Médoc: Assembramento di asini e di pecore!

Agosto nel Médoc. tranne le nuvole di zanzare e di zanzare tigri che non mi danno tregua dalla mattina alla sera, pensate un po’ che i soli esseri viventi che ho visto questo weekend sono questi asini e queste pecore raggruppati sotto un albero in un campo. Quindi la mia probabilità di contrarre il covid-19 è infinitesimale. In realtà, sono più a rischio di prendere la febbre dengue (c’è stato un caso nel dipartimento accanto) del covid-19. Il vantaggio di vivere in campagna o no. 🙂 

Estuario: Il bordolese più rancoroso del Mondo!

Potete arrivare a Macau dalla strada che costeggia il fiume, quella che i turisti non imboccano mai, e arrivare a Macau senza aver visto un piede di vite: periferie bordolesi, zone industriali, accampamenti di zingari, paludi, campi pieni di mucche bionde, distese di granturco, sponda del fiume sporca di detriti del mondo moderno e di legno pietrificato trasportati dalle maree oceaniche. Fa troppo caldo per le zanzare che si riposano e prendono forze per la loro guerra notturna e perpetuale contro gli uomini. Solo gli stormi di rondoni piagnucoloni che volano nelle vie del paese sono indifferenti a quei già trenta gradi di una metà maggio. Si sente il buon odore della poltiglia bordolese nell’aria e mi dico che i viticoltori devono anche arare con i loro trattori alti su zampe tra i filari; è la stagione. Già si vedono le isole sul fiume, la strada è striminzita e ci vuole stare attenti ai grossi camion che trasportano, a tutta birra, la ghiaia estratta dalle paludi verso Bordeaux. Le prime case che appariscono lungo il fiume, sono signorili, case a pianterreno tipiche, edificate dai ricchi proprietari bordolesi di una volta, che chiamiamo certose. Tutte guardano, in una lunga parata, verso il fiume e quasi supplicano il passante per fargli confessare quella è la più bella. Vanità dei tempi antichi. Parcheggio la macchina, sotto i platani del porto che è nemmeno un prato, davanti alla baracca dove, in stagione, si va per mangiare gamberetti schiaffandosi le cosce, le braccia, e il viso a causa delle zanzare, risalgo la via verso il centro del paese con la sua bianchezza calcarea che brucia gli occhi. Penetro nella vecchia chiesa per trovare un po’ di freschezza e ammirare la nave ex-voto, mi dico che la giornata è perfetta. Poi, vedo la statua di Giovanna d’Arco sul muro opposto che mi da un certo fastidio. Diciamolo, mi prendo come uno schiaffo. So bene che Dio era dal lato dei francesi, dal lato di questo bastardo di Carlo qualcosa e della sua pulzella, che i bordolesi e i medocchini hanno perso la guerra dei Cent’anni un certo 17 luglio 1453, che fate una ricostituzione dell’ultima battaglia, ogni estate, a Castillon per ricordarcelo bene. Ma comunque, non è una ragione per metterci delle statue della fraschetta di Carlo qualcosa fino dentro alle nostre chiese del Médoc. Prima di uscire della chiesa, vado a maledire la lorena che non sarà lei a guastarmi la mia giornata. Non mais !

Le colombe ascensionali: un’usanza italiana adottata nel mio paese!

I francesi sanno solo due cose a proposito dell’Ascensione: è un giorno festivo e quel giorno cade sempre un giovedì di cui l’espressione mnemotecnica “il giovedì dell’Ascensione”. Nel mio paese, dove siamo decisamente più svegli della media dei francesi, ne sappiamo una terza: all’estero, gli italiani mangiano della colomba per l’Ascensione e quindi abbiamo adottato anche noi questa bellissima usanza italica. 😁😁😁😁

Botanica: La Santa Trinità dell’autore di questo blog!

In primavera, prima della piena stagione delle zanzare, ci sono tre pellegrinaggi botanici rituali da fare per un indigeno del Médoc. Purtroppo quest’anno, a causa di questo fottuto covid-19, sono riuscito a fare solo il terzo. Il primo si svolge all’inizio di aprile per ammirare i milioni di campanellini che fioriscono nella palude di Labarde e lungo le rive della Gironda. Il secondo si svolge ai primi giorni di maggio quando fioriscono gli asfodeli nei boschi di querce dell’estuario, l’asfodelo è il fior emblematico del sud della penisola del Médoc. Il terzo si svolge quando fioriscono i rododendri giganti delle lande perse di Saint-Queyran (tra la seconda settimana di maggio fino alla fine di maggio). È un pellegrinaggio particolare. Ci si vuole camminare in silenzio, non toccare niente. La vecchia gente dice che, una volta in quel posto, c’era il Paese di Saint-Queyran e che sono i suoi abitanti, massacrati 567 anni fa, che li coltivano. Vero, falso? Comunque una cosa è certa, come loro prima, io non sarò mai dalla parte del giglio…. 

Médoc: Catarino del carciofo di Macau!

Io, potete chiamarmi Catarino tanto sono peggio di Catarina de’ Medici per questo vizio di nutrirmi solo di carciofi. A me non importano le scorte di pasta in quei tempi di covid-19, ma se non trovo più i carciofi da mangiare quattro volte la settimana in primavera e in estate,  tanto mettere fino al confinamento e suicidarmi. Forse non lo sapete – e sono quasi sicuro che non lo sapete – ma il Médoc è una terra famosa per i carciofi e d’altronde ce ne una varietà che si chiama addirittura “di Macau” dal nome di un paesello del Sud Médoc dove ci si coltivava i più buoni. oggi, purtroppo, il carciofo è passato di moda e la sua coltivazione è in via di estinzione, però, una volta, il Médoc era simile alla Bretagna, e tutta la zona da Macau e anche più a Nord, compresa tutte le isole dell’estuario della Gironda, fino alle porte di Bordeaux era ricoperta da campi di carciofi di Macau; e pensate che il carciofo veniva anche coltivato tra i filari dei vigneti! I bordolesi di allora erano mangiatori di carciofi e, visto che sono i miei nonni che mi hanno fatto crescere, posso dirvi che mi mettevano del succo di carciofo con una goccia di vino nel biberon al posto del latte! Carciofo si dice artichaut in francese, da questa parola deriva la parola di gergo “artiche” che designa i soldi. Se un giorno venite a fare un giro nel Médoc e che mi chiedete di portarvi a visitare uno di quei prestigiosi castelli pacchiani di uno di quei Re del vino, non siate sorpresi di vedermi muovermi con nonchalance in mezzo a tutta questa ostentazione destinata a impressionare i merli. È che so io che tutte queste cose, quei castelli, quei vigneti… sono stati comprati grazie “all’artiche” guadagnato dalle nonne delle nonne di quei Re di operette, che le loro antenate si alzavano alle tre della mattina per caricare la carretta con i carciofi e andare a vendere la loro merce sui mercati di Bordeaux. Queste donne che si ammazzavano a coltivare e vendere i carciofi mentre i mariti non facevano un cazzo della giornata, sì che esse erano della vera nobiltà, quella del Carciofo!….

Médoc: Parabrezza vernali.

Ovunque il vento oceanico trascina un profumo penetrante e inebriante di resina e di miele, galleggiando con le nuvole colore zolfo, che toglie ai milioni di pini in fiore delle foreste. Piogge e tempeste di polvere d’oro che si abbattono per due settimane sui cammini, sulle dune, sulle distese di brughiere e di ginestre, sui fiumi e le pozzanghere, sulle acque morte degli stagni, sui tetti delle case dei paeselli del Médoc e…sul parabrezza della mia auto abbandonata. 😉

Primavera: caprioli!

Médoc. La primavera è arrivata, le galline del vicino sono uscite dal loro fottuto torpore e mi svegliano all’alba, il gatto è stato picchiato da una gazza e devo curare la piaga come posso. Anche i rondoni sono tornati e volano e gridano instancabilmente dall’alba al tramonto nei cieli sopra la mia casa. Mi dico che nella foresta devono fiorire i campanellini, le fragole selvatiche e che presto sarà anche il caso degli asfodeli e dei sambuchi, mi dico ancora che i fiumi della foresta devono essere ingrossati dalle piogge invernali. Una famiglia di caprioli ha lasciato la foresta per pascolare nel prato dietro casa mia. Osservo i giovani giocare a inseguirsi sotto la sorveglianza del resto della famiglia. Insomma un inizio di primavera normale nel Médoc eccetto la mia presenza continua a casa da quattro giorni…

Médoc: Indovinello davanti al Mulino Bianco!

Fa molto tempo che non ho proposto un indovinello. Dunque dovete indovinare a cosa servono queste strette passerelle di metallo che corrono sotto certi ponti del Médoc. Vi do un indizio indiretto sotto con la bestiola che mi ha minacciato prima di attraversare la via che porta al Mulino Bianco per raggiungere le sue simili che pullulano nei nostri fiumi. Se vivete alla campagna, l’indovinello non è affatto difficile. C’è da vincere una favola che inserirei nel prossimo post se ci fossero tre o quattro risposte (anche false). 

Estuario: Dove si trovano i porcini in Francia?

Un lettore mi chiede: dove si trovano i porcini in Francia? (eppure il nome del porcino è addirittura cèpe de Bordeaux in francese!). Beh, questa domanda un bordolese non ci risponderà mai, nemmeno sdraiato sul suo letto di morte. E poi che ne so io che vivo in un piccolo paese delle lande di Bordeaux a ridosso dell’Oceano Atlantico! 😉 🙂 🙂 🙂 

Médoc: La pesca ai fagiani.

All’apertura della caccia, in settembre, il Médoc si trasforma in zona di guerra con tutta questa gente che si veste da Rambo per sparare agli uccelli piccoli e grandi. Ovunque vedrete fagiani andare a zonzo attraverso campi e boschi e qualche volta anche in città. Poverine vittime espiatorie additate alla frustrazione di cacciatori di serie Z che sono incapaci di rivaleggiare con l’intelligenza di un tordo o di una beccaccia. Pensate bene che il fagiano non è un uccello del Sudovest. Sono uccelli di allevamento che sono forniti dalle società di caccia private ai loro membri. Il fagiano è una gallina. Ogni settimana, ovunque nel Médoc, sono rilasciati, nell’ambiente, centinaia di quei bellissimi uccelli che, al massimo, svolazzano maldestramente e che sono tanto abituato all’uomo che, invece di scappare, si precipitano verso i cacciatori pensando che è l’ora del pasto. Allora, i cacciatori chiedono ai loro cani di spaventare le galline ai loro piedi per farle svolazzare o correre un po’ prima di spararle. I cani di malumore, tanto la cosa è ripugnante, lo fanno e si vergognano. E il cacciatore di galline può tornare a casa, fiero, con i suoi due o tre fagiani comprati alla società di caccia. Le rimesse in libertà sono così numerose, che i cacciatori non riescono a uccidere tutti i fagiani e sono quegli uccelli miracolati che incontrate per caso nei campi, nei boschi comunali e qualche volta anche nel mio giardino. La vecchia osserva qualcosa nel fiume di scorrimento – completamente a secco in questa stagione -, scavato su tutta la lunghezza del prato dietro casa sua. E io curioso come una vecchia gazza non posso impedirmi ad avvicinarmi. Quattro fagiani stanno là e non hanno l’idea di uscirne, di saltare il recinto e di scappare nel prato. Si sente già le campane dei cani e i cacciatori usciranno presto dalla pineta. La vecchia non perde tempo e corre a casa sua e torna con un secchiello di granturco e una rete da pesca o un pezzo di pante*. La vecchia si mette tranquillamente a chiamare i fagiani e a lanciare essi del granturco (come lei deve fare ogni giorni alle sue galline). I cacciatori ci hanno raggiunti e cominciano a litigare con la vecchia, che lei deve si spostare affine che loro possano sparare ai fagiani, che sono a loro e che li hanno pagati alla società di caccia. La vecchia si mette a urlare, che non si sposterà mai di davanti ai fagiani e di chiedere loro che razza di cacciatori sono per sparare a delle povere bestiole così, che sono la vergogna di tutti i cacciatori del paese, che il prato e il bosco le appartengono e che se loro non se la danno a gamba, lei chiama i carabinieri. I cacciatori non sanno cosa rispondere e tacciono. La vecchia è soddisfatta. Lei pone il secchiello a terra, prende la rete da pesca e la lancia sui fagiani. Come il piccolo sarto tranne che non sono mosche e  che non sono sette, ma quattro fagiani pescati in un colpo in un fossato a secco del Médoc. I fagiani si dibattono, ma la vecchia, indifferente, fa presto a confezionare un fagotto con la rete da pesca, mi saluta, e riparte verso casa sua con il secchiello in una mano e la sua pesca saltellante dall’altra. I cacciatori sono sbigottiti e non capiscono cosa è successo loro. Io quasi mi piscio addosso a osservare la loro disfatta. Qualche giorno dopo, incontro la vecchia landese e le chiedo se i fagiani sono felici nel suo pollaio. Hai visto, lei chiede, quei fulmini di guerra di cacciatori da strapazzo che volevano rubarmi i fagiani? E lei ha fatto bene di intervenire, dico, preso da un brutto presentimento conoscendo un po’ la signora. Ma i fagiani? insisto. Niente, avevo gente a pranzo domenica e hanno finito in pentola. Non erano grossi, una volta spennati, ma ti assicuro che li ho cucinati bene senza piombo!….

*pante: rete tradizionale che si usava una volta per la caccia alla palomba.