Quando il Re dei canelé si prende per il Re dei cannoli!

Non lo sapete, ma sono il Re dei canelé di Bordeaux. Un’altra cosa che non sapete, e che avevo d’altronde completamente dimenticato prima il mio viaggio a Roma in marzo, è che non devo mai dimenticare di tacere e di non dire che vado da qualche parte! Altrimenti, ci sarà sempre qualcuno nella mia fottuta famiglia a chiedermi di portargli qualcosa. Ma non pensate a qualcosa di semplice tipo un magnete o qualche gadget “made in Cina” di Roma. No, immaginate qualcosa di inverosimile. Il telefono squilla: Ciao, sono io, Visto che sarai a Roma, mi porterai dei cannoli, grazie mille. Bacio. Nemmeno il tempo di lasciarmi borbottare una parola che la persona ha già riattaccato! E come faccio io a trovare dei cannoli a Roma? Ma soprattutto come faccio per portarmi dei cannoli da Roma a Bordeaux? Me li tengo per quattro giorni nella camera d’albergo?  Poi, quando torno a Bordeaux, attraverso tutta Roma con i miei cannoli sotto il braccio e aspetto due ore ancora all’aeroporto con la mia valigia e questi fottuti cannoli? E come faccio per passare la dogana che, l’anno scorso, i gabelous* italiani mi hanno costretto a lasciare la metà di quello che avevo nella valigia per farsi un banchetto! Ma perché non posso aver una famiglia normale che mi chiede una foto dedicata dal Papa oppure una miniatura del Colosseo da fare con i fiammiferi! Ovviamente, non ho fatto il minimo sforzo per trovare i cannoli romani e, al ritorno, ho trovato la scusa del confinamento per dire che le pasticcerie erano chiuse. Poi è successo il confinamento. E, alla fine del deconfinamento, mi sono sentito tanto colpevole di non aver portato dei cannoli alla persona che li aveva chiesti, che ne ho fatto e che l’ho invitata a casa per il pranzo domenicale. Dopotutto, cosa sono dei cannoli da fare per il Re dei caneley!* Dunque passo il mio sabato sera a fare quei fottuti cannoli e cosa succede l’indomani? Cosa mi dice la persona che voleva i cannoli quando li porto a tavola? Grazie Alex, ma dopo l’insalata landese e il pollo alla bordolese, non ne posso più! Sono completamente clabaud!* Sono dovuto farle un doggy bag come un americano!

*Gabelous: doganieri in gergo francese.

*canelé: dolcetto bordolese; Caneley: neologismo inventato da me. Nella vecchia lingua guascone di Bordeaux, bastava aggiungere ey al nome (eyre al femminile) per aver il mestiere; caneley quello che fa dei canelé (in dilettante ma spesso nel mio caso).

Clabaud: parola bordolese, provare un livello di sazietà tale che mangiare qualcosa in più, ti farebbe crepare.

 

 

Covid-19 e riforma del codice civile.

F… mi fa sapere che la professione di avvocato divorzista non dovrebbe conoscere la crisi dopo il confinamento. E mi dico che ci vorrebbe aggiungere un alinea al codice civile alle cause del divorzio: Impossibilità di infrangere l’obbligo di fedeltà dovuta a una convivenza forzata tra coniugi durante un’epidemia. 😉

Di chi la colpa? (ma Victor Hugo non c’entra!)

 

Quando gli italiani ti danno una lezione!

Un sabato sera all’ora di cena quando non te lo aspetti proprio, il tuo primo ministro con la sua faccia da becchino di sottoprefettura, più lugubre del solito, viene annunciarti in televisione che si chiudono, dopo l’educazione nazionale, i bar, i ristoranti e tutti i negozi non essenziali. Che lui è costretto di farlo perché i francesi non rispettano le misure per affrontare l’epidemia, che siamo indisciplinati, ribelli ad ogni forma di autorità e individualisti, insomma il tizio ci prende non per cittadini francesi, ma per i galli dei fumetti di Uderzo e Goscinny….A questo punto devo spegnere la televisione perché altrimenti non muoio del covid-19, ma mi faccio in diretto live una rottura di aneurisma nel salotto! Ma di chi è la colpa, cretino, se i francesi non hanno cambiato le loro abitudini? Perché non ci avresti la tua parte di responsabilità in tutto questo sbandamento? Ma qual è il tizio che ha deciso che si deve fare spostare quaranta milioni di francesi domani per votare a quelle stupide elezioni comunali? Chi ha deciso fino a ieri di fare giocare le partite di calcio o correre le gare cicliste? Chi affermava fino a ieri che non dovevamo cambiare niente alle nostre vita? Chi ci diceva che eravamo i più bravi? Che la nostra sanità e i nostri ospedali erano i migliori del mondo? Chi prendeva in giro le misure di contenimento prese in Italia? Chi diceva che in Francia non si chiuderebbe mai le scuole? Ma di chi è la colpa? Di me, forse, che ero in Italia e che, domani, dovrò accompagnare alla scuola comunale una persona anziana che non vuole assolutamente rinunciare al suo voto cittadino? Ma veramente sono io che facevo lo spavaldo fino a ieri e che ora ci annuncia che gli ospedali sono nel caos? Che il Paese non è pronto e che niente è previsto? Di chi è la colpa? La mia forse, se non ci sono i tamponi, le mascherine, l’amuchina? Che le farmacie sono vuote? Che non si può aver un medico al telefono? Ancora la mia, se hai fatto il tuo intervento un sabato sera e che domani la gente si precipiterà negli supermercati? Allora, di chi è la colpa? La nostra e anche la tua. 

 

Coronavirus: Litte Bighorn!

La psicosi generata dall’epidemia di coronavirus raggiunge le vette più alte delle colline americane e si può misurarla con la propagazione sul territorio, alla velocità di una pallottola di Winchester, di un’altra epidemia, quella dell’uso sproporzionato della parola “cluster” che nessun francese conosceva ancora due giorni fa. Non potete guardare un telegiornale – oppure sentire un esperto mediatico di tutto e di niente – senza la sparatoria più della parola coronavirus, della parola “cluster” almeno 30 volte al minuto in un tentativo disperato dell’esperto o del giornalista di superare la cadenza di tiro di una vecchia mitragliatrice Gatling. Domani, partirò per Roma e, ieri, un amico ha tentato di dissuadermi dicendomi che l’Italia è uno dei paesi più pericolosi al mondo in quel momento e che al mio ritorno rischio di finire in un “cluster” o peggio. Tranquillo, ho tentato di rassicurarlo, sarò prudente come un sioux e non farò la fine del generale americano. Lui, mi ha guardato senza capire tipo: Povero uomo l’abbiamo già perso! Poi mi ha sospirato con la sua faccia da funerale: Addio. 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂

Pietà per gli sciacalli!

Oggi, vi propongo un antico racconto berbero in cui lo sciacallo – come al solito – si fa raggirare da un riccio. Lo sciacallo nei racconti berberi è l’antenato del Willy Coyote americano mentre il riccio è l’antenato di Beep Beep. 😉

Una volta, il riccio e lo sciacallo fecero amicizia. Il primo disse all’altro: ” quante astuzie hai?” – “Ne ho cento e la metà d’una”, rispose lo sciacallo e gli chiese a sua volta: “Quante astuzie hai?” – “La metà d’una.” camminarono passeggiando per la strada finché arrivarono, in mezzo alla notte, a un douar. Ci trovarono un silo, scesero entrambi dentro e mangiarono grano finché furono sazi. Il riccio disse allo sciacallo: “Chinati per che possa salire sulla tua testa e guardare.” Lo sciacallo si chinò, il riccio salì sulla sia schiena, saltò e ricadde fuori dall’apertura del silo, lasciando lo sciacallo dentro. Il riccio gli disse: “Salvati come potrai. Vedi, io che ho solo la metà di un’astuzia ce l’ho fatta; Tu che hai cento astuzie e la metà d’una, non puoi cavarti dal mezzo del silo.

 

 

Isteria mediatica italiana!

Cari giornalisti italiani, dopo aver guardato, ieri, un telegiornale della Rai interamente dedicato al coronavirus pieno di servizi più putassier* gli uni degli altri, posso dirvi che avete giunto il punto paradossale dove un abitante di Wuhan rifiuterebbe categoricamente di venire in Italia per paura di essere contaminato dal coronavirus! 😉

* putassier che in italiano sarebbe puttanesco. che riguarda le prostitute, proprio alle prostitute. Che cerca a piacere a tutto costo, facile, demagogico…ecc.

Geografia coronavirale!

Quindici giorni fa, sarei stato incapace di situare Wuhan su una mappa della Cina e oggi, guardando il telegiornale della Rai, ho imparato l’esistenza di una città italiana che si chiama Codogno e posso anche indicarla su una mappa. Insomma il lato positivo del coronavirus che permette agli asini come me di imparare anche un po’ di geografia! 😉  

Altro che coronavirus!

8 settimane di epidemia acuta.

1,8 milioni di persone colpite dal virus. 

65 000 passaggi al pronto soccorso di cui 11 000 ospedalizzazioni durante l’epidemia. 

1877 casi gravi ammessi in rianimazione segnalati di cui 289 decessi durante il periodo di monitoraggio. (inizio del monitoraggio settimana 45)

13 100 decessi di cui 9100 imputabili al virus.

Copertura vaccinale di 47,2% fra le persone a rischio.

E nessun rimpatrio di cittadini italiani dalla Francia.

(Ah, a proposito, sono le statistiche ufficiali dell’epidemia di influenza che ha ucciso 9100 persone in Francia per il periodo 2018-2019)

 

Viaggio a Roma: La chiamata.

 

Al telefono.

Io: In marzo, vado qualche giorno a Roma. Insomma trascorrerci qualche giorno di vacanza per scoprire…

La zia: A me non sorprende la tua scelta perché tirchio come sei, Roma è la città ideale per un animale come te!

Io (senza parole): …

La zia: È che conosco la mia bestia!

Io: Ma cosa c’entrano le mie vacanze a Roma con la mia presupposta tirchieria? Francamente, mia cara zia, non vedo il nesso!

La zia: Perché a Roma tutto è gratis, la cosa è conosciutissima. Non puoi ingannarmi….

Io (incredulo): Ma come gratis?

La zia: Sì, sì. Tutto è gratis. Perché ci andresti altrimenti? Non pazza la vespa!

Io: E no, mia cara zia, ahimè ti posso assicurare che quei fottuti italiani ti fanno pagare caro assolutamente per tutto e, l’anno scorso, ho pagato anche per entrare nel duomo di Milano. Eh sì, ti fanno pagare anche l’ingresso nelle chiese! Allora che ne dici….

La zia: Che stai raccontando le tue solite stronzate! Come se gli italiani facessero pagare qualcosa ai turisti oppure al mio cretino di nipote!

Io: Ma stai bene zia? Vuoi che chiamo un medico che mi stai raccontando questa stramberia incredibile della gratuita di Roma. Hai bevuto, vero?

La zia: E lo so bene che Roma è gratis….

Io: Ancora! Ma è una fissazione alla fine! Ma chi te l’ha detto che a Roma non si paga niente?

La zia (trionfante): È ovvio, ci sono andata giovane! Quindi lo so meglio di te!

Io (destabilizzato): Ah, ci sei andata, e….

La zia: E tutto è gratis:  musei, chiese, palazzi, mostre. Assolutamente tutto. Tranne una cosa….

Io (completamente stupito e incuriosito): E che sarebbe questa cosa?

La zia: C’è una biblioteca al Vaticano, in una torre, che racchiude i regali che offrono i capi di stato ai Papi. E bene, è il solo luogo di Roma dove paghi qualcosa. Che non ho ancora capito perché volevano farci pagare per niente dei loro capolavori tranne per mostrarci queste anticaglie papali. Gli italiani sono bizzarri…

Io: mia cara zia, ma quando ci sei andata a Roma che non mi ha mai raccontato delle tue avventure romane?

La zia: Nel 1978!

In cui verrà celebrato un matrimonio culinario tra Sulmona e Bordeaux!

Grazie a F…, una mia carissima amica, oggi, vi propongo una ricetta tradizionale di Bordeaux a base di aglio di…Sulmona! Questa ricetta è il tourin che è una zuppa bordolese all’aglio facile facile e super veloce da preparare. Per fare un tourin ci vogliono tre ingredienti: l’aglio (o la cipolla), l’aceto e le uova. Se non li avete, non avete un tourin. Il tourin è un’istituzione a Bordeaux e in tutto il Sud-Ovest della Francia. Il tourin è quello che ti davano i nonni per farti crescere quando andavi in vacanza da loro. Il tourin è questo fondo di vino che ci versava dentro il nonno per aiutarti a finirlo quando te ne restava appena un cucchiaio nel piatto; perché, come ognuno sa, il tourin non si spreca. Il tourin è quello che permetteva ai docker del porto di  Bordeaux di caricare e scaricare le navi. Il tourin è quello che dava ai braccianti la forza di lavorare la vigna e di vendemmiare. Il tourin è quello che mangiava alle sei della mattina, al mercato dei Cappucini, i giovani che avevano passato la notte a ballare e a bere e che dovevano andare a lavorare. Il tourin è quello che gli invitati delle nozze cucinavano per i giovani sposi e portavano loro, in mezzo alla notte, quando non sentivano più rumore nella camera nuziale perché, come ognuno sa, il tourin è afrodisiaco…. E non pensate che il tourin sia una roba del passato – d’accordo la tradizione di portare una pentola di tourin ai giovani sposi durante la notte di nozze, sì – perché si continua a mangiare il tourin a Bordeaux e d’altronde ne mangio almeno una volta la settimana in inverno!

Gli ingredienti:

  • Grasso d’anatra (è il nostro equivalente della vostra olio d’oliva quindi vi autorizzo a usarla perché il grasso d’anatra non deve si trovare facilmente nei supermercati italiani. A Bordeaux, il grasso d’anatra costa circa 3,50 euro il chilo)
  • Aglio di Sulmona (ne ho usato due teste perché quell’aglio è più piccolo dell’aglio di Garonna. Di solito, uso una grossa testa per un litro d’acqua. Detto questo, quanto basta, secondo i vostri gusti).
  • Un cucchiaio di farina
  • Due cucchiai di aceto di vino
  • Un litro d’acqua
  • Due uova
  • Sale e pepe.

Non c’è bisogno di spiegazione….

Versate l’aglio nel grasso d’anatra. Fate come volete, ma l’aglio deve diventare traslucido senza colorare….

Versate la farina sull’aglio. Mescolate bene….

Aggiungete l’acqua, salate, pepate. Portate a ebollizione. Abbassate il fuoco. Coprite e lasciate cuocere a fuoco dolce una decina di minuti….

Separate i tuorli dagli albumi….

Versate gli albumi nel tourin senza mai smettere di mescolare con il cucchiaio, così avrete dei filamenti. Un tourin senza i filamenti non è veramente un tourin. Lasciate cuocere tre o quattro minuti. Mescolate i tuorli e l’aceto e, fuori dal fuoco, versateli nel tourin. Mescolate bene. Il tourin di Bordeaux  all’aglio di Sulmona è pronto! A tavola!