Oceano: Passeggiata lungo la craste della Berle!

Lacanau in gennaio: lungo la craste della Berle*

Felci giganti, carici centenarie e foreste di betulle costituiscono il mondo delle berle. Nei confronti degli altri alberi delle nostre foreste, le betulle sembrano ragazze con le loro silhouette snelle e alte, splendenti  nei loro abiti di sposa. Ma non vi fidate. L’universo delle berle è quello dell’umidità, della decomposizione, dei funghi, della muffa e degli insetti che divorano tutto. Avvicinatevi, avete visto queste macchie che costellano gli abiti delle betulle e queste sbavature che colano come lacrime di fuliggine? Ora, guardate al suolo le mani delle ragazze! Hanno i dorsi delle mani tutte piene di artrite e di reumatismo come le vecchiette che hanno lavorato la vite durante sessant’anni. Le dita giovani, già logorata, sono spesse e nodose e non hanno abbastanza di forza per ancorarsi profondamente nel suolo della berle, le vecchie mani sono come posate sulla superficie spugnosa della palude. Le mani delle ragazze causano la loro morte. In inverno, quando le craste straripano e inondano per mesi le berle, quando piove troppo, che soffia il vento dall’Ovest e che le ragazze hanno preso un po’ di età, le vecchie mani delle ragazze non riescono più a graffiare abbastanza il suolo per mantenersi dritte, ed è la morte. Le betulle non invecchiano mai nelle berle.               

*Nella lingua guascone del Médoc, le craste sono canali che permettono lo scorrimento delle acque da una palude verso uno stagno, lo stagno di Lacanau in questo caso. Stagno significa lago. Per quanto riguarda berle, la parola designa un prato paludoso in riva a uno stagno.

 

Alex nel giardino di Claude Monet a Giverny. Seconda parte.

Il giardino di Claude Monet a Giverny. Blanche Hoschedé-Monet (1865-1947).

Il giardino di Claude Monet è tanto frequentato che sembra la via Sainte-Catherine di Bordeaux un giorno di soldi. Fermarsi per ammirare la fioritura degli iris, dei papaveri, delle peonie…è un rischio e ho mancato tre volte di cadere nello stagno delle ninfee e mia madre è stata quasi buttata via due volte dal ponte giapponese perché lei restava là a sbadigliare ammirando la prospettiva invece di circolare e di lasciare questi fottuti malati di turisti fare i loro scatti e i loro selfie. Povero Monet! Anche lui non potrebbe più oggi sistemare il suo cavalletto nel suo giardino per dipingere in pace i suoi fiori. Ma quei turisti te lo manderebbero in acqua in un attimo! Un tizio così che disturberebbe la circolazione e impedirebbe di scattare tutto e niente. Pensate un po’ lo scandalo! Ma lui non sarebbe sopportato più di due minuti nel suo proprio giardino! La gente non vede niente, non guarda niente del giardino di Claude Monet, troppo occupata a scattare tutto e anche le cose che non hanno il minimo interesse. Per dirvi come la gente che frequenta il giardino sembra sfuggita da un manicomio. C’è un tizio anziano che sta visitando il giardino con la moglie. Il povero porta una barba bianca e ha un basco in testa. E tutti quei malati di pensare che il tizio è un attore che sta interpretando il ruolo di Claude Monet e tutti di abbandonare la fotografia dei fiori per andare a scocciare il povero vecchio per scattarlo o farsi un selfie con lui. Pensate un po’ come il vecchio era contento di dovere subire tutte queste stronzate. Alla fine, l’ho visto anche rifugiarsi con la moglie verso la casa per scappare a questa situazione. Dopo l’episodio del vecchio, sta arrivando un matrimonio cinese perché in questo giardino la follia non finisce mai. Il fotografo cinese è tanto attrezzato di videocamere e di fotocamere che lui potrebbe girare addirittura un episodio di Star Wars nel giardino di Claude Monet. Sorrysorry, lui dice pigiandosi e noi capiamo che sorrysorry significa in cinese: fuori dalle palle che siete in mezzo alle nozze. Ma forse lui non deve conoscere mia madre perché quando la tizia ha pagato un biglietto per visitare un posto, non la “spedite” così facilmente. E, francamente, lei se ne frega completamente di essere sugli scatti delle nozze. Faccio notare a mia madre che la sposata ha delle scarpe da basket rose sotto lo stupendo abito nuziale. Lei mi fa notare che le damigelle sono in mutande. No mamma! sono in minigonne. Guardi, il coso nero che loro hanno sopra le mutande non è una cintura. Ma perché le damigelle hanno due borse? Ti confesso che ci conosco poco in moda cinese. Mamma, non vuoi sedersi cinque minuti su un banco, il tempo che finisce tutto questo bordello? Anche due damigelle vengono a sedersi accanto a noi e non ho mai avuto l’impressione di essere così invisibile in vita mia. Ogni tre seconde, le signorine cinesi si fanno un selfie. Ma cos’è questa gente? chiede mia madre. Degli alieni, rispondo, guardando gli sposi, diretti dal fotografo, fare finta di baciarsi, di correre al rallentatore sul piccolo ponte, di raccogliere una radicchiella o di guardare nel lontano. Quando il matrimonio è partito, si apre una nuova scena nel giardino di Monet e tutti i turisti di precipitarsi verso lo stagno delle ninfee per scattare un giardiniere in barca che sta lavorando a potare delle piante acquatiche. A me fa pensare a un numero di circo che ho visto allo zoo tranne che è un giardiniere in mostra al posto di un’otaria. Ci sediamo di nuovo su un banco dove ci sono due donne inglesi. Va bene, mi dico. Finalmente due persone normali. In realtà, le donne stanno parlando del chiasso che fanno le gazze nel giardino e che loro non vedono. Poi, le due donne mi chiedono se ho visto le gazze durante la nostra passeggiata. Sono tanto imbarazzato che non oso rispondere e loro che insistono! Mi dispiace, signore, non sono gazze che sentite, ma le rane dello stagno. Loro ridono. Mia madre mi chiede di tradurre la conversazione e preferisco mentire dicendo che le inglesi mi parlavano delle rane. Poi, mia madre si allontana e la vedo parlare con un giardiniere. Lei torna sorridendo. Finalmente ancora una mezz’ora e scopriremo l’anima del giardino di Claude Monet! Pazienza. Io ne dubito, ma preferisco tacere. Dopo una mezz’ora lei dice che è l’ora e mi chiede se ho notato qualcosa. Niente. Non vedo di cosa stai parlando. I pazzi, lei dice, tutti i pazzi sono andati a pranzare e il giardino è tutto per noi! Lei va a raggiungere i giardinieri, sicuramente per chiedere loro dei consigli per le sue piante. Io mi decido a visitare la casa di Monet e dalla finestra del primo piano, guardo mia madre chiacchierare con due giardinieri, poi lei si mette a vagare tutto al suo sogno tra le aiuole fiorite e disertate del giardino di Claude Monet…

Médoc: Una domenica di novembre nei dintorni di Margaux!

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Davanti a un’antica fortezza, appoggiati al recinto di un campo, i genitori osservano e commentano i gesti, gli ordini e i fischi della figlia che sta addestrando un giovane cane a spostare e radunare una decina di pecore. Mi avvicino per assistere alla coreografia. La ragazza fischia il cane che abbandona subito il gregge per andare a sedere ai suoi piedi. Le pecore approfittano dal momento libero per venire verso di me e lamentarsi dei loro due aguzzini. E io, crudele come sono, di ridere davanti alle loro proteste, poi la ragazza dice una parola al cane e lui corre come una freccia e, in meno di trenta secondi, le pecore sono di nuovo radunate silenziose al centro del campo. Saluto la gente e continuo il mio cammino verso il fiume. Noto i campi di mais che non sono stati ancora falciati. Le mucche nella palude mi guardano come sorprese che un essere umano possa venire rompere la monotonia della loro giornata. Mi fermo per osservare gli uccelli di mare che condividono la palude con le mucche: cicogne, aironi, garzette…che si nutriscono sguazzando nei fiumi che percorrono la palude. Il rumore di un motore nel lontano e le mucche si mettono a fuggire verso la vecchia cascina in riva all’estuario. Le ritrovo dopo il tornante del cammino, radunate intorno alla vecchia pompa eolica del pozzo. Cretine! Non era il padrone a portarvi del fieno, solo una macchina con il motore stanco sulla vecchia strada provinciale. Passo davanti alla cascina con il cartello tutto arrugginito sul cancello dove si decifra a malapena tre parole: Vendita di latte. Ma perché cambiarlo? Dopotutto la gente del paese sa che qui si vende del latte dalla notte dei tempi. In un altro campo, ci sono cavalli e cosa sarebbe il Médoc senza cavalli? C’erano cavalli nella penisola del Médoc prima degli uomini e ci saranno ancora cavalli dopo la stagione degli uomini. È così. I cavalli mi riconoscono e sanno che ho sempre delle carote per loro nello zaino. È sempre la stessa cosa! Fanno i fieri e prima che accettino le carote devo fare tutto un numero da circo! Mi avvicino al fiume e un cacciatore passa in velomotore, un antico Peugeot che fa un chiasso del diavolo perché il velomotore traina una specie di barroccio pieno di anatre urlanti. Il tizio si dirige verso uno di quei piccoli stagni artificiali, paralleli all’estuario, e che servono per la caccia all’anatra. Lo immagino già a piazzare le sue anatre, poi a gelarsi il culo tutta la giornata nella capanna, a tentare di attirare le anatre selvatiche per spararle. E poi di tornare dispetto, la sera, a casa perché in questo paese le anatre sono più furbe degli uomini. Una vecchia signora pesca a marea bassa sulla riva dell’estuario. Io guardo di fronte l’isola di Margaux e penso a un piccolo giro che vorrei fare sul fiume, più a Nord, fino all’isola senza Pane, ma ci vorrà aspettare la primavera per trovare una barca. Buongiorno, signora. Sta abboccando? Lei mi invita a guardare dentro il secchiello…

 

Bacino di Arcachon: la duna del Pilat non è il più bel posto del Bacino di Arcachon!

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Forse dovrebbe esserlo poiché ci sono milioni di turisti, ogni anno, che scalano la duna per ammirare il panorama mozzafiato sull’oceano, il Bacino di Arcachon e la foresta delle Lande di Guascogna e forse lo è. Ma, io, preferisco quello che gli abitanti della zona chiamano: i fondi del Bacino cioè tutta la riva orientale del Bacino di Arcachon e in particolare tutta la riva Sud-Est, tra Audenge e Le Teich, che forma il delta della Leyre. Penso che tutta questa zona, in cui il fiume Leyre si mescola alle acque dell’Oceano Atlantico, sia il posto più magico di Arcachon ed è la ragione per cui ho deciso di portarvi ad Audenge a fare un giro nella riserva naturale di Certes e Graveyron che è la mia passeggiata preferita sul Bacino di Arcachon. Dico una passeggiata, ma prevedete delle buone scarpe e qualcosa da bere perché la riserva naturale fa quasi 600 ettari e il giretto di Certes, lungo i vecchi serbatoi da pesci e la riva del Bacino fino al porto di Lanton e il ritorno a Certes, fa una ventina di chilometri e dovete contare una quindicina di chilometri in più se fate il giro della riserva di Graveyron – La riserva di Certes e quella di Graveyron sono separate da un canale (un estey come diciamo in guascone per designare un fiume sottomesso alle maree oceaniche). Cosa mi piace di più a Certes? La solitudine. Siete come alla fine del mondo. Non c’è niente: prati salati che si estendono verso nord e Sud e tutti questi specchi d’acqua, laghi, stagni, fiumi, ruscelli che sono gli antichi serbatoi da pesci e che oggi sono un paradiso per gli uccelli di mare. E forse, se avete già letto il blog, sapete che ho una passione per gli uccelli e il Bacino di Arcachon è la principale via di migrazione degli uccelli in Europa quindi a Certes potete osservare più di 250 specie di uccelli di mare. A certes non c’è niente, nemmeno un albero, solo la vecchia diga che serpeggia tra tamareci rachitici e vecchi serbatoi da pesci quindi non vi consiglio la passeggiata in estate, potrete morire da un’insolazione o perdere la vista tanto la bianchezza del sentiero sulla diga è già accecante sotto il sole invernale. Non è un luogo che conosco in estate, lo frequento solo in inverno e d’altronde mi troverete raramente sul Bacino di Arcachon dopo Pasqua. Sono così, ho i miei luoghi secondo le stagioni. Certes fa parte di quei luoghi in cui vi dovete fermare ogni quattro passi perché vi dite che decisamente non è possibile che esistano luoghi di una tale bellezza su questo pianeta e io, quando ci vado, ogni volta sono colpito da una specie di sindrome di Stendhal e solo per andare alla punta di Branne mi prendono ore e devo sempre fare tutto il cammino di ritorno nel buio.

Andiamo fino alla punta di Branne per ammirare il tramonto invernale sopra la città di Arcachon e la duna del Pilat così mi farete un po’ compagnia, mi cambierà un po’ del chiasso delle egrette e degli aironi, poi per passare il tempo, vi racconterò la storia di questo luogo. Avete notato che ho una predilezione per i luoghi creati dall’uomo? La foresta landese, le dune costiere…ecc…e la riserva di Certes non fa eccezione e come le nostre dune ingannano e sembrano naturali, è la stessa cosa per la riserva di Certes: tutti questi laghi, specchi d’acqua, stagni che sembrano naturali a prima vista, sono stati scavati dagli uomini per guadagnare il loro pane. Oggi, la natura, i prati salati, gli uccelli stanno riconquistando quei luoghi e mi piace a pensare a tutte queste generazioni di uomini dimenticati che hanno lavorato sulla diga e mi viene sempre lo stesso pensiero: un giorno, quando le mie ossa saranno polvere e che l’ultimo uomo che mi avrà conosciuto morirà, allora l’Oceano Atlantico sommergerà la penisola del Cap Ferret e la riserva di Certes tornerà ad essere soltanto una vasta distesa di prati salati com lo era all’inizio del Mondo. Strano, no? Penso sempre alla mia morte quando vado a Certes.

Ma basta con lo spleen altrimenti non scrivo più niente e vi ho promesso la storia di quel luogo! Tutti questi laghi, stagni e specchi d’acqua che vedete in realtà sono dei serbatoi da pesci e ancora prima erano delle saline come quelle di Guérande o della Camargue. E se aveste la possibilità di sorvolare la zona, vedreste che tutti i laghi sono dei bacini rettangolari che misurano da 100 metri a 1 km e che formano un’immensa ragnatela che scintilla sotto il sole invernale, una forma geometrica perfetta che renderebbe gelosa tutti i giardinieri di Versailles. I fili di questa ragnatella sono le lingue di terra che separano i bacini e che vengono chiamate”gobbe” nel gergo di Arcachon e che servivano, una volta, a fare pascolare le mucche marine. Quando passeggiate sulla diga, siete sull’orlo esterno di questo labirinto tra la riva del Bacino di Arcachon e le saline. E davanti a questo spettacolo, vi chiedete come mai gli uomini sono riusciti a compiere questi lavori faraonici? Colpa di un uomo. Tutto nasce dalla volontà di un uomo dei Lumi, lettore dell’Enciclopedia e che era preoccupato di progresso sociale, economico e agronomico: Emery François de Durfort, marchese di Civrac, che possedeva tutte le terre del delta della Leyre, circa 120000 ettari tra l’isola di Branne (dove ci rechiamo), Audenge, la penisola di Graveyron, l’isola di Malprat, Le Teich, Gujan-Mestras e che, nel mezzo del XVIII secolo, è andato a trovare il bastardo dei Bourbons, Luigi XV, con il suo progetto di bonificare i suoi prati salati per convertirli in saline. Finalmente, Durfort è stato tanto convincente che il re lo dispensa di pagare le tasse sul sale pensando bene che Durfort non riuscirebbe mai  a portare a termine il suo progetto. Non solo Durfort realizza tutti questi lavori colossali per bonificare i prati salati e scavare i suoi bacini, ma fa venire dei raccoglitori di sale dalle lontane Charente e comincia a vendere il suo sale. La rivolta romba dai produttori di sale delle altre regioni che non possono fare concorrenza a questo sale detassato di Arcachon e l’accordo che dispensava Durfort di pagare le tasse tra il 1768 e il 1773 non è rinnovato e Durfort si ritrova rovinato dai costi dei lavori intrapresi. Interessante questa storia delle saline di Arcachon, no?

Proseguiamo velocemente con questa storia di Certes e vediamo come le saline sono diventate dei serbatoi da pesci. D’altronde i serbatoi da pesci li trovate ovunque a ridosso del Bacino di Arcachon, non è qualcosa proprio alla riserva di Certes. Nel 1818, la tenuta di Durfort è acquistata da un negoziante bordolese, François de Boissière, che espande ancora le saline. Poi, il figlio nel 1843 decide che non è più possibile questa storia delle saline e ha l’idea di piantare dei pini marittimi per bonificare le paludi e di convertire le saline in serbatoi da pesci. Dunque il tizio fa sistemare tutta una rete di fiumi e di cateratte per sviluppare la sua attività di piscicoltura. In realtà, è molto semplice. Ad alta marea, i cefali, orate e altre anguille (che sono la grande specialità di Bordeaux) entrano nei serbatoi da pesci e sono intrappolati quando i pescatori chiudono le cateratte, poi basta dirigere i pesci nella ragnatela di laghi verso il centro dove i pesci sono allevati per tre o quattro anni. Quando volete nutrire i pesci, basta aprire le cateratte (senza dimenticare di mettere le grate, altrimenti i pesci scappano!)  ad alta mare per fare “bere” i bacini e in inverno si fa “sbere” i bacini per pulire i bacini e ricuperare i pesci. È così che la città di Bordeaux veniva rifornita in pesci freschi fino alla seconda guerra mondiale e la famiglia Boissière si arricchisce con i soldi dei pesci e fa costruire lo château che vedete all’ingresso della riserva (il comune lo sta ristruttrando da anni) al posto della vecchia casa della famiglia Durfort. Dopo si è sviluppato la pesce in mare con i pescherecci che è più economica e i vecchi serbatoi da pesci sono stati abbandonati. Bene. Adesso, siamo arrivati alla punta di Branne (che non è più un’isola) e possiamo ammirare il tramonto su Arcachon, anche se i miei scatti non potranno mai restituire la bellezza di quel luogo.

Cliccate qui per scoprire la mappa della riserva di Certes-Graveyron sul Bacino di Arcachon.

Teaser: La duna del Pilat non è il più bel posto del bacino di Arcachon!

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Secondo me, uno dei più belli posti del Bacino di Arcachon si trova dietro questo strano château che sembra l’incrocio improbabile tra una certosa del Médoc e una casa Secondo Impero con qualche elemento Art Nouveau. Lo scatto è stato realizzato quasi cento anni fa e, nel prossimo post sul Bacino di Arcachon, vi  farò entrare in questo scatto, ma cento anni dopo. A cosa assomiglia lo scatto oggi? Quasi identico. Lo château è da qualche anno in corso di ristrutturazione, ma ci sono sempre i vecchi pini domestici  all’ingresso della tenuta che fanno pensare che ci troviamo in Italia. A destra, c’è lo stesso vecchio sentiero che costeggia il bosco e che imboccheremo per andare a scoprire i paesaggi sublimi, tra i più belli del bacino di Arcachon, che si nascondono dietro lo château. Non mancate e prevedete una buon piaio di scarpe perché la passeggiata è lunga 15 km!