Un lettore mi chiede: dove si trovano i porcini in Francia? (eppure il nome del porcino è addirittura cèpe de Bordeaux in francese!). Beh, questa domanda un bordolese non ci risponderà mai, nemmeno sdraiato sul suo letto di morte. E poi che ne so io che vivo in un piccolo paese delle lande di Bordeaux a ridosso dell’Oceano Atlantico! 😉 🙂 🙂 🙂
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La preghiera esaudita!
Il mio primo porcino dell’anno! Grazie Peychot*, piccolo ciucheir* delle Lande di Guascogna, di aver esaudito la mia preghiera! Troverete la cosa giusta o ingiusta, ma se vivete nella penisola del Médoc, non importa che siate milionario o che tirate il diavolo per la coda, che abbiate fatto degli studi o che siate senza istruzione, che siate presidente della Repubblica o che siate un niente. Perché, nella penisola del Médoc, il rispetto e la considerazione che ottenerete, nell’anno, dalla gente, dipenderà dai chili di porcini che raccoglierete durante l’autunno. 🙂
*Peychot: Pierino
*Ciucheir: pronuncia di choquèir (pastore)
Un anno nel mio Médoc: Settembre.
Qualcuno di voi ha già scalato la torre Pey Berland di Bordeaux? Io mai. Invece conosco il paese natio di Pey Berland, perso nel cuore delle lande del Médoc, dove lui fece edificare, nel 1447, una modesta cappella dedicata a San Raffaele, su un terreno che apparteneva al padre. Pey Berland, per noi, è l’equivalente di Giovanna d’Arco per gli altri francesi. Un eroe e un santo. Una nascita verso gli anni 1375-1380. Un’infanzia a fare il pastorello al culo delle pecore nelle lande fino ad abbracciare una vocazione religiosa ed essere nominato arcivescovo di Bordeaux nel 1430. Una vita, insieme al nostro Re Talbot, a difendere la Guascogna e la sua indipendenza e a lottare contro i francesi fino alla caduta di Bordeaux nel 1453. Dopo la sua morte, nel 1458, la sua tomba nella cattedrale Sant’Andrea, per secoli, diventò un luogo di culto per generazioni di bordolesi; e i suoi effetti personali delle reliquie capaci di fare miracoli, in particolare i suoi sigilli….Fa caldo. Il cielo è disperatamente blu, credo sia piovuto solo due pisciatine di gatto quest’estate. La cappella è chiusa e non voglio scocciare qualcuno al municipio del paese per aver le chiavi. D’altronde un amico mi ha detto che lui ci è già andato a palpare il sigillo di Pey Berland e che non era il primo a farlo. E niente. Conosco un altro metodo. Dunque mi metto a girare intorno alla cappella, devo farlo nove volte per ottenere un miracolo. Accarezzo le querce centenarie. Mi metto a parlare al santo: “Lo sai Pey che abbiamo bisogno di pioggia, che tutta la nostra vita gira intorno ai porcini in autunno. Anche tu sei un tizio della Civiltà del porcino. Ti ricordi quando andavi ai porcini? L’emozione che ti stringeva il cuore davanti a tuo primo porcino dell’anno. Dai Pey! Facci un po’ di pioggia…” Parlo tanto che dimentico il numero di giri che ho già fatto. Spero basterà così, penso. Uno sghignazzare nei cieli lontano sopra la mia testa. Alzo gli occhi: un biancone. Un segno di Pey Berland per dirmi che la stagione dei serpenti non è ancora finita e che devo essere paziente? Oppure che lui non ha niente a che fare con un serpente del mio genere? Poi la verità mi appare, crudele: l’uccello mi sta canzonando…
Médoc: i primi porcini sono arrivati!
Passeggiare la sera in foresta. Raccogliere i primi porcini della stagione. Tornare a casa. Una volta i porcini puliti, scaldare una padella con del grasso d’anatra. Aggiungere i porcini. A fine cottura, gettare nella padella un trito d’aglio e di prezzemolo. Salare. Peppare. Mescolare con un cucchiaio di legno. Servire subito i porcini alla bordolese accompagnati di un buon bicchiere di vino rosso…
Oceano: I primi porcini!
Oceano: Alex nel paese dei mangiatori di finferle.
Domenica 6 dicembre. Dopo la stagione dei porcini, inizia la stagione delle finferle che può durare a volte fino a marzo quando l’inverno è clemente. Le finferle crescono ovunque nelle pinete in riva all’oceano, per miliardi. Basta inchinarsi per raccoglierne a manciata. Non solo crescono nelle pinete, ma assaltano le dune e trovate le più belle sotto i pini marittimi più vicino all’oceano, quelli che crescono storti o addirittura all’orizzontale per resistere alla forza dei venti oceanici. Io vado a raccogliere le finferle a Lacanau tra lo stagno del Cousseau e la spiaggia dell’Alexandre di cui vi ho parlato più volte su questo blog. Seguo la pista ciclabile interminabile che attraversa la foresta, poi che costeggia l’Oceano seguendo l’antico tracciato del Vallo Atlantico. Sembra il sentiero del mago di Oz; tanto stretto che i rarissimi ciclisti che lo percorrono devono mettere piede a terra quando si incrociano. Respiro a pieni polmoni il profumo degli immortali delle dune, dei cisti a foglie di salvia, dei pini marittimi. Assaggio i frutti un po’ dolce dei corbezzoli. Noto la crescita delle nuove piantagioni di pini e la progressione dei lecci verso Est che indica i cambiamenti climatici meglio di qualsiasi esperto della Cop21. Mi diverto a osservare la galleria che un tasso ha scavato sotto il sentiero e a identificare un falco pescatore nel cielo. Avrei già potuto riempire lo zaino di finferle, ma mi piace di più quelle che si trovano ai piedi delle ultime dune quindi continuo a camminare e a varcare una duna dopo l’altra. Ecco il mio posto preferito, al riparo del vento. Non è un posto silenzioso perché si sente di continuo il chiasso che fa l’oceano. Mi metto a raccogliere finferle. Sono più numerose degli aghi di pino ed è un compito abbastanza fastidioso, soprattutto all’inizio della stagione quando le finferle sono ancora piccole. Io ne voglio soltanto per fare una frittata o un risotto quindi uno o due chili dovrebbero essere più che sufficiente. I funghi. È così che i nostri antenati, piantatori di dune e di pini marittimi, sopravvivevano in inverno in questo paese dove nessuna coltura è possibile.
Médoc: la Civiltà del Porcino!
Dimenticate il vino perché, in autunno, per gli abitanti della penisola del Médoc c’è una sola cosa che conta: i funghi e particolarmente i porcini. Tutta la vita della penisola gira intorno ai porcini e si potrebbe addirittura parlare di civiltà del porcino quando si evoca la gente del Médoc. Notate che c’è comunque un rapporto stretto tra il porcino e la vite perché si assomigliano e gli antichi bordolesi dicevano semplicemente “cep” per designare sia il porcino, sia il ceppo di vite. Poi, la parola guascone è passata in francese e ha dato “cèpe” (porcino) e cep (ceppo di vite). Le due parole si pronunciano allo stesso modo. Ecco per la lezione di etimologia. Quest’anno i porcini sono rari per la mancanza di pioggia e per colpa di questo caldo che ci fa guerra da mesi. La gente è alla disperazione. C’è chi non è andato in chiesa da una vita e che va a fare bruciare candele; c’è chi vuole andare fino a Lourdes per chiedere spiegazioni a Bernadette Soubirous; c’è chi, un po’ stregone, fa la danza della pioggia o che studia febbrilmente il calendario lunare; c’è chi va cento volte al giorno nello stesso bosco nel caso in cui i porcini sarebbero cresciuti durante i suoi dieci minuti di assenza; c’è chi è tanto disperato che compra di nascondiglio dei porcini che vengono dall’estero. Insomma siamo tutti da mandare al manicomio! Io? Mi sono studiato scientificamente le mappe e ho pensato a un bosco di querce, quasi irraggiungibile perché ci vuole camminare tanto, salire un milione di dune, attraversare paludi e craste (una parola guascone per dire fiume) e quando le gambe non vi reggono più, siete arrivati. Sono in cima a una duna e mi sto mangiando un panino per riprendere forze. Mi piace la solitudine del posto, tanto isolato che non c’è nemmeno un uccello. Solo il rumore dell’oceano mi sta arrivando assordito. Non penso a niente e voglio dimenticare per qualche ora tutto quello che ho letto sui giornali o visto in televisione. Guardo le mie scarpe bagnate, poi sento un rumore nella “lède” (una parola guascone per designare una depressione umida tra due dune). È un altro cacciatore di porcini che ha avuto la stessa idea di me. Un “pimpoye” (parola bordolese per designare un cretino) come direbbe mia madre. Adesso devo diventare bugiardo e ipocrita per eseguire tutto il rituale dei cacciatori di porcini del Médoc. Gli dico buongiorno e lui si accontenta di fare un movimento del mento. La verità e che siamo arrabbiati tutti e due di questo incontro perché i cacciatori di porcini del Médoc sono animali solitari che detestano condividere il loro territorio. Lui mi dice: allora? Niente, rispondo, sono appena arrivato. A questo punto il rituale che consiste a scoraggiare e cacciare l’avversario può iniziare veramente, anche se nessuno, dall’inizio del Mondo, è mai stato beffato dal rituale. Mi sto preparando a pronunciare la tradizionale frase che inizia da: “un amico…”, ma lui mi precede e mi dice la più grossa bugia che non ho mai sentita: “un amico del rugby ne ha trovato 100 kg a Sainte-Hélène”. Lo guardo stupito perché io volevo dire che “un amico ne ha trovato 10 kg a Lacanau”. Lui mi guarda sorridente, orgoglioso di questa mostruosa bugia. Sto pensando a come ha fatto il tizio per portare i porcini a casa e al tipo di congelatore che ci vuole possedere per conservare 100 kg di porcini. E poi, gli sorrido dicendomi: “ci sono tonnellate di porcini a Sainte-Hélène”, e tu, cretino, hai camminato ore fino qui alla fine del Mondo”. Comunque, il rituale deve proseguire. Forse, sarebbe un’idea di andare a Sainte-Hélène, io ho un amico che ne ha trovato a Lacanau, rispondo. Lui fa finta di interessarsi alla mia piccola bugia, poi ci separiamo condividiamoci tacitamente il bosco. Lui verso il Lago e io verso l’Oceano. Finalmente, dopo due ore, ho trovato circa 3 kg di porcini e devo già tornare a casa se non voglio essere preso dalla notte. Sul cammino del ritorno, incontro di nuovo l’altro cacciatore di porcini. Faccio un movimento di mento. Lui risponde: niente solo qualche galletto. Guardo il cesto chiuso dell’amico che mi sembra abbastanza pesante e lo sospetto di aver fatto una raccolta simile alla mia. Anch’io non ne ho trovato, non c’era proprio niente. Torniamo insieme in silenzio e al momento di lasciarci. Lui mi dice ipocritamente: Alla prossima! Buona sera, alla prossima! rispondo augurandomi di non mai più incontrare questo tizio nella “mia” foresta. La civiltà del porcino, vi dico. Tutti bugiardi, ipocriti e micofagi questi abitanti del Médoc 😉
La penisola del Médoc? A volte, assomiglia al paese delle meraviglie di Alice!
Credo sia il fungo più conosciuto al Mondo. Il fungo che incontrate in numerose fiabe per bambini. In Italia lo chiamate ovolo malefico, ma ha anche altri nomi. In Francia lo chiamiamo soltanto “amanite tue-mouches” perché una volta veniva mescolato con del latte per fare dell’insetticida. Gli abitanti della Kamchatka lo utilizzavano per ubriacarsi e gli sciamani della Siberia lo bevevano per invocare gli spiriti, fare delle diagnosi o predire il futuro. Io sono sempre contento di incontrarlo nei boschi perché è un segno che dovrei trovare dei funghi porcini non lontano. Curiosamente, in Francia fino agli anni 1970, l’ovolo malefico veniva considerato mortale eppure non ha mai ucciso nessuno, non è affatto paragonabile alla tignosa verdognola. Cosa rischiate a mangiare questo fungo? Niente di troppo piacevole: mal di pancia, emicrania, ubriachezza, torpore e allucinazioni perché l’ovolo malefico è un fungo psicotropo; è quello che lo caratterizza. Nel XIX secolo, in Europa, era molto di moda questa storia degli sciamani siberiani che usavano questo fungo per aver delle allucinazioni e certi viaggiatori europei hanno fatto l’esperienza e descritto gli effetti provocati dall’ovolo malefico. Nel 1860, un famoso botanico e micologo inglese, Mordecai Cubitt Cooke, pubblica uno dei primi libri sui farmaci psicotropi, intitolato: Seven sisters of sleep, in cui vengono descritte le proprietà del tabacco, dell’oppio, dell’hashish, del betel, della coca, della belladonna e dell’ovolo malefico. Un libro che fu un best seller nella società vittoriana di allora. Si dice che questo libro sarebbe stato la principale fonte di ispirazione di un altro best seller, ma quello conosciuto nel mondo intero e non solo in Inghilterra. Avete un’idea del libro? Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. Il fatto è che Lewis Carroll si sarebbe ispirato del capitolo sull’ovolo malefico per Alice, capitolo in cui il botanico Cooke racconta per la prima volta il fenomeno delle distorsioni visive che sono generate e proprie al consumo di questo fungo. Per esempio una crepa su un marciapiede si mette a diventare una voragine mentre una voragine diventa una piccola crepa. Alice è la tipica mangiatrice di ovolo malefico. Dopo aver assaggiato il fungo, lei si mette a rimpicciolire oppure a crescere e deve imparare a dosare i due lati del fungo per ritrovare la sua statura normale.
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Alice questa volta attese con pazienza che il superbo animale si decidesse a parlare. Dopo un po’ il Bruco si tolse di nuovo la pipa di bocca sbadigliò due o tre volte di seguito e si stirò tutto. Poi scese dal fungo e mentre se ne andava strisciando tra l’erba disse soltanto: “Un lato ti farà più alta. L’altro più piccina”.
“Un lato di che COSA? L’altro lato di che COSA?” pensò Alice.
“Del fungo” le rispose il Bruco come se Alice avesse parlato ad alta voce. Un attimo dopo il Bruco non c’era più.
Alice si voltò pensosa verso il fungo. Stette per un pezzo a domandarsi quali potessero essere i due lati dato che il fungo era rotondo. Si trattava di una questione veramente difficile. Alice allargò le braccia intorno al cappello del fungo e ne staccò con le mani alcuni pezzi da varie parti.
“Quale sarà quello buono?” si domandava perplessa mentre dava un morso per fare una prova al pezzo che teneva nella mano destra.
D’un tratto sentì un forte colpo sotto il mento; infatti il mento aveva urtato contro i piedi!
Spaventata per l’improvviso cambiamento ma pensando che non c’era un attimo da perdere dato che continuava rapidamente a rimpicciolire Alice s’affrettò a mordere l’altro pezzo. Il mento era ormai tanto attaccato ai piedi che per aprire la bocca soltanto un po’Alice dovette fare uno sforzo doloroso. Però vi riuscì e inghiottì il pezzo di fungo che teneva nella mano sinistra.
“Finalmente la mia testa è libera!” disse Alice contenta. Ma la sua felicità si mutò subito in apprensione quando si accorse che non riusciva più a vedere dove fossero finite le sue spalle. Guardando in giù vide soltanto un collo lunghissimo: esso sembrava levarsi come un alto fusto sopra un mare di foglie verdiche parevano perdersi lontano….
(Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie, capitolo V)
Oceano: La spiaggia ai porcini!
Si vede che siamo in autunno! In tanti leggete il mio post dedicato al mio amico “il tizio dei porcini” e mi chiedete attraverso la bacheca wordpress dove trovare porcini nei dintorni di Bordeaux. Vi risponderei che ci sono segreti che si svelano solo sul letto di morte in cambio di un ultimo bicchiere di Margaux. Io, invece, non ho rinunciato all’estate e ho deciso che l’estate finirà solo quando avrei rinunciato fare un ultimo bagno nell’oceano.Quando ho un po’ di tempo libero e che c’è un raggio di sole, corro alla spiaggia ai porcini nella speranza di sfidare l’Oceano. Per il momento, la mia speranza è sempre stata delusa perché l’acqua è veramente fredda. Ma, come siamo in autunno, c’è comunque la possibilità di tornare a casa con qualche porcino e di consolarsi con una bella omelette! Non cercate la spiaggia ai porcini su una mappa perché sono io che l’ho battezzata così. La chiamo la spiaggia ai porcini perché per raggiungerla ci vuole attraversare tante pinete e salire tante dune. In mezzo a queste pinete, in una vasta depressione, c’è un’improbabile foresta di querce, una specie di foresta primordiale che risale ai tempi in cui gli uomini non avevano ancora inventato le dune. Un foresta umida con una vegetazione e degli animali diversi di quelli che potete trovare nella foresta di pini marittimi. La foresta di querce ha conquistato tutte le dune nei pressi e ad ovest confina con le ultime dune a ridosso dell’Oceano e in questa foresta fino ai piedi delle dune, potete trovare dei funghi porcini in autunno. Dove? Da qualche parte sul litorale della Gironda tra il Cap Ferret e Le Verdon! 😉
Oceano: Alla ricerca d’oro nella foresta dello scultore di alberi!
Ve l’ho già detto che la gente della penisola del Médoc è un popolo di raccoglitori e di mangiatori di funghi? E’ tanto vero che la gente prende le vacanze addirittura per andare a funghi e che viene matta in autunno, non solo per i funghi porcini ed i gallinacci, ma anche per un fungo squisito e altamente velenoso, chiamato bidaou in guascone (tricholoma equestre in italiano), che cresce unicamente nella sabbia delle dune oceaniche. Va bene, oggi, non parleremo di quei bidaou di cui il consumo è vietato in Italia, ma di un altro fungo che cresce nelle immense pinete di pini marittimi che costeggiano l’Oceano Atlantico: i finferli. Dopo la stagione dei gallinacci e dei funghi porcini, i mesi che vanno da novembre fino a gennaio sono dedicati alla ricerca dei finferli. Ed io, oggi, ho assolutamente bisogno di trovare quei funghi perché è il contorno tradizionale che accompagna l’oca per il nostro pranzo di natale. Notate che i finferli non sono difficili da trovare perché si trovano per tonnellate, soprattutto nelle foreste in riva all’oceano e particolarmente in quelle di Lacanau. Quindi oggi vi porto al mare per cercare dei funghi, sorprendente no? Il mio “giacimento” si trova a Nord, non lontano dalla mia spiaggia segreta dell’Alexandre di cui ho già parlato più volte su questo blog, in una strana foresta ai piedi dell’ultima duna a ridosso dell’oceano.
Ve l’ho già detto che adoro camminare? quindi da dove ho lasciato la macchina a Lacanau, dovete camminare due ore attraverso la solitudine della foresta verso Nord prima di raggiungere il posto. Quando il clangore dell’oceano si fa più forte e diventa assordente; quando le vostre gambe non vi reggono più; quando i vostro polmoni sono pronti ad esplodere; quando avete un gusto di sangue in bocca, allora siete arrivati e vi resta a salire le ultime dune per raggiungere il mio giacimento di finferli.
Dentro una strana foresta, quasi spettrale, soprattutto quando c’è la nebbia e che soffia il vento, che vi ricorda che questo paese una volta veniva chiamato il paese mezzo morte. Non è la foresta di pini marittimi ben allineata e coltivata come la vigne, no, qui siamo davvero in un altro universo, un campo di battaglia dove si svolge una guerra eterna tra i pini e l’oceano per la conquista della duna. Sembra una foresta creata da un dio, una specie di maestro bonsai pazzo. Conoscete l’arte dei bonsai? E’ l’arte della costrizione perché essa consiste a costringere un albero a non crescere ed a mantenerlo in vita in uno stato fuori dal tempo naturale; è una costrizione tutta particolare perché lo scopo del maestro bonsai è mantenere un albero piccolo e bello senza uccidere l’albero. Il bonsai è un albero in equilibrio tra la natura e la morte; è una lotta tra un albero che vorrebbe crescere ed un uomo che lo costringe a rimanere piccolo. Ma qui, in questa strana foresta, non c’è di maestro bonsai perché la bellezza di quegli alberi alle forme bizzarre ed eccentriche è puramente fortuita e lo scopo della natura non è certamente di creare opere d’arte, ma la morte. Qui niente maestro bonsai che costringe gli alberi con forbici, cesoie e filo di ferro perché la natura possiede già i suoi arnesi che sono il vento ed il sale. Solo con il vento e un po’ di sale, la natura riesce a creare tutta questa strana bellezza. Dico la natura, ma il pino marittimo ha il suo ruolo perché è lui che trova delle strategie per sopravvivere a questa costrizione permanente esercitata dalla natura per farlo crepare e se saliamo in cima alla duna, vedrete che i pini marittimi hanno sviluppato un’altra strategia per sopravvivere, quella di crescere addirittura all’orizzontale. Ed è in mezzo a questa foresta che si trovano i finferli. Un fungo magico che si nasconde sotto gli aghi dei pini, un po’ fastidioso a raccogliere, ma sono tanti numerosi che vi trovate con lo zaino pieno in una piccola ora e dovrete tornare perché i finferli cotti si conservano molto bene al congelatore e l’inverno si annuncia lungo.