AMOUR

L’Amour prenant un papillon (Cupido gioca con una farfalla). Antoine Denis Chaudet (1763-1810). Museo del Louvre. Parigi.

Questo post è un piccolo aggiornamento del post: Per i francesi l’amore cambia di sesso al plurale! 

L’Amour trattiene una farfalla e la avvicina a una rosa. La farfalla simboleggia l’anima e la rosa il piacere. L’Amour sveglia l’anima ai sentimenti amorosi grazie al profumo della rosa. La scena porta lo spettatore a una riflessione del tormento dell’anima di fronte alle pene e ai piaceri dell’amore, che sono raffigurati sulla base della statua. Se avete l’occasione di andare al Louvre, tra due selfie con la mia vecchia zia,  Amour si trova a piano terra nell’ala Richelieu.

Bordeaux: Velieri sulla Luna!

 

Velieri nel porto di Bordeaux. Corot Jean-Baptiste Camille (1796-1875). Museo del Louvre. Parigi.

Cari lettori e care lettrici, cliccate la pagina del quaderno di schizzi di Camille Corot per imbarcare a bordo del Marco Polo e contemplare velieri sulla Luna.

Parigi: In cui l’autore di questo blog finisce nella camera di un’italiana!

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Mentre i turisti italiani sono tutti al Louvre a farsi dei selfie con la Gioconda, io decido di fare un piccolo viaggio fino alla cittadina di Ecouen nel dipartimento del Val d’Oise, a nord di Parigi, dove si trova il castello omonimo di stile italiano, costruito nel 1538 dal connestabile di Francia, Anne de Montmorency, e che ospita il museo nazionale del Rinascimento. Pensateci bene quando siete a Parigi perché è solo ad una quarantina di minuti  con il treno regionale (transilien) e vale veramente la pena perché questo stupendo castello era tra i soggiorni preferiti di Enrico II e di Caterina de’ Medici  e comunque c’è altro da vedere a Parigi che la Torre Eiffel, il Louvre, il Sacré Coeur e Notre Dame, no? Ovviamente, non fate come me perché ho scelto il peggio giorno dell’anno per visitarlo e scoprire le sue straordinarie collezioni rinascimentali. Pioggia torrenziale partendo da casa, pioggia torrenziale arrivando Gare du Nord per prendere il treno linea H per Ecouen. E’ tanto confidenziale questo museo del Rinascimento che devo chiedere ad un bigliettaio se posso raggiungere la cittadina di Ecouen con il mio biglietto integrato metro, RER. E lui deve consultare una mappa, poi telefonare ad un altro collega per finalmente dirmi che il mio biglietto è valido solo fino ad Epinay dove c’è una coincidenza per…Va bene, interrompo il bigliettaio, compro un biglietto diretto Gare du Nord-Ecouen che non voglio cambiare di treno o aspettare in un’altra stazione per risparmiare due o tre euro. Sono le nuove della mattina è il treno è vuoto. Mi fa sorridere questo treno ultramoderno con i suoi sedili di lusso e quegli schermi ovunque che ci informano della progressione del nostro viaggio; ho l’impressione di essere a Tokyo. Mi ricordo ancora alla fine dell’altro secolo, la prima volta che ho preso un treno regionale parigino, solo la ruggine lo impediva di cadere a pezzi e non mi sarei mai seduto su un sedile di paura di prendere una malattia mortale. La pioggia continua a scrosciare e, dietro i finestrini,  si indovina a malapena che la città ha lasciato posto a campi e orti completamente allagati. Comincio ad essere abbastanza preoccupato. La pioggia infittisce e la stazione di Ecouen è completamente deserta. Un cartello dentro la stazione indica che ci sono due possibilità per raggiungere il castello di Ecouen in cima alla collina: la corriera che porta fino alla fermata del municipio al piede del castello oppure seguire il sentiero che è una scorciatoia attraverso la foresta e salire fino al castello, una camminata di venti minuti che non mi dice niente che valga con il maltempo che imperversa. Un tizio sta aspettando il bus e ho la pessima idea di chiedergli, visto che è la sola fermata del paesello, se è bene la fermata del bus per il castello. Certo, lui risponde, meglio prendere il bus con questo tempo, no? Lei sa che dovrebbe piovere così fino a settembre? Io lo so perché sono un vero parigino e mia famiglia abitava già ad Ecouen ai tempi di Anne di Montmorency allora pensa che il clima locale lo conosco a memoria. Forse, penso, e un discendente di questi astrologhi di cui Caterina de’ Medici amava a circondarsi e lui ha questa capacità di prevedere il tempo meglio dei satelliti della NASA, boh. Poi, il tizio si mette a raccontarmi tutta la storia della famiglia di Anne de Montmorency, dalla Preistoria fino ai tempi moderni…e questo fottuto bus che non arriva! Dopo un ennesimo aneddoto, lo abbandono per tornare alla stazione dove ho visto il numero di telefono del castello iscritto sul cartello. L’interlocutore mi dice che il servizio bus del Val d’Oise è sospeso per colpa del brutto tempo, ma che il castello è aperto e che c’è anche una scolaresca in visita e che forse dovrei tentare di salire per la strada o per la foresta…Dopotutto, mi dico, ho fatto tutto il tragitto fino qui e sarebbe cretino di tornare a Parigi adesso. E poi, il cartello dice che la scorciatoia attraverso la foresta permette di raggiungere il castello in venti minuti, se mi sbrigo, faccio il cammino in dieci minuti. Pessima idea e fottuto ottimismo. Ciò che deve essere una piacevole passeggiata in tempi normali è addirittura un incubo. La pioggia ha impantanato il sentiero, dei fiumi si sono formati e stanno precipitando la collina. Ho l’impressione che tutta questa fottuta montagna sta per franare da un minuto all’altro. Finalmente, quando arrivo al castello sono già le undici. Fortunatamente, non c’è traccia della scolaresca e sembra che io sia l’unico visitatore o forse che la gente si trova in altre parte del castello. Il tizio che ho avuto al telefono mi accoglie, poi mi pugnala annunciandomi che il museo chiude dalle 12.45 alle 14 e che durante la pausa dovrei andare al centro del villaggio se voglio trovare qualcosa da mangiare. Va bene così, rispondo, ho tutta la giornata per scoprire il castello.  Appena il tempo di ammirare in fretta  la cappella con la famosa prima copia della Cena di Leonardo da Vinci dipinta da Marco d’Oggiono nel 1506, le vetrine che racchiudono le armi che hanno permesso a Francesco Primo di conquistare l’Italia e di portare in Francia la sifilide (sarà l’oggetto di un prossimo post su Bordeaux), la Nave Orologio di Carlo Quinto che è probabilmente tra i capolavori più affascinanti del Rinascimento e l’oggetto che mi ha dato voglia di visitare il museo, che devo lasciare il museo. Il cielo non si schiarisce anzi. C’è solo una panetteria che fa un po’ ristorante nel Paese e mi compro un sandwich per un prezzo irrisorio e vedo che ci sono dei dolci che si chiamano “sorci” a Bordeaux ed io dei sorci non ne ho mangiato da una vita quindi chiedo anche un sorcio. La commessa mi guarda senza capire. Vorrei un sorcio, ripeto, designando il dolce. Lei ride e mi dice che a Parigi questo dolce si chiama una ghianda. E’ troppo per me, esco e vado a mangiare il mio sandwich e il mio sorcio diventato una ghianda sotto l’atrio del Municipio visto che i giardini alla francese sono un pantano. Il pomeriggio non lo vedo, occupato a visitare la camera di Caterina de’ Medici, del marito e del connestabile di Francia, a decifrare le scene mitologiche degli arazzi, ad osservare le innumerevoli collezioni di oggetti: i marmi, i cassoni, i quadri, le statue, gli strumenti astronomici, i mobili, i pavimenti, la maiolica, i gioielli…ci vorrebbe tutta una settimana solo per esaminare una parte dei capolavori che costituiscono la collezione. Purtroppo è già tempo di tornare a casa. Il cielo è coperto, ha smesso di piovere e non faccio l’errore di tentare di nuovo il sentiero che attraversa la foresta. Sulla strada, incontro una coppia e ci mettiamo a discutere perché anche loro sono andati a visitare il museo tranne che sono arrivati all’apertura. Ridiamo della nostra spedizione e anche per loro che sono parigini è stata una vera avventura questa giornata ad Ecouen. La stazione è deserta mentre aspettiamo sul quai il treno per tornare a Parigi….

In cui sarà chiesto al lettore di risolvere l’enigma del sorriso dell’autore del blog davanti a una scena di vendemmia nel Médoc!

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Clément Boulanger (1805-1842). Vendemmia nel Médoc, ricordo di Bordeaux, 1839. Olio su tela. Museo delle Belle Arti di Bordeaux.

Clément Boulanger fu un allievo di Ingres, poi fu attirato dalla pittura di Delacroix e si inimicò con il suo primo maestro. Questo quadro fu presentato al Salon di Parigi nel 1840 e ci si può notare l’influenza di Leopold Robert perché il quadro è una versione bordolese dell’arrivo dei mietitori nelle paludi Pontine di questo Leopold Robert e che potete ammirare al Louvre. Tutti i pittori francesi di quel periodo e che viaggiarono in Italia furono influenzati dalla pittura di Leopold Robert e dalle sue scene della vita popolare italiana. L’Italia era di moda allora e si dice anche che questo Clément Boulanger durante un ballato mascherato dato da Alexandre Dumas fece sensazione con il suo costume di contadino napoletano.

Adesso la domanda: Perché non posso impedirmi di sorridere ogni volta che vedo questo dipinto al museo delle Belle Arti di Bordeaux?