Mio povero Sileno, Dio della vinificazione e del ferrocianuro di potassio!
Perché l’etichetta non indica assolutamente niente dell’intruglio contenuto nella bottiglia che avete comprato (tranne ovviamente a comprare alcuni vini naturali fatti da vignaioli sempre più numerosi). Niente di più falso del proverbio latino: in vino veritas. Di recente, la Commissione Europea ha avuto la pazza idea, non di controllare il diametro delle zucchine di mare, care alla Meloni, ma di informare, semplicemente di informare – pensate informare che verbo sporco – il consumatore sulla composizione del vino che lui compra. Forse non sapete di questa cosa allucinante, ma i produttori di vino, di birra e di alcol non hanno l’obbligo di indicare gli ingredienti che loro mettono nelle loro bevande, né le calorie d’altronde. Pensateci bene a questa cosa: I venditori d’acqua devono dettagliare tutto sulle loro etichette, i produttori di vino: niente. La ragione di questa stranezza è che le bevande che indicano più di 1,2% di alcol non sono considerate come derrate alimentari! E dunque per rimediare a questa assurda anomalia, la Commissione Europea ha lanciato in marzo 2017, l’idea sacrilega di un’etichettatura più trasparente simile a quella che si pratica per l’industria dell’acqua. Il Parlamento europeo ha deciso di occuparsi della questione e di votare un emendamento…è niente. La lobby dei viticoltori è così possente che la discussione è completamente impantanata, il vino è business come ha detto, l’altro giorno, Salvini. Il vino non si tocca punto, dicono i parlamentari francesi. E pensate un po’ se i consumatori sapessero cosa c’è in un litro di vino, loro sfuggirebbero e addio alla montagna di soldi che genera questo business. L’uva è solo una parte degli ingredienti necessari per fare un vino, oggi; quindi iscrivere sull’etichetta il tipo di vitigno oppure mostrare la faccia di un vignaiolo o di raccontare storiette non vi informa per niente sul vino. No, perché non andate a pensare che ci sia solo del vino nel vino. Per esempio, c’è un coso che si chiama l’omogeneizzazione e dunque per omogeneizzare il vino è rendere tutta la produzione uguale, i viticoltori hanno diritto di usare trecento tipi di lieviti, in particolare per chiarificare e conservare, del bisolfito di ammonio che favorisce lo sviluppo dei lieviti, dell’ureasi per diminuire il tasso d’urea, della gelatina alimentare oppure della colla di pesce che disacidificano, del solfato di rame, che elimina i difetti di gusto e di odori, dello zolfo, dei frammenti di legno per dare dell’aroma al vino. Non dimentichiamo il ferrocianuro di potassio che è una polvere gialla usata per “sferrare” il vino cioè ridurne la quantità di ferro e di rame. In toto, per la vinificazione viene autorizzata sessanta additivi e settanta ausiliari tecnologici che servono a impedire i residui nella bottiglia. La cosa bella è che i produttori di vino sono sempre più numerosi a fare vini senza additivi, a rinunciare a fare gli chimici e a voler proporre un vino meno artificiale. E dunque quegli ultimi sono in favore della trasparenza totale sull’etichetta, la desiderano. Tranne che questo fottuto emendamento promesso dai deputati europei non viene mai alla luce. Insabbiato grazie alla lobby degli industriali del vino. Ora ci vorrà aspettare che l’emendamento sia votato eventualmente dal prossimo Parlamento europeo e approvato in consiglio dei ministri dagli Stati membri. Ahi, temo che non sia per domani che i vignaioli che fanno vini naturali potranno togliersi dal culo le carasson* che hanno messo loro la mafia del vino.
* carassons, pali di vite in bordolese.