In Guascogna dove le vigne sono immortali!

Gli scienziati americani vengono a studiarci per scoprire perché in Guascogna ci sono dei vecchietti di 100 anni che stanno ancora a vendemmiare mentre dovrebbero essere crepati da 80 anni con la loro dieta a base di tutte queste schifezze cotte nel grasso di anatra e annaffiate di vino. Chiamano questo il French paradox. Provano la dieta qualche giorno, poi sono rispediti in bare verso gli Stati Uniti. Ma c’è ancora qualcosa di pù misterioso dei nostri highlander guasconi…

Nella bella regione di Guascogna, sull’altura del paese di Sarragachies di fronte ai Pirenei  tra Ossau e il picco del Midi di Bigorre, nell’appellazione Saint-Mont, c’è la cascina della famiglia Pédebernade dove i vignaioli di questa famiglia, di generazione in generazione, coccolano 2000 metri quadrati di un vigneto che dà circa una tonnellata e mezzo di uva ogni anno. Questo vigneto è tanto particolare che nel 2012 è stato classificato ai monumenti storici perché non è semplicemente un vigneto, è un tesoro nazionale, un patrimonio vivo della storia della viticoltura francese e semplicemente un pezzo di storia di Francia. E quando le vedete queste ragazze di Guascogna con i loro ceppi che assomigliano a dei tronchi di quercia, la loro vegetazione rigogliosa e spensierata, le uva che aspettano le mani nodose dei vendemmiatori. Non potete crederci, è come contemplare qualcosa di unico, di raro, un miracolo che si svolge sotto i vostri occhi spalancati in questa terra di Guascogna. Qualcosa che non riuscite a concepire, al di là della vostra comprensione di semplice mortale. Ne ho fatto abbastanza con la suspense? Va bene. Vi dico perché queste ragazzine sono state classificate ai monumenti storici francesi. È il più antico vigneto di Francia. Quando è stato piantato, l’Italia non esisteva, nemmeno il Regno d’Italia, Garibaldi e Cavour non erano ancora nati e Napoleone era Re d’Italia. A me di guardare il vigneto della famiglia Pédebernade mi vengono le vertigini perché non stiamo parlando di olivi che possono vivere centinaia d’anni, ma di viti! Queste vigne che hanno più di 200 anni non dovrebbero esistere, è il più grande mistero dell’universo. Alla fine del XIX secolo, quasi tutte le viti francesi sono state distrutte dall’Hitler della vigna cioè la fillossera e ci ha voluto ricominciare tutto da capo e per lottare contro questo flagello utilizzare dei portainnesti americani resistenti alla Fillossera. Cosa è successo con le vigne della famiglia Pédebernade? Il sottosuolo della collina dove crescono le viti è sabbioso e la fillossera odia la sabbia. Quindi il vigneto di Sarragachies è un vigneto prima la fillossera. Nel caso del vigneto di Sarragachies c’è un altro fattore che spiega perché le vigne scoppiano di salute dopo duecento anni: il modo di coltivazione tradizionale che è stato preservato. Non ci sono i filari che vedete ovunque. Le vigne sono posizionate in doppio, poi uno spazio di due metri con il doppio seguente, il risultato è una forma a quadrato che permetteva di fare passare i buoi e di lavorare tutti i lati della vite. D’accordo sono antiche, non sono mai state toccate dalle malattie, sono coltivate in modo più o meno tradizionale, ma non è la sola ragione per cui sono state classificate ai monumenti storici! C’è qualcosa di ancora più misterioso se fosse possibile. Avete un’idea? In questo vigneto ci si ritrova una trentina di vitigni! Il Tannat che è il vitigno che si coltiva nella zona. Altri che non sono più coltivati o che non esistono addiritura più e che una volta erano endemici nel piemonte pireneico: Morrastel, Muscadelle, Fer Servadou, Camaraou, Penouille, Miousap, Printiu aigu, Blanchard. E, udite, udite, cari lettori, sette vitigni che erano completamente sconosciuti, che crescono solo in quei 2000 metri quadrati di vigne in terra guascone. Da nessuna altra parte sulla superficie di questo fottuto pianeta!  Tanti sconosciuti che gli scienziati hanno dovuto trovare dei nomi per battezzare quei vitigni e ovviamente hanno scelto il bellissimo cognome guascone della famiglia che possiede il vigneto da più di 200 anni. Notate che gli scienziati non hanno un’immaginazione  troppo sbrigliata è i vitigni si chiamano Pédebernade 1,2,…7. Potete bere il vino della famiglia Pédebernade? Diciamo che non lo vinificano loro e portano la vendemmia alla cooperativa dove si fa il vino dell’appellazione Saint-Mont che vi raccomando di assaggiare, insieme a una buona bottiglia di Armagnac, se passate un giorno nel dipartimento del Gers.

La ragazza di Guascogna che salvò il suo paese grazie ai suoi gatti!

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Gers. La Romieu, Collegiata San Pietro.

In un altro post, vi ho raccontato la storia di Fleurette, una ragazza di Guascogna che flirtò tragicamente con un Re di Francia. Oggi, vorrei vi raccontare un’altra storia di una ragazza di Guascogna, quella di Angéline che salvò il suo paese grazie ai suoi gatti! Notate che non sono fiabe o leggende, ma storie vere che sono accadute nel bel paese di Guascogna! E se visitate un giorno la stupenda cittadina di La Romieu e la sua bellissima collegiata classificata al patrimonio mondiale dell’Unesco, non siate sorpresi di tutte queste sculture di gatti che vedrete intorno alla piazza del paese. Sono opere di Maurice Serreau e ricordano la storia di Angéline e dei suoi gatti.

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Nell’anno di grazia 1338,  in un piccolo paese di Gascogna chiamato La Romieu, famoso per la sua bellissima collegiata edificata venti anni prima, vivevano felici Vincent e Marinette. Lui faceva il boscaiolo e lei lo accompagnava nella foresta e raccoglieva frasche per fare dei fastelli. Lavoravano duro duro, ma con qualche gallina, il maiale, la verdura e la frutta del giardino, c’era sempre qualcosa da mettere sulla tavola. Erano sposati da tre anni, quando Marinette diede alla luce una bambina che chiamarono Angéline. Ahimè, Vincent fu schiacciato da un albero che stava abbattendo. Marinette, inconsolabile, si lasciò deperire e due mesi più tardi, fu ritrovata morta stingendo tra le braccia la piccola Angéline. La bambina fu adottata da una vicina e crebbe con i suoi figli come se fosse la loro sorella. Angéline manifestava un’attrazione misteriosa per i gatti. A tal punto che c’erano sempre due o tre gatti intorno a lei e che dormivano anche nel suo letto; e la bambina condivideva anche la sua scodella con i suoi gatti.

Angéline, con il passare del tempo, diventava una bella ragazza che aiutava i suoi genitori adottivi ai lavori dei campi, sempre accompagnata dai suoi gatti. L’anno 1342 e i due anni successivi, l’inverno fu aspro, e la primavera e l’estate tanto piovosa che non fu possibile di seminare nei campi. Seguì una grande carestia e nonostante la distribuzione dal signore Arnaud delle riserve della collegiata, gli abitanti di La Romieu non ebbero più niente a mettere sotto i denti. Pensarono allora ai gatti, tanti numerosi nel paese, e ne fecero della fricassea.

I genitori di Angéline, sapendo quanto lei amava i suoi gatti, accettarono che lei tiene un gatto e una gatta a condizione di nasconderli bene perché sarebbero finiti in padella con tutti questi vicini che crepavano di fame. Angéline chiudeva il giorno i due gatti in soffitta, e la notte li lasciava uscire per cacciare qualche preda. Ma la carestia si accentuava e molta gente moriva. Angéline e i genitori sopravvivevano mangiando delle radici e dei funghi trovati nei boschi e così poterono sormontare questo triste periodo e dei tempi più clementi consentirono di nuovo di raccogliere di che vivere.

Ma a La Romieu, dove ormai non c’erano più gatti, gli abitanti erano confrontati a un altro pericolo: i ratti che avevano proliferato e che minacciavano le raccolte. Gli abitanti di la Romieu si lamentavano e non sapevano come fronteggiare questa nuova calamità. Non solo i ratti avevano proliferato, ma anche i gatti di Angéline che si ritrovava con una ventina di gattini in soffitta e questo gli abitanti del paese non lo sapevano. Angéline, che aveva perdonato agli abitanti di la Romieu il loro gusto per la fricassea di gatto, annunciò la sua intenzione di lasciare i suoi gatti nelle vie di La Romieu e che gli abitanti del paese potrebbero adottarli. I gatti fecero un festino di tutti i ratti di La Romieu e così Angéline salvò la cittadina di una nuova calamità. Ma la storia non finisce qui perché si dice ancora che con il passare del tempo, Angéline assomigliava di più in più ad un gatta fino a prendere addirittura la sembianza di una gatta…

Vino: l’ultima vendemmia dell’anno in Guascogna, quella di San Silvestro!

Forse pensate che, a Natale, a casa Alex si accompagna il foie gras con un Sauternes, un Sainte-Croix-du-Mont o ancora un Monbazillac e che è una cosa ovvia per un abitante del Sud Ovest della Francia e particolarmente di Bordeaux. Allora, sbagliate completamente e, se venite a Bordeaux, sareste sorpresi di scoprire che a Natale e per Capodanno, i bordolesi apprezzano particolarmente i vini bianchi dolci del Sud della regione e soprattutto quelli che provengono da un’altra parte della Guascogna e più precisamente dal dipartimento del Gers (il paese di D’Artagnan) che siano Madiran, Tariquet o Pacherenc-du-vic-bilh.  Per tradizione familiare, a natale, troverete sempre a casa mia un Pacherenc del Vic Bilh per bere con un foie gras. Il Pacherenc è un vino tutto particolare (anche i due altri vini del Gers citati d’altronde) perché la vendemmia dei vitigni di cui sono fatti i Pacherenc cioè gros manseng, Petit manseng, courbu e petit courbu si svolge fino alla fine dicembre e anche durante la notte di San Silvestro per quanto riguarda le vigne che si trovano sul comune di Viella; sono le vendemmie più tardive della regione e vi prometto che dopo, da gennaio fino a settembre, non vendemmiamo più!

 

Adesso un capodanno originale nel Gers con vino da fare sul posto. Un vendemmia di notte. Da dieci anni gli ultimi grappoli di Pacherenc, è un vitigno (nb: il giornalista sbaglia, Pacherenc è l’appellazione) sono raccolti la notte di San Silvestro a Viella. Servizio di….

“Be’ allora brindiamo là. Buon anno!”Su! alla salute del Pacherenc, questo vino che si vendemmia la notte di San Silvestro. A Viella è così da più di dieci anni. L’uva quasi “confit” è raccolto l’ultimo giorno dell’anno fino alle ultime ore. Un po’ per la tradizione e molto per la qualità del vino: il Pacherenc di San Silvestro. Certo che lo facciamo per il folklore, ma soprattutto per aver un prodotto nobile ed eccellente”. Si migliora la qualità? Sì, certo, altrimenti non lo faremo! Affinché tutti si divertono, la “partita” di vendemmia notturna è aperta a tutti che siano di qui o di altrove. Perché lei è venuta signora? Perché è la sera di San Silvestro e non volevo ritrovarmi in una sala piena di fumo. Il ragazzo: è bene. Fa vivere il paese. E’ per rendergli omaggio che Viella celebra in pompa magna la resurrezione del Pacherenc, questo dolce beveraggio che ha mancato morire e di cui, eppure, siamo tanti ghiotti. L’anziano: “Ma non credete che siamo qui nel paese per bere dell’acqua. Non è perché ci sono fonti “alla” montagna e poi non arrivano fino qui. Una pastorale creata da paesani volontari si è sistemata nella chiesa, il tempo di una storia, quella della vigna, quella delle sofferenze e delle gioie. Prima di assaggiare il vino nuovo, lo spettacolo si è proseguito nei vigneti; altri furono gli umili servitori del Pacherenc ben decisi a festeggiare.