a vacillare ea mutare. Perché Galeton che era il più anziano essendo accusato di magia fu il primo a cui fu applicato la Questione (nb: ho italianizzato la parola francese Question che è un tipo di tortura usata dall’inquisizione. Questione ordinaria, poi si passa alla Questione straordinaria per i più resistenti, applicare la Questione a qualcuno/torturare qualcuno). Gli si mise pesi sul corpo, sopportò alcuni colpi di frusta con una grossa corda, tanti che tre corde si ruppero sulle sue braccia, e quando era sul banco della Questione il suo Demone si presentò a lui e si pose sulla sua guancia, essendo stato rilasciato. Il Signor relatore lo interrogò, Galeton dichiarò che era vero che era il suo Demone che gli chiudeva la bocca e che si chiamava Xibert, e vedendo che era minacciato di nuovo di essere rimesso più forte alla Questione, ed esattamente interrogato, confessò tutto, dichiarò che era colpevole e convinto del crimine di cui veniva accusato, disse che era Pautier che aveva lanciato la fattura alla donna afflitta. Jassou essendo ugualmente applicato alla Questione, la sopportò  così aspramente che non era possibile che la cosa non sia soprannaturale. Finalmente, si decise di scaldare i suoi stivali (gli furono messi dei tizzoni accesi negli stivali). Al primo colpo di conio che gli venne dato, gridò di essere lasciato in pace ed è quello che si fece. Jassou confessò che era stregone, e che si era recato più volte al sabba dove aveva visto Pautier, confessò anche che aveva dato e commesso alcuni malefici di magia e stregoneria, e ne accusò altri delle loro cabale.

L’indomani si procedette all’interrogazione di Pautier, il quale essendo davanti ai Signori non volle confessare niente anche quando fu messo in presenza dei due altri, i quali mantennero che era lui che aveva lanciato la fattura a questa donna afflitta, e che era andato più volte al sabba con loro. Pautier negò tutto e avendolo applicato alla Questione, gli si diede l’ordinaria e la straordinaria. Ma più la Questione veniva applicata, più Pautier gridava che era innocente. Vedendo che non si andava lontano a interrogarlo e ad applicargli la Questione. E visto che questo maledetto stregone aveva, di continuo, il suo Demone che gli teneva la bocca chiusa per impedirlo di confessare il suo peccato.  Mentre gli altri erano interrogati, si fecero venire alcuni di quelli che erano tormentati e afflitti dalle loro fatture nella camera criminale per essere presentati agli stregoni. E appena arrivarono, furono tormentati e oppressi, facendo segni e gridi terrificanti, dichiarando che vedevano una masnada di Demoni orrendi tutto intorno dei detti stregoni, di cui l’uno fece segno che era Pautier che faceva il più di male. Avendo dunque, i Signori Giudici e gente del Re, lavorati diversi giorni all’istruzione del processo, e vedendo un così grande numero di prove e un così grande numero di testimoni contro di loro, diedero Sentenza per la quale loro furono condannati a fare onorevole ammenda nudi in camicia, la corda al collo, inginocchiati, tenendo ogni di loro una grossa fiaccola di cera ardente, e di chiedere perdono a Dio, al Re e alla Giustizia; poi di essere portati fuori città, in un luogo chiamato “le Arene” e di essere, ognuno di loro attaccato a un palo, che per quell’effetto saranno eretti per loro, e le loro ceneri buttati al vento.

Essendo giunti al luogo destinato per i supplizi, furono legati ognuno al suo palo, poi circondato di un potente rogo di legna, al quale non si mise fuoco subito. I padri Recolletti che assistevano i tre stregoni, fecero loro sincere rimostranze, per tentare di salvare le loro anime, incitando loro di scaricare interamente le loro coscienze, e visto che avrebbero ancora abbastanza tempo, per aver grazia e misericordia dei loro peccati e mettere le loro anime in pace, le quali erano in via di dannazione se morissero nei loro peccati. Quel miserabile Pautier non volendo mai confessare niente, ed era il Diavolo che non l’aveva mai abbandonato e gli aveva, di continuo, chiuso la bocca di paura di confessare qualcosa. I due altri vedendo la perseveranza e maliziosa tenacia di Pautier non vollero dire niente di più che quello che avevano già confessato ai Giudizi. Vedendo che non si poteva ottenere niente da loro. Al segnale dato, il Boia mise fuoco al rogo, e non appena prese fuoco, si udirono (il quale appena fu infiammato, che si udirono) gridi, spaventosi, tempeste e temporali si scatenarono in aria, tifoni di fuoco si lanciarono fuori dal rogo, fantasmi apparvero in mezzo alle fiamme facendo azioni così spaventose e orribili che diedero un così grande terrore, che fecero ritirare in fretta più di due mille persone che assistevano all’esecuzione e anche il Boia di scappare finché la legna fu consumata. La quale dovette essere aumentata per ridurre i corpi dei tre miserabili in cenere; corpi che puzzavano tanto di infezione che non si poteva credere che una cosa simile potesse esistere. I corpi misero più di ventiquattro ore a consumarsi, poi furono buttati al vento. 

Alzo gli occhi, i due uomini stanno ancora scherzando a proposito delle mutande. Il sole splende. Fa fresco sotto le arcate. Aspetto che chiudono la discussione per chiedere una seconda sangria…..

 

Bordeaux: La dieta bordolese!

Asterix e Obelix davanti a una bancarella dove si vendono specialità di Burdigala cioè ostriche e vino bianco. Che altro? vignette tratte dall’albo Il giro della Gallia

Finito per me i banchetti a base di anatra e di maiale. Finito il grasso, lo zucchero, l’alcol, il formaggio, il pane, i dolci. Addio alla vita tutto è finito. La dottoressa mi ha detto di mettermi a dieta se non voglio crepare. Le ostriche, ho supplicato, non mi togliete le ostriche altrimenti meglio che mi faccia saltare subito la testa! Lei, che aveva la mia vita tra le sue mani, mi ha guardato come se fossi l’ultimo dei miserabili e, dopo un momento di suspense, ha lasciato sospirando: Sì, ostriche anche tutti i giorni e anche i mesi senza la R. Sollievo infinito. Ho deciso di tentare di nuovo la mia chance davanti a questo inflessibile dragone: Ovviamente le ostriche senza vino bianco….un mezzo bicchierino al giorno, ha tagliato corto la bisbetica, non la bottiglia che la conosco troppo bene….. 😉   

Oceano: Dove il lettore verrà a sapere che Gatto Silvestro non è per forza un gatto in Francia!

 

Questa pianta erbacea (Lagurus Ovatus) che non serve proprio a niente e che cresce nelle nostre dune tra i cisti, i corbezzoli, le brughiere e le ginestre, si chiama in italiano: piumino oppure coda di lepre. Invece in francese, la pianta è conosciuta sotto il nome di gros-minet che è il nome che il Titi francese (con solo due t) dà a Gatto Silvestro. Titi, il canarino, non dice come Titti, il suo omologo italiano:  Oh, oh, Mi è semblato di vedele un gatto! Già perché, da noi, il nostro Titi non ha problema con la lettera R e soffre solo di una pronuncia blesa, ma soprattutto perché lui non vede un semplice gatto, ma un grosso micio cioè letteralmente in francese un gros minet: Z’ai cru voir un ‘rominet ! dice il nostro canarino francesizzato. A volte, incontrate, chissà perché, persone che raccolgono quei gatti silvestri  per farne dei mazzi di fiori secchi. Gli spighi bianchi dei gatti silvestri sono più serici dei peli miseri di Gatto Silvestro quando li accarezzate, ma possono anche farvi starnutare se li avvicinate al vostro naso. Come un micio, vi dico! Tranne ovviamente che il gatto silvestro delle dune non scoccia gli uccelli oppure il suo prossimo come Gatto Silvestro e non fa le fusa come un gros minet! 😉

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bordeaux: Breve storia di un capitano negriero di Bordeaux!

L’altro ieri, durante un dibattito televisivo, un uomo diceva che ci vorrebbe cancellare tutti i numerosi segni del passato negriero di Bordeaux, che tutte queste vie che portano nomi di armatori, di marinai, di parlamentari bordolesi che hanno partecipato alla tratta dei neri sono un’offesa per l’umanità….Un altro, gli rispondeva che non ci voleva cancellare un bel niente perché quei nomi ci ricordano la storia sporca della nostra città… Poi, tra i nomi delle vie citate, ho sentito il nome di Desse, allora mi sono detto che ci vorrebbe forse cominciare per raccontare chi era questo capitano negriero e perché la via porta il suo nome, non perché il tizio ebbe un ruolo attivo nella tratta dei neri, ma perché egli  salvò tutto un equipaggio olandese il 17 luglio 1822. Non è un post per riabilitare la persona del capitano Desse che era un bordolese tipico del suo tempo, è un post per dire che la Storia è raccontare tutto, il brutto e il bello….

Pierre Desse (1760-1839), medocchino di Pauillac, si imbarcò giovane come allievo ufficiale su navi negriere che facevano il commercio triangolare tra Bordeaux, l’Africa, la Martinica, e Saint-Domingue (Haïti). Egli combattette presso Lafayette durante la guerra d’Indipendenza americana. Poi, lo troviamo luogotenente sulla nave negriera Arada tra il 1787 e il 1788. Poi capitano di tre spedizioni negriere dopo 1789; nel 1791, tra la Gambia e Gorea e dalla Sierra Leone a Cuba e a Saint-Domingue, nel 1792, tra il Senegal e i Caraibi. La schiavitù e la tratta di carne negra vennero abolite in Francia nel 1794, ma se pensate che questi dettagli importavano alla città di Montaigne e di Montesquieu, sbagliate completamente! È la tratta negriera continuò a Bordeaux come prima la rivoluzione Francese. Pierre Desse venne arrestato appena sbarcato a Bordeaux, dopo una spedizione nel Senegal dove aveva fatto il pieno di “doni patriotici” per il suo armatore di suocero. Una farsa di processo e Pierre Desse fu liberato e ricevette anche gli onori della città e il comando di una fregata per andare a stuzzicare gli inglesi che lo fecero prigioniero. Verso i primi anni dell’Imperio, Pierre Desse comandò l’Incroyable, una nave corsara bordolese. Catturato di nuovo dagli inglesi, venne liberato per aver salvato una donna che stava annegando. Poi, Pierre Desse tornò a fare il suo mestiere di capitano negriero visto che Napoleone aveva ripristinato la schiavitù e anche quando la schiavitù fu definitivamente abolita nel 1815, non cambiò assolutamente niente per la città di Bordeaux, i suoi mercanti, armatori e abitanti dai più umili ai più ricchi che continuarono a organizzare quell’ignobile commercio fino all’anno 1826. Pensateci bene quando venite a Bordeaux e che sentite i bordolesi che vi raccontano dei loro Montaigne e Montesquieu di cui ne hanno pieno la bocca, la verità sui nostri antenati non fu così rosa.  Nel 1822, Pierre Desse parti con il bricco La Julia da Bordeaux per l’isola Borbone (La Riunione)…..

Cari lettori e care lettrici, soffrite il mal di mare? No, lo dico, perché ora, vi porto al  museo delle Belle Arti di Bordeaux per vedere l’immenso quadro dipinto da Jean Antoine Théodore de Gudin intitolato: Tratto di dedizione del capitano Desse. Ovviamente ci vorrebbe venire a Bordeaux per osservare tutti i dettagli del dipinto. Siamo in piena tempesta, una tempesta che scoppia in piena giornata come l’indica il raggio di sole che trafigge il cupo delle nuvole per illuminare la tragedia infernale che si sta svolgendo sul ponte del Columbus, una nave olandese. Non siamo lontano dalle coste dell’Africa di Sud. Il movimento e il colore delle onde, la schiuma, il gabbiano ci indicano che siamo a prossimità di banchi di sabbia. Il Columbus è in perdizione con quei muri d’acqua che mugghiano, che si abbattono e che hanno già sconquassato gli alberi della nave. Tutti i novantuno naufragati sono sul ponte, tutti tentano di afferrare qualcosa per non essere precipitati in acqua. La nave prende acqua da tutte le parti. Tutta questa gente sta per annegare da un momento all’altro e si può quasi sentire i gridi dei disperati. Allora mentre tutto sembra perso in quel giorno del sette luglio 1822 per l’equipaggio del Columbus, spunta, scendente una montagna d’acqua il bricco La Julia del bravo capitano Desse che rischia tutto, l’equipaggio, la nave, la merce, per portarsi al soccorso del Columbus. Una volta, due volte, cento volte, La Julia tenta di avvicinarsi al Columbus, cento volte La Julia è respinta dagli elementi scatenati. Un giorno, due giorni, tre giorni, sei giorni, il capitano Desse lotta contro le onde e il vento, finalmente, il 13 luglio riesce ad avvicinarsi abbastanza del Columbus per trasferire a suo bordo, sani e salvi, i novantuno olandesi…

 

L’episodio fu raccontato da tutta la stampa europea, il capitano ricevette una medaglia, questo dipinto per ricordare la dedizione del capitano Desse fu ordinato dal ministero della Marina al pittore Gudin. Eppure il capitano Desse fu processato dall’armatore della Julia e fu condannato a una multa – pagata dal governo olandese – per aver rischiato la merce a bordo del bricco. A difesa del capitano Desse, il capitano olandese Greveling e il luogotenente Gerlings comandante dell’esercito a bordo del Columbus scrissero lettere per ringraziare il capitano Desse e il suo accanimento a salvarli.

Si legge sotto la penna di Gerlings a data del 22 agosto 1822:

“È così che fermato durante sei giorni in mezzo a pericoli orrendi, di cui la sua sola generosità gli impediva di ritirarsi, sprezzante i suoi interessi i più cari, la cura della sua propria salvezza, il capitano Desse, riuscì a strappare alla morte novantuno uomini, che non erano nemmeno i suoi amici, che non erano nemmeno i suoi concittadini.”

Lettera del capitano Greveling del 22 agosto 1822 indirizzato a un giornale:

Intrepreto dei sentimenti del mio equipaggio e dei miei passeggeri, come lo è il signor Gerlings delle sue truppe che lo accompagnavano, vi preghiamo, signor redattore, di iscrivere nella gazzetta di cui siete editore, il racconto delle nostre sfortune, come l’espressione del sentimento profondo di riconoscimento per il bravo capitano della Julia.Possa il nome di quell’eroe dell’umanità incidere nella memoria di quelli che leggeranno quella lettera quanto lo è nei nostri cuori! Possa quel nome essere presto esposto all’ammirazione della Francia e dell’Olanda, ricordare a tutti l’onore e il modello dei marinai di tutte le nazioni…..

Ora, cari lettori e care lettrici, ne sapete molto di più della stragrande maggioranza dei bordolesi, sapete perché c’è una via dedicata al capitano Desse a Bordeaux. 😉

 

 

Covid-19: Bordolesi, popolo di sniffatori di roba marocchina e spagnola!

Il melone. Giovanni Boldini (1842-1931). Museo d’Orsay. Parigi

Anche se non possiamo più andare ai mercati all’aperto e nei centri commerciali senza indossare una mascherina, non cambia assolutamente per gli sniffatori di meloni fuori stagione, spagnoli e marocchini, come in giugno dell’anno scorso e come in giugno di quaranta anni fa, li soppesano, li manipolano, li palpeggiano, li portano al naso per sniffarli e, alla fine, rimangono delusi, la sola differenza è che oggi li sniffano attraverso la mascherina! Avete letto bene, attraverso la mascherina! E li ho visti fare ancora stamane! Una donna sniffatrice interpella il suo vicino sniffatore che ha la mascherina addirittura incollata a un melone: Eh, non profumano troppo quest’anno, no? Come l’anno scorso, risponde il tizio, io non ne compro eppure ne ho una voglia pazzesca, però a tre euro il melone, osare proporci questa roba, ma ci prendono veramente per scemi! Quasi mi piscio addosso dal ridere davanti allo spettacolo che si svolge intorno alla cassa dei meloni e che non si ferma mai. Quindi mi chiedo, anche voi, in Italia, cari lettori e care lettrici, sniffate meloni a metà maggio o all’inizio di giugno, appena usciti dai frigoriferi, attraverso una mascherina, e siete sorpresi che la roba non profuma assolutamente niente? Per carità, rispondete no, che mi piace troppo pensare che la gente di Bordeaux è la più scema dell’universo per comportarsi così! 😉 🙂 🙂 🙂 🙂

Bacino di arcachon e covid-19.

Il vantaggio del mar oceano nei confronti del mar mediterraneo? Da noi, due volte al giorno, tutto è disinfettato grazie alle maree!

Durante il confinamento, mentre certi si studiavano l’inglese grazie a delle applicazioni su internet, io mi sono studiato, in dilettante, la lingua dei nonni dentro vecchi libri. Risultato: un disastro. Ora, faccio un pasticcio tra l’italiano e il guascone. Di cui il testo sotto!

Sheitat all’ombra di un vecchio tambarin, osservo un mainatge che rossiga un secchiello più grosso di lui. Sulla diga, una dauna gita, per la centesima volta, la stessa pigna puzzolente al suo cane che non sembra voler mai stancarsi di questo gioco. Lo dròlle si è fermato e ora, eccitato, trauca la hanha alla ricerca di qualche tesoro. Poi, dopo meno di cinque minuti, si mette a crider: ey gahet un gran, nonna! La nonna che ravassejava sulla sabbia dice al nipote di smettere di trementar i granchi e di amassar piuttosto tes che essi non pinzano. Mar venenta. Il bacino d’Arcaishon sembra completamente despudat. A patto di aver mastons, si potrebbe forse chambolhar fino alla montagna d’Arcaishon sull’altra riva apei montar la ròc Blanca. Il mio sguardo segue la linea del ribatge sud e posso quasi respirare lo perhum dei grans pins delle lanas. Poi, gaiti verso Nord, l’isla das audeths e i suoi cabans chancats in mezzo alla laca, i batèus ajacats sulla melma. la penisola dau Herret con i suoi paesi cachats ai piedi dei piqueys, il far roge e blanc nel lontano, gaiti quasi truncas a la mar. La campana della gleyza d’Endarnòs barlumpeja nonché i mas dei batèus che tringlen accarezzati dal vento. Le lirondas voltigiano harlupent marmauches. Se fossi più intelligente, saprei che dus cops al giorno c’è la malina e avrei letto il giornale per conoscere gli orari, ma cosa aspettare di un tizio del Médoc? Niente, ovviamente! Va bene, ancora un’ora e forse potrei chorilhar. 😁😁😁

Sheitat/seduto, tambarin/tamerice, mainatge/bambino, rossiga/trascina, dauna/donna, gita/lancia, dròlle/persona (termine affettuoso), trauca/scava, hanha/fango, crider/gridar, ey/ho, gahet/preso, gran/granchio, trementar/tormentare, amassar/raccogliere, tes/conchiglie, mar venenta/bassa marea, Arcaishon/Arcachon, despudat/vuotato (despudar/vuotare uno stagno), mastons/racchette che permettono di camminare sul fango, chambolhar/camminare nell’acqua per divertirsi, apei/poi, montar/salire, ròc blanca/duna del Pilat, ribatge/sponda, perhum/profumo, lanas/lande, Isla das audeths/isola degli uccelli, cabans chancats/capanne su palafitte, laca/lago, batèus/barche, ajacats/sdraiati, Herret/Ferret, cachats/nascosti, piqueys/dune, roge/rosso, truncas a/fino a, gleyza/chiesa, Endarnòs/Andernos, barlumpejar/sonare, mas/alberi, tringlen/tintinnano, lirondas/rondini, harlupen/inghiottono, marmauches/insetti, dus cops/due volte, malina/marea, chorilhar/guazzare.

 

 

Estuario: Il bordolese più rancoroso del Mondo!

Potete arrivare a Macau dalla strada che costeggia il fiume, quella che i turisti non imboccano mai, e arrivare a Macau senza aver visto un piede di vite: periferie bordolesi, zone industriali, accampamenti di zingari, paludi, campi pieni di mucche bionde, distese di granturco, sponda del fiume sporca di detriti del mondo moderno e di legno pietrificato trasportati dalle maree oceaniche. Fa troppo caldo per le zanzare che si riposano e prendono forze per la loro guerra notturna e perpetuale contro gli uomini. Solo gli stormi di rondoni piagnucoloni che volano nelle vie del paese sono indifferenti a quei già trenta gradi di una metà maggio. Si sente il buon odore della poltiglia bordolese nell’aria e mi dico che i viticoltori devono anche arare con i loro trattori alti su zampe tra i filari; è la stagione. Già si vedono le isole sul fiume, la strada è striminzita e ci vuole stare attenti ai grossi camion che trasportano, a tutta birra, la ghiaia estratta dalle paludi verso Bordeaux. Le prime case che appariscono lungo il fiume, sono signorili, case a pianterreno tipiche, edificate dai ricchi proprietari bordolesi di una volta, che chiamiamo certose. Tutte guardano, in una lunga parata, verso il fiume e quasi supplicano il passante per fargli confessare quella è la più bella. Vanità dei tempi antichi. Parcheggio la macchina, sotto i platani del porto che è nemmeno un prato, davanti alla baracca dove, in stagione, si va per mangiare gamberetti schiaffandosi le cosce, le braccia, e il viso a causa delle zanzare, risalgo la via verso il centro del paese con la sua bianchezza calcarea che brucia gli occhi. Penetro nella vecchia chiesa per trovare un po’ di freschezza e ammirare la nave ex-voto, mi dico che la giornata è perfetta. Poi, vedo la statua di Giovanna d’Arco sul muro opposto che mi da un certo fastidio. Diciamolo, mi prendo come uno schiaffo. So bene che Dio era dal lato dei francesi, dal lato di questo bastardo di Carlo qualcosa e della sua pulzella, che i bordolesi e i medocchini hanno perso la guerra dei Cent’anni un certo 17 luglio 1453, che fate una ricostituzione dell’ultima battaglia, ogni estate, a Castillon per ricordarcelo bene. Ma comunque, non è una ragione per metterci delle statue della fraschetta di Carlo qualcosa fino dentro alle nostre chiese del Médoc. Prima di uscire della chiesa, vado a maledire la lorena che non sarà lei a guastarmi la mia giornata. Non mais !

Le colombe ascensionali: un’usanza italiana adottata nel mio paese!

I francesi sanno solo due cose a proposito dell’Ascensione: è un giorno festivo e quel giorno cade sempre un giovedì di cui l’espressione mnemotecnica “il giovedì dell’Ascensione”. Nel mio paese, dove siamo decisamente più svegli della media dei francesi, ne sappiamo una terza: all’estero, gli italiani mangiano della colomba per l’Ascensione e quindi abbiamo adottato anche noi questa bellissima usanza italica. 😁😁😁😁