Conoscete la differenza tra galette des Rois e gâteau des Rois?

Semplicemente. La galette des Rois è questa merda industriale sfogliata farcita di crema frangipane che mangia la gente del Nord della Francia per la Befana mentre il gâteau des Rois è questa brioche industriale schifosa che mangia la gente del Sud della Francia per la Befana. Visto che 95% dei dolci della Befana venduti nelle panetterie francesi sono industriali e che, in gennaio, ci sono convogli e convogli di camion anonimi che percorrono, di notte, le strade di Francia per consegnare i dolci ai panettieri e che loro, la mattina, vi vendono la roba, al prezzo dell’oro, come se fosse stata fatta artigianalmente da loro. Meglio evitare di farsi abbindolare già all’inizio di gennaio e preparare il suo proprio dolce della Befana. Io sono tanto bordolese che non mi farete mai mangiare queste galette des Rois di merda che siano industriali  o artigianali. Nemmeno la testa sul ceppo. No, a Bordeaux, la nostra tradizione è il gâteau des Rois cioè la Brioche. Punto. Lo scrivo ma il mio dramma e che non riesco nemmeno a convincere la mia propria famiglia. E questa gentaglia, diventata parigina, preferisce la schifosa galette dei rois alla crema frangipane al nostro gâteau des rois. Peggio ancora! Quando faccio il gâteau des Rois, devo mangiarmelo da solo perché loro preferiscono quello industriale. Sono maledetto! 🙂

Gli ingredienti per 8 a 10 persone :

  • 500 gr di farina
  • 20 gr di lievito fresco
  • 20 cl di latte
  • 2 uova e un tuorlo
  • 1 pizzico di sale
  • 100 gr di zucchero
  • 125 gr di burro ammorbidito
  • 20 gr di zucchero a granella
  • acqua di fior d’arancio (Tanto! l’impasto deve essere profumatissimo!)

Nessuna difficoltà solo che il gâteau des Rois richiede un po’ di tempo di lievitazione. Cominciate a fare il “levain” (lievito madre). In una ciotola, Mettete il lievito fresco a sciogliere nella metà del latte tiepido, poi incorporate un terzo della farina. Impastate lungamente, coprite il “levain” con una “gueille” per dirlo in bordolese o un canovaccio per dirlo in italiano. Lasciate lievitare in un luogo tiepido per due ore.

Il nostro lievito…

Impastate velocemente il lievito poi aggiungete man mano il resto di farina, le uova intere, il resto di latte, il sale, lo zucchero, l’acqua di fior d’arancio e il burro tagliato a dado.

Quando il composto è omogeno, arrotolatelo, formate una palla, copritelo di nuovo con un canovaccio e lasciate lievitare per 3 o 4 ore in un luogo tiepido.

Impastate di nuovo il composto e arrotolatelo a ciambella cospargendolo di farina.

Disponete la corona su una placca di cottura ricoperta di carta forno . Introducete, ovviamente, la fava e lasciate lievitare trenta minuti. Preriscaldate il forno a 180 gradi. Pennellate la superficie col tuorlo d’uovo addizionato di un po’ d’acqua. Cospargete con dello zucchero a granella. Infornate per circa trenta minuti a mezza altezza.

Lasciate il dolce raffreddare su una griglia prima l’assalto. Bon ap’

 

Aquitania: Le Sirene della Garonne.

Io questo racconto delle sirene della Garonna, l’ho sentito più volte e ho deciso di condividerlo con voi, lettori e lettrici. Nella versione sotto, il racconto si svolge lungo il fiume Gers che è un affluente della Garonna, ma è sempre la stessa storia che sentirete che siate in riva alla Garonna o lungo uno dei suoi affluenti, quella di quei disgraziati..

Ci sono sirene nel mare. Ce ne anche nei fiumi. In un momento, avrete la prova che qualcuno ne ha visto nel fiume Gers. Le sirene hanno i capelli lunghi e fini come la seta, e si pettinano con pettini d’oro. Dalla testa alla cintura rassomigliano a delle belle ragazze diciottenni. Il resto del corpo è simile al ventre e alla coda dei pesci. Quelle bestiole hanno la loro propria lingua per spiegarsi tra esse. Se devono parlare con dei cristiani, parlano sia in guascone sia in francese.  Si dice che le sirene vivranno fino al giorno del Giudizio Universale. Certi credono che queste creature non abbiano di anima. Però molti pensano che abbiano dentro il corpo le anime delle persone annegate in stato di peccato mortale. Io su questo non saprei decidere chi ha ragione tra gli uni e gli altri. Durante il giorno, le sirene sono condannate a vivere sotto l’acqua. Non si è mai saputo cosa ci fanno. La notte, risalgono per greggi, e folleggiano, nuotando, al chiaro di luna, fino al primo suono dell’angelus della mattina. Succede che si battono. Allora si graffiano e si mordono, per succhiarsi il sangue. Al primo suono dell’angelus, sono costrette a tornare sotto l’acqua.

Molti marinai, viaggiando sul mare hanno visto greggi di sirene  nuotare intorno alle navi. Molti barcaioli ne hanno visto anche loro nella Garonna. Cantavano, nuotando, canzone tante belle, così belle, che ne avete mai sentito né sentirete mai delle simili. Per fortuna, i padroni  delle navi e delle barche non si fidano, e sanno ciò che ci vuole pensare di queste cantanti. Impugnano un bastone, e si mettono a picchiare i giovani marinai pronti a tuffarsi per raggiungere le sirene. Però i padroni non possono sempre aver l’occhio dappertutto. Allora, le sirene cascano sui tuffatori. Succhiano loro il cervello e il sangue; mangiano il loro fegato, il cuore e la trippa. I corpi dei poveri annegati diventano delle sirene, fino al giorno del Giudizio.

E ora, ecco la prova che ci sono sirene nel fiume Gers. C’era una volta, in una frazione della città di Lectoure chiamata La Côte, un giovane tessitore tanto appassionato, ma tanto appassionato di pesca che la gente gli aveva dato il soprannome di Bernardo-Pescatore (che significa airone in guascone). Ogni sera, al tramonto, se ne andava a tendere le sue reti da pesca e le sue linee di fondo nel fiume Gers. Poi tornava l’indomani  mattina, prima l’alba, per alzarle. Una sera, ai tempi della mietitura, Bernardo-Pescatore, era andato a sistemare le sue reti e le sue linee di fondo alla cascina di Talayzac, nel comune del Castéra-Lectourois. Fatto questo, si dice per se stesso:
– La mia casa è lontano, la cascina di Talayzac è a due passi. Conosco il padrone. Mi alloggerà per la notte. Domami, gli farò regalo di una carpa. Il contadino fece cenare Bernardo -Pescatore, e lo mandò a dormire in un buon letto. Dopo il suo primo sonno, Bernardo-Pescatore saltò a terra, si vestì nell’oscurità, aprì la finestra, guardò la luna e le stelle, e pensò:
– Sono quasi le tre. É tempo di andare ad alzare le reti e le linee di fondo.
Subito, Bernardo-Pescatore scese verso il fiume. A cento passi dal Gers, sentì gridi e risate di ragazze. – Diavolo! Egli pensò. Le ragazze del Castéra sono venute a fare il bagno qui. Avranno spaventato i pesci. Non avrò bisogno di prendere in prestito la giumenta del contadino di Talayzac per portare la mia pesca a casa.
Bernardo-Pescatore si avvicinò lentamente lentamente del fiume, nascondendosi dietro i cespugli, i frassini e i salici per vedere bene le ragazze senza farsi notare. Le ragazze pettinavano con dei pettini d’oro i loro capelli fini come la seta. Nuotavano e folleggiavano al chiaro di luna. Bernardo-Pescatore sentiva i loro gridi e le loro risate.
– Il diavolo mi porta via, egli pensò, se conosco una di queste ragazze e se capisco una parola di loro gergo.
Lo spuntare dell’alba era vicino, e Bernardo-Pescatore era ancora a guardare. Alla fine, una delle ragazze lo accorse e gridò:
– Un uomo! Un uomo!

Subitamente, tutte le ragazze si voltarono verso Bernardo-Pescatore:
– Bernardo-Pescatore, amico mio, vieni, vieni a nuotare con noi.
– Madre di Dio! Sono in mezzo a un gregge di sirene.
– Bernardo-Pescatore, amico mio, vieni, vieni a nuotare con noi.
Allora, le sirene cominciarono una canzone così bella, così bella, che ne avete mai sentito e ne sentirete mai una simile.
Per la virtù di questa canzone, Bernardo-Pescatore era forzato ad avvicinarsi all’acqua.
Le sirene cantavano senza mai smettere.
Madre di Dio! pensava il tessitore, sono in mezzo a un gregge di sirene.
E le sirene cantavano. Bernardo-Pescatore era in riva al fiume. Pronto a tuffarsi nell’acqua senza volerlo, quando le campane della chiesa del Castéra suonarono le prime note dell’angelus. Subito, le sirene smisero di cantare e si nascosero sotto l’acqua.
Bernardo-Pescatore tremava come la foglia del trifoglio selvatico. Era pallido come un morto. Alzò le sue reti e le sue linee di fondo. Mai il tessitore aveva preso  tanti bei pesci. Ma non conservò niente per lui e diede tutta la sua pesca al contadino  di Talayzac. Fatto questo, tornò a casa a La Côte, e restò sette giorni senza uscirne. L’ottavo giorno, partì all’alba per Notre-Dame-de-Bétharram che è un luogo di devozione rinominato nel Béarn. Lì, Bernardo-Pescatore trascorse tutto  un mese a fare bruciare delle candele, e a sentire delle messe, dall’alba fino a mezzogiorno. La sera diceva il suo rosario fino all’ora di andare a letto. Tornando a La Côte, Bernardo-Pescatore bruciò le sue reti e le sue linee di fondo. Non pescò mai più e consigliò ai suoi amici di fare come lui. La notte, non si avvicinava del fiume Gers perché aveva paura di incontrare di nuovo un gregge di sirene.

 

 

 

Mentre gli italiani chiacchierano, i bordolesi fanno Meraviglie!

Cliccate l’immagine per la ricetta!

Sapete dove si fanno i migliori dolci di Carnevale del Mondo? A Bordeaux! E sapete come i dolci di Carnevale vengono chiamati dagli indigeni bordolesi? Le Meraviglie! E, ultima domanda, sapete dove si fanno friggere le migliori Meraviglie di Bordeaux cioè dell’Universo? Facile! Nella mia cucina, una sera di martedì grasso! 😉

 

Bordeaux: I burattini a risalire il tempo!

 

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Conoscete il burattino Guignol? E’ tanto popolare, Guignol, il burattino creato a Lione da Laurent Mourguet all’inizio del XIX secolo che il suo nome significa addirittura burattino in francese. Anche il teatrino si chiama un Guignol. In senso figurato: un guignol designa una persona grottesca e fare il guignol significa fare il cretino. A Bordeaux, è molto vivace questa tradizione del Guignol e pensate un po’ che la dinastia Guérin  diverte tutti bambini bordolesi con il suo Guignol dal 1853! Un’istituzione. In primavera e in estate, troverete i due teatrini della famiglia Guérin, uno al Giardino Pubblico e l’altro al Parco Bordolese e, se ci andate, sarete sicuramente sorpresi – in quei  tempi di Pokemon e altri videogiochi cretini – di vedere il numero impressionante di bambini (e non solo) che assistono alle rappresentazioni. Oggi, ho parcheggiato la macchina al centro commerciale Auchan, nel quartiere Mériadeck, perché sono tirchio e loro offrono un’ora e mezzo di parcheggio gratis mentre parcheggiare a Bordeaux costa un occhio dalla testa. Al mio ritorno, mentre attraversavo il centro commerciale per ricuperare la macchina, ho sentito il grido familiare dei bambini al secondo piano: Guignol! Guignol! Guignol! Non sapevo che la famiglia Guérin avesse sistemato un teatrino nel centro commerciale, ma questo grido mi ha commosso e mi ha ammagliato quanto il canto delle sirene nell’Odissea. Ho preso la scala mobile per raggiungere i bambini e assistere allo spettacolo. Tutto mi è tornato in mente, l’impazienza di vedere il sipario si alzare, il modo dei bambini di urlare per chiamare Guignol. E poi, mi sono visto di nuovo bambino al Giardino Pubblico quando ci si portava la nonna. La povera donna! lei doveva fare una deviazione per evitare l’ingresso principale dove c’era una mercante di girandole perché mio fratello ed io avremmo fatto capricci per averne una. All’uscita, bambini, lei prometteva, altrimenti devo portare in giro le girandole tutto il pomeriggio mentre vi divertite. Mi ricordo che mia madre ci dava una bottiglia vuota per pescare girini nel bacino del giardino botanico. Bambini, lei rideva, darete in regalo la bottiglia piena di girini alla nonna che lei sarà contenta, anch’io lo facevo alla nonna di vostra nonna quando ero bambina! Poi, all’uscita del Giardino Pubblico, la bottiglia, affidata alla nonna, non si ritrovava più. Siete due cretini! l’avrete lasciata su un banco diceva la nonna sorridendo. Mi ricordo tante cose mentre Guignol e Gnafron (l’amico di Guignol) si decidono a metterci nella confidenza dello scherzo che vogliono giocare al carabiniere Flageolet. Ma tutti zitti, ci avverte Guignol, e non una parola a Madelon, mia moglie! Ed io con i bambini di promettere di tacere. Mi ricordo della barca che faceva il giro dell’isola ai Cigni e noi di prenderci per dei pirati, mi ricordo delle partite di calcio, delle ore passate alla biblioteca dei bambini di fronte al museo di storia naturale. E poi, mi ricordo della campana che annunciava lo spettacolo di Guignol. Sbrigatevi bambini! Lo spettacolo sta per iniziare! gridava un uomo della famiglia Guérin. E noi di incalzare la nonna! di pregarla, di supplicarla. Dai nonna! qualche spicciola che il Guignol sta per iniziare, che già tutti gli altri bambini stanno davanti al teatrino. Pazienza! diceva la nonna, abbiamo ancora il tempo. Conosco il signor Guérin da una vita e lo spettacolo inizia in un quarto d’ora. Ma noi, non ascoltavamo niente e correvamo già verso il teatrino. E quando la nonna si sistemava su una sedia, non avevamo più aria nei polmoni a forza di urlare: Guignol! Guignol! Guignol! Adesso, il carabiniere ci chiede dove sono Gnafron  e Guignol, ed io con tutti i bambini di tacere ridendo già perché Guignol è dietro il carabiniere già pronto per la bastonata. Guignol ci fa un segno e noi tutti di gridare: Guignol! Guignol! Guignol! E Guignol si mette a bastonare Flageolet e poi gridiamo: più forte! più forte! più forte! tanto ci fa piacere di vedere Flageolet si fare picchiare da santa ragione. E lui, poveretto, non riesce a vedere chi gli dà i colpi che gli piovono addosso. Hihihi! il prossimo sarà sicuramente il proprietario della casa di Guignol che prenderà le botti quando egli verrà per l’affitto. Mi ricordo che all’ora della merenda, andavamo alla famosa pasticceria Jegher di fronte al Giardino Pubblico e noi e la nonna ci abbuffavamo di puits d’amour (i canelé non esistevano allora a Bordeaux), poi tornavamo a casa soffiando sulle girandole…Un uomo mi dice qualcosa sorridendo. Scusi signor, rispondo, ero perso nei miei pensieri, cosa lei mi ha detto? Ho detto: soggiogato dallo spettacolo! Anch’io ho provato la stessa cosa. La magia del nostro caro Guignol Guérin che agisce sui bambini bordolesi qualsiasi loro età…

A Bordeaux, i vendemmiatori si mangiano, ma sviscerati perché i loro fegati servono a fare la salsa!

Se siete a Bordeaux o nei dintorni in autunno e che abbiate la buonissima idea di fare un giretto nei mercatini, vedrete questi cartelli davanti alle bancarelle dei pescivendoli dove c’è scritto: Vendemmiatori (vendangeurs in francese). Non lo leggerete nelle guide turistiche, ma i vendemmiatori sono una grande specialità della regione bordolese quanto le ostriche di Arcachon diciamo; d’altronde provengono dalla stessa zona. Vi rassicuro, non si tratta di qualche bracciante catturato nei vigneti del Médoc e preparato alla marinara dagli indigeni di Arcachon. Il vendemmiatore è il nome bordolese di una piccola triglia (rouget in francese). In altre regioni francesi, la triglia si chiama anche beccaccia per il suo sapore simile alla selvaggina, ma a Bordeaux il pesce viene chiamato vendemmiatore perché frequenta il nostro litorale atlantico e vive nel bacino di Arcachon durante il periodo delle vendemmia per la più grande gioia dei bordolesi. Una differenza di sapore tra la triglia e il vendemmiatore ci sarà sicuramente perché il prezzo non è lo stesso e un giorno ho visto una vecchietta bordolese che voleva prendere a schiaffi un pescivendolo accusato di tentare di rifilarle delle triglie invece dei suoi cari vendemmiatori di Arcachon. Io non ho il palato abbastanza educato per notare la differenza.

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Come si cucinano i vendemmiatori a Bordeaux? Sapete forse che è un’eresia di sviscerare le piccole triglie perché perdono questo sapore di selvaggina, ma a Bordeaux dovete chiedere al pescivendolo di pulire i pesci e che lui vi ricupera i fegati (loro sono abituati a farlo) perché sono i fegati che danno qualcosa in più alla ricetta. Quindi per la ricetta tradizionale bordolese, diciamo per 4 persone, avete bisogno di 16 vendemmiatori, 2 cucchiai di olio d’oliva, 50 g di burro, 4 scalogni grigi, 1 cucchiaino di aceto di vino, sale, pepe e i fegati ovviamente. Fate riscaldare 40 g di burro e l’olio d’oliva in una padella a fuoco medio. Mettete i vendemmiatori a fuoco vivo per 2 minuti su ogni lati. Riservate i pesci caldi al forno. Aggiungete il resto di burro nella padella e gli scalogni tritati finemente e fate rosolare 2 minuti. Poi, deglassate con l’aceto di vino, aggiungete i fegati, mescolate bene, salate e pepate. Avete la salsa al fegato. Versate la salsa sui vendemmiatori e…a tavola!

 

Bordeaux: il vino nuovo è arrivato!

Avevo già parlato del vino bourru su Bordeaux e dintorni qui. È il vino nuovo che bevono tutti i bordolesi da settembre fino alla fine delle vendemmie cioè quasi a gennaio per le vendemmie più tardive. Il vino bourru lo trovate in tutti i mercatini e anche nei supermercati di Bordeaux in autunno. Appena, le uve vengono spremute e cominciano a fermentare che la gente si mette a bere questo succo di uva che sta diventando un vino. Io ne ho già bevuto verso il 15 settembre, ma doveva venire di una regione esotica tipo Provenza o Languedoc. Questa domenica, ne ho trovato al mercato di La Bastide, del vino bourru nostrale, senza solfiti, che viene dalla riva destra dell’estuario della Gironda, dalla zona di Cognac. Io ne sono completamente drogato di  questo fottuto vino bourru e ne bevo tutto l’autunno fino a dicembre. Quindi non potevo mancare di comprarne qualche bottiglia. Devo dire che è stato folclorico di tornare a casa, sotto un sole di piombo, con le mie bottiglie di bourru (i tappi sono forati e dovete sempre mantenere le bottiglie dritte). Ho preso il tram e tutta la gente di guardarmi e di farmi degli occhiolini tipo: guardate questo tizio con la sua scorta di vino bourru! Soprattutto che non avevo nemmeno una borsa, certo che a Bordeaux non siamo ipocriti come nei film americani quando si tratta di passeggiare con una bottiglia di vino. Poi, mentre il tramway mi portava a casa, ho ripensato a come mi è venuta questa passione del bourru.

In Francia, non si prende l’aperitivo nei bar, ma sempre a casa. E quando, bambino, andavo a casa dei nonni per il pranzo della domenica c’era sempre l’aperitivo prima di passare a tavola. Non esiste un pranzo o una cena francese senza un aperitivo. Quindi, in autunno, avevo sempre diritto ad un bicchierino di vino nuovo.

Mia madre: Ma cosa stai facendo, mamma?

Mia nonna: Non lo vedi? Sei cieca? Sto servendo un bicchierino di vino bourru ai bambini con dei savoiardi che loro possono inzuppare….

Mia madre: Non voglio che bevano vino!

Mia nonna: Ma che rompiscatole! Non è del vino, è del vino bourru. Un vino per bambini. Non è alcolizzato fa appena quattro o cinque gradi e poi sono due gocce!

Mia madre: ma…

La nonna: E poi, io ne bevo dalla nascita e non sono ancora morta, è la prova che questo vino è buono per la salute. È una tradizione di famiglia vecchia quanto Bordeaux e che dobbiamo mantenere.

I bambini diabolici: Nonna, ci raccontai la storia del vino bourru quando eri bambina dal tuo nonno?

Mia madre: Mamma! Stiamo passando a tavola! Non vai a raccontare questa storia stupida che hai probabilmente inventata!

Mia nonna: Ma non è qualcosa di sporco! È cosi che la gente faceva una volta! Dunque, cari bambini, dal nonno che faceva il vignaiolo a Sainte-Croix-du-Mont quando era il momento del vino bourru, tutti quelli che avevano partecipato alla vendemmia, dai bambini ai vecchietti, bevevano litri e litri di vino bourru quando si cominciava a torchiare le uve E succedeva quello che doveva succedere…

I bambini ipocriti che avevano sentito la storia un milione di volte: Eravate tutti ubriachi?

Mia nonna: No, la gente si metteva a correre tra i filari le mutande alle mani perché se abusate di questo vino, vi viene una diarrea….

Mia madre: Brava mamma! al momento di mangiare. Complimenti, davvero.

Mia nonna: È così, cari bambini, che si faceva una volta per concimare i vigneti quindi non dovete mai esagerare con il vino bourru. Vedi, cattiva, che imparo ai bambini la temperanza che stai raccontando a tutti che li faccio bere.

Mia madre: Mamma….

Vino: l’ultima vendemmia dell’anno in Guascogna, quella di San Silvestro!

Forse pensate che, a Natale, a casa Alex si accompagna il foie gras con un Sauternes, un Sainte-Croix-du-Mont o ancora un Monbazillac e che è una cosa ovvia per un abitante del Sud Ovest della Francia e particolarmente di Bordeaux. Allora, sbagliate completamente e, se venite a Bordeaux, sareste sorpresi di scoprire che a Natale e per Capodanno, i bordolesi apprezzano particolarmente i vini bianchi dolci del Sud della regione e soprattutto quelli che provengono da un’altra parte della Guascogna e più precisamente dal dipartimento del Gers (il paese di D’Artagnan) che siano Madiran, Tariquet o Pacherenc-du-vic-bilh.  Per tradizione familiare, a natale, troverete sempre a casa mia un Pacherenc del Vic Bilh per bere con un foie gras. Il Pacherenc è un vino tutto particolare (anche i due altri vini del Gers citati d’altronde) perché la vendemmia dei vitigni di cui sono fatti i Pacherenc cioè gros manseng, Petit manseng, courbu e petit courbu si svolge fino alla fine dicembre e anche durante la notte di San Silvestro per quanto riguarda le vigne che si trovano sul comune di Viella; sono le vendemmie più tardive della regione e vi prometto che dopo, da gennaio fino a settembre, non vendemmiamo più!

 

Adesso un capodanno originale nel Gers con vino da fare sul posto. Un vendemmia di notte. Da dieci anni gli ultimi grappoli di Pacherenc, è un vitigno (nb: il giornalista sbaglia, Pacherenc è l’appellazione) sono raccolti la notte di San Silvestro a Viella. Servizio di….

“Be’ allora brindiamo là. Buon anno!”Su! alla salute del Pacherenc, questo vino che si vendemmia la notte di San Silvestro. A Viella è così da più di dieci anni. L’uva quasi “confit” è raccolto l’ultimo giorno dell’anno fino alle ultime ore. Un po’ per la tradizione e molto per la qualità del vino: il Pacherenc di San Silvestro. Certo che lo facciamo per il folklore, ma soprattutto per aver un prodotto nobile ed eccellente”. Si migliora la qualità? Sì, certo, altrimenti non lo faremo! Affinché tutti si divertono, la “partita” di vendemmia notturna è aperta a tutti che siano di qui o di altrove. Perché lei è venuta signora? Perché è la sera di San Silvestro e non volevo ritrovarmi in una sala piena di fumo. Il ragazzo: è bene. Fa vivere il paese. E’ per rendergli omaggio che Viella celebra in pompa magna la resurrezione del Pacherenc, questo dolce beveraggio che ha mancato morire e di cui, eppure, siamo tanti ghiotti. L’anziano: “Ma non credete che siamo qui nel paese per bere dell’acqua. Non è perché ci sono fonti “alla” montagna e poi non arrivano fino qui. Una pastorale creata da paesani volontari si è sistemata nella chiesa, il tempo di una storia, quella della vigna, quella delle sofferenze e delle gioie. Prima di assaggiare il vino nuovo, lo spettacolo si è proseguito nei vigneti; altri furono gli umili servitori del Pacherenc ben decisi a festeggiare.

 

Bacino di Arcachon: Santa Claus is coming to town!

Io sono ragazzo davvero malvagio! Volete una prova? Ogni anno, c’è questa tradizione di Babbo Natale che arriva ad Arcachon e il vecchio, che deve sempre distinguersi (l’abito rosso non basta!), raggiunge Arcachon, non con le renne che trainano la slitta però, ma in barca. La cosa più strana essendo che questa fottuta barca non vuole mai attraccare lungo il molo Thiers, ma si ostina ad ancorare in mezzo all’acqua a una cinquantina di metri dalla riva. E dunque ci sono membri del club nautico, tra i più temerari ovviamente perché ci vuole essere davvero intrepido per entrare in un’acqua a dieci gradi, che devono andare a cercare Babbo Natale (il nostro Babbo Natale non è americano quindi non ha i poteri di Superman) e portarlo sulle spalle fino alla riva. Anno dopo anno, la gente è sempre più numerosa ad assistere a questo spettacolo non banale di questo Babbo Natale che ha la fifa di cadere in acqua (basta vedere le smorfie del nostro Babbo Natale idrofobico). E io di pregare – notate che non devo essere il solo altrimenti non ci sarebbe tanta gente in spiaggia in una giornata di dicembre – “ma  fatemelo  cadere in acqua questo Babbo Natale, ma non c’è qualcuno per buttarlo in acqua sto cretino! Dai! sarebbe un bel regalo di Natale di vedere questa cosa e io che ho fatto tutto il tragitto da Bordeaux non merito un compenso? E sti cretini del club nautico non potrebbero fare finta di un malore per lasciare il loro fardello nell’acqua ghiacciata oppure una bella idrocuzione non potete farla cari amici nuotatori” E così dura la mia critica finché il tizio è messo al riparo sulla sabbia e, ogni anno, rimango deluso perché Babbo Natale non è finito nell’acqua. Ma l’anno prossimo! Speriamo! Forse avrò più fortuna!