Espressione francese e duna del Pilat: En chier des ronds de chapeau!

Questi “ronds de chapeau” erano cerchi di piombo che si mettevano dentro i cappelli per mantenerne la forma. Pensate un po’ la sofferenza estrema se doveste cagare una moltitudine di quei “ronds de chapeau”! Non c’è bisogno di farvi un disegno! Dunque L’espressione significa soffrire o far soffrire atrocemente. Volete un esempio concreto, cari lettori e care lettrici? Allora, immaginate come ne cagano dei cerchi di cappelli i migliaia di turisti che si recano, ogni giorno, alla Teste de Buch e che sono costretti da un’ordinanza comunale di salire mascherati i 107 metri di altezza della duna del Pilat sotto i quaranta gradi che abbiamo in quest’estate torrida (peggio di quella del 2003!). Ma non sarebbe meglio di chiudere questa fottuta attrazione invece di far cagare dei cerchi di cappelli a tutta questa gente e rischiare un’epidemia di morti per infarto? Un po’ di buon senso, banda di sadici!

Bacino di Arcachon e poesia: Il canto della Leyre. Terza parte.

Terza parte del bellissimo Canto della Leyre del poeta di Arès, Emilien Barreyre. Abbiamo assistito alla nascità della Leyre, poi abbiamo scoperto come la Leyre è diventata un fiume. Ora vediamo se la Leyre riuscirà a raggiungere l’Oceano. Questa poesia è un canto quindi ci saranno altri appuntamenti man mano che  tradurrò l’antica lingua dei nostri nonni in italiano. 

 

Lavetz aurés credut, ò Lèira, que n’avès,

Tot dreit davant o en reviradas,

Qu’a riular quauquas cent braçadas

Per veire la mar granda esparrada a tòs pès.

 

Allora avresti creduto, o Leyre che avevi,

dritto davanti o facendo virate,

Solo a scorrere qualche cento braccia

Per vedere l’Oceano steso ai tuoi piedi

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De v’rai, n’èras pas alunhada ;

Mès, per en chic de temps a-d era te mesclar,

Au lòc d’estar la Lèira, auré falut estar

La Garona en granda pujada.

 

Veramente, non eri tanto allontanata;

Però, per un po’ di tempo a esso mescolarti,

Invece di essere la Leyre, sarebbe dovuta essere

La Garonna in grande straripamento

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Es qu’enlà, davant tu, dau Siroet au Noroet,

Haut de cent pè, long d’una lèga,

E dentejat com una sèga,

Se mastèva, blancós de sable, un gran paret.

 

È che di là, davanti a te, dal vento del Sud a quello del Nord,

Alto di cento piedi, lungo di una lega,

E dentata come una sega,

Si rizzava, biancastro di sabbia, una grande parete.

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D’eth a tu, junquèira , e junquèira,

D’on sortiva una audor poderosa de sau ;

Dempuèi pausa, lo Ròine, auré sobut d’un saut,

Juncs e gran paret de sableira.

 

Da essa a te, giuncaia, e giuncaia,

Da dove proveniva un odore potente di sale;

Da tempo, il Rodano, avrebbe varcato, di un salto,

Giunchi e grande parete sabbiosa.

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Tu, los juncs, èras tan longuèira a los negar,

Que, quan a las ròcas toquères,

Las ! dijà, la mei hauta d’eras,

Barrèva lo sol lòc on podèvas passar.

 

Tu, i giunchi, eri tanto lunga ad annegarli,

Che, quando toccasti le dune,

Ahimè,  già la più alta di esse

Sbarrava il solo posto dove potevi passare.

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Es qu’a la baisha de la ròca,

Badèva un cròt pujant, e au lòc de devarar,

Per de jònher a la mar, te falèva escalar

Aquera hauta bossiròca.

 

È che la base della duna,

Contemplava un abisso elevato, e invece di scendere,

Per raggiungere l’Oceano, ti occorreva arrampicare

Questa alta gobba.

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Tot en pluja, un ivèrn, mei que hòrt t’ajudèt

A pujar haut dens la trencada,

Mès la ròca, l’avès rogada,

E lo sable esgraulat, ton camin te bocèt.

 

Un inverno più che piovoso ti aiutò

A issarti alto nella trinciata,

Ma la duna, l’avevi rosicchiata,

E la sabbia rovinata, il tuo cammino ostrusse.

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Entretemps, la pluja abondosa,

T’aver hèit de pertot  escòrrer de ton leit ;

E heres alavetz, de la ròca en arrèir,

Una lacosa espectaclosa.

 

Frattempo, la pioggia abbondante,

Ti aveva fatto dappertutto scorrere fuori dal tuo letto;

E tu facesti allora della duna indietro,

Una laguna spettacolare.

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Bacino di Arcachon e Poesia: Il canto della Leyre. Seconda parte.

Se avete mancato la prima parte, cliccate qui. Quest’estate vi propongo un viaggio lungo il fiume Leyre attraverso una bellissima poesia di Emilien Barreyre intitolata appunto: Il canto della Leyre. Ecco la seconda parte.

 

 

Ah ! Segur, Lèira, de ta cossa,

Si vedèva  au sorelh laginar lo tralhat,

Mès en tan chic de hons qu’auré tot just levat,

Dens ton aiga un chaupic de mossa.

 

Ah! Certo, Leyre, dal tuo corso,

Si vedeva al sole scintillare il percorso,

Però tanto poco profondo che avrebbe sollevato appena,

nella tua acqua un’ombra di schiuma. 

 

 

Atau, casi secada, arriulères cent ans;

Mès la natura mairanèira,

Te balhèt la Pichona Lèira*,

E augures d’òra-avant perhontor e balanç,

 

Così, quasi  in secca, stillasti cento anni;

Però la natura materna,

Ti regalò la Piccola Leyre*,

E avesti d’ora in poi profondità e corrente,

 

 

Dinc’aqui per la haironèra,

N’èras qu’un carrinclòt qu’a plenh un vergon,

Adara, l’ahamat, l’assoladit hairon,

Se pausèva qu’a ta ribèra.

 

Fin là per gli aironi,

Eri appena un solco che riempie la pioggia,

Ora, l’affamato, il solitario airone, 

Si posava sul tuo fiume.

 

 

De temps en temps, ton aiga, a ton ras sableirós,

Un tròc de clanca darriguèva,

Que segur, aqui, s’escondèva

Dempuèi l’atge on lo sable engorguèt l’aliòs*.

 

Ogni tanto, la tua acqua, alla tua sabbia,

Un pezzo di conchiglia strappava,

che certamente, là, si nascondeva

Dai tempi dove la sabbia imprigionava l’alios*

 

 

Ah ! S’avès augut tau l’aujame

Lo sens miravilhós qu’a recebut das cèus,

Lavetz aurès credut a veire aqueths clanquèus,

Tota a tocar la mar que brama.

 

Ah! Se avessi avuto tale l’uccello

Il senso meraviglioso ricevuto dai cieli,

Allora avresti creduto di vedere queste conchiglie,

Tutte a toccare l’Oceano che mugghia.

(fine seconda parte)

 

*La Piccola Leyre, l’affluente principale della Leyre.

*Alios, Sotto la superficie sabbiosa, grès rosso impermeabile caratteristico del sottosuolo delle lande di Bordeaux.

 

 

Bacino di Arcachon e Poesia: Il canto della Leyre.

Ne vale la pena di fare una passeggiata lungo la Leyre, di subire gli assalti delle tigri, delle zecche e dei serpenti? Credetemi che tutto questo fastidio si dimentica presto davanti allo spettacolo delle centinaia di damigelle blu che danzano sopra le acque del fiume e che sembrano diamanti quando il sole le attraversa. Oggi vi propongo una traduzione grossolana e approssimativa fatta da me – dove purtroppo si perdono le rime, ma accetto tutti i suggerimenti per migliorare il mio testo!  – della prima parte di una poesia, Il canto della Leyre (pronunciate Leir), di Emilien Barreyre. Nato ad Arès nel 1883, Barreyre è il poeta del mare e della vita vissuta dai marinai del Bacino di Arcachon. Pescatore e figlio di un pescatore. Nessuno ha saputo come lui cantare l’oceano guascone, le sue sponde, la sua gente. Spinto da un povertà estrema, Barreyre lascerà il il suo caro Bacino di Arcachon nel 1930 e si stabilirà nella periferia parigina e, dopo alcuni anni a fare l’operaio la giornata e a scrivere poesie la notte, ci morirà nel 1944, senza mai aver potuto tornare nella sua terra natia. Notate che gli scatti, fatti durante la mia passeggiata, sono quelli di un piccolo affluente della Leyre.

Òh ! que lo siagle es lunh que te vit sorgilhar,

Ò cara e encatadora Lèira !

Dijà, lavetz, òh ! quau sablèira,

A vint lègas arrèir de nòsta granda mar !

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Oh! che il secolo che ti vide scaturire è lontano,

O cara e incantevole Leyre!

Già, allora, o! quanta sabbia,

A venti leghe a ridosso del nostro Oceano! 

Per aver au sorelh ta plaça,

Ailas ! avès causit, tu, lo tan pichon riu,

Aqueth tan gran terraire on ren qu’un ombra viu :

La de la nublada que passa.

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Per aver il tuo posto al sole,

Ahimè! avevi scelto, tu, il così piccolo fiume,

Quel tanto gran Paese dove la sola ombra vivente:

È quella della nuvola che passa.  

Òh ! lo sòrt tristejant de néisher en lòcs atau,

On autanlèu qu’èra  cairada,

La mei gran pluja èra eschompada,

Per lo sable assetat d’aqueth campàs mortau.

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Oh! la triste sorte di nascere in tali luoghi,

Dove appena era caduta,

la più grande pioggia era assorbita,

Per la sabbia assetata di questa landa mortale.

Ò riu nanòt, qu’èras a plànher,

Tu qu’èras qu’un ploric en país vasconian,

Lavetz que la Garona au front dau Vau d’Aran

Riulèva emb brut, e pas de canha.

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O fiume nano, eri a compiangere,

Tu che eri una lacrima in paese guascone,

Mentre la Garonna al fronte della val d’Aran

Correva rumorosa, e senza sudare.

Avès pertant com era un gran rèule a jogar :

Mès tau rèule coma lo tèner,

Tu, tant estreita, que shens pena,

Un chancat lanusquet  t’auré poscut gamat.

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Avevi pure come essa un grande ruolo da giocare:

Però quel ruolo come lo giocare,

Tu, così stretta, che senza sforzo, 

Un landese su suoi trampoli ti avrebbe potuto scavalcare.

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Fine prima parte

 

Indovinello e Covid-19: Ritrovate i nuovi termini francesi che sostituiscono gli anglicismi….

Durante l’epidemia di Covi-19, la commissione dell’arricchimento della lingua francese, che dipende dal ministero della Cultura, si è divertita a tradurre alcuni anglicismi che sono apparsi durante l’epidemia o prima e le traduzioni dovranno essere utilizzate – in teoria ovviamente – dall’amministrazione francese. Ci sono persone che hanno sprecato il loro tempo a correre maratoni sul loro balcone e altri che hanno tradotto anglicismi. Secondo me, la stanchezza alla fine è la stessa perché talvolta ci vuole veramente torturarsi per trovare un equivalente francese a una parola inglese che è già di origine francese. Vi faccio un esempio: l’inglese “spoiler”, solo a sentire o leggere questa parola, si sa subito che la sua origine è francese quindi cosa hanno trovato quelli della commissione per sostituire quello anglicismo? Fate il test o no, vi do 13 anglicismi e dovete trovare il termine francese corrispondente.

1: Traffic manager

2: Sensitivity reader

3: Fast fashion

4: Fashion technology

5: Time-lapse

6: Spoiler

7: Podcast

8: Fake news

9: Video mapping

10: Advergaming

11: Extended play

12: Deep fake

13: Clickbait

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A: Hyperaccéléré

B: Audio

C: Démineur éditorial

D: Mini album

E: Piège à clics

F: Divulgâcher

G: Mode express

H: Ludopublicité

I: Infox vidéo

J: responsable de la promotion en ligne

K: Fresque vidéo

l: Technologie de la mode

M: Infox

Covid-19: Il burocratese scolastico francese che ti fa sanguinare il naso e le orecchie quando lo senti!

Al ministero dell’istruzione francese, ti inventano delle parole orrende che ti fanno addirittura sanguinare il naso e le orecchie quando le senti. D’accordo, forse sto esagerando, diciamo che fanno sanguinare solo le orecchie. Ma perché non si accontentano di usare parole che esistono già in francese oppure, come quei pigri di italiani, di infarcire i loro testi e i loro discorsi di inglesismi? No, no, sarebbe troppo semplice, devono torturarci con i loro stupidi neologismi burocratici vuoti di senso. Dunque, ieri sera, al telegiornale, sento questa frase detta da un funzionario del ministero dell’istruzione e che ha dovuto provocare qualche suicidio all’Accademia francese:

È stato deciso che quelli che faranno del presenziale, saranno dispensati del distanziale….

Mi dispiace, caro funzionario che lavori per il ministero dell’istruzione, presenziale e distanziale non esistono affatto in francese, né come aggettivi né come sostantivi! Ma dove sei andato a pescartele queste parole? Ma cosa vogliono dire presenziale e distanziale? Non sarebbe per nascondere che questa frase in francese normale è una verità lapalissiana? È certo che gli insegnanti che tornano a scuola dopo il confinamento non potranno assicurare anche i corsi a distanza da casa loro! Certo anche che dire, in francese normale, al telegiornale, che gli insegnanti che saranno presenti a scuola saranno dispensati dei corsi a distanza è un ovvietà che ti fa passare per l’ultimo dei cretini. Meglio parlare di “presenziale” e di “distanziale” per nascondere la miseria di un frase di un vuoto siderale. Ma comunque, sento istintivamente che c’è qualcosa d’altro, di nascosto dietro questo “presenziale”. Ah, ecco, ora ho capito cosa vuoi dire con il tuo “presenziale”. Gli insegnanti non devono essere “presenti” a scuola per assicurare i loro insegnamenti come pensavo io; pensate credulone come sono! No, no, non è questo che vuoi dire, ma piuttosto: gli insegnanti  che faranno atto di presenza a scuola, saranno dispensati dell’insegnamento a distanza, di cui il neologismo presenziale. Dunque dalla verità lapalissiana passiamo a qualcosa di scandaloso perché meglio un prof che fa un insegnamento a distanza ai suoi allievi che un prof che deve andare a scuola per fare il cane da pastore oppure la pianta ornamentale! Meglio il “distanziale” del “presenziale”. Oppure come direi io che sono all’antico: meglio l’insegnamento a distanza all’assenza di insegnamento tout court. Presenziale: il presente-assente, l’insegnante che non insegna, è un nuovo concetto! Ma caspita, gli insegnanti devono andare a scuola per insegnare, non per fare presenza. Ma ditelo francamente se volete sopprimere la scuola!

 

 

 

Una mappa. Non quella del progresso della pandemia del covid-19 in Francia. Un’altra.

Brun (bruno)/Brin (fuscello). In Francia è la tradizione di offrire un fuscello di mughetto porta-fortuna il primo maggio e il Paese è diviso in due. Cento anni fa, tutti i francesi – tranne i parigini ovviamente – pronunciavano brun diversamente di brin. UN è una vocale nasale che si pronuncia œ̃ mentre IN è una vocale nasale che si pronuncia ɛ̃. E bene, sotto l’influenza della brutta lingua parlata a Parigi e dei media, la vocale nasale UN è in via di estinzione in francese e già, in una grande parte del Paese, non sanno più pronunciare in modo diverso le due vocali nasali e tutte le parole che hanno il suono UN dentro si pronunciano con il suono IN. Peggio ancora, non sentono nemmeno più la differenza tra le due vocali nasali! Il cancro della sostituzione nelle parole dell’UN per il IN si diffonde ovunque e probabilmente, fra due o tre generazioni di francesi, la vocale nasale UN sarà definitivamente estinta. Noi del Sud-Ovest della Francia resistiamo ancora a questa contaminazione ed è un modo anche di riconoscere un francese del Sud-Ovest che non vi regalerà mai – per qualche anno ancora – un fuscello/bruno di mughetto porta-fortuna, ma solo un fuscello di mughetto porta-fortuna oppure che non vi parlerà mai di orso fuscello o di capelli fuscelli, ma di orso bruno o di capelli bruni…. Va bene, ho finito la mia diatriba! Buon primo maggio a tutti!  

 

Covid-19: in cui l’autore di questo blog impara un nuovo verbo!

Pensate che siamo la regione francese la meno colpita dal covid-19 e, secondo le statistiche sanitarie, soltanto 1,4% o meno della popolazione dell’Aquitania è stata in contatto con il covid-19. A quel ritmo, dovremmo raggiungere l’immunità di gregge e uscire dal confinamento fra qualche migliaia di anni. Ora, le autorità sanitarie dicono che sarebbe a causa del nostro fottuto vento oceanico che ventilerebbe i nostri polmoni meglio di qualsiasi apparecchio di ventilazione. Boh, non sanno più cosa inventarsi. Ora, vi racconto una cosa che mi ha fatto troppo ridere. Figuratevi che, ieri, un collega mi ha telefonato e abbiamo chiacchierato di tutto e di niente come al solito. E dunque, a un certo punto, il collega mi sussurra: Alex, ti posso fare una confidenza? Certo, rispondo, pensando che il tizio si era preso il covid-19 o che aveva qualche problema più grave legato alla crisi economica. Dai, puoi dirmi tutto, siamo colleghi da anni, sai. Tento di rassicurarlo in qualche modo, sento che c’è qualcosa che gli pesa. E il tizio di pronunciare questa frase misteriosa: Alex, mia moglie mi sta sanitolizzando ogni volta che torno a casa, se vado a fare due passi oppure fino alla tabaccheria, e bene, puoi essere sicuro che al mio ritorno mia moglie mi sanitolizza a morte! Non c’è la faccio proprio più. È grave? chiedo, perché non capisco niente a quello che mi stai dicendo e, se è qualcosa di legato alla tua vita privata, a me non interessa troppo di sentire le tue confessioni. Un bianco nella conversazione. No, no, riprende il tizio, mia moglie mi sanitolizza ed è già troppo! Eh bé, amico mio, mi troverai forse cretino, ma non ho mai sentito il verbo “sanitolizzare”, ma cosa vuol dire “sanitolizzare? Il tizio comincia ad esasperarsi pensando probabilmente che lo prendo in giro. Significa che lei mi chiede di disinfettarmi prima di entrare in casa, di lavarmi accuratamente, è una maniaca del disinfettante Sanytol (di cui il verbo sanitolizzare). Hai capito ora il mio dramma? Eh bé, non è tanto sorprendente, li dobbiamo fare tutti quei gesti, se ti posso rassicurare anch’io mi lavo… Il tizio mi interrompe, e esclama: in slip! devo sanitolizzarmi in slip! Altrimenti, mia fottuta moglie non mi lascia entrare! Non so come non faccio per conservare il mio serio. Tento un “veramente?”. Sì, devo spogliarmi interamente tranne gli slip e meno male che viviamo un po’ in campagna e non in centro città! Poi, devo mettere i miei vestiti in un sacco pattumiera che è attaccato alla finestra. E dopo, mia moglie mi passa una bacinella d’acqua e del sapone per lavarmi. E solo dopo, ho diritto di entrare in casa….Eh bé! rispondo ipocritamente – troppo contento di non aver la moglie del tizio a casa -, mio povero amico, meno male che tutto riapre in maggio, è solo una questione di giorni ora! E poi, meglio essere sanitolizzato che candeggiato, no? 😉

In cui l’autore di questo blog nota che “bambini” ormai in francese si dice….

…Portatori sani! State attenti, cari lettori confinati, che di quei portatori sani di cui l’unico scopo, in quei tempi bui, è di infettarci ne avete forse nel vostro vicinato o peggio che siete abbastanza incoscienti per accoglierne addirittura a casa vostra. Io sono tanto terrorizzato da loro che appena sento quelli dei vicini ridere attraverso la finestra che dà sul giardino, che rinuncio ad andare dal panettiere per comprare il mio pane razionato quotidiano, tanto ho paura che mi intercettano sul cammino e che mi sputano i loro miasmi in faccia. Non vi lasciate abbindolare dai loro sorrisi e dalle loro coccole! Abbiate sempre in mente che dietro la maschera innocente di un portatore sano di meno di dieci anni si nasconde il peggio dei boia con le sue mani sporche e il suo alito fetido che vi invierà in terapia intensiva tanto velocemente che non avrete nemmeno il tempo di mormoreggiare “marmocchio schifoso”. No, non prendete rischi sconsiderati e chiudeteli a doppia mandata in cantina per la durata dell’epidemia, per la vostra salute e per permettermi – già che sono all’ultimo stadio della paranoia al secondo giorno del Grande Confinamento – di andare tranquillamente dal panettiere e di non soffrire la fame….

Coronavirus: Litte Bighorn!

La psicosi generata dall’epidemia di coronavirus raggiunge le vette più alte delle colline americane e si può misurarla con la propagazione sul territorio, alla velocità di una pallottola di Winchester, di un’altra epidemia, quella dell’uso sproporzionato della parola “cluster” che nessun francese conosceva ancora due giorni fa. Non potete guardare un telegiornale – oppure sentire un esperto mediatico di tutto e di niente – senza la sparatoria più della parola coronavirus, della parola “cluster” almeno 30 volte al minuto in un tentativo disperato dell’esperto o del giornalista di superare la cadenza di tiro di una vecchia mitragliatrice Gatling. Domani, partirò per Roma e, ieri, un amico ha tentato di dissuadermi dicendomi che l’Italia è uno dei paesi più pericolosi al mondo in quel momento e che al mio ritorno rischio di finire in un “cluster” o peggio. Tranquillo, ho tentato di rassicurarlo, sarò prudente come un sioux e non farò la fine del generale americano. Lui, mi ha guardato senza capire tipo: Povero uomo l’abbiamo già perso! Poi mi ha sospirato con la sua faccia da funerale: Addio. 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂