Médoc: Assembramento di asini e di pecore!

Agosto nel Médoc. tranne le nuvole di zanzare e di zanzare tigri che non mi danno tregua dalla mattina alla sera, pensate un po’ che i soli esseri viventi che ho visto questo weekend sono questi asini e queste pecore raggruppati sotto un albero in un campo. Quindi la mia probabilità di contrarre il covid-19 è infinitesimale. In realtà, sono più a rischio di prendere la febbre dengue (c’è stato un caso nel dipartimento accanto) del covid-19. Il vantaggio di vivere in campagna o no. 🙂 

La duna degli involtini d’estate!

Al mercatino del sabato mattina, ci sono i turisti parigini che si fermano alla bancarella della “cinese” per comprare i loro involtini primavera. Scrivo “parigini”, ma possono essere anche bordolesi, è solo un modo di dire tutto mio per designare qualsiasi persona che può permettersi di spendere 2 euro per un involtino. Un parigino. Eppure non sono un granché da preparare questi involtini e senza spendere un capitale. Una mezz’ora e ne avete preparato velocemente una quindicina. Mi direte che non sono gli stessi involtini primavera della “cinese” del mercato, ma la “cinese” del mercato è originaria del Laos e la figlia che viene darle una mano in estate, che parla con la madre nella sua lingua natale e che fa finta di capire solo due o tre parole di francese per vendere meglio gli involtini ai parigini, è andata alla scuola materna con me, è ingegnera ed è più bordolese di me! 😉

Bon ap’

Oceano: Dove il lettore verrà a sapere che Gatto Silvestro non è per forza un gatto in Francia!

 

Questa pianta erbacea (Lagurus Ovatus) che non serve proprio a niente e che cresce nelle nostre dune tra i cisti, i corbezzoli, le brughiere e le ginestre, si chiama in italiano: piumino oppure coda di lepre. Invece in francese, la pianta è conosciuta sotto il nome di gros-minet che è il nome che il Titi francese (con solo due t) dà a Gatto Silvestro. Titi, il canarino, non dice come Titti, il suo omologo italiano:  Oh, oh, Mi è semblato di vedele un gatto! Già perché, da noi, il nostro Titi non ha problema con la lettera R e soffre solo di una pronuncia blesa, ma soprattutto perché lui non vede un semplice gatto, ma un grosso micio cioè letteralmente in francese un gros minet: Z’ai cru voir un ‘rominet ! dice il nostro canarino francesizzato. A volte, incontrate, chissà perché, persone che raccolgono quei gatti silvestri  per farne dei mazzi di fiori secchi. Gli spighi bianchi dei gatti silvestri sono più serici dei peli miseri di Gatto Silvestro quando li accarezzate, ma possono anche farvi starnutare se li avvicinate al vostro naso. Come un micio, vi dico! Tranne ovviamente che il gatto silvestro delle dune non scoccia gli uccelli oppure il suo prossimo come Gatto Silvestro e non fa le fusa come un gros minet! 😉

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bacino di arcachon e covid-19.

Il vantaggio del mar oceano nei confronti del mar mediterraneo? Da noi, due volte al giorno, tutto è disinfettato grazie alle maree!

Durante il confinamento, mentre certi si studiavano l’inglese grazie a delle applicazioni su internet, io mi sono studiato, in dilettante, la lingua dei nonni dentro vecchi libri. Risultato: un disastro. Ora, faccio un pasticcio tra l’italiano e il guascone. Di cui il testo sotto!

Sheitat all’ombra di un vecchio tambarin, osservo un mainatge che rossiga un secchiello più grosso di lui. Sulla diga, una dauna gita, per la centesima volta, la stessa pigna puzzolente al suo cane che non sembra voler mai stancarsi di questo gioco. Lo dròlle si è fermato e ora, eccitato, trauca la hanha alla ricerca di qualche tesoro. Poi, dopo meno di cinque minuti, si mette a crider: ey gahet un gran, nonna! La nonna che ravassejava sulla sabbia dice al nipote di smettere di trementar i granchi e di amassar piuttosto tes che essi non pinzano. Mar venenta. Il bacino d’Arcaishon sembra completamente despudat. A patto di aver mastons, si potrebbe forse chambolhar fino alla montagna d’Arcaishon sull’altra riva apei montar la ròc Blanca. Il mio sguardo segue la linea del ribatge sud e posso quasi respirare lo perhum dei grans pins delle lanas. Poi, gaiti verso Nord, l’isla das audeths e i suoi cabans chancats in mezzo alla laca, i batèus ajacats sulla melma. la penisola dau Herret con i suoi paesi cachats ai piedi dei piqueys, il far roge e blanc nel lontano, gaiti quasi truncas a la mar. La campana della gleyza d’Endarnòs barlumpeja nonché i mas dei batèus che tringlen accarezzati dal vento. Le lirondas voltigiano harlupent marmauches. Se fossi più intelligente, saprei che dus cops al giorno c’è la malina e avrei letto il giornale per conoscere gli orari, ma cosa aspettare di un tizio del Médoc? Niente, ovviamente! Va bene, ancora un’ora e forse potrei chorilhar. 😁😁😁

Sheitat/seduto, tambarin/tamerice, mainatge/bambino, rossiga/trascina, dauna/donna, gita/lancia, dròlle/persona (termine affettuoso), trauca/scava, hanha/fango, crider/gridar, ey/ho, gahet/preso, gran/granchio, trementar/tormentare, amassar/raccogliere, tes/conchiglie, mar venenta/bassa marea, Arcaishon/Arcachon, despudat/vuotato (despudar/vuotare uno stagno), mastons/racchette che permettono di camminare sul fango, chambolhar/camminare nell’acqua per divertirsi, apei/poi, montar/salire, ròc blanca/duna del Pilat, ribatge/sponda, perhum/profumo, lanas/lande, Isla das audeths/isola degli uccelli, cabans chancats/capanne su palafitte, laca/lago, batèus/barche, ajacats/sdraiati, Herret/Ferret, cachats/nascosti, piqueys/dune, roge/rosso, truncas a/fino a, gleyza/chiesa, Endarnòs/Andernos, barlumpejar/sonare, mas/alberi, tringlen/tintinnano, lirondas/rondini, harlupen/inghiottono, marmauches/insetti, dus cops/due volte, malina/marea, chorilhar/guazzare.

 

 

Estuario: Il bordolese più rancoroso del Mondo!

Potete arrivare a Macau dalla strada che costeggia il fiume, quella che i turisti non imboccano mai, e arrivare a Macau senza aver visto un piede di vite: periferie bordolesi, zone industriali, accampamenti di zingari, paludi, campi pieni di mucche bionde, distese di granturco, sponda del fiume sporca di detriti del mondo moderno e di legno pietrificato trasportati dalle maree oceaniche. Fa troppo caldo per le zanzare che si riposano e prendono forze per la loro guerra notturna e perpetuale contro gli uomini. Solo gli stormi di rondoni piagnucoloni che volano nelle vie del paese sono indifferenti a quei già trenta gradi di una metà maggio. Si sente il buon odore della poltiglia bordolese nell’aria e mi dico che i viticoltori devono anche arare con i loro trattori alti su zampe tra i filari; è la stagione. Già si vedono le isole sul fiume, la strada è striminzita e ci vuole stare attenti ai grossi camion che trasportano, a tutta birra, la ghiaia estratta dalle paludi verso Bordeaux. Le prime case che appariscono lungo il fiume, sono signorili, case a pianterreno tipiche, edificate dai ricchi proprietari bordolesi di una volta, che chiamiamo certose. Tutte guardano, in una lunga parata, verso il fiume e quasi supplicano il passante per fargli confessare quella è la più bella. Vanità dei tempi antichi. Parcheggio la macchina, sotto i platani del porto che è nemmeno un prato, davanti alla baracca dove, in stagione, si va per mangiare gamberetti schiaffandosi le cosce, le braccia, e il viso a causa delle zanzare, risalgo la via verso il centro del paese con la sua bianchezza calcarea che brucia gli occhi. Penetro nella vecchia chiesa per trovare un po’ di freschezza e ammirare la nave ex-voto, mi dico che la giornata è perfetta. Poi, vedo la statua di Giovanna d’Arco sul muro opposto che mi da un certo fastidio. Diciamolo, mi prendo come uno schiaffo. So bene che Dio era dal lato dei francesi, dal lato di questo bastardo di Carlo qualcosa e della sua pulzella, che i bordolesi e i medocchini hanno perso la guerra dei Cent’anni un certo 17 luglio 1453, che fate una ricostituzione dell’ultima battaglia, ogni estate, a Castillon per ricordarcelo bene. Ma comunque, non è una ragione per metterci delle statue della fraschetta di Carlo qualcosa fino dentro alle nostre chiese del Médoc. Prima di uscire della chiesa, vado a maledire la lorena che non sarà lei a guastarmi la mia giornata. Non mais !

Le colombe ascensionali: un’usanza italiana adottata nel mio paese!

I francesi sanno solo due cose a proposito dell’Ascensione: è un giorno festivo e quel giorno cade sempre un giovedì di cui l’espressione mnemotecnica “il giovedì dell’Ascensione”. Nel mio paese, dove siamo decisamente più svegli della media dei francesi, ne sappiamo una terza: all’estero, gli italiani mangiano della colomba per l’Ascensione e quindi abbiamo adottato anche noi questa bellissima usanza italica. 😁😁😁😁

Oceano: la gente covidiciannovizzata che ci governa in Francia!

la gente covidiciannovizzata che ci governa da Parigi ha inventato la spiaggia dinamica, quella che ci proibisce, noi abitanti dell’Aquitania che abbiamo 720 km di litorale, di essere statico sulla sabbia, di sedersi, di sdraiarsi. Questa gente di Parigi non è capace di capire che la Natura possa essere altra cosa che una specie di struttura da sfruttare, un parco di divertimento, una palestra, un supermercato…. No, per me, cari covidiciannovizzati del governo, vi sembrerà strano, ma la Natura è una necessità vitale come respirare o mangiare. Quindi non farò tutte queste coglionaggini che mi prescrivete. Non andrò in spiaggia per correre, camminare, nuotare, surfare….senza mai smettere di muovermi. No, andrò in spiaggia per fare tutto quello che voglio e anche il resto. Ci andrò per provare la stessa emozione di sempre quando varco l’ultima duna, varcata un milione di volte, e che scopro l’Oceano. Ci andrò per ammirare la sua bellezza quando il sole verdeggia le onde o le tinge di blu al punto che i suoi colori fanno pensare a delle pietre preziose. Ci andrò quando soffia il vento del Nord e che l’Oceano diventa tutto spumoso. Ci andrò per sentire il suo murmuro in estate e i suoi urli in inverno. Ci andrò per sdraiarmi in alto delle dune piantate dai miei antenati e guardare le nuvole. Ci andrò per divertirmi dei voltapietre che corrono sulla spiaggia e per invidiare i nibbi che volano alto nel cielo. Ci andrò per sedermi, in cima alla duna, e leggere tutta una giornata in mezzo alle immortali. Ci andrò per sognare. Ci andrò per respirare l’odore delle alghe o seguire dallo sguardo una barca da pesca, lontano a Ovest, en route verso Arcachon. Ci andrò quando i pini profumano oppure quando gli alberi cadono dopo le tempeste invernali. Ci andrò per non fare un cazzo dall’alba al tramonto. Ci andrò quando le cicale mi rendono pazzo oppure quando sento, in tutta una giornata d’autunno, solo il rumore della campane di un cane da caccia nel lontano. Ci andrò quando il sole brucia e quando ho l’impressione che le mie orecchie stanno per cadere a causa del freddo. Ci andrò per raccogliere funghi e corbezzoli per la marmellata. Ci andrò fino al mio ultimo soffio, solo perché ho bisogno di sedermi e sdraiarmi nelle vecchie dune del Médoc. Quindi potete inviare i droni, l’esercito e gli elicotteri perché non mi muovo! 😉

Botanica: La Santa Trinità dell’autore di questo blog!

In primavera, prima della piena stagione delle zanzare, ci sono tre pellegrinaggi botanici rituali da fare per un indigeno del Médoc. Purtroppo quest’anno, a causa di questo fottuto covid-19, sono riuscito a fare solo il terzo. Il primo si svolge all’inizio di aprile per ammirare i milioni di campanellini che fioriscono nella palude di Labarde e lungo le rive della Gironda. Il secondo si svolge ai primi giorni di maggio quando fioriscono gli asfodeli nei boschi di querce dell’estuario, l’asfodelo è il fior emblematico del sud della penisola del Médoc. Il terzo si svolge quando fioriscono i rododendri giganti delle lande perse di Saint-Queyran (tra la seconda settimana di maggio fino alla fine di maggio). È un pellegrinaggio particolare. Ci si vuole camminare in silenzio, non toccare niente. La vecchia gente dice che, una volta in quel posto, c’era il Paese di Saint-Queyran e che sono i suoi abitanti, massacrati 567 anni fa, che li coltivano. Vero, falso? Comunque una cosa è certa, come loro prima, io non sarò mai dalla parte del giglio…. 

Oceano: Pòdetz virar lo cuu au vèn!

Mappa del litorale del Médoc e delle Lande di Guascogna.

Dunque, secondo il piano di deconfinamento di quel pisciafreddo di Édouard Philippe, i parigini, dal 11 maggio, potranno tornare a stiparsi al ritmo di 26 000 persone all’ora sulla linea 13 della loro metropolitana puzzolente, mentre io, dovrò voltare il culo al vento e continuare a rinunciare a passeggiare sulla spiaggia deserta dell’Alexandre dietro casa mia! Da un lato, proseguimento della strage dei parigini che vivono nella zona più contaminata di Francia; dall’altro, una misura vessatoria in una zona sotto controllo dove meno di 1% della popolazione è stata in contatto con il virus!  😠😠😠

 

Racconto della Duna Verde. Quinta e ultima parte.

Nella prima parte del racconto, abbiamo visto che Guglielmo Orfayre ha stretto un patto con il Diavolo e che, in cambio di denaro, lui deve recarsi, dopo un anno e un giorno, alla Duna Verde per incontrare il suo creditore. Nella seconda parte, abbiamo visto che non è tanto facile di raggiungere la Duna Verde. Nella terza parte, abbiamo visto che anche il Diavolo ha i suoi problemi familiari. Nella quarta parte, abbiamo visto che questo racconto sa un po’ di mitologia. Nell’ultima parte vedrete che….no, non dico niente.

…Come avete fatto per attraversare? gridò il Diavolo.

– Lei vede questa pietra? Abbiamo messo il piede sopra, poi abbiamo saltato.

Il Diavolo ci si precipitò, ma la pietra era soltanto della spuma grigia. Colò a picco e annegò.

Sbarazzato del Diavolo, i giovani sposi tornarono verso Bordeaux.

– Soprattutto, disse Ridiscette, la più giovane figlia del defunto Diavolo, prima di entrare nella casa dei tuoi genitori, non devi abbracciarli perché altrimenti mi dimenticheresti.

Ma Guglielmo Orfayre fu tanto contento di vedere i suoi genitori, che la prima cosa che fece il medocchino fu di abbracciarli.

Allora, Ridiscette, la più giovane figlia del defunto Diavolo, svanì.

Guglielmo Orfayre ne fu infelice e, per mesi, cercò la moglie ovunque nel Médoc e in tutta la Gironda.

Un giorno che era in compagnia di due amici, si recarono in un “albergo” del quartiere Meriadeck di Bordeaux. Entrarono e viderono una bellissima ragazza. Il primo amico le disse:

– Vorrei andare a letto con lei.

– D’accordo, ma saranno mille scudi.

Detto questo, lei andò chiudersi in camera e come aveva dimenticato di chiudere le persiane, l’uomo andò per chiuderle. E non poté impedirsi di spalancare e di chiudere le persiane per tutta la notte.

L’indomani sera, tornarono “all’albergo”. E il secondo amico di Guglielmo Orfayre volle anche lui entrare nella camera della bellissima ragazza. Allora lei, gli chiese di andare a cercare acqua. Soltanto lui, non poté impedirsi di tirare acqua dal pozzo del cortile per tutta la notte.

Finalmente, solo la terza sera, Guglielmo Orfayre osò parlare con la ragazza.

– Come! Non mi riconosci?

– No.

– Sono Ridiscette, la più giovane figlia del defunto Diavolo, tua moglie!

E andarono a letto, ma per il resto, lo lascio alla vostra immaginazione. Per quanto mi riguarda, il mio racconto finisce qui.