Oceano: la gente covidiciannovizzata che ci governa in Francia!

la gente covidiciannovizzata che ci governa da Parigi ha inventato la spiaggia dinamica, quella che ci proibisce, noi abitanti dell’Aquitania che abbiamo 720 km di litorale, di essere statico sulla sabbia, di sedersi, di sdraiarsi. Questa gente di Parigi non è capace di capire che la Natura possa essere altra cosa che una specie di struttura da sfruttare, un parco di divertimento, una palestra, un supermercato…. No, per me, cari covidiciannovizzati del governo, vi sembrerà strano, ma la Natura è una necessità vitale come respirare o mangiare. Quindi non farò tutte queste coglionaggini che mi prescrivete. Non andrò in spiaggia per correre, camminare, nuotare, surfare….senza mai smettere di muovermi. No, andrò in spiaggia per fare tutto quello che voglio e anche il resto. Ci andrò per provare la stessa emozione di sempre quando varco l’ultima duna, varcata un milione di volte, e che scopro l’Oceano. Ci andrò per ammirare la sua bellezza quando il sole verdeggia le onde o le tinge di blu al punto che i suoi colori fanno pensare a delle pietre preziose. Ci andrò quando soffia il vento del Nord e che l’Oceano diventa tutto spumoso. Ci andrò per sentire il suo murmuro in estate e i suoi urli in inverno. Ci andrò per sdraiarmi in alto delle dune piantate dai miei antenati e guardare le nuvole. Ci andrò per divertirmi dei voltapietre che corrono sulla spiaggia e per invidiare i nibbi che volano alto nel cielo. Ci andrò per sedermi, in cima alla duna, e leggere tutta una giornata in mezzo alle immortali. Ci andrò per sognare. Ci andrò per respirare l’odore delle alghe o seguire dallo sguardo una barca da pesca, lontano a Ovest, en route verso Arcachon. Ci andrò quando i pini profumano oppure quando gli alberi cadono dopo le tempeste invernali. Ci andrò per non fare un cazzo dall’alba al tramonto. Ci andrò quando le cicale mi rendono pazzo oppure quando sento, in tutta una giornata d’autunno, solo il rumore della campane di un cane da caccia nel lontano. Ci andrò quando il sole brucia e quando ho l’impressione che le mie orecchie stanno per cadere a causa del freddo. Ci andrò per raccogliere funghi e corbezzoli per la marmellata. Ci andrò fino al mio ultimo soffio, solo perché ho bisogno di sedermi e sdraiarmi nelle vecchie dune del Médoc. Quindi potete inviare i droni, l’esercito e gli elicotteri perché non mi muovo! 😉

Oceano: Passeggiata lungo la craste della Berle!

Lacanau in gennaio: lungo la craste della Berle*

Felci giganti, carici centenarie e foreste di betulle costituiscono il mondo delle berle. Nei confronti degli altri alberi delle nostre foreste, le betulle sembrano ragazze con le loro silhouette snelle e alte, splendenti  nei loro abiti di sposa. Ma non vi fidate. L’universo delle berle è quello dell’umidità, della decomposizione, dei funghi, della muffa e degli insetti che divorano tutto. Avvicinatevi, avete visto queste macchie che costellano gli abiti delle betulle e queste sbavature che colano come lacrime di fuliggine? Ora, guardate al suolo le mani delle ragazze! Hanno i dorsi delle mani tutte piene di artrite e di reumatismo come le vecchiette che hanno lavorato la vite durante sessant’anni. Le dita giovani, già logorata, sono spesse e nodose e non hanno abbastanza di forza per ancorarsi profondamente nel suolo della berle, le vecchie mani sono come posate sulla superficie spugnosa della palude. Le mani delle ragazze causano la loro morte. In inverno, quando le craste straripano e inondano per mesi le berle, quando piove troppo, che soffia il vento dall’Ovest e che le ragazze hanno preso un po’ di età, le vecchie mani delle ragazze non riescono più a graffiare abbastanza il suolo per mantenersi dritte, ed è la morte. Le betulle non invecchiano mai nelle berle.               

*Nella lingua guascone del Médoc, le craste sono canali che permettono lo scorrimento delle acque da una palude verso uno stagno, lo stagno di Lacanau in questo caso. Stagno significa lago. Per quanto riguarda berle, la parola designa un prato paludoso in riva a uno stagno.

 

Oceano: Il signor Esquirot e lo smeraldo.

In cima alla duna, In un palazzo fatto di aghi di pino e di muschio, nel buco di un antico pino a strapiombo sul lago, vive il brioso signor Esquirot detto ancora il gatto*. Mentre i turisti che si ammucchiano nei campeggi del Paese russano ancora, il signor Esquirot si è già lavato, pettinato, e fischietta facendo le pulizie di casa. Di pomeriggio mentre i turisti sono spiaggiati sulla sabbia, il signor Esquirot si diverte nella foresta e salta da un albero all’altro facendo mille capriole. Il signor Esquirot detesta l’acqua e non sogna di essere una balena, un pesce, di avere le pinne. No, lui sogna di essere un uccello e di avere le ali. Alla fine della giornata, mentre i turisti fanno la coda davanti alle dieci mille bancarelle dei polli allo spiedo e delle patatine, il signor Esquirot, seduto su un ramo dell’antico pino, si accontenta di una cena frugale ammirando il volo delle rondini sopra il lago fino al tramonto. Da qualche giorno, il signor Esquirot è soggiogato dal riverbero giallo e verde di un grosso smeraldo attaccato al ramo di un pino vicino. In due scambietti, il signor Esquirot raggiunge lo smeraldo e si mette a rosicchiare il peduncolo per impadronirsi di questa splendida gemma. Al momento di staccarsi, ahimè, lo smeraldo è troppo grosso è cade in pieno mezzo del sentiero forestale. In due salti, il signor Esquirot ha raggiunto il suo tesoro. Lo tira, lo spinge, lo solleva come un pesista, lo fa slittare sulla garbaye*. Il signore Esquirot deve sbrigarsi non si sa mai che uno di quei maledetti escursionisti abbia l’idea di fermarsi e, tra i migliaia di smeraldi che lastricano il sentiero, di raccoglierlo. Un ultimo ostacolo. Un Himalaya per il signor Esquirot e il suo fardello: la ringhiera che impedisce agli escursionisti di capitombolare dalla cima della duna nel lago. Il signor Esquirot si sforza, si esaurisce, si sfiata senza mai riuscire a issare lo smeraldo sopra la prima sbarra. Frustrato, il signor Esquirot abbandona il suo prezioso tesoro e torna ai piedi della sua casa per ricuperare un torsolo di smeraldo e portarlo a casa per la cena. Sorrido osservando la scena, poi raccolgo la pigna verde e la butto ai piedi dell’antico pino….

* In guascone: esquirot oppure gat-esquirot è il nome dello scoiattolo

* Garbaye: il tappetto fatto di aghi di pino.

 

Oceano: Primo bagno dell’anno!

Médoc. Lacanau. 21 aprile. 28 gradi. Acqua 14 gradi. Primo bagno vivificante, primi colpi di sole, prime donne tedesche in bikini leopardo, primo gelato, primi canadair in addestramento sopra il lago, primo picnic al Moutchic e prime code per tornare a casa. Insomma il solito primo weekend d’estate a Bordeaux.

Oceano: I Pesci e il Cormorano.

Non sono cretini quei cormorani, mi dico, mentre li sto osservando dalla cima della duna. L’oceano si trova a solo qualche chilometro, ma loro preferiscono pescare nelle acque chiare e poco profonde dell’immenso lago di Carcans. E’ tutto uno spettacolo di vederne uno tuffarsi e risalire in superficie con un grosso pesce argento nel becco. Poi divertirsi a farlo saltare in aria da un colpo di becco prima di l’inghiottire in un lampo. Dopo due o tre rappresentazioni, l’uccello marino raggiunge lo stendibiancheria. Un pescatore si sta avvicinando seduto su una specie di ridicola sedia gonfiabile galleggiante irta di tante canne da pesca che ho l’impressione di vedere una grossa mina vagante sul lago. I cormorani lo guardano indifferenti continuando ad asciugarsi le ali e so già che i cormorani voleranno via verso Nord appena l’importuno avrà raggiunto la loro zona di pesca. I pesci devono provare sollievo, mi dico, perché sanno bene che la canna da pesca più perfezionata è inoffensiva nei confronti di un becco di cormorano. E lo sanno anche i cormorani che fra qualche ora ritorneranno sullo stendibiancheria. Mentre continuo la mia passeggiata sulla duna, mi torna in mente una fiaba di La Fontaine in cui l’autore attribuisce al cormorano una previdenza delle più intelligenti. Poveri pesci.

I Pesci e il Cormorano

Non v’era stagno in tutto il vicinato
in cui Cormorano a lungo non avesse
col suo becco pescato.
Pescaie e chiuse a lui facean la spesa
della cucina allegramente bene,
ma quando nelle vene
per vecchiezza gelò nell’animale
il sangue, l’andò male.
Ogni Cormorano si serve da se stesso
e il nostro, mezzo cieco per l’età,
che non vedea le cose troppo chiare
e reti non aveva per pescare,
si trovò presto in gran difficoltà.

Il bisognin dottore in strategia
insegna all’uccellaccio
una maniera per uscir d’impaccio.
Rivolgendosi a un Gambero di fiume vicino:
– Amico, – gli parlò, – non ti rincresca
a dire a questi Pesci che il padrone
vuol fare una gran pesca
e che segnato è l’ultimo destino -.

Lesto si muove il Gambero di fiume
e porta l’ambasciata,
onde turbato il popolo
dei Pesci si raduna e manda a chiedere
a messere Cormorano ove ha pescato
la terribil notizia.
Chi l’ha portata? quali son le prove?
E se non è fandonia
come salvarsi e dove?

– Bisogna cangiar luogo, ecco il rimedio.
– Sta ben, ma in qual maniera?
– Se credete, vi porto a una scogliera
dove abito di solito,
luogo sicuro che non sa che Dio
che esista al mondo ed io.
Colla sua man vi fece la Natura
un golfo ove non passa un’ombra umana.
Dei pesci la repubblica
in quella spiaggia inospite e lontana
potrà viver sicura -.

Ad uno ad un il Cormorano
i suoi Pesci portò,
e nel rinchiuso albergo,
ove il luogo è disteso e l’acqua limpida,
da buon padre i suoi figli imprigionò.
Ad un ad un li pesca allegramente
e insegna a loro spese
che non bisogna credere
a chi mangia la gente.

Se non era il Cormorano, si assicura
che altri n’avrebber fatta una frittura:
e per i Pesci il caso è indifferente.

Parigi: In cui l’autore si perde nelle nuvole di Claude Monet!

A Giverny, nel giardino di Claude Monet, era troppo presto nella stagione per osservare la fioritura delle ninfee del giardino d’acqua, allora lei ha proposto, l’indomani mattina, di andare a vedere le ninfee al museo dell’Orangerie. Non oso dirle che mi danno sui nervi i grandi musei parigini, che mi generano una frustrazione che lei non può nemmeno immaginare, che non riesco mai a concentrarmi abbastanza per godere delle opere esposte, che c’è sempre qualcuno a spintonarmi quando guardo qualcosa, che il chiacchiericcio senza fine della gente o quello delle scolaresche mi è insopportabile, che mi viene la voglia di assassinare ogni persona che vedo con una macchina fotografica; che se non fosse per farle piacere, non ci entrerei mai al museo dell’Orangerie, io. Arriviamo i primi e mi siedo sul banco centrale della seconda sale delle Ninfee e mi metto a contemplare Le Nuvole. Mi dico che, nel Médoc, le ninfee devono essere già fiorite sul lago di Lacanau e che probabilmente se avessi un giorno di riposo come quello di oggi, sarei sul lago. Chiudo gli occhi. C’è un’insenatura sul lago che si chiama la baia delle Ninfee e dove si rifugiano i cigni in estate perché è la sponda più selvaggia del lago. Nella foresta che costeggia questa baia, talvolta, ci si incontrate un pazzo che si vanta di averci sistemato un giardino dell’Eden. Ed è vero! perché lui ha costruito, con quattro assi, un pontile sul lago da cui avete una vista paradisiaca sulle zattere di ninfee che danno il nome alla baia. Una cosa che mi fa sempre sorridere quando ci passo, è che lui ha affissato su un pino, un cartello con il suo numero di telefono. Il cartello dice che se non siete d’accordo con lui, che trovate che il posto non è paradisiaco come lui pretende e che lui non è al suo posto abituale ad ammirare il lago, potete fargli una chiamate per dirglielo. Il cartello dice anche che se telefonate, dovete avere argomenti seri per sostenere il vostro punto di vista. Sono seduto nella barca in mezzo alla baia delle Ninfee e sto ammirando i fiori di colore malva delle ninfee. Nelle zattere galleggianti a forma di cerchio delle ninfee, le gallinelle d’acqua ci fanno i loro nidi ed è sempre uno spettacolo incantevole in questa stagione di vedere i loro pulcini neri e tutti pelosi, nuotare tra i fiori. Io ci vorrei restare un’eternità in questa barca a osservare le ninfee e le damigelle blu che ci danzano sopra e che sembrano diamanti quando il sole le attraversa. Una volta, mi ricordo che stavo leggendo e che mi sono addormentato nella barca. Poi, ho avuto l’impressione che qualcuno mi guardava. E c’era un cormorano nella barca. Sapete come aprono le ali per asciugarle. Cristici. Forse lui ha sentito che mi ero svegliato, che il mio modo di respirare era diverso, che lo guardavo con gli occhi socchiusi. L’uccello si è tuffato nell’acqua prima che possa salutarlo. Un’altra volta, ma era in aprile quando le acque del lago sono tutte ingiallite dal polline di milioni di pini, ho vogato fino all’isola agli uccelli in mezzo al lago. C’era un cervo che aveva probabilmente nuotato fino all’isola per sfuggire all’ultima battuta di caccia dell’anno. Ci siamo guardati. Paralizzati. Io dall’emozione, lui dalla paura. Fino alla primavera, dobbiamo vestirsi con abiti ridicoli quando andiamo in foresta perché c’è sempre il rischio di essere preso per un cervo da un cacciatore. Il cervo si è rassicurato di vedermi vestito come un Arlecchino e si è disinteressato di me. Lui da una parte dell’isola a pascolare, io dall’altra ad approfittare del sole e a nuotare tra le erbe acquatiche che fanno paura ai bambini di mio fratello perché ci si vivono miriadi di gamberi di fiume. In fine pomeriggio non ho più visto il cervo e ho pensato che lui era tornato a casa, lontano a nord, nelle paludi di Carcans. Nella barca sento il sospiro del vento nei pini e le querce, i vocalizzi delle rane e quelli delle anatre nelle vecchie lagune al sud. Seguo con gli occhi le nuvole bianche che solcano i cieli blu sopra Lacanau. Sento anche il tamburellare di un picchio nel fondo della foresta….Quasi mi sta parlando questo picchio! Ma cosa fai? Stai sonnecchiando che fa due ore che guardi questa tela? Ma no, protesto completamente disorientato di ritrovarmi all’Orangerie, stavo studiando Le Nuvole di Monet! D’altronde mi ricordo che lui ha concepito queste sale come dei luoghi di riposo, per sfuggire al bordello della città in qualche modo…Lei ride e vuole assolutamente mi fare confessare che non ho provato un’emozione artistica, ma che ho dormito tutto il tempo che ho passato in questa sala. Va bene, lei dice, adesso dobbiamo andare a trovare qualche brasserie per pranzare, poi mi dovrai abbandonare a Orsay per ritrovare la tua amica di Parigi…

 

 

Botanica: Ci sono di quelle bellezze dietro il nuovo e orrendo stadio di Bordeaux!

Dietro il nuovo e brutto stadio dei Girondini di Bordeaux – poveri tifosi che sono dovuti abbandonare il bellissimo Parco Lescure sui boulevard per andare a seguire al diavolo le partite soporifere dei Girondini – c’è il bellissimo e immenso parco floreale di Bordeaux di cui ho parlato più volte su Bordeaux e dintorni. Duchesse francesi decadenti, americane frivoli e cinesi preziose si danno in spettacolo ancora per qualche giorno. Se venite a Bordeaux, non mancate! Perché, francamente, non ho mai incontrato qualcuno che possa resistere al fascino della fioritura delle peonie e non posso dire la stessa cosa a proposito del fascino delle partite dei Girondini! 😉

Oceano: Sta glaglattando in aprile in riva al più grande lago di Francia!

 

A glagla! è l’onomatopea francese per dire che fa freddo. Il francese che crepa dal freddo fa “à glagla!”. Da questo glagla deriva il verbo onomatopeico “glaglater” che ho italianizzato in “glaglattare” e che è abbastanza flessibile. Potete dire “sto glaglattando” (je tremble de froid), “sta glaglattando fuori” (il fait froid dehors), “mi sto glaglattando” (je me gèle). Potete anche aggiungere dei glagla secondo l’intensità del freddo e se vi dico “glaglaglaglatto” è ovvio che ho più freddo che si mi accontento di glaglattare! Sapete cosa c’è di bene per le vacanze di Pasqua? I turisti tedeschi e olandesi tornano a frequentare le spiagge oceaniche del Médoc e le gelaterie riaprono e io posso ricominciare a mangiare dei gelati dopo sette mesi di astinenza. C’è aria d’estate nel Médoc. Un altro segno che l’estate sta arrivando è che, dall’alto della duna, non vedo più soltanto i surfisti in acqua, ma anche quelli che nel Médoc chiamiamo i “culs-nus” cioè i nudisti. Non dico che restano ore nelle onde, ma un bagno di una decina di minuti lo fanno già. Nonostante il caldo quasi estivo, mi dico che sta glaglattando in acqua visto che, magia del Golfo di Biscaglia, i nudisti maschi entrano in acqua con un pene e ne escono con un clitoride! Li trovo coraggiosi. Ora, siamo domenica scorsa e fa tanto caldo che mi dico che sarebbe un’idea di fare anch’io  il mio primo bagno dell’anno. Rassicuratevi, non sono incosciente e ho una vecchia muta da surf nel baule dell’auto. Perché no? Prima vado a misurare la temperatura dell’acqua con due dita di piede. Glaglaglagla! Non è possibile, mi dico. Non potrei mai entrare in questa acqua anche con la muta da surf. Devo rinunciare. Poi mi dico che dovrei forse tentare al lago di Hourtin a ridosso del posto dove mi trovo. Prendo il mio zaino ed eccomi partito attraverso la foresta per raggiungere le rive del più grande lago di Francia come dicono i dépliant turistici; nel Médoc si dice semplicemente lo stagno di Hourtin. Seguo un tempo il cammino dei Fari e incontro una coppia in bici che mi ferma, il sorriso stampato in faccia, per dirmi che hanno appena visto una cerva al margine della foresta. Loro probabilmente non lo sanno ma i cervi pullulano addirittura in queste dune boschive che separano i laghi di Lacanau e di Hourtin e l’oceano. Tanto che l’inverno devo vestirmi in bianco se voglio camminare nella foresta altrimenti rischierei di prendere un colpo di fucile da un indigeno del Médoc tutto alla sua passione per la caccia. Sono delle cose che si sono già viste nel Paese. Siete fortunati, rispondo, sorridendo. Poi, lascio la pista ciclabile per ritrovarmi a camminare in mezzo alla foresta. Il paradiso. Colpisce il silenzio. In estate ci sarebbe il chiasso incessante delle cicale, ma in aprile, quasi a sentire il battimento delle ali dei falchi pescatori che mi immagino sorvolare la foresta verso il lago. Dopo quattro o cinque chilometri, arrivo sulla riva orientale dello stagno. Sono solo al Mondo. Noto che l’acqua del lago è più calda di quella dell’oceano. Ma comunque sta glaglattando troppo e non mi sento di fare il bagno! Forse la settimana prossima glaglatterà meno in paradiso.

Sport: Altro che mondiali di nuoto….

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Già gli egiziani….CLICCATE L’IMMAGINE PER VEDERE IL VIDEO DELL’INCREDIBILE EXPLOIT!

Penisola del Médoc. Ieri, dietro casa mia, sull’isola ai bambini del lago di Hourtin, sotto un caldo atroce e davanti a un pubblico fervido, si è svoltato i mondiali di lancio di infradito, il perizoma dei piedi come vengono chiamate le famose ciabatte in francese. E non pensate che non sia uno sport serio perché solo a leggere le regole di questo sport mi è venuta l’emicrania. Sapete soltanto che le infradito di competizione non devono superare 225 grammi e che non devono essere in legno o in sughero altrimenti rischiate la squalifica. Le infradito in legno sono l’equivalente del  motorino elettrico per i ciclisti del Tour de France nell’Alpe-d’huez e se siete presi con le infradito in legno ai piedi, è la squalifica a vita. La Federazione Internazionale del Lancio di Infradito non scherza con il doping aerodinamico e dovete gareggiare con le stesse infradito che indossa il francese medio in vacanza. Poi come nel Base ball, c’è un ricevitore e il lancio di infradito è valido soltanto quando il ricevitore prende la ciabatta prima che tocchi terra. E credetemi non è così facile perché le infradito sono piuttosto erratiche e lunatiche quando volano nel cielo. Quest’anno per la tredicesima edizione del Campionato del Mondo, due atleti girondini , Nicolas Mercier e Ludovic Lambert, hanno riuscito l’exploit di polverizzare il vecchio record del mondo di 34,77 metri realizzato nel lontano 2012 con un lancio proprio incredibile di quasi 40 metri (39,46 metri per essere preciso). Ma che emozione  di vedere quegli stormi di infradito nei cieli bordolesi! E poi la semplicità di questi atleti che non ce la raccontano dopo un tale exploit! Ma lasciamo a loro la parola: “Avevamo l’oggettivo di battere il record mondiale ciò che abbiamo fatto due volte durante la gara di oggi quindi siamo piuttosto soddisfati della nostra giornata. Il giornalista entusiasta: “ma siete campioni del Mondo!” Tra virgolette, risponde con modestia uno degli atleti: Non penso che siamo nel Guiness Book, ma comunque siamo campioni del Mondo, ecco. Un titolo come un altro. siamo campioni dei vacanzieri di Hourtin. Non c’è di allenamento particolare, devi essere semplicemente presente il giorno decisivo. Il segreto è di stendere bene la gamba. Dopo ci vuole un po’ di chance, che l’infradito vada lontano senza prendere il vento e che il ricevitore faccia il suo lavoro. Funziona ogni tanto. Il lancio deve essere dritto, dobbiamo spostarsi bene, essere attenti alla traiettoria e il ricevimento si fa da solo”. Notate che lo stesso giorno, nella mia regione, c’era anche i mondiali di lancio di espadrilles a Bayonne nei Pirenei Atlantici, ma è un’altra storia! 😉

Médoc: la spiaggia del tabaccaio!

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Penisola del Médoc. Abbiamo camminato per ore attraverso la foresta per raggiungere questa spiaggia in riva al più grande lago di Francia, quello di Hourtin a nord di Lacanau. La bambina di cinque anni non si è lamentata nemmeno una volta, io invece sono stanco morto. Mentre la bambina gioca nelle acque rosse del lago, mi addormento all’ombra di una quercia. Ogni tanto, la bambina viene a trovarmi: zio cos’è questa bestiola che salta tra l’erba? Una cavalletta, cara bambina. Ma non la schiaccia altrimenti non siamo più amici. Zio cos’è questo rumore negli alberi? il canto delle cicale, cara bambina; è il rumore dei cambiamenti climatici. Più tardi, a casa, la bambina telefona al padre e gli racconta la sua giornata e che lei ha visto degli accendini nel prato e dei sigari negli alberi. Comunque, dall’inizio, ho difficoltà a comunicare con la bambina. Forse, sarebbe tempo per me di consultare una logopedista!

CAVALLETTE si dice CRIQUETS in francese

ACCENDINI si dice BRIQUETS in francese

CICALE si dice CIGALES in francese

SIGARI si dice CIGARES in francese