Espressione francese e duna del Pilat: En chier des ronds de chapeau!

Questi “ronds de chapeau” erano cerchi di piombo che si mettevano dentro i cappelli per mantenerne la forma. Pensate un po’ la sofferenza estrema se doveste cagare una moltitudine di quei “ronds de chapeau”! Non c’è bisogno di farvi un disegno! Dunque L’espressione significa soffrire o far soffrire atrocemente. Volete un esempio concreto, cari lettori e care lettrici? Allora, immaginate come ne cagano dei cerchi di cappelli i migliaia di turisti che si recano, ogni giorno, alla Teste de Buch e che sono costretti da un’ordinanza comunale di salire mascherati i 107 metri di altezza della duna del Pilat sotto i quaranta gradi che abbiamo in quest’estate torrida (peggio di quella del 2003!). Ma non sarebbe meglio di chiudere questa fottuta attrazione invece di far cagare dei cerchi di cappelli a tutta questa gente e rischiare un’epidemia di morti per infarto? Un po’ di buon senso, banda di sadici!

Bacino di arcachon e covid-19.

Il vantaggio del mar oceano nei confronti del mar mediterraneo? Da noi, due volte al giorno, tutto è disinfettato grazie alle maree!

Durante il confinamento, mentre certi si studiavano l’inglese grazie a delle applicazioni su internet, io mi sono studiato, in dilettante, la lingua dei nonni dentro vecchi libri. Risultato: un disastro. Ora, faccio un pasticcio tra l’italiano e il guascone. Di cui il testo sotto!

Sheitat all’ombra di un vecchio tambarin, osservo un mainatge che rossiga un secchiello più grosso di lui. Sulla diga, una dauna gita, per la centesima volta, la stessa pigna puzzolente al suo cane che non sembra voler mai stancarsi di questo gioco. Lo dròlle si è fermato e ora, eccitato, trauca la hanha alla ricerca di qualche tesoro. Poi, dopo meno di cinque minuti, si mette a crider: ey gahet un gran, nonna! La nonna che ravassejava sulla sabbia dice al nipote di smettere di trementar i granchi e di amassar piuttosto tes che essi non pinzano. Mar venenta. Il bacino d’Arcaishon sembra completamente despudat. A patto di aver mastons, si potrebbe forse chambolhar fino alla montagna d’Arcaishon sull’altra riva apei montar la ròc Blanca. Il mio sguardo segue la linea del ribatge sud e posso quasi respirare lo perhum dei grans pins delle lanas. Poi, gaiti verso Nord, l’isla das audeths e i suoi cabans chancats in mezzo alla laca, i batèus ajacats sulla melma. la penisola dau Herret con i suoi paesi cachats ai piedi dei piqueys, il far roge e blanc nel lontano, gaiti quasi truncas a la mar. La campana della gleyza d’Endarnòs barlumpeja nonché i mas dei batèus che tringlen accarezzati dal vento. Le lirondas voltigiano harlupent marmauches. Se fossi più intelligente, saprei che dus cops al giorno c’è la malina e avrei letto il giornale per conoscere gli orari, ma cosa aspettare di un tizio del Médoc? Niente, ovviamente! Va bene, ancora un’ora e forse potrei chorilhar. 😁😁😁

Sheitat/seduto, tambarin/tamerice, mainatge/bambino, rossiga/trascina, dauna/donna, gita/lancia, dròlle/persona (termine affettuoso), trauca/scava, hanha/fango, crider/gridar, ey/ho, gahet/preso, gran/granchio, trementar/tormentare, amassar/raccogliere, tes/conchiglie, mar venenta/bassa marea, Arcaishon/Arcachon, despudat/vuotato (despudar/vuotare uno stagno), mastons/racchette che permettono di camminare sul fango, chambolhar/camminare nell’acqua per divertirsi, apei/poi, montar/salire, ròc blanca/duna del Pilat, ribatge/sponda, perhum/profumo, lanas/lande, Isla das audeths/isola degli uccelli, cabans chancats/capanne su palafitte, laca/lago, batèus/barche, ajacats/sdraiati, Herret/Ferret, cachats/nascosti, piqueys/dune, roge/rosso, truncas a/fino a, gleyza/chiesa, Endarnòs/Andernos, barlumpejar/sonare, mas/alberi, tringlen/tintinnano, lirondas/rondini, harlupen/inghiottono, marmauches/insetti, dus cops/due volte, malina/marea, chorilhar/guazzare.

 

 

Bacino di Arcachon: La Duna del Pilat.

La Duna Bianca

Una volta, nessuno mi conosceva. Partoriente

Giacente sul fondo dell’Oceano tale un’isola inghiottita,

Il mio grande grembo di sabbia riparava a migliaia

Pesci impauriti dalle brusche mandibole focene.

 

Però, ogni volta, che verso la terra una tempesta faceva derivare

Le onde pesanti, la mia groppa prosperava

Di venti bracci; e un giorno i pescatori di Boïos

Mi videro sorgere scricchiolando alla superficie delle acque stanche.

 

E sempre verso il cielo, mi ergevo, lunga e larga,

E accecante di bianchezza sempre.

Irosa mentre accosto alla riva,

Per sfondarmi, da ogni lato,

L’Oceano mi colpisce.

 

Sforzi inutili: dolcemente traccio il mio cammino,

Alzando la testa sopra il vento marino.

E maestra dell’Abisso che piove, intorno a me,

i suoi vortici di schiuma. Tocco le sponde del Moulleau.

 

Dopo duecento anni di battaglia amara,

Ho visto morire Boios, e nella sua grande conca chiara,

Sentito i gridi guerrieri dei Vandali incendiari,

E la preghiera di cento poveri pescatori,

 

Salvati da Nostra Dama, una sera di temporale.

Alcuni secoli più tardi, un Grand’uomo nasceva

Che con il pino robusto e la canna gracile

Volle intralciare i miei balzi di gigante.

 

Delle dune, mie sorelle, che conquistavano il Paese.

Ed ecco che i pini e le canne si radicavano

Dentro le nostre viscere: E mi addormentai come le mie sorelle

Sotto le ombre di un bosco prodigioso.

 

Però una bella mattina d’estate, un ronzio,

Gioioso e continuo, si sentì e mi risvegliò.

E, chiedendo cos’era al bosco pinoso

Gli alberi mi risposero: “È il canto delle cicale”.

 

Vedendomi in mezzo a tanta ombra e a tanti  canti,

Allora gridai: “Dolcemente! O pinete giganti!

Perché non sta a voi di ombreggiare la mia vecchia groppa,

Ma sono io che devo ombreggiare le vostre giovane chiome!

 

“Dolcemente! perché non voglio perdere il mio nome di Duna Bianca!

Non voglio vedere su di me né erbe né rami.

Per la mia bellezza, ho bisogno soltanto di sole, e niente altro che il sole!”

E tornai a ergere la mia sabbia verso l’azzurro,

 

Tanto alto che oggi stesso, alla mia cima potete vedere

Alcune chiome di pini come cappelli spettinati.

E che presto  inghiottirò: Ed esse rivedranno la luce

Che quando tutti i miei grani saranno polvere che vola.

 

Traduzione grossolana e approssimativa da me di una poesia, la Ròca Blanca, di Emilien Barreyre. Nato ad Arès nel 1883, Barreyre è il poeta del mare e della vita vissuta dai marinai del Bacino di Arcachon. Pescatore e figlio di un pescatore. Nessuno ha saputo come lui cantare l’oceano guascone, le sue sponde, la sua gente. Spinto da un povertà estrema, Barreyre lascerà il il suo caro Bacino di Arcachon nel 1930 e si stabilirà nella periferia parigina e, dopo alcuni anni a fare l’operaio la giornata e a scrivere poesie la notte, ci morirà nel 1944, senza mai aver potuto tornare nella sua terra natia.

 

 

 

 

 

 

Bacino di Arcachon: Il tizio che voleva andare alla duna del Pilat e che si è fermato a Bisanzio!

Il Moulleau è la frazione più a Ovest della città senza inverno cioè Arcachon; dopo il Moulleau c’è la duna del Pilat. Nel mezzo del XIX secolo, era un paese di pescatori perso nelle dune ed era tutta una spedizione di raggiungerlo da Arcachon. Poi, ci sono imprenditori immobiliari che hanno deciso di farne una stazione balneare per clienti in ricerca di tranquillità, dei beretti da notte come si dice in francese per designare i guastafeste. Il Moulleau si voleva l’equivalente della città d’inverno di Arcachon senza la vita dissoluta che la gente ci menava tra casinò e feste senza fine. Il sole splende e la temperatura raggiunge quasi i venti gradi. Anche se siamo a fine gennaio, sembra una giornata di primavera. Salgo la duna per raggiungere in cima la chiesa di stile bizantino di Notre-Dame-des-Passes. Le “Passes” sono gli stretti pericolosissimi tra i banchi di sabbia mobili all’ingresso del Bacino di Arcachon che devono varcare le navi che vogliono entrare o uscire dal Bacino di Arcachon. Ogni anno, ci sono degli incidenti e Notre-Dame-des-Passes è dedicata ai marinai che rischiano la pelle negli stretti. Moulleau all’origine è il nome di questa duna e significa la stessa cosa di Pilat cioè mucchio di sabbia. La chiesa bizantina è stata costruita nello stesso tempo della stazione balneare cioè tra il 1863 e il 1864. Gli imprenditori immobiliari hanno dato la duna del Moulleau all’ordine domenicano affinché siano costruiti un convento e una cappella. Non per una questione di filantropia, pensate, ma perché nessuno avrebbe comprato o affittato una casa senza che ci sia una chiesa a prossimità. Nel post: la ragazza che sognava di una città senza inverno, vi avevo raccontato come, una volta, la città di Arcachon era un immenso sanatorio per la cura della tubercolosi. Nessuno malato sarebbe andato a sistemarsi al Moulleau sapendo che ci voleva fare quattro a cinque chilometri a piedi o in carro, attraverso le dune, per raggiungere la chiesa di Arcachon. Erano altri tempi. Mi fermo un attimo sul piazzale della chiesa e mi volto per guardare il panorama verso il Bacino di Arcachon. La chiesa è allineata perfettamente con il molo e il faro del Cap-Ferret sull’altra sponda. Non si scherza con l’estetica e, una volta, il molo era a sinistra dal Grand-Hôtel e, dunque, negli anni 60, questo molo è stato demolito per farne un altro a destra che sia perfettamente allineato con il faro. Entro nella chiesa per andare a sbirciare una statua molto rara – ne esistono solo due altre in Francia – che raffigura una madonna incinta fino alle orecchie, la Vergine dell’Avvento lei si chiama e si è salvata da un incendio dalla Casa Madre della Compagnia delle Figlie della Carità, 140 Rue du Bac a Parigi. Uscendo dalla chiesa, posso sentire le vostre osservazioni tipo: “Non fa troppo bizantina questa chiesa!” C’è una ragione, le cupole dei due campanili sono state tolte negli anni 1960 quindi oggi la gente dice che è una chiesa bizantina che è diventata toscana, ma immaginatela con le sue cupole e lei  ridiventa bizantina. Io l’ho raccontato in diversi post, ma il Moulleau si è completamente lasciato andare nel 1910 con l’arrivo del viveur italiano, Gabriele d’Annunzio, che ci è vissuto fino al 1915. Ci vuole immaginare il poeta intrappolato al Mouleau per sfuggire ai suoi creditori italiani e parigini. Cos’è il Mouleau all’epoca di d’Annunzio? una ventina di chalet (il nome che si dà ad Arcachon ai palazzi e alle case), il Grand-Hôtel, la chiesa bizantina e il convento dei domenicani, il Molo e i due sanatori per i tubercolosi. Insomma un posto dove la gente viene per morire. Meno male che c’erano tutte le donne dei ricchi industriali e le loro figlie da sedurre e poi i casinò di Arcachon si sono avvicinati con l’arrivo del tramway al Moulleau nel 1911 quindi l’amico italiano è riuscito più o meno a sopravvivere. Esco dalla chiesa e imbocco l’avenue Saint-Dominique per scendere la duna. Non è difficile di immaginare il poeta passeggiare tra le dune con i suoi tre levrieri bianchi. Passo davanti la villa Caritas dove ha vissuto l’italiano. Le persiane della villa sono chiuse. È in questa villa che il poeta ha scritto la Leda senza Cigno e il martiro di San Sebastiano per la ballerina Ida Rubinstein con la collaborazione di Claude Debussy. Continuo la mia passeggiata e, ai piedi della duna, prendo il viale Gabriele d’Annunzio, passo davanti la villa Saint-Dominique al numero 25 che è oggi un’altra di quella dove ha vissuto d’Annunzio con la pittrice americana Romaine Brooks. Cammino fino al monumento che raffigura il busto del poeta e che è al riparo sotto una splendida mimosa in fiore. Ah le fragranze delle mimose del Bacino di Arcachon in gennaio e febbraio talmente forti che eclissano gli odori dell’oceano. Mentre torno indietro per dirigermi verso il molo, noto i passanti che non esitano a raccogliere mazzi di mimose in giardini che appartengono ad altri. Forse loro non sono di Arcachon e non sanno che le loro mimose cominceranno ad appassire già prima di aver raggiunto il molo. Ci sono persone che prendono il caffè alla terrazza del Grand-Hôtel. Noto che il vecchio cannone tutto arrugginito è sempre al suo posto davanti al molo. Il suo gemello è sull’altro sponda in un paesello sulla strada del Cap-Ferret che si chiama appunto Le Canon. Si dice che sono relitti di una vecchia fortezza che sorgeva al posto della chiesa bizantina nel XVIII secolo e che proteggeva gli stretti del Bacino di Arcachon da un’ipotetica invasione inglese. Sul molo, osservo gli appassionati di kitsurfing che cavalcano le onde. A sinistra, davanti alla duna del Pilat, avvolta da una nebbia di calore, c’è una grossa nave che sta lavorando a dragare lo stretto sud e che sputa tonnellate di sabbia verso la riva. Una volta, ai tempi di d’Annunzio, non c’era l’Oceano come oggi davanti al Mouleau e ci voleva andare in spiaggia con gli orari delle maree in tasca per essere sicuro di trovarlo. Guardo una plate (il nome della barca da lavoro usata dagli allevatori di ostriche) tornare dal banco di Arguin verso il suo porto. È tempo per me di tornare a casa. Mentre mi allontano dal molo, guardo indietro e vedo una coppia che sta passeggiando con un levriero…

Bacino di Arcachon: Le nevicate di ottobre.

Domenica 15 ottobre. Nella serie: La duna del Pilat non è il più bel posto del Bacino d’Arcachon, oggi vi porto sul comune di Le Teich che è situato sul delta della Leyre; la Leyre essendo il fiume principale che sfocia nel Bacino di Arcachon. Le Teich è un paese tipico del parco regionale delle Landes di Guascogna. Una volta, ci si svolgeva un pellegrinaggio importante perché c’è una di queste fontane miracolose che sono comuni in tutti quei Paesi di Guascogna, quella è dedicata a San Giovanni ed era una tappa obbligatoria per i malati della regione che si recavano a Lourdes. Forse un giorno ci andiamo, la fontana è nella foresta sull’antico cammino di Compostela e, anche se oggi la fontana non eroga più acqua, visto che l’acqua veniva dalla Leyre, faremo un bagno nelle acque ferruginose del fiume. Oggi, Le Teich è conosciuto soprattutto per la riserva ornitologica, situata nel cuore del delta, e dove potete osservare quasi tutti i tipi di uccelli marini che frequentano il Bacino di Arcachon. Io sono troppo tirchio per pagarci l’ingresso o l’abbonamento e poi voglio farvi scoprire un altro posto di Le Teich dove nevica in ottobre, anche se la temperatura è di 30 gradi come oggi. Dunque quando arrivate sul parcheggio della riserva ornitologica, a destra c’è il porto, poi ancora a destra il laghetto che permette alla gente di bagnarsi quando c’è la bassa marea sul Bacino di Arcachon cioè quasi sempre in quei comuni del fondo del Bacino. E ancora a destra, dopo il ponte, c’è il domaine di Fleury che è un altra grande riserva naturale, ma che non è troppo indicata visto che, contrariamente alla riserva ornitologica, è gratis. È una delle mie passeggiate preferite sul Bacino di Arcachon. Un universo tra terra e acqua che è stato forgiato dall’uomo nel corso dei secoli: canneti, serbatoi da pesci, polder, cateratte che permettono di gestire gli innumerevoli canali che irrigano la riserva,  prati salati, campi dove pascolano cavalli e mucche. È il reame delle garzette, dei cigni e delle cicogne e anche quello dei cacciatori di anatre. In ottobre, quando camminate sull’antica diga che serpeggia tra i serbatoi da pesci, fioriscono quello che chiamiamo i cotonnier (Baccharis halimifolia è il suo nome latino) che tradurrei con falso cotone, un altro nome di quell’arbusto in francese è senecio in albero, ma qui diciamo solo cotonnier. L’arbusto americano è stato introdotto in Francia nel 1683 per la bellezza della sua fioritura e soprattutto perché resiste bene agli spruzzi del mare e la prova è che l’americano ha colonizzato tutti i bordi dei prati salati, delle dighe e tutte le zone salmastre del Bacino di Arcachon. Dunque in ottobre, migliaia e migliaia di cotonnier producono miliardi e migliaia di miliardi di “manine” come si dice nell’Amarcord di Fellini. È così che si riproduce la pianta, le palline di peli bianchi stopposi, leggere come l’aria, trasportano i semi della pianta. Un leggero soffio di zeffiro e comincia a nevicare, un vento un po’ più forte e vi ritrovate in piena tempesta di neve. Il cotone vi entra negli occhi, nelle narici, nella bocca, vi fa starnutare. Il cotone ricopre assolutamente tutto e talvolta le acque sembrano addirittura vestite di un pelliccia bianca e, sulla diga, avete l’impressione di camminare su una neve soffice. E voi che siete a osservare questa cosa, non potete che restare a godere davanti a questo spettacolo straordinario anche se sapete che non dovreste perché il cotonnier è una pianta altamente infestante, ma dopotutto non è colpa sua…

Bacino di Arcachon: la più bella spiaggia del Cap Ferret!

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Prima di andare a scoprire la più bella spiaggia del Cap Ferret, saliamo in cima al faro per fare un piccolo punto. La penisola del Cap Ferret è questo stretto cordone litorale di circa 20 km di lunghezza che separa l’Oceano dal Bacino di Arcachon. Gli abitanti di Bordeaux non dicono la penisola del Cap Ferret o il Cap Ferret, ma semplicemente il Ferret. Un’altra cosa da sapere è che i bordolesi non vanno mai “sul” (“sur le” in francese) Bacino di Arcachon per una vacanza o per una giornata in spiaggia come fanno i parigini, ma sempre “al” (“au” in francese) Bacino di Arcachon; sono dettagli linguistici che ci fanno sentire diversi dagli altri francesi (capite superiori). Ma basta con le digressioni. Nello scatto, siamo lato Bacino di Arcachon e vedete ai nostri piedi il quartiere ostreario del Cap Ferret. La laguna di fronte al quartiere ostreario dove vedete alcune barche si chiama la “Conche du Mimbeau” perché evidentemente la baia ha una forma di conca (in guascone questo tipo di baia si chiama una “lugue” molto vicino all’italiano “laguna” questo termine). Il banco di sabbia con la sua tipica vegetazione dunale,  lungo 800 metri e largo 30 metri, che separa la laguna dal Bacino di Arcachon è il “Mimbeau” (dal nome di un marinaio che ci aveva la sua capanna nel XIX secolo) ed è lo scopo della nostra passeggiata perché il “Mimbeau” è considerato la più bella spiaggia del Cap Ferret. Come raggiungere il Mimbeau? A marea bassa, potete attraversare la laguna a piedi. A marea alta, basta attraversare il quartiere ostreario verso la punta del Ferret, poi seguire il sentiero nella pineta che costeggia la laguna, la diga, fino a raggiungere il punto dove il banco di sabbia è collegato alla penisola del Cap Ferret (è quello che vi propongo per questa passeggiata). Potete anche raggiungere il Mimbeau dalla punta del Ferret serpeggiando verso sud tra le discrete ville dei milioniari che si affacciano sul Bacino di Arcachon. A marea alta, essere al Mimbeau è qualcosa di magico perché avete l’impressione di essere veramente su un’isola e fate il bagno con la veduta sul Fuji-Yama dei bordolesi cioè la duna del Pilat e poi le acque sono sempre calme mentre a qualche centinaia di metri ad ovest dove le acque del Bacino di Arcachon incontrano i correnti dell’oceano, è qualcosa diciamo di più “sportivo.” Nello scatto, il mucchio bianco che vedete sull’altra riva è la duna del Pilat. A sinistra le spiagge di Arcachon e, tra la duna e la punta del Ferret, l’ingresso del Bacino di Arcachon.

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Il banco di sabbia del Mimbeau tra laguna e bacino di Arcachon.

Si dice che, all’inizio del XIX secolo, la Guascogna marittima e tutta la zona di Arcachon era meno conosciuta della Polinesia francese e che i primi viaggiatori francesi che scoprirono i marinai, i resinai, i pastori, i pescatori e altri raccoglitori di ostriche che campavano in questo paradiso, furono tanti esterrefatti che chiamarono la zona: la nuova Polinesia, e anche se il nome non è rimasto, capite il perché quando siete al Mimbeau. Notate che  il Mimbeau come tutte le nostre spiagge sono di tutti e che potete ritrovarvi al Mimbeau, in estate, con il vostro asciugamano accanto a un VIP o un milionario francese…Io sono troppo snob per frequentare milionari e poi preferisco il Ferret in inverno quando ci sono solo quattro gatti. O forse non sono snob, ma come molti bordolesi, preferisco l’Oceano Atlantico al Bacino di Arcachon e sarebbe cretino da parte mia di andare sulle spiagge oceaniche del Cap Ferret quando ho le stesse dietro casa mia solo per me, nel Médoc.

 

Bacino di Arcachon: la duna del Pilat non è il più bel posto del Bacino di Arcachon!

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Forse dovrebbe esserlo poiché ci sono milioni di turisti, ogni anno, che scalano la duna per ammirare il panorama mozzafiato sull’oceano, il Bacino di Arcachon e la foresta delle Lande di Guascogna e forse lo è. Ma, io, preferisco quello che gli abitanti della zona chiamano: i fondi del Bacino cioè tutta la riva orientale del Bacino di Arcachon e in particolare tutta la riva Sud-Est, tra Audenge e Le Teich, che forma il delta della Leyre. Penso che tutta questa zona, in cui il fiume Leyre si mescola alle acque dell’Oceano Atlantico, sia il posto più magico di Arcachon ed è la ragione per cui ho deciso di portarvi ad Audenge a fare un giro nella riserva naturale di Certes e Graveyron che è la mia passeggiata preferita sul Bacino di Arcachon. Dico una passeggiata, ma prevedete delle buone scarpe e qualcosa da bere perché la riserva naturale fa quasi 600 ettari e il giretto di Certes, lungo i vecchi serbatoi da pesci e la riva del Bacino fino al porto di Lanton e il ritorno a Certes, fa una ventina di chilometri e dovete contare una quindicina di chilometri in più se fate il giro della riserva di Graveyron – La riserva di Certes e quella di Graveyron sono separate da un canale (un estey come diciamo in guascone per designare un fiume sottomesso alle maree oceaniche). Cosa mi piace di più a Certes? La solitudine. Siete come alla fine del mondo. Non c’è niente: prati salati che si estendono verso nord e Sud e tutti questi specchi d’acqua, laghi, stagni, fiumi, ruscelli che sono gli antichi serbatoi da pesci e che oggi sono un paradiso per gli uccelli di mare. E forse, se avete già letto il blog, sapete che ho una passione per gli uccelli e il Bacino di Arcachon è la principale via di migrazione degli uccelli in Europa quindi a Certes potete osservare più di 250 specie di uccelli di mare. A certes non c’è niente, nemmeno un albero, solo la vecchia diga che serpeggia tra tamareci rachitici e vecchi serbatoi da pesci quindi non vi consiglio la passeggiata in estate, potrete morire da un’insolazione o perdere la vista tanto la bianchezza del sentiero sulla diga è già accecante sotto il sole invernale. Non è un luogo che conosco in estate, lo frequento solo in inverno e d’altronde mi troverete raramente sul Bacino di Arcachon dopo Pasqua. Sono così, ho i miei luoghi secondo le stagioni. Certes fa parte di quei luoghi in cui vi dovete fermare ogni quattro passi perché vi dite che decisamente non è possibile che esistano luoghi di una tale bellezza su questo pianeta e io, quando ci vado, ogni volta sono colpito da una specie di sindrome di Stendhal e solo per andare alla punta di Branne mi prendono ore e devo sempre fare tutto il cammino di ritorno nel buio.

Andiamo fino alla punta di Branne per ammirare il tramonto invernale sopra la città di Arcachon e la duna del Pilat così mi farete un po’ compagnia, mi cambierà un po’ del chiasso delle egrette e degli aironi, poi per passare il tempo, vi racconterò la storia di questo luogo. Avete notato che ho una predilezione per i luoghi creati dall’uomo? La foresta landese, le dune costiere…ecc…e la riserva di Certes non fa eccezione e come le nostre dune ingannano e sembrano naturali, è la stessa cosa per la riserva di Certes: tutti questi laghi, specchi d’acqua, stagni che sembrano naturali a prima vista, sono stati scavati dagli uomini per guadagnare il loro pane. Oggi, la natura, i prati salati, gli uccelli stanno riconquistando quei luoghi e mi piace a pensare a tutte queste generazioni di uomini dimenticati che hanno lavorato sulla diga e mi viene sempre lo stesso pensiero: un giorno, quando le mie ossa saranno polvere e che l’ultimo uomo che mi avrà conosciuto morirà, allora l’Oceano Atlantico sommergerà la penisola del Cap Ferret e la riserva di Certes tornerà ad essere soltanto una vasta distesa di prati salati com lo era all’inizio del Mondo. Strano, no? Penso sempre alla mia morte quando vado a Certes.

Ma basta con lo spleen altrimenti non scrivo più niente e vi ho promesso la storia di quel luogo! Tutti questi laghi, stagni e specchi d’acqua che vedete in realtà sono dei serbatoi da pesci e ancora prima erano delle saline come quelle di Guérande o della Camargue. E se aveste la possibilità di sorvolare la zona, vedreste che tutti i laghi sono dei bacini rettangolari che misurano da 100 metri a 1 km e che formano un’immensa ragnatela che scintilla sotto il sole invernale, una forma geometrica perfetta che renderebbe gelosa tutti i giardinieri di Versailles. I fili di questa ragnatella sono le lingue di terra che separano i bacini e che vengono chiamate”gobbe” nel gergo di Arcachon e che servivano, una volta, a fare pascolare le mucche marine. Quando passeggiate sulla diga, siete sull’orlo esterno di questo labirinto tra la riva del Bacino di Arcachon e le saline. E davanti a questo spettacolo, vi chiedete come mai gli uomini sono riusciti a compiere questi lavori faraonici? Colpa di un uomo. Tutto nasce dalla volontà di un uomo dei Lumi, lettore dell’Enciclopedia e che era preoccupato di progresso sociale, economico e agronomico: Emery François de Durfort, marchese di Civrac, che possedeva tutte le terre del delta della Leyre, circa 120000 ettari tra l’isola di Branne (dove ci rechiamo), Audenge, la penisola di Graveyron, l’isola di Malprat, Le Teich, Gujan-Mestras e che, nel mezzo del XVIII secolo, è andato a trovare il bastardo dei Bourbons, Luigi XV, con il suo progetto di bonificare i suoi prati salati per convertirli in saline. Finalmente, Durfort è stato tanto convincente che il re lo dispensa di pagare le tasse sul sale pensando bene che Durfort non riuscirebbe mai  a portare a termine il suo progetto. Non solo Durfort realizza tutti questi lavori colossali per bonificare i prati salati e scavare i suoi bacini, ma fa venire dei raccoglitori di sale dalle lontane Charente e comincia a vendere il suo sale. La rivolta romba dai produttori di sale delle altre regioni che non possono fare concorrenza a questo sale detassato di Arcachon e l’accordo che dispensava Durfort di pagare le tasse tra il 1768 e il 1773 non è rinnovato e Durfort si ritrova rovinato dai costi dei lavori intrapresi. Interessante questa storia delle saline di Arcachon, no?

Proseguiamo velocemente con questa storia di Certes e vediamo come le saline sono diventate dei serbatoi da pesci. D’altronde i serbatoi da pesci li trovate ovunque a ridosso del Bacino di Arcachon, non è qualcosa proprio alla riserva di Certes. Nel 1818, la tenuta di Durfort è acquistata da un negoziante bordolese, François de Boissière, che espande ancora le saline. Poi, il figlio nel 1843 decide che non è più possibile questa storia delle saline e ha l’idea di piantare dei pini marittimi per bonificare le paludi e di convertire le saline in serbatoi da pesci. Dunque il tizio fa sistemare tutta una rete di fiumi e di cateratte per sviluppare la sua attività di piscicoltura. In realtà, è molto semplice. Ad alta marea, i cefali, orate e altre anguille (che sono la grande specialità di Bordeaux) entrano nei serbatoi da pesci e sono intrappolati quando i pescatori chiudono le cateratte, poi basta dirigere i pesci nella ragnatela di laghi verso il centro dove i pesci sono allevati per tre o quattro anni. Quando volete nutrire i pesci, basta aprire le cateratte (senza dimenticare di mettere le grate, altrimenti i pesci scappano!)  ad alta mare per fare “bere” i bacini e in inverno si fa “sbere” i bacini per pulire i bacini e ricuperare i pesci. È così che la città di Bordeaux veniva rifornita in pesci freschi fino alla seconda guerra mondiale e la famiglia Boissière si arricchisce con i soldi dei pesci e fa costruire lo château che vedete all’ingresso della riserva (il comune lo sta ristruttrando da anni) al posto della vecchia casa della famiglia Durfort. Dopo si è sviluppato la pesce in mare con i pescherecci che è più economica e i vecchi serbatoi da pesci sono stati abbandonati. Bene. Adesso, siamo arrivati alla punta di Branne (che non è più un’isola) e possiamo ammirare il tramonto su Arcachon, anche se i miei scatti non potranno mai restituire la bellezza di quel luogo.

Cliccate qui per scoprire la mappa della riserva di Certes-Graveyron sul Bacino di Arcachon.

Bacino di Arcachon: Il paese di Alex visto dal cielo!

Un piccolo assaggio di vacanza con un video in cui il fotografo, Stéphane Scotto, scatta il Bacino di Arcachon a bordo di un ultraleggero (uno dei suoi scatti, tratto da questa trasmissione, è stato pubblicato in copertina della rivista National Geographic). Non c’è bisogno di tradurre quello che dice Stéphane Scotto, lasciatevi soltanto imbriacare dalla bellezza mozzafiato dei diversi paesaggi che costituiscono il Bacino di Arcachon e se dopo avere visto il video, vi esclamate: Sembra la Polinesia francese! E’ normale perché era il nome che si dava, una volta, al Bacino di Arcachon: l’altra Polinesia francese. Nel prossimo post, andremo a scoprire il luogo che ha fatto la copertina del National Geographic, d’altronde è una delle mie passeggiate preferite ad Arcachon. Aspettando, vi invito a cliccare il mio scatto sotto per guardare il video.

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