Bacino di Arcachon e poesia: Il canto della Leyre. Terza parte.

Terza parte del bellissimo Canto della Leyre del poeta di Arès, Emilien Barreyre. Abbiamo assistito alla nascità della Leyre, poi abbiamo scoperto come la Leyre è diventata un fiume. Ora vediamo se la Leyre riuscirà a raggiungere l’Oceano. Questa poesia è un canto quindi ci saranno altri appuntamenti man mano che  tradurrò l’antica lingua dei nostri nonni in italiano. 

 

Lavetz aurés credut, ò Lèira, que n’avès,

Tot dreit davant o en reviradas,

Qu’a riular quauquas cent braçadas

Per veire la mar granda esparrada a tòs pès.

 

Allora avresti creduto, o Leyre che avevi,

dritto davanti o facendo virate,

Solo a scorrere qualche cento braccia

Per vedere l’Oceano steso ai tuoi piedi

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De v’rai, n’èras pas alunhada ;

Mès, per en chic de temps a-d era te mesclar,

Au lòc d’estar la Lèira, auré falut estar

La Garona en granda pujada.

 

Veramente, non eri tanto allontanata;

Però, per un po’ di tempo a esso mescolarti,

Invece di essere la Leyre, sarebbe dovuta essere

La Garonna in grande straripamento

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Es qu’enlà, davant tu, dau Siroet au Noroet,

Haut de cent pè, long d’una lèga,

E dentejat com una sèga,

Se mastèva, blancós de sable, un gran paret.

 

È che di là, davanti a te, dal vento del Sud a quello del Nord,

Alto di cento piedi, lungo di una lega,

E dentata come una sega,

Si rizzava, biancastro di sabbia, una grande parete.

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D’eth a tu, junquèira , e junquèira,

D’on sortiva una audor poderosa de sau ;

Dempuèi pausa, lo Ròine, auré sobut d’un saut,

Juncs e gran paret de sableira.

 

Da essa a te, giuncaia, e giuncaia,

Da dove proveniva un odore potente di sale;

Da tempo, il Rodano, avrebbe varcato, di un salto,

Giunchi e grande parete sabbiosa.

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Tu, los juncs, èras tan longuèira a los negar,

Que, quan a las ròcas toquères,

Las ! dijà, la mei hauta d’eras,

Barrèva lo sol lòc on podèvas passar.

 

Tu, i giunchi, eri tanto lunga ad annegarli,

Che, quando toccasti le dune,

Ahimè,  già la più alta di esse

Sbarrava il solo posto dove potevi passare.

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Es qu’a la baisha de la ròca,

Badèva un cròt pujant, e au lòc de devarar,

Per de jònher a la mar, te falèva escalar

Aquera hauta bossiròca.

 

È che la base della duna,

Contemplava un abisso elevato, e invece di scendere,

Per raggiungere l’Oceano, ti occorreva arrampicare

Questa alta gobba.

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Tot en pluja, un ivèrn, mei que hòrt t’ajudèt

A pujar haut dens la trencada,

Mès la ròca, l’avès rogada,

E lo sable esgraulat, ton camin te bocèt.

 

Un inverno più che piovoso ti aiutò

A issarti alto nella trinciata,

Ma la duna, l’avevi rosicchiata,

E la sabbia rovinata, il tuo cammino ostrusse.

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Entretemps, la pluja abondosa,

T’aver hèit de pertot  escòrrer de ton leit ;

E heres alavetz, de la ròca en arrèir,

Una lacosa espectaclosa.

 

Frattempo, la pioggia abbondante,

Ti aveva fatto dappertutto scorrere fuori dal tuo letto;

E tu facesti allora della duna indietro,

Una laguna spettacolare.

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Bacino di Arcachon e Poesia: Il canto della Leyre. Seconda parte.

Se avete mancato la prima parte, cliccate qui. Quest’estate vi propongo un viaggio lungo il fiume Leyre attraverso una bellissima poesia di Emilien Barreyre intitolata appunto: Il canto della Leyre. Ecco la seconda parte.

 

 

Ah ! Segur, Lèira, de ta cossa,

Si vedèva  au sorelh laginar lo tralhat,

Mès en tan chic de hons qu’auré tot just levat,

Dens ton aiga un chaupic de mossa.

 

Ah! Certo, Leyre, dal tuo corso,

Si vedeva al sole scintillare il percorso,

Però tanto poco profondo che avrebbe sollevato appena,

nella tua acqua un’ombra di schiuma. 

 

 

Atau, casi secada, arriulères cent ans;

Mès la natura mairanèira,

Te balhèt la Pichona Lèira*,

E augures d’òra-avant perhontor e balanç,

 

Così, quasi  in secca, stillasti cento anni;

Però la natura materna,

Ti regalò la Piccola Leyre*,

E avesti d’ora in poi profondità e corrente,

 

 

Dinc’aqui per la haironèra,

N’èras qu’un carrinclòt qu’a plenh un vergon,

Adara, l’ahamat, l’assoladit hairon,

Se pausèva qu’a ta ribèra.

 

Fin là per gli aironi,

Eri appena un solco che riempie la pioggia,

Ora, l’affamato, il solitario airone, 

Si posava sul tuo fiume.

 

 

De temps en temps, ton aiga, a ton ras sableirós,

Un tròc de clanca darriguèva,

Que segur, aqui, s’escondèva

Dempuèi l’atge on lo sable engorguèt l’aliòs*.

 

Ogni tanto, la tua acqua, alla tua sabbia,

Un pezzo di conchiglia strappava,

che certamente, là, si nascondeva

Dai tempi dove la sabbia imprigionava l’alios*

 

 

Ah ! S’avès augut tau l’aujame

Lo sens miravilhós qu’a recebut das cèus,

Lavetz aurès credut a veire aqueths clanquèus,

Tota a tocar la mar que brama.

 

Ah! Se avessi avuto tale l’uccello

Il senso meraviglioso ricevuto dai cieli,

Allora avresti creduto di vedere queste conchiglie,

Tutte a toccare l’Oceano che mugghia.

(fine seconda parte)

 

*La Piccola Leyre, l’affluente principale della Leyre.

*Alios, Sotto la superficie sabbiosa, grès rosso impermeabile caratteristico del sottosuolo delle lande di Bordeaux.

 

 

Bacino di Arcachon e Poesia: Il canto della Leyre.

Ne vale la pena di fare una passeggiata lungo la Leyre, di subire gli assalti delle tigri, delle zecche e dei serpenti? Credetemi che tutto questo fastidio si dimentica presto davanti allo spettacolo delle centinaia di damigelle blu che danzano sopra le acque del fiume e che sembrano diamanti quando il sole le attraversa. Oggi vi propongo una traduzione grossolana e approssimativa fatta da me – dove purtroppo si perdono le rime, ma accetto tutti i suggerimenti per migliorare il mio testo!  – della prima parte di una poesia, Il canto della Leyre (pronunciate Leir), di Emilien Barreyre. Nato ad Arès nel 1883, Barreyre è il poeta del mare e della vita vissuta dai marinai del Bacino di Arcachon. Pescatore e figlio di un pescatore. Nessuno ha saputo come lui cantare l’oceano guascone, le sue sponde, la sua gente. Spinto da un povertà estrema, Barreyre lascerà il il suo caro Bacino di Arcachon nel 1930 e si stabilirà nella periferia parigina e, dopo alcuni anni a fare l’operaio la giornata e a scrivere poesie la notte, ci morirà nel 1944, senza mai aver potuto tornare nella sua terra natia. Notate che gli scatti, fatti durante la mia passeggiata, sono quelli di un piccolo affluente della Leyre.

Òh ! que lo siagle es lunh que te vit sorgilhar,

Ò cara e encatadora Lèira !

Dijà, lavetz, òh ! quau sablèira,

A vint lègas arrèir de nòsta granda mar !

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Oh! che il secolo che ti vide scaturire è lontano,

O cara e incantevole Leyre!

Già, allora, o! quanta sabbia,

A venti leghe a ridosso del nostro Oceano! 

Per aver au sorelh ta plaça,

Ailas ! avès causit, tu, lo tan pichon riu,

Aqueth tan gran terraire on ren qu’un ombra viu :

La de la nublada que passa.

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Per aver il tuo posto al sole,

Ahimè! avevi scelto, tu, il così piccolo fiume,

Quel tanto gran Paese dove la sola ombra vivente:

È quella della nuvola che passa.  

Òh ! lo sòrt tristejant de néisher en lòcs atau,

On autanlèu qu’èra  cairada,

La mei gran pluja èra eschompada,

Per lo sable assetat d’aqueth campàs mortau.

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Oh! la triste sorte di nascere in tali luoghi,

Dove appena era caduta,

la più grande pioggia era assorbita,

Per la sabbia assetata di questa landa mortale.

Ò riu nanòt, qu’èras a plànher,

Tu qu’èras qu’un ploric en país vasconian,

Lavetz que la Garona au front dau Vau d’Aran

Riulèva emb brut, e pas de canha.

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O fiume nano, eri a compiangere,

Tu che eri una lacrima in paese guascone,

Mentre la Garonna al fronte della val d’Aran

Correva rumorosa, e senza sudare.

Avès pertant com era un gran rèule a jogar :

Mès tau rèule coma lo tèner,

Tu, tant estreita, que shens pena,

Un chancat lanusquet  t’auré poscut gamat.

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Avevi pure come essa un grande ruolo da giocare:

Però quel ruolo come lo giocare,

Tu, così stretta, che senza sforzo, 

Un landese su suoi trampoli ti avrebbe potuto scavalcare.

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Fine prima parte

 

Bacino di Arcachon: Invasione aliena in Guascogna!

Siamo sul comune di Le Teich nel fondo del Bacino di Arcachon, nel delta del fiume Leyre, fiume che nasce nel cuore delle Lande di Guascogna e che sfocia nel Bacino di Arcachon. Bellissima la fioritura di questa pianta acquatica che sta colonizzando, formando degli immensi tappetti gialli in estate e in autunno, tutti gli affluenti del fiume, prati umidi, stagni e laghi del delta. Non trovate? Sì, allora è la prova che anche un disastro ambientale può essere non privo di un certa bellezza! La pianta acquatica si chiama Jussie in francese – Jussie Ludwigia se volete fare gli eruditi – (Però non conosco il suo nome in italiano), Da noi, si dice più semplicemente il male giallo oppure la peste gialla tanto questa pianta è una tragedia per tutto il nostro fragile ecosistema. Notate che non è colpa della pianta sudamericana e lei non ha mai chiesto di diventare una pianta ornamentale per gli appassionati di acquariofilia e non è la pianta che da solo ha deciso di buttarsi dal suo acquario nel fiume Leyre. È tutta la colpa dell’uomo che, per guadagnare quattro soldi, ha introdotto l’alieno e ha modificato e squilibrato tutto l’ecosistema delle Lande di Guascogna. Forse pensate che sto esagerando parlando di disastro ambientale? Allora sapete che la Jussie cresce alla velocità della luce ed è tanto invasiva e infestante che la sua proliferazione è mortale per le piante acquatiche autoctone che non possono resistere a questa aggressione e quando la Jussie comincia a colonizzare un fiume, potete essere sicuri che è la fine della diversità floristica. Poi, nelle zone fortemente colonizzate dalla Jussie, i raggi solari sono bloccati e le carenze di luce e d’ossigeno fanno crepare tutta la fauna locale (il fenomeno si chiama eutrofizzazione). I pesci, gli insetti, gli uccelli scompaiono. L’acqua non scorre più e muore. La melma dovuta alla decomposizione delle jussie in inverno ostruisce i canali e provoca l’interramento dei fiumi e degli stagni. Questa fottuta pianta resiste al gelo, alle malattie e non ha predatori. Fino a qualche anno, i ricercatori pensavano che le Jussie si riproducessero solo per frammentazione, poi si sono accorti spaventati che anche i semi permettevano la riproduzione. Abbiamo perso la guerra contro le Jussie e ci resta solo gli occhi per piangere. Tutto quello che possiamo fare ora, è tentare di limitare la sua proliferazione e di consolarsi un po’ perché la Jussie non cresce all’ombra e quindi le acque della Leyre sotto la sua famosa foresta galleria non sono colpite dalla peste gialla…

Bacino di Arcachon: la duna del Pilat non è il più bel posto del Bacino di Arcachon!

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Forse dovrebbe esserlo poiché ci sono milioni di turisti, ogni anno, che scalano la duna per ammirare il panorama mozzafiato sull’oceano, il Bacino di Arcachon e la foresta delle Lande di Guascogna e forse lo è. Ma, io, preferisco quello che gli abitanti della zona chiamano: i fondi del Bacino cioè tutta la riva orientale del Bacino di Arcachon e in particolare tutta la riva Sud-Est, tra Audenge e Le Teich, che forma il delta della Leyre. Penso che tutta questa zona, in cui il fiume Leyre si mescola alle acque dell’Oceano Atlantico, sia il posto più magico di Arcachon ed è la ragione per cui ho deciso di portarvi ad Audenge a fare un giro nella riserva naturale di Certes e Graveyron che è la mia passeggiata preferita sul Bacino di Arcachon. Dico una passeggiata, ma prevedete delle buone scarpe e qualcosa da bere perché la riserva naturale fa quasi 600 ettari e il giretto di Certes, lungo i vecchi serbatoi da pesci e la riva del Bacino fino al porto di Lanton e il ritorno a Certes, fa una ventina di chilometri e dovete contare una quindicina di chilometri in più se fate il giro della riserva di Graveyron – La riserva di Certes e quella di Graveyron sono separate da un canale (un estey come diciamo in guascone per designare un fiume sottomesso alle maree oceaniche). Cosa mi piace di più a Certes? La solitudine. Siete come alla fine del mondo. Non c’è niente: prati salati che si estendono verso nord e Sud e tutti questi specchi d’acqua, laghi, stagni, fiumi, ruscelli che sono gli antichi serbatoi da pesci e che oggi sono un paradiso per gli uccelli di mare. E forse, se avete già letto il blog, sapete che ho una passione per gli uccelli e il Bacino di Arcachon è la principale via di migrazione degli uccelli in Europa quindi a Certes potete osservare più di 250 specie di uccelli di mare. A certes non c’è niente, nemmeno un albero, solo la vecchia diga che serpeggia tra tamareci rachitici e vecchi serbatoi da pesci quindi non vi consiglio la passeggiata in estate, potrete morire da un’insolazione o perdere la vista tanto la bianchezza del sentiero sulla diga è già accecante sotto il sole invernale. Non è un luogo che conosco in estate, lo frequento solo in inverno e d’altronde mi troverete raramente sul Bacino di Arcachon dopo Pasqua. Sono così, ho i miei luoghi secondo le stagioni. Certes fa parte di quei luoghi in cui vi dovete fermare ogni quattro passi perché vi dite che decisamente non è possibile che esistano luoghi di una tale bellezza su questo pianeta e io, quando ci vado, ogni volta sono colpito da una specie di sindrome di Stendhal e solo per andare alla punta di Branne mi prendono ore e devo sempre fare tutto il cammino di ritorno nel buio.

Andiamo fino alla punta di Branne per ammirare il tramonto invernale sopra la città di Arcachon e la duna del Pilat così mi farete un po’ compagnia, mi cambierà un po’ del chiasso delle egrette e degli aironi, poi per passare il tempo, vi racconterò la storia di questo luogo. Avete notato che ho una predilezione per i luoghi creati dall’uomo? La foresta landese, le dune costiere…ecc…e la riserva di Certes non fa eccezione e come le nostre dune ingannano e sembrano naturali, è la stessa cosa per la riserva di Certes: tutti questi laghi, specchi d’acqua, stagni che sembrano naturali a prima vista, sono stati scavati dagli uomini per guadagnare il loro pane. Oggi, la natura, i prati salati, gli uccelli stanno riconquistando quei luoghi e mi piace a pensare a tutte queste generazioni di uomini dimenticati che hanno lavorato sulla diga e mi viene sempre lo stesso pensiero: un giorno, quando le mie ossa saranno polvere e che l’ultimo uomo che mi avrà conosciuto morirà, allora l’Oceano Atlantico sommergerà la penisola del Cap Ferret e la riserva di Certes tornerà ad essere soltanto una vasta distesa di prati salati com lo era all’inizio del Mondo. Strano, no? Penso sempre alla mia morte quando vado a Certes.

Ma basta con lo spleen altrimenti non scrivo più niente e vi ho promesso la storia di quel luogo! Tutti questi laghi, stagni e specchi d’acqua che vedete in realtà sono dei serbatoi da pesci e ancora prima erano delle saline come quelle di Guérande o della Camargue. E se aveste la possibilità di sorvolare la zona, vedreste che tutti i laghi sono dei bacini rettangolari che misurano da 100 metri a 1 km e che formano un’immensa ragnatela che scintilla sotto il sole invernale, una forma geometrica perfetta che renderebbe gelosa tutti i giardinieri di Versailles. I fili di questa ragnatella sono le lingue di terra che separano i bacini e che vengono chiamate”gobbe” nel gergo di Arcachon e che servivano, una volta, a fare pascolare le mucche marine. Quando passeggiate sulla diga, siete sull’orlo esterno di questo labirinto tra la riva del Bacino di Arcachon e le saline. E davanti a questo spettacolo, vi chiedete come mai gli uomini sono riusciti a compiere questi lavori faraonici? Colpa di un uomo. Tutto nasce dalla volontà di un uomo dei Lumi, lettore dell’Enciclopedia e che era preoccupato di progresso sociale, economico e agronomico: Emery François de Durfort, marchese di Civrac, che possedeva tutte le terre del delta della Leyre, circa 120000 ettari tra l’isola di Branne (dove ci rechiamo), Audenge, la penisola di Graveyron, l’isola di Malprat, Le Teich, Gujan-Mestras e che, nel mezzo del XVIII secolo, è andato a trovare il bastardo dei Bourbons, Luigi XV, con il suo progetto di bonificare i suoi prati salati per convertirli in saline. Finalmente, Durfort è stato tanto convincente che il re lo dispensa di pagare le tasse sul sale pensando bene che Durfort non riuscirebbe mai  a portare a termine il suo progetto. Non solo Durfort realizza tutti questi lavori colossali per bonificare i prati salati e scavare i suoi bacini, ma fa venire dei raccoglitori di sale dalle lontane Charente e comincia a vendere il suo sale. La rivolta romba dai produttori di sale delle altre regioni che non possono fare concorrenza a questo sale detassato di Arcachon e l’accordo che dispensava Durfort di pagare le tasse tra il 1768 e il 1773 non è rinnovato e Durfort si ritrova rovinato dai costi dei lavori intrapresi. Interessante questa storia delle saline di Arcachon, no?

Proseguiamo velocemente con questa storia di Certes e vediamo come le saline sono diventate dei serbatoi da pesci. D’altronde i serbatoi da pesci li trovate ovunque a ridosso del Bacino di Arcachon, non è qualcosa proprio alla riserva di Certes. Nel 1818, la tenuta di Durfort è acquistata da un negoziante bordolese, François de Boissière, che espande ancora le saline. Poi, il figlio nel 1843 decide che non è più possibile questa storia delle saline e ha l’idea di piantare dei pini marittimi per bonificare le paludi e di convertire le saline in serbatoi da pesci. Dunque il tizio fa sistemare tutta una rete di fiumi e di cateratte per sviluppare la sua attività di piscicoltura. In realtà, è molto semplice. Ad alta marea, i cefali, orate e altre anguille (che sono la grande specialità di Bordeaux) entrano nei serbatoi da pesci e sono intrappolati quando i pescatori chiudono le cateratte, poi basta dirigere i pesci nella ragnatela di laghi verso il centro dove i pesci sono allevati per tre o quattro anni. Quando volete nutrire i pesci, basta aprire le cateratte (senza dimenticare di mettere le grate, altrimenti i pesci scappano!)  ad alta mare per fare “bere” i bacini e in inverno si fa “sbere” i bacini per pulire i bacini e ricuperare i pesci. È così che la città di Bordeaux veniva rifornita in pesci freschi fino alla seconda guerra mondiale e la famiglia Boissière si arricchisce con i soldi dei pesci e fa costruire lo château che vedete all’ingresso della riserva (il comune lo sta ristruttrando da anni) al posto della vecchia casa della famiglia Durfort. Dopo si è sviluppato la pesce in mare con i pescherecci che è più economica e i vecchi serbatoi da pesci sono stati abbandonati. Bene. Adesso, siamo arrivati alla punta di Branne (che non è più un’isola) e possiamo ammirare il tramonto su Arcachon, anche se i miei scatti non potranno mai restituire la bellezza di quel luogo.

Cliccate qui per scoprire la mappa della riserva di Certes-Graveyron sul Bacino di Arcachon.