Bacino di arcachon e covid-19.

Il vantaggio del mar oceano nei confronti del mar mediterraneo? Da noi, due volte al giorno, tutto è disinfettato grazie alle maree!

Durante il confinamento, mentre certi si studiavano l’inglese grazie a delle applicazioni su internet, io mi sono studiato, in dilettante, la lingua dei nonni dentro vecchi libri. Risultato: un disastro. Ora, faccio un pasticcio tra l’italiano e il guascone. Di cui il testo sotto!

Sheitat all’ombra di un vecchio tambarin, osservo un mainatge che rossiga un secchiello più grosso di lui. Sulla diga, una dauna gita, per la centesima volta, la stessa pigna puzzolente al suo cane che non sembra voler mai stancarsi di questo gioco. Lo dròlle si è fermato e ora, eccitato, trauca la hanha alla ricerca di qualche tesoro. Poi, dopo meno di cinque minuti, si mette a crider: ey gahet un gran, nonna! La nonna che ravassejava sulla sabbia dice al nipote di smettere di trementar i granchi e di amassar piuttosto tes che essi non pinzano. Mar venenta. Il bacino d’Arcaishon sembra completamente despudat. A patto di aver mastons, si potrebbe forse chambolhar fino alla montagna d’Arcaishon sull’altra riva apei montar la ròc Blanca. Il mio sguardo segue la linea del ribatge sud e posso quasi respirare lo perhum dei grans pins delle lanas. Poi, gaiti verso Nord, l’isla das audeths e i suoi cabans chancats in mezzo alla laca, i batèus ajacats sulla melma. la penisola dau Herret con i suoi paesi cachats ai piedi dei piqueys, il far roge e blanc nel lontano, gaiti quasi truncas a la mar. La campana della gleyza d’Endarnòs barlumpeja nonché i mas dei batèus che tringlen accarezzati dal vento. Le lirondas voltigiano harlupent marmauches. Se fossi più intelligente, saprei che dus cops al giorno c’è la malina e avrei letto il giornale per conoscere gli orari, ma cosa aspettare di un tizio del Médoc? Niente, ovviamente! Va bene, ancora un’ora e forse potrei chorilhar. 😁😁😁

Sheitat/seduto, tambarin/tamerice, mainatge/bambino, rossiga/trascina, dauna/donna, gita/lancia, dròlle/persona (termine affettuoso), trauca/scava, hanha/fango, crider/gridar, ey/ho, gahet/preso, gran/granchio, trementar/tormentare, amassar/raccogliere, tes/conchiglie, mar venenta/bassa marea, Arcaishon/Arcachon, despudat/vuotato (despudar/vuotare uno stagno), mastons/racchette che permettono di camminare sul fango, chambolhar/camminare nell’acqua per divertirsi, apei/poi, montar/salire, ròc blanca/duna del Pilat, ribatge/sponda, perhum/profumo, lanas/lande, Isla das audeths/isola degli uccelli, cabans chancats/capanne su palafitte, laca/lago, batèus/barche, ajacats/sdraiati, Herret/Ferret, cachats/nascosti, piqueys/dune, roge/rosso, truncas a/fino a, gleyza/chiesa, Endarnòs/Andernos, barlumpejar/sonare, mas/alberi, tringlen/tintinnano, lirondas/rondini, harlupen/inghiottono, marmauches/insetti, dus cops/due volte, malina/marea, chorilhar/guazzare.

 

 

SCOPAMI!

Vado da mia madre. Al momento di partire, lei mi dà la sua abituale lista di libri ad andare a cercare alla biblioteca comunale di Bordeaux visto che ci passo davanti ogni giorno e che sono abbastanza giovane per fare la spola con la tonnellata di libri che lei si legge ogni settimana. Va bene mamma, sospiro, dammi la tua lista, me ne occupo nella settimana. Qualche giorno dopo, sbircio la lista e mi crepo gli occhi a tentare di decifrare la scrittura a zampe di mosca (di gallina in italiano) di questa fottuta donna – notate che non posso lamentarmi troppo perché la mia scrittura è ancora peggio. Dunque figuratevi che nella lista c’è un libro intitolato: Scopami. Leggo la parola due volte, cento volte, ma alla fine c’è sempre scritto: Scopami. Consulto su internet il catalogo della biblioteca di Bordeaux, è niente! La mia ricerca corrisponde a niente. Non c’è un libro con un titolo così triviale. Telefono a mia madre per aver qualche informazione e prenderla un po’ in giro per i suoi gusti tosti in materia di letteratura. Ovviamente lei non risponde, come al solito quando il mio numero compare sul suo telefono. Prendo la decisione, prima di andare alla biblioteca, di telefonare loro per saperne di più su questo libro perché comunque mia madre non sbaglia mai quando si tratta di libri. Dunque mi passano una ragazza che lavora al terzo piano nel reparto letteratura. Lei mi chiede cosa desidero. E cosa le rispondo, cretino come sono? Buongiorno…Scopami! Un silenzio interminabile. Forse lei ha chiamato la polizia e forse loro sono già en route per arrestarmi con quei telefoni moderni che vi spiano a ogni momento della vostra vita. Non so più cosa fare! Forse dovrei riattaccare. Finalmente, sento di nuovo la voce della ragazza e io che ero pronto a presentare le mie scuse per il malinteso, la sento scusarsi perché nel catalogo questo libro non appare e forse se avessi il nome dello scrittore. Tento di decifrare le zampe di mosca di mia madre. Non sono certo, dico: Ile oppure Ilesse, ma la mia ricerca non ha dato niente nel catalogo. Dunque lei mi chiede di sillabare il nome: I.L.E.(S). Lei si mette a ridere francamente perché è un cognome inglese e la parola si pronuncia come qualcosa che assomiglia a ICE di ice-cream. Va bene, l’inglese e io…ma questo fottuto libro l’avete, sì o no? Lei dice di aver un’idea sull’autore e rifa una ricerca sul computer ed è morta dal ridere quando riprende il telefono. Sì, sì, l’abbiamo. Lei può venire. Dunque vado a cercare il libro e non lo guardo nemmeno questo fottuto Scopami che mi dà M… davanti alle sue colleghe che ridono nell’ufficio. Vorrei essere altrove tanto ho l’impressione che tutte queste ragazze mi stanno prendendo in giro. Qualche giorno dopo, porto i libri a mia madre e le racconto di suo fottuto Scopami che mi ha messo tanto in imbarazzo al telefono e davanti a tutto il reparto letteratura della biblioteca. Che scopami? chiede mia madre. Lo sai benissimo! Il tuo fottuto libro di Greg Ilesse! Lei si mette a ridere a crepapelle come M… e le sue colleghe e mi mostra il titolo del coso. E cosa leggo? BRASIER NOIR! (braciere nero) e non BAISEZ MOI (scopami). Oh no! Fottuta donna con la sua scrittura a zampe di mosca! Questa storia non ho finito di sentirla….

Raclure de bidet!

Raclure in francese sono i residui della raschiatura. In senso figurato une raclure è un essere miserabile, spregevole, una feccia quindi raclure de bidet non c’è troppo bisogno di spiegazione.

In ufficio. Osservo la scena e sono totalmente incredulo perché non ho mai  sentito gente insultarsi in quel modo grottesco:

Collega 1: (sottovoce): Mi dici?

Collega 2: (sottovoce): Ti dico!

Dopo una decina di minuti di Mi dici? Ti dico! loro cominciano ad alzare la voce:

Collega 1: Mi dici?

Collega 2: Ti dico!

Non si fermano più e io ho difficoltà a conservare il mio serio davanti a quei due cretini e i loro Mi dici? Ti dico! Ora stanno addirittura urlando:

Collega 1: Mi dici?

Collega 2: Ti dico!

Mentre mi sto chiedendo: Ma dove sono i bordolesi di una volta e il loro linguaggio colorito? il mio telefono squilla. Riconosco il numero. Ah un relitto dell’antica Civiltà bordolese, penso. Non ho il tempo di dire pronto che sento un affettuoso: Dimmi raclure de bidet…Buongiorno anche a te mamma! rispondo. Ma cazzo, cosa sono quei urli che sento dietro di te! lei esclama. E io di raccontare la scena che si svolge sotto i miei occhi. Lei scoppia dal ridere e anche io mi metto a ridere. I due colleghi hanno smesso di urlare e mi guardano.

Collega 1 e collega 2: Cosa stai dicendo di noi?

A quel punto mi viene la voglia di passare loro il telefono, ma i due tizi e i loro Mi dici? Ti dico! sarebbero demoliti in due secondi da mia madre e il suo linguaggio fiorito! Mi passi i due pimpoy? (buffoni in bordolese) chiede già mia madre. Resisto. No, mamma! Non sono così crudele e poi ti conosco, me li mandi in malattia e mi ritrovo con il doppio di lavoro….

Collega 1 e collega 2:  Cosa stai dicendo di noi?

Io: che dovete ringraziarmi perché vi ho salvato il culo! Non mais.

 

 

Un lettore mi chiede: Come si dice Arcachon?

Arcachon deriva dal guascone arcasson che ha dato anche il nome comune arcanson in francese. Per farla breve, Arcachon è il nome della colofonia in guascone e basta salire la duna del Pilat per capire che Arcachon è un paese di resinai. Se la parola Arcachon (o Arcasson) avesse conservato la sua pronuncia guascone, non ci sarebbe problema per un locutore italiano perché il suono ON in guascone si pronuncia come UN in italiano. Ma non è il caso, e la parola viene pronunciata alla francese di cui il leggero problema che può incontrare un italiano per pronunciarla. Se volete, riprendiamo la parola Arcachon. ARCACH non c’è problema (CH corrisponde a SC(e,i) in italiano). Invece ON è tutta un’altra storia perché il suono francese ON non esiste in italiano. ON, AN o EN, IN e UN sono delle vocali in francese. Più precisamente delle vocali nasali. Tecnicamente quando pronunciate ON, la lingua si muove all’indietro e abbassa il velo e dunque l’aria fuoriesce allo stesso tempo attraverso la bocca e attraverso il naso. In francese si parla con la bocca e anche con il naso. Quando ero bambino, per tre anni, ho frequentato, ogni mercoledì , il logopedista perché facevo confusione tra la vocale orale A e la vocale nasale AN. Per esempio: invece di dire J’ATTENDS (aspetto) dicevo J’ENTENDS (sento) o il contrario; quindi non è una cosa tanto facile da imparare questa storia delle vocali nasali. Il lavoro. Il lavoro. Il lavoro. Dovete allenarvi pronunciando ARCASCI+ON (francese). Siccome non ho la possibilità di registrare un file audio su WordPress con il mio bellissimo accento francese, vi ho trovato un video simpatico di meno di tre minuti dove potete sentire le nostre fottute vocali nasali e divertivi a pronunciarle:

 

La guerra delle due rose che non finirà mai!

Mappa tratta dal sito: Le français de nos régions. Cliccate la mappa per accedere al sito.

La Francia si divide in due. A nord, quelli che pronunciano la parola rosa con una vocale o chiusa e che sono incapaci di pronunciare la parola rosa correttamente cioè con una vocale o aperta; a sud, quelli che pronunciano la parola rosa con una vocale o aperta e che sono incapaci di pronunciare la parola rosa correttamente cioè con una vocale o chiusa. Io che sono di Bordeaux faccio ovviamente parte della seconda categoria. È così che mi riconoscono quando mi ritrovo a nord dal mio caro estuario della Gironda e anche sotto la tortura non riuscirei mai a pronunciare un suono o chiuso. Caspita, non è ancora domani che potrei cantare La vie en rose! 😊

 

Oceano: Sta glaglattando in aprile in riva al più grande lago di Francia!

 

A glagla! è l’onomatopea francese per dire che fa freddo. Il francese che crepa dal freddo fa “à glagla!”. Da questo glagla deriva il verbo onomatopeico “glaglater” che ho italianizzato in “glaglattare” e che è abbastanza flessibile. Potete dire “sto glaglattando” (je tremble de froid), “sta glaglattando fuori” (il fait froid dehors), “mi sto glaglattando” (je me gèle). Potete anche aggiungere dei glagla secondo l’intensità del freddo e se vi dico “glaglaglaglatto” è ovvio che ho più freddo che si mi accontento di glaglattare! Sapete cosa c’è di bene per le vacanze di Pasqua? I turisti tedeschi e olandesi tornano a frequentare le spiagge oceaniche del Médoc e le gelaterie riaprono e io posso ricominciare a mangiare dei gelati dopo sette mesi di astinenza. C’è aria d’estate nel Médoc. Un altro segno che l’estate sta arrivando è che, dall’alto della duna, non vedo più soltanto i surfisti in acqua, ma anche quelli che nel Médoc chiamiamo i “culs-nus” cioè i nudisti. Non dico che restano ore nelle onde, ma un bagno di una decina di minuti lo fanno già. Nonostante il caldo quasi estivo, mi dico che sta glaglattando in acqua visto che, magia del Golfo di Biscaglia, i nudisti maschi entrano in acqua con un pene e ne escono con un clitoride! Li trovo coraggiosi. Ora, siamo domenica scorsa e fa tanto caldo che mi dico che sarebbe un’idea di fare anch’io  il mio primo bagno dell’anno. Rassicuratevi, non sono incosciente e ho una vecchia muta da surf nel baule dell’auto. Perché no? Prima vado a misurare la temperatura dell’acqua con due dita di piede. Glaglaglagla! Non è possibile, mi dico. Non potrei mai entrare in questa acqua anche con la muta da surf. Devo rinunciare. Poi mi dico che dovrei forse tentare al lago di Hourtin a ridosso del posto dove mi trovo. Prendo il mio zaino ed eccomi partito attraverso la foresta per raggiungere le rive del più grande lago di Francia come dicono i dépliant turistici; nel Médoc si dice semplicemente lo stagno di Hourtin. Seguo un tempo il cammino dei Fari e incontro una coppia in bici che mi ferma, il sorriso stampato in faccia, per dirmi che hanno appena visto una cerva al margine della foresta. Loro probabilmente non lo sanno ma i cervi pullulano addirittura in queste dune boschive che separano i laghi di Lacanau e di Hourtin e l’oceano. Tanto che l’inverno devo vestirmi in bianco se voglio camminare nella foresta altrimenti rischierei di prendere un colpo di fucile da un indigeno del Médoc tutto alla sua passione per la caccia. Sono delle cose che si sono già viste nel Paese. Siete fortunati, rispondo, sorridendo. Poi, lascio la pista ciclabile per ritrovarmi a camminare in mezzo alla foresta. Il paradiso. Colpisce il silenzio. In estate ci sarebbe il chiasso incessante delle cicale, ma in aprile, quasi a sentire il battimento delle ali dei falchi pescatori che mi immagino sorvolare la foresta verso il lago. Dopo quattro o cinque chilometri, arrivo sulla riva orientale dello stagno. Sono solo al Mondo. Noto che l’acqua del lago è più calda di quella dell’oceano. Ma comunque sta glaglattando troppo e non mi sento di fare il bagno! Forse la settimana prossima glaglatterà meno in paradiso.

La madre di Socrate si chiamava Fenarete e faceva la levatrice.

All’occasione di questa giornata internazionale della francofonia evocata nel mio ultimo post, ho scoperto, ieri sera, ascoltando la radio, che la lingua francese aveva partorito di una nuova stranezza. In francese, la parola per dire levatrice è sage-femme e non importa che la sage-femme sia un uomo o una donna. Si dice una sage-femme (letteralmente che conosce la donna) o un uomo sage-femme. Io la pensavo così fino a ieri sera. E bene, ho imparato, sbalordito,  che non è assolutamente più il caso e che il nome della professione è cambiato. All’inizio pensavo che fosse perché il nome di questo mestiere sa un po’ di stregoneria. Ma non è per questo motivo. Figuratevi che gli uomini che scelgono di essere sage-femme non vogliono più sentire il termine “femme” nel nome del loro mestiere. Quindi è stata rispolverata una vecchia parola greca e, ormai, è raccomandato di usare il termine maïeuticien (maieutico) per un uomo e maïeuticienne (maieutica) per una donna. Perché fare semplice quando si può fare complicato come avrebbe detto mia nonna. Troppo popolare, non abbastanza snob il nome di sage-femme che è usato da secoli. Torniamo alle radici greche e usiamo di una parola che è associata più alla filosofia socratica che alla madre di Socrate. Non abbiamo paura del ridicolo e abbasso il termine sage-femme che non fa abbastanza figo! Notate che la cosa non cambia niente all’affare e i maieutici fanno esattamente lo stesso mestiere delle colleghe che loro non vogliono rinunciare alla bellissima parola di sage-femme. Perché non andate a pensare che i maieutici usano qualche metodo socratico per spingere la partoriente a partorire anche qualche verità durante il travaglio – per questo basta lasciare nella stanza il tizio che ha messo la ragazza incinta. No. Assolutamente no. Non c’è nemmeno bisogno di aver qualche nozione di filosofia o essere discepolo di Socrate per praticare la maieutica! Va bene. Che si chiamano come vogliono. Dopotutto quello che si chiede a questi nuovi Socrate è di sapere che Conium maculatum non è il nome di un farmaco. 😉

Natale: In cui si scopre che l’autore di questo blog vive ancora nel 1832!

 

10_dix_cent_victor_hugo_-_btv1b9017792d

Natale si dice Noël in francese. Loro mi stanno prendendo in giro perché ho chiesto cosa faranno per LA Natale e che alla mia età dovrei sapere che non si usa l’articolo determinativo con Natale e che comunque il genere di Natale è assolutamente MASCHILE. Io tengo duro e sostengo che dire LA Natale è assolutamente corretto e che Natale ha i due generi e che nella mia famiglia si usa l’uno o l’altro indifferentemente. Loro ridono ancora più di prima davanti a questa affermazione grottesca. La mia convinzione comincia a vacillare e mi sto rammaricando per questo maledetto articolo femminile che mi è scappato. Poi, mi viene in mente l’immagine delle tre streghe che mi hanno imparato a parlare e che mi offrivano dei regali per LA Natale e ritrovo un po’ di fiducia. Andate a cercare un dizionario, dico sicuro di me, così dirimiamo il conflitto. Guardiamo nel dizionario e loro si mettono a sorridere appena leggono che Natale è maschile. Aspettate c’è di più, dico, guardate cosa c’è scritto sotto: l’uso del femminile è assai frequente, è un elissi per evitare di dire “alla festa di Natale”. L’altra ragione per cui certi preferiscono usare il femminile, è che suona in modo più armonico e più poetico e nella letteratura è abbastanza frequente di trovare Natale al femminile. Esempio. Victor Hugo nel romanzo Notre Dame de Paris (1832):

Ils se rappelaient les uns aux autres (…) les fêtes éblouissantes, les Noëls étincelantes de flambeaux, les Pâques éclatantes de soleil, toutes ces solennités splendides…

Si ricordavano a vicenda (…) le feste abbaglianti, i (le nella frase in francese) natali scintillanti di candelabri, le Pasque rilucenti di sole, tutte quelle splendide solennità…

Ringrazio mentalmente le mie tre streghe e la loro cultura libresca. Vedete, cari amici, avevo ragione io e in francese, si può dire: le natali scintillanti o i natali scintillanti e se lo scrive anche il grande Victor Hugo! Loro concedono a malincuore la disfatta dicendo che comunque è un arcaismo, una licenza poetica, che non è affatto armonico…Buongiorno signori! esclamo lasciando trionfalmente la stanza mentre loro si stanno ancora lamentando di questo fottuto tizio che parla francese come nel 1832!

 

.