Un anno nel mio Médoc: Marzo.

Nel Médoc, le pecore fanno i cani da guardia…

perché talvolta i cani da guardia nemmeno un’esplosione nucleare…

Nel Médoc, si sogna sempre di essere altrove! Ma non troppo lontano. Tipo sull’isola di fronte a raccogliere porri selvaggi che è la stagione.

In marzo nel Médoc, sentirete la parola “giboulée” mille volte al giorno. Il sole splende, decidete di fare una passeggiata e, dopo cento metri, vi ritrovate bagnato fradicio fino alle mutande.

Nel Médoc, siamo tutti ladri. Quindi non siate sorpresi di vedere qualche volta dei cartelli che indicano che i campi sono minati o pieni di trappole per orsi.

Nel Médoc, talvolta, avete l’impressione di essere in Louisiana. C’è la casa, le vecchie magnolie, manca solo il bicchiere di southern Comfort. Poi, vi ricordate che non siete a New-Orleans e che la casa è il gabinetto di fisiokinesiterapia.

Nel Médoc, le esondazioni del fiume sono cose banali e la gente si protegge come può.

Nel Médoc non ci si coltiva solo la vigna, ma anche il granturco. Ma non gridatelo troppo forte che non fa piacere ai signori di Bordeaux!

Nel Médoc, le navi cargo risalgono l’estuario tanto lentamente verso Bordeaux, che le vecchiette del paese credono di essere delle lepri.

Nel Médoc, i corvi pascolano nei campi arati e non rovistano le pattumiere e non sono maleducati come quelli che vedete a Parigi che pensano essere dei piccioni. Appena vedono, nel lontano, l’ombra di un essere umano che volano via silenziosamente verso altri alberi da corvo.

 

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