Bacino di Arcachon e poesia: Il canto della Leyre. Terza parte.

Terza parte del bellissimo Canto della Leyre del poeta di Arès, Emilien Barreyre. Abbiamo assistito alla nascità della Leyre, poi abbiamo scoperto come la Leyre è diventata un fiume. Ora vediamo se la Leyre riuscirà a raggiungere l’Oceano. Questa poesia è un canto quindi ci saranno altri appuntamenti man mano che  tradurrò l’antica lingua dei nostri nonni in italiano. 

 

Lavetz aurés credut, ò Lèira, que n’avès,

Tot dreit davant o en reviradas,

Qu’a riular quauquas cent braçadas

Per veire la mar granda esparrada a tòs pès.

 

Allora avresti creduto, o Leyre che avevi,

dritto davanti o facendo virate,

Solo a scorrere qualche cento braccia

Per vedere l’Oceano steso ai tuoi piedi

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De v’rai, n’èras pas alunhada ;

Mès, per en chic de temps a-d era te mesclar,

Au lòc d’estar la Lèira, auré falut estar

La Garona en granda pujada.

 

Veramente, non eri tanto allontanata;

Però, per un po’ di tempo a esso mescolarti,

Invece di essere la Leyre, sarebbe dovuta essere

La Garonna in grande straripamento

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Es qu’enlà, davant tu, dau Siroet au Noroet,

Haut de cent pè, long d’una lèga,

E dentejat com una sèga,

Se mastèva, blancós de sable, un gran paret.

 

È che di là, davanti a te, dal vento del Sud a quello del Nord,

Alto di cento piedi, lungo di una lega,

E dentata come una sega,

Si rizzava, biancastro di sabbia, una grande parete.

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D’eth a tu, junquèira , e junquèira,

D’on sortiva una audor poderosa de sau ;

Dempuèi pausa, lo Ròine, auré sobut d’un saut,

Juncs e gran paret de sableira.

 

Da essa a te, giuncaia, e giuncaia,

Da dove proveniva un odore potente di sale;

Da tempo, il Rodano, avrebbe varcato, di un salto,

Giunchi e grande parete sabbiosa.

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Tu, los juncs, èras tan longuèira a los negar,

Que, quan a las ròcas toquères,

Las ! dijà, la mei hauta d’eras,

Barrèva lo sol lòc on podèvas passar.

 

Tu, i giunchi, eri tanto lunga ad annegarli,

Che, quando toccasti le dune,

Ahimè,  già la più alta di esse

Sbarrava il solo posto dove potevi passare.

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Es qu’a la baisha de la ròca,

Badèva un cròt pujant, e au lòc de devarar,

Per de jònher a la mar, te falèva escalar

Aquera hauta bossiròca.

 

È che la base della duna,

Contemplava un abisso elevato, e invece di scendere,

Per raggiungere l’Oceano, ti occorreva arrampicare

Questa alta gobba.

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Tot en pluja, un ivèrn, mei que hòrt t’ajudèt

A pujar haut dens la trencada,

Mès la ròca, l’avès rogada,

E lo sable esgraulat, ton camin te bocèt.

 

Un inverno più che piovoso ti aiutò

A issarti alto nella trinciata,

Ma la duna, l’avevi rosicchiata,

E la sabbia rovinata, il tuo cammino ostrusse.

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Entretemps, la pluja abondosa,

T’aver hèit de pertot  escòrrer de ton leit ;

E heres alavetz, de la ròca en arrèir,

Una lacosa espectaclosa.

 

Frattempo, la pioggia abbondante,

Ti aveva fatto dappertutto scorrere fuori dal tuo letto;

E tu facesti allora della duna indietro,

Una laguna spettacolare.

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Bacino di Arcachon e Poesia: Il canto della Leyre. Seconda parte.

Se avete mancato la prima parte, cliccate qui. Quest’estate vi propongo un viaggio lungo il fiume Leyre attraverso una bellissima poesia di Emilien Barreyre intitolata appunto: Il canto della Leyre. Ecco la seconda parte.

 

 

Ah ! Segur, Lèira, de ta cossa,

Si vedèva  au sorelh laginar lo tralhat,

Mès en tan chic de hons qu’auré tot just levat,

Dens ton aiga un chaupic de mossa.

 

Ah! Certo, Leyre, dal tuo corso,

Si vedeva al sole scintillare il percorso,

Però tanto poco profondo che avrebbe sollevato appena,

nella tua acqua un’ombra di schiuma. 

 

 

Atau, casi secada, arriulères cent ans;

Mès la natura mairanèira,

Te balhèt la Pichona Lèira*,

E augures d’òra-avant perhontor e balanç,

 

Così, quasi  in secca, stillasti cento anni;

Però la natura materna,

Ti regalò la Piccola Leyre*,

E avesti d’ora in poi profondità e corrente,

 

 

Dinc’aqui per la haironèra,

N’èras qu’un carrinclòt qu’a plenh un vergon,

Adara, l’ahamat, l’assoladit hairon,

Se pausèva qu’a ta ribèra.

 

Fin là per gli aironi,

Eri appena un solco che riempie la pioggia,

Ora, l’affamato, il solitario airone, 

Si posava sul tuo fiume.

 

 

De temps en temps, ton aiga, a ton ras sableirós,

Un tròc de clanca darriguèva,

Que segur, aqui, s’escondèva

Dempuèi l’atge on lo sable engorguèt l’aliòs*.

 

Ogni tanto, la tua acqua, alla tua sabbia,

Un pezzo di conchiglia strappava,

che certamente, là, si nascondeva

Dai tempi dove la sabbia imprigionava l’alios*

 

 

Ah ! S’avès augut tau l’aujame

Lo sens miravilhós qu’a recebut das cèus,

Lavetz aurès credut a veire aqueths clanquèus,

Tota a tocar la mar que brama.

 

Ah! Se avessi avuto tale l’uccello

Il senso meraviglioso ricevuto dai cieli,

Allora avresti creduto di vedere queste conchiglie,

Tutte a toccare l’Oceano che mugghia.

(fine seconda parte)

 

*La Piccola Leyre, l’affluente principale della Leyre.

*Alios, Sotto la superficie sabbiosa, grès rosso impermeabile caratteristico del sottosuolo delle lande di Bordeaux.

 

 

Bacino di Arcachon e Poesia: Il canto della Leyre.

Ne vale la pena di fare una passeggiata lungo la Leyre, di subire gli assalti delle tigri, delle zecche e dei serpenti? Credetemi che tutto questo fastidio si dimentica presto davanti allo spettacolo delle centinaia di damigelle blu che danzano sopra le acque del fiume e che sembrano diamanti quando il sole le attraversa. Oggi vi propongo una traduzione grossolana e approssimativa fatta da me – dove purtroppo si perdono le rime, ma accetto tutti i suggerimenti per migliorare il mio testo!  – della prima parte di una poesia, Il canto della Leyre (pronunciate Leir), di Emilien Barreyre. Nato ad Arès nel 1883, Barreyre è il poeta del mare e della vita vissuta dai marinai del Bacino di Arcachon. Pescatore e figlio di un pescatore. Nessuno ha saputo come lui cantare l’oceano guascone, le sue sponde, la sua gente. Spinto da un povertà estrema, Barreyre lascerà il il suo caro Bacino di Arcachon nel 1930 e si stabilirà nella periferia parigina e, dopo alcuni anni a fare l’operaio la giornata e a scrivere poesie la notte, ci morirà nel 1944, senza mai aver potuto tornare nella sua terra natia. Notate che gli scatti, fatti durante la mia passeggiata, sono quelli di un piccolo affluente della Leyre.

Òh ! que lo siagle es lunh que te vit sorgilhar,

Ò cara e encatadora Lèira !

Dijà, lavetz, òh ! quau sablèira,

A vint lègas arrèir de nòsta granda mar !

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Oh! che il secolo che ti vide scaturire è lontano,

O cara e incantevole Leyre!

Già, allora, o! quanta sabbia,

A venti leghe a ridosso del nostro Oceano! 

Per aver au sorelh ta plaça,

Ailas ! avès causit, tu, lo tan pichon riu,

Aqueth tan gran terraire on ren qu’un ombra viu :

La de la nublada que passa.

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Per aver il tuo posto al sole,

Ahimè! avevi scelto, tu, il così piccolo fiume,

Quel tanto gran Paese dove la sola ombra vivente:

È quella della nuvola che passa.  

Òh ! lo sòrt tristejant de néisher en lòcs atau,

On autanlèu qu’èra  cairada,

La mei gran pluja èra eschompada,

Per lo sable assetat d’aqueth campàs mortau.

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Oh! la triste sorte di nascere in tali luoghi,

Dove appena era caduta,

la più grande pioggia era assorbita,

Per la sabbia assetata di questa landa mortale.

Ò riu nanòt, qu’èras a plànher,

Tu qu’èras qu’un ploric en país vasconian,

Lavetz que la Garona au front dau Vau d’Aran

Riulèva emb brut, e pas de canha.

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O fiume nano, eri a compiangere,

Tu che eri una lacrima in paese guascone,

Mentre la Garonna al fronte della val d’Aran

Correva rumorosa, e senza sudare.

Avès pertant com era un gran rèule a jogar :

Mès tau rèule coma lo tèner,

Tu, tant estreita, que shens pena,

Un chancat lanusquet  t’auré poscut gamat.

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Avevi pure come essa un grande ruolo da giocare:

Però quel ruolo come lo giocare,

Tu, così stretta, che senza sforzo, 

Un landese su suoi trampoli ti avrebbe potuto scavalcare.

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Fine prima parte

 

Animali: Il wombat!

Alcuni mesi fa, non avevo mai sentito parlare dei wombat, poi c’è ne uno che è venuto, dall’Australia pensate, frugare su Bordeaux e dintorni. L’altro giorno, chiudevano la biblioteca comunale per causa di coronavirus e ci sono andato, poco prima la chiusura, per fare scorta di libri e fronteggiare il Grande Confinamento. E cosa vedo sull’espositore della scelta dei bibliotecari? Un libro di un certo Will Cuppy intitolato: Come attirare il wombat. Inutile dirvi che ci sono piombato sopra – tipo il francese medio, in piena epidemia di covid-19, nel reparto carta igienica di un supermercato – per leggere in fretta, prima di essere cacciato via, il capitolo dedicato al famoso wombat….

Se non conoscete proprio niente al wombat, dovete leggere questo capitolo. Può rivelarsi assai utile un giorno o l’altro. Potreste piombare per caso su una di queste persone, che in ogni occasione, fanno domande sui wombat. “perché i wombat si trovano solo in Australia e in Tasmania?’ è una delle loro domande preferite. Risposta: perché è il modo di cui le cose sono organizzate. Chiedono ancora:”perché i wombat?” I wombat direbbero che questa domanda è cretina. Hanno l’impressione che se qualcosa si dovesse di esistere, sono proprio i wombat. Fanno grande caso del fatto di essere i soli animali su terra a essere dei wombat. Non vorrebbero per niente al mondo essere altra cosa, e certamente non noi. L’idea che, sulla scala degli esseri viventi, un marsupiale si situa quasi altrettanto basso di un monotremata mentre noi apparteniamo ai primati – un ordine di mammiferi che comprende le grandi scimmie, gli uistiti e i maki – non ha mai sfiorato la mente di un wombat. Abbiamo anche un nome di famiglia, Hominidae, per distinguersi, sul piano tecnico, dei gibboni, delle scimpanzé, degli oranghi e delle gorille. Il wombat è un animale al fisico tarchiato, con delle zampe corte e un andamento rozzo e trascurato. Alcuni trovano che assomiglia a una grossa marmotta, La verità è che non assomiglia a granché. Il wombat misura meno di un metro, dall’estremità del muso  fino all’estremità della sua coda vestigiale. Però, il wombat gigante del pleistocene era massiccio quanto un rinoceronte. Era, di tutta evidenza, troppo di wombat, così fu abbandonato. Il wombat comune d’Australia del sud-est è il più grande e il più interessante dei wombat viventi. I wombat di Tasmania hanno una pelle spessa, il pelo ispido e ruvido. Menano un’esistenza estremamente barbosa. Poi, finiscono in tappeto o in zerbino. E pensiate aver problemi! Addomesticati, i wombat possono manifestare all’occasione certi segni di affetto, se ne avete bisogno a quel punto. Di tempo in tempo vi mordono in modo apatico e senza nessuna ragione apparente per un non-wombat. Mai dimenticare che i wombat sono animali scavatori e notturni. Se li tenete dentro, vi terranno svegliati tutta la notte, provando di scavare attraverso il plancher. Se li lasciate uscire, mineranno le fondamenta delle case. Questa deplorevole abitudine ha provocato incidenti spiacevoli. Ormai ne sapete più lungo sui wombat di prima. Oh che sì! 

(Will Cuppy)

Pietà per gli sciacalli!

Oggi, vi propongo un antico racconto berbero in cui lo sciacallo – come al solito – si fa raggirare da un riccio. Lo sciacallo nei racconti berberi è l’antenato del Willy Coyote americano mentre il riccio è l’antenato di Beep Beep. 😉

Una volta, il riccio e lo sciacallo fecero amicizia. Il primo disse all’altro: ” quante astuzie hai?” – “Ne ho cento e la metà d’una”, rispose lo sciacallo e gli chiese a sua volta: “Quante astuzie hai?” – “La metà d’una.” camminarono passeggiando per la strada finché arrivarono, in mezzo alla notte, a un douar. Ci trovarono un silo, scesero entrambi dentro e mangiarono grano finché furono sazi. Il riccio disse allo sciacallo: “Chinati per che possa salire sulla tua testa e guardare.” Lo sciacallo si chinò, il riccio salì sulla sia schiena, saltò e ricadde fuori dall’apertura del silo, lasciando lo sciacallo dentro. Il riccio gli disse: “Salvati come potrai. Vedi, io che ho solo la metà di un’astuzia ce l’ho fatta; Tu che hai cento astuzie e la metà d’una, non puoi cavarti dal mezzo del silo.

 

 

Bacino di Arcachon: Racconto di una volta!

Traduzione grossolana e approssimativa – e anche dove si perdone le rime – da me di una poesia, Capre e gamberi, di Emilien Barreyre. Nato ad Arès nel 1883, Barreyre è il poeta del mare e della vita vissuta dai marinai del Bacino di Arcachon. Pescatore e figlio di un pescatore. Nessuno ha saputo come lui cantare l’oceano guascone, le sue sponde, la sua gente. Spinto da un povertà estrema, Barreyre lascerà il il suo caro Bacino di Arcachon nel 1930 e si stabilirà nella periferia parigina e, dopo alcuni anni a fare l’operaio la giornata e a scrivere poesie la notte, ci morirà nel 1944, senza mai aver potuto tornare nella sua terra natia.

*Nota bene: Per capire il qui pro quo tra il pescatore di Arcachon e il signor di Bordeaux: Crabe in francese significa granchio, ma, in guascone, la parola significa capra; bouc in francese significa capro, ma, in guascone, la parola significa gambero. Avete già male di testa? Ecco il racconto.

Capre e gamberi

Un signor di Bordeaux che veniva a Piquey
Passare l’estate con la sua famiglia,
Aveva per prendergli pesci presso la casa
Il pescatore Giovanni.
Un giorno che quel signor volle fare gustare granchi a un mercante di vino di Graves,
Disse al pescatore: Tenga, ecco cinque franchi in più per pescarmi granchi”.
“Capre?” si domandò il pescatore stupito,
Dove diavolo vuole che le pesco?
Quel vecchio conciliante è sempre comandato per qualche idea sempliciotta.
Ma sì! se ne forse viste all’isola degli uccelli?
Lì, ci sono cavalli arabi,
Muli, mucche, conigli, e alcuni vitelli.
Si potrebbe ben starci capre?
Se andassi a vedere? “E presto il pescatore parti
Con la sua barca, verso l’isola.
Arrivato, se ne andò nella giuncaia dove vivono
Molti animali a pelo ammucchiati.
A cento passi di essi si avvicinò, e, per spaventarli,
Ti fa girare nell’aria
La barra di un timone gridando: Hai! Cho! Poah!
Come lo pensate il grido del pescatore
Buttò il trambusto in mezzo al gregge;
Tutti scapparono: c’erano cavalli, mucche e tori,
E anche quattro asini bianchi che ricalcitrarono di paura,
Ma Giovanni non vedi né capre né caprette.
Mentre tornava verso la barca, egli incontrò un cacciatore
Che gli disse: “Tè! sei tu? Da dove vieni cosi?”
“Non me ne parlare, vorrei che quei signori fossero tutti impagliati ” rispose il pescatore.
Diavolo!… – “Figurati che un signor bordolese mi ha dato uno scudo perché gli pesco capre,
E…” – Capre! Dio vivante! Hé ben! amico mio, sai?
Credo che il tuo signor ne sarà per il suo denaro.
Ma capisco l’affare il tuo bordolese ti ha preso in giro,
E ti ha tirato un bidone, sicuro;
Perché ricordati che oggi siamo il primo aprile”
“È vero! Non ci ho pensato. Eh ben! Dio buono, gli farò pagare caro a quello lì, puoi crederlo;
Ah! Mi vuoi prendere in giro così? Si. Andiamo a vedere.”
E Giovanni allora se ne va alla barca,
Prende la sua rete e si mette a pescare
Di quei pesciolini che assomigliano ai gamberetti
E che si chiamano…ma zitto, farò il nome presto.
Per potere canzonare il signor di Bordeaux.
Un cestino pieno, il Giovanni ne tira
Va presentare la sua pesca al signor che gli fa:
“E i granchi?” Capre, non ci sono, risponde Giovanni,
Ma è solo un mezzo-male perché ho un pieno cestino
Di bestiole che sono della stessa famiglia.”
E come le chiamate?
– Té, veda! Ma sono gamberetti, no?
All’opposto sono i mascle (maschi) delle caprette poiché nel paese li chiamiamo…bouc*?

 

 

Médoc: Poi riprendere fiato.

Quello che faccio, amico mio,

Quando la mia testa barcolla

Corro i cammini,

I prati orlati di siepi.

Nel fondo dei fossi,

Dove mi lascio cadere,

Stendo la mia stanchezza.

Se il caldo mi estenua,

Vado verso il mare,

Sulle dune che verdeggiano,

Posso anche sedermi

E poi, riprendere fiato,

Giusto prima di andare a vedere,

Se l’acqua è calda o fredda,

Appena quella mi piace,

Mi scrollo dentro.

Il sole fa presto,

Ad asciugarmi.

Nei grandi pini che cantano,

Quando il vento di mare

Scuote i rami,

Mi piace passeggiare,

Vedere i vortici 

Appiattire le felci,

Subito rinvigorite.

Me ne torno a casa

Slittando sugli aghi dei pini.

Sono in armonia

Con tutto quello che i miei occhi

Non avevano visto prima!

I grilli che saltano

Sull’erba secca,

Le tortore affatto selvaticche,

Le ghiandaie che gridano male,

Le lucertole che scappano

Appena arriva il gatto.

Non mi ricordo più

Chi un giorno mi aveva detto:

Quando senti che non va,

Vattene nella natura,

Guarda, ascolta, pensa;

È un medico

Che sa sempre guarire! 

(Poesia tratta dal libro: Cabirolar los mots)

Spesso mi è chiesto cosa c’è da fare all’Oceano e nel Médoc. Non so cosa fanno gli italiani di solito al mare oppure alla campagna. Quello che so e che io ci vado per riprendere fiato.

 

 

SCOPAMI!

Vado da mia madre. Al momento di partire, lei mi dà la sua abituale lista di libri ad andare a cercare alla biblioteca comunale di Bordeaux visto che ci passo davanti ogni giorno e che sono abbastanza giovane per fare la spola con la tonnellata di libri che lei si legge ogni settimana. Va bene mamma, sospiro, dammi la tua lista, me ne occupo nella settimana. Qualche giorno dopo, sbircio la lista e mi crepo gli occhi a tentare di decifrare la scrittura a zampe di mosca (di gallina in italiano) di questa fottuta donna – notate che non posso lamentarmi troppo perché la mia scrittura è ancora peggio. Dunque figuratevi che nella lista c’è un libro intitolato: Scopami. Leggo la parola due volte, cento volte, ma alla fine c’è sempre scritto: Scopami. Consulto su internet il catalogo della biblioteca di Bordeaux, è niente! La mia ricerca corrisponde a niente. Non c’è un libro con un titolo così triviale. Telefono a mia madre per aver qualche informazione e prenderla un po’ in giro per i suoi gusti tosti in materia di letteratura. Ovviamente lei non risponde, come al solito quando il mio numero compare sul suo telefono. Prendo la decisione, prima di andare alla biblioteca, di telefonare loro per saperne di più su questo libro perché comunque mia madre non sbaglia mai quando si tratta di libri. Dunque mi passano una ragazza che lavora al terzo piano nel reparto letteratura. Lei mi chiede cosa desidero. E cosa le rispondo, cretino come sono? Buongiorno…Scopami! Un silenzio interminabile. Forse lei ha chiamato la polizia e forse loro sono già en route per arrestarmi con quei telefoni moderni che vi spiano a ogni momento della vostra vita. Non so più cosa fare! Forse dovrei riattaccare. Finalmente, sento di nuovo la voce della ragazza e io che ero pronto a presentare le mie scuse per il malinteso, la sento scusarsi perché nel catalogo questo libro non appare e forse se avessi il nome dello scrittore. Tento di decifrare le zampe di mosca di mia madre. Non sono certo, dico: Ile oppure Ilesse, ma la mia ricerca non ha dato niente nel catalogo. Dunque lei mi chiede di sillabare il nome: I.L.E.(S). Lei si mette a ridere francamente perché è un cognome inglese e la parola si pronuncia come qualcosa che assomiglia a ICE di ice-cream. Va bene, l’inglese e io…ma questo fottuto libro l’avete, sì o no? Lei dice di aver un’idea sull’autore e rifa una ricerca sul computer ed è morta dal ridere quando riprende il telefono. Sì, sì, l’abbiamo. Lei può venire. Dunque vado a cercare il libro e non lo guardo nemmeno questo fottuto Scopami che mi dà M… davanti alle sue colleghe che ridono nell’ufficio. Vorrei essere altrove tanto ho l’impressione che tutte queste ragazze mi stanno prendendo in giro. Qualche giorno dopo, porto i libri a mia madre e le racconto di suo fottuto Scopami che mi ha messo tanto in imbarazzo al telefono e davanti a tutto il reparto letteratura della biblioteca. Che scopami? chiede mia madre. Lo sai benissimo! Il tuo fottuto libro di Greg Ilesse! Lei si mette a ridere a crepapelle come M… e le sue colleghe e mi mostra il titolo del coso. E cosa leggo? BRASIER NOIR! (braciere nero) e non BAISEZ MOI (scopami). Oh no! Fottuta donna con la sua scrittura a zampe di mosca! Questa storia non ho finito di sentirla….

Bordeaux: Viaggio nei mari del Sud con Charmian London!

 

Jack e Charmian London a bordo dello Snark.

Australia. Siamo in novembre 1908 a Sydney. Jack si è preso una malattia tropicale, la framboesia, nelle Nuove Ebridi. I medici non sono ottimisti. Jack rischia di perdere l’uso dei mani e dei piedi tanto i suoi membri sono pelati e in fiamme. Jack subisce un trattamento all’arsenico per arrestare i progressi della malattia. Il trattamento all’arsenico si aggiunge a un trattamento al mercurio che lui prendeva già da anni per curare una vecchia sifilide. Lui non lo sa ancora, ma l’arsenico coniugato al mercurio sta attaccando i suoi reni e lo condannerà a morire solo otto anni dopo ad appena 40 anni. Il trattamento funziona e Jack approfitta della sua convalescenza per finire di scrivere Martin Eden e Racconti dei mari del sud. Charmian piange. Non solo perché lei è preoccupata dalla salute di Jack, ma anche perché questo giro del mondo che doveva durare sette anni si ferma miserabilmente dopo appena un anno e mezzo in Australia. Fottuto Jack e la sua scarsa salute. Ora mancano i soldi e i London sono nell’obbligo di vendere lo Snark ed è uno strazio per Charmian tanto lei è attaccata visceralmente alla barca. Ma torniamo all’inizio di questo inverosimile progetto dei London di fare il giro del Mondo sullo Snark. Dunque, da bambino, Jack ha una passione divorante per il mare ed è una cosa banalissima per un ragazzo nato a San Francisco. Sappiamo di lui che il suo primo “mestiere”, a quindici anni, è stato pirata di ostriche. Un’espressione abbastanza magniloquente per designare coloro che derubano di notte le ostriche che gli allevatori mettono anni a fare crescere. Poi, lui si imbarcò su una baleniera per cacciare la foca nel mar del Giappone. Vedete che lui aveva un po’ navigato facendo il marinaio ma niente di troppo serio. Jack London negli anni 1905 è già uno scrittore riconosciuto e i suoi libri e articoli l’hanno fatto diventare ricco. Lui è attanagliato da un sogno. Sempre lo stesso: Il mare. Fare il giro del mondo su una barca e seguire le tracce di Herman Melville e di Stevenson. Nel 1905, Jack ha divorziato dalla prima moglie Elizabeth per sposare Charmian. Questo matrimonio è molto importante nella vita di Jack London perché Charmian è all’opposto di Elizabeth. Mentre Elizabeth sognava di una vita tranquilla di casalinga con un marito alla Jules Verne cioè che scriva i suoi libri senza mai uscire da casa, Charmian ha uno spirito avventuroso. Lei, come Jack, sogna di vedere il mondo con i suoi propri occhi, di fare le sue proprie esperienze. Charmian pratica quasi tutti gli sport dell’epoca: L’equitazione, la scherma, il tiro con la pistola, il pugile. Poi è una ragazza molto colta, che scrive già libri, che batte a macchina i manoscritti di Jack e li corregge. Insomma Jack e Charmian si sono bene trovati. Due anime gemelle. Dunque siamo nel 1905 e la coppia decide di avviare questo progetto di giro intorno al mondo in barca. Un cantiere navale di San Francisco è scelto per costruire lo Snark, una goletta di 17 metri di lunghezza. Jack e Charmian non conoscono proprio niente in costruzione navale e inghiottiscono quasi tutti i loro risparmi nel legno della barca. Diciamolo si fanno abbindolare e la nave non sembra mai voler uscire dal cantiere. L’anno 1906 è quello del terribile terremoto di San Francisco e il cantiere è quasi abbandonato e dunque la costruzione della nave è ritardata ancora di un anno. Nel 1907, Jack e Charmian non ne possono più di questa situazione e decidono di partire comunque sia. Questa storia dello Snark che parte il 23 aprile 1907 da San Francisco sembra uno scherzo. Conoscete la storia di Ulisse, il peggio marinaio del mondo, che mette dieci anni per navigare da un paesello turco fino a un’isola greca? E bene figuratevi che c’è ancora peggio: l’equipaggio di braccia rotte dello Snark. Dunque lo Snark parte da San Francisco e non è ancora uscito dalla baia che tutto l’equipaggio deve mettersi a sgottare tanto il calafataggio è stato fatto male. Poi succede una cosa ancora più incredibile: Nessuno a bordo ha delle nozioni di navigazione. L’equipaggio è composto da Jack e Charmian London, dal vecchio zio di Charmian che si è improvvisato capitano, da un giapponese che fa il piccolo di camera, da uno studente che fa il meccanico e da un cuoco, Martin Johnson, che sarà il solo dell’equipaggio a seguire i London fino in Australia e che diventerà più tardi un fotografo mondialmente conosciuto grazie ai suoi film etnografici sui popoli dei mari del sud. Dunque immaginate questa cosa abbastanza allucinante. Abbiamo sette pazzi che non sanno assolutamente navigare e che si sono imbarcati per un viaggio intorno al Mondo di sette anni a bordo di una bagnarola che fa acqua da tutte le parti. Dunque loro sono appena usciti dalla baia di San Francisco che lo zio di Charmian deve confessare che lui non ci capisce niente all’utilizzazione di un sestante. Loro hanno previsto di fare in un primo tempo: la Polinesia: Hawaii, le isole marchesi, le isole della Società, poi la Melanesia cioè le isole Samoa, le isole Figi, le Nuove Ebridi e le terrificanti isole Salomone. E bene già per solcare verso Hawaii non sanno proprio come fare. Fortunatamente a bordo c’è un libro di navigazione e Jack London deve studiarlo a fondo per capire come si utilizza questo fottuto sestante. Parlatemi di una spedizione! Dunque dopo un mese a sgottare, riescono a raggiungere Hawaii dove la gente è stupefatta perché il mondo intero aveva già annunciato la perdita dello Snark, la morte dell’equipaggio e del famoso scrittore americano …Attraverso le sale piene di oggetti straordinari raccolti dai London durante il loro periplo in Oceania o prestati da diversi musei francesi. Ogni sala racconta una parte del viaggio. Una sala è dedicata a Hawaii, un’altra alle isole Marchesi, un’altra alle isole Samoa dove si vede la coppia London visitare la tomba di Stevenson…ecc. Su tutte le pareti ci sono alcune delle 4000 foto scattate dai London durante l’odissea dello Snark. E bene io ci ho visto solo Charmian, solare, sempre ridente e di buon umore. In mezzo a uomini delle isole Figi armati di mazze terrificanti e che hanno allora la reputazione di mangiare carne umana. E bene, lei si tiene in mezzo, sempre sorridente, ma comunque con la pistola pronta. Senza di lei, probabilmente l’equipaggio non sarebbe riuscito nemmeno a raggiungere Hawaii. E lei che porta letteralmente il marito e i diversi equipaggi che si sono susseguiti sullo Snark e ammalati da diverse malattie tropicali fino in Australia. Io sono andato a una mostra intitolata: Jack London nei Mari del sud. Niente di più sbagliato di quel titolo. La mostra dovrebbe chiamarsi: Charmian London nei mari del sud. Se venite a Bordeaux, pagatevi il viaggio se volete. Io me lo sono pagato senza sapere che mi sarei innamorato al termine della moglie di Jack London! Al museo d’Aquitania fino al 2 dicembre 2018.  

Letteratura: Ninfe

Alcune farfalle portano nomi di fate, di fauni, di sante, di eroi oppure di divinità: Marte, Satiro, Andromaca, Vulcano, Apollo, Silvano, Tecla, Venere, Esmeralda, Sfinge. Tutte scompaiono o sono minacciate di estinzione. Quando il mondo si disincanta, la vita se ne va, i dei si ritirano….(tratto da Geografia dell’istante di Sylvain Tesson)