Il bordolese che scoprì che il Rosso di Bordeaux non era del vino!

Pane alla farina Rouge de Bordeaux comprato dal mio panettiere.

Parigi 2016. A Parigi, il pane fa veramente schifo, mi dico, mentre entro per l’ennesima volta, disperato, in una panetteria parigina. Davanti a me, una cliente con accento parigino che chiede una baguette: “non troppo cotta, eh!” E io ho subito voglia di scappare. Anche a Bordeaux, per dire la verità, ci sono tanti bordolesi che chiedono la baguette: “non troppo cotta, eh!” Il cancro bianco come lo chiama il mio panettiere aggiungendo che, a questo ritmo di diffusione, verrà un giorno in cui lui si accontenterà di vendere direttamente delle confezioni di farina. Il panettiere parigino sorride mentre il mio panettiere guascone, che non è un tizio a fare concessioni oppure a rassegnarsi, avrebbe cacciato via la signora:  “Siamo una panetteria qui e io non faccio il mugnaio!” Quasi credo di sentire le sue parole. Il panettiere parigino interrompe la mia fantasticheria: Buongiorno! E per lei, signore, cosa sarà? Rimpiango di essere entrato. Ma cosa fare adesso in mezzo a tutto questo pane bianco? Ancora una volta, mi sono lasciato ingannare dalla vetrina dove c’era scritto: Panetteria artigianale. Va bene, al diavolo tutto e anche la mia educazione! Mi lancio che fa una settimana che non ho mangiato del pane che non sia una schifezza industriale: Ma lei non fa del pane che sia cotto? Di quello con la crosta caramellata quasi bruciata come piace a me? Con la mollica bene alveolata che sa di lievito? Lui sorride e tira da sotto il banco un cesto pieno di baguette. E io che ero sull’orlo della crisi di nervi, mi calmo subito vedendo il pane che ha il colore perfetto per me. Lui, sempre senza dire una parola, prende una baguette e me la rompe in due con le mani, poi me ne tende una metà. Non me lo faccio dire due volte, affamato di pane come sono, e mordo all’estremità, il quignon come si dice a Bordeaux, il tozzo dei Re. In vita mia, non ho mangiato di pane cosi buono gli dico e chiedo tutto balbettante: Ma diavolo cos’è questo fottuto pane? E lui di rispondere, sempre sorridente: Rosso di Bordeaux. E io che ero scemo all’epoca – e che lo sono ancora oggi – di dire: “Ah lei ha messo del vino di Bordeaux nell’impasto al posto dell’acqua.” E lui, il panettiere parigino sempre sorridente ed educatissimo: “No, vuole dire che ho fatto le baguette con un grano che si chiama Rosso di Bordeaux. Va bene al diavolo tutto! Ho già lasciato la mia educazione, posso anche confessare la mia più completa ignoranza! Lei mi prenderà in giro, signore, ma io che sono di Bordeaux, non ho mai sentito parlare di un grano chiamato Rosso di Bordeaux! Ma cos’è questa fottuta diavoleria? Ma lui non ride di me e non sembra affatto sorpreso dalla mia ignoranza tutta bordolese. Poi mi svela il perché della cosa: “Il grano Rosso di Bordeaux è un grano antichissimo originario dalla Guascogna,  particolarmente apprezzato nella sua città di Bordeaux dove, una volta, i panettieri bordolesi usavano quasi esclusivamente questa farina per fare i loro pani. Rosso fa riferimento al colore delle spighe di questo grano. Ovviamente, i panettieri di Bordeaux non lo chiamavano grano Rosso di Bordeaux. Sono panettieri del dipartimento della Seine et Marne (nella regione parigina) che si erano rifugiati a Bordeaux durante la guerra franco-prussiana del 1870 che l’hanno chiamato così. Loro hanno trovato il pane fatto a Bordeaux tanto buono che quando sono tornati a Parigi, hanno portato con loro qualche sacco di sementi. È così che si è diffuso il grano Rosso di Bordeaux nei dintorni di Parigi. Nel frattempo a Bordeaux, il grano Rosso è stato sostituito da altre varietà di grano più renditrici e la stessa cosa è avvenuta anche nel Bacino parigino più tardi. Fino a fare cadere il grano Rosso di Bordeaux nel dimenticatoio. Poi alla fine degli anni 1970, una coppia che lavorava in agricoltura biologica sente parlare del grano Rosso di Bordeaux che è a rischio di estinzione. E il marito e la moglie si mettono a muovere cielo e terra per trovare delle sementi. E invece niente, sembra che il grano Rosso di Bordeaux sia già estinto. Poi il miracolo nella soffitta di un contadino di Blois dove trovano una decina di chili di sementi di grano. Era l’inizio della Riconquista del grano Rosso di Bordeaux grazie a una manciata di contadini, mugnai  e panettieri….” L’altro giorno, entro nella mia panetteria, quella del guascone che caccia fuori le signore che chiedono del pane bianco. Lui mi dice sottovoce come per svelarmi un segreto: “Ho una novità, un nuovo pane fatto grazie al mio mugnaio che conosce un contadino che coltiva delle varietà antiche di grano” E lui mi tira da sotto il banco un bellissimo pane. E mentre lui mi racconta, entusiasta, del suo nuovo pane, sorrido pensando che non troverei più il Rosso di Bordeaux solo a Parigi, ma anche nella panetteria del mio quartiere. Dopo un lungo viaggio, il Rosso di Bordeaux è tornato a casa!

Bordeaux: Canicola, Rosso di Bordeaux e stregoni della pioggia.

Una casa tipica di Bordeaux con un fico che sta crescendo sul marciapiede.

Il nome Rosso di Bordeaux può ingannare perché non si riferisce alla vigna, ma a una varietà di fico tipicamente bordolese, esiste anche un’altra varietà di fico proprio alla regione bordolese che si chiama Ronde di Bordeaux. Diciamo che il fico è una pianta endemica a Bordeaux e non è raro in primavera di vedere dei fichi forare i marciapiedi nei quartieri che non hanno un particolare interesse turistico e che sono quindi un po’ trascurati dal comune. Se Bordeaux fosse abbandonata dai suoi abitanti dopo una catastrofe climatica o nucleare, siate sicuri che non sarebbe la vigna a conquistare la città, ma i fichi. Una volta, in tutti i giardini bordolesi, anche i più piccoli, c’era un albero da fico e io, non l’ho conosciuto, ma ho sempre sentito parlare del mitico fico che avevano i miei nonni in centro città e che crollava sotto i frutti più buoni del mondo. Credo sia la ragione per cui ho assolutamente voluto un fico bordolese nel mio giardino, per mantenere questa tradizione familiare in qualche modo (e anche per la gola!).

Il fico nel mio giardino ei primi fichi della stagione.

Non lontano da dove c’era l’albero da fico dei miei nonni c’è, via Laroche, al numero 75, dietro il Giardino Pubblico e il liceo Montesquieu, la fontana Figueyreau cioè la fontana del fico (Figueyreau dal guascone higuèr che significa fico). E’ tra le fontane più vecchie di Bordeaux ed era già famosa nell’antichità perché è legata a un culto magico che ci si è svoltato fino al XVIII secolo e che permetteva di fare cadere la pioggia su Bordeaux in periodo di canicola come quella di quest’anno; non pensate che le estati africane siano rare a Bordeaux perché è qualcosa di molto frequente. Quando i bordolesi avevano bisogno di pioggia per le loro vigne, andavano a Figueyreau…Non vedete la fontana? E’ questo strano edificio che assomiglia ad un tempio neoclassico. La prima fontana edificata nel XVII secolo assomigliava ad una piramide, quella è più recente e risale all’inizio del XIX secolo. Adesso chiudete gli occhi e immaginate che non siate più in centro città, ma in campagna; che non ci sono più i palazzi, ma un bellissimo giardino piantato da fichi dove in mezzo scorre un fiume di acqua pura; che i rumori della città e del traffico automobilistico sono stati sostituiti dal dolce parlare guascone delle lavandaie e dei portatori d’acqua che sono venuti dalla città assetata e che adesso si riposano, in riva al fiume, all’ombra dei fichi. Ci siete? Curiosamente in periodo di canicola e quando tutti i fiumi bordolesi erano secchi, il fiume del fico continuava a fornire, indifferente, la sua acqua pura agli abitanti di Bordeaux quindi era già un luogo magico per i bordolesi. Ma qual è veramente il culto magico che permette alla fonte di Figueyreau di fare cadere la pioggia su Bordeaux e di salvare le vigne? Per questo, i fichi e l’acqua pura non bastano e abbiamo bisogno di uno stregone, ma soprattutto del suo bastone magico perché senza il bastone, lo stregone non serve proprio a niente. Il primo stregone fu un certo Marziale di Limoges che fu inviato da Roma nel III secolo per evangelizzarci, noi che credevamo ad una moltitudine di dei. Questo stregone aveva un bastone magico che in italiano si chiama pastorale (credo anche in francese) e che gli aveva dato un suo cugino, un certo Pietro.

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Avignone, Palazzo dei Papi. Il bastone magico ricevuto da San Maziale dai mani di San Pietro e che è stato utilizzato da secoli dai bordolesi nei periodi di canicola prima di essere perso durante la Rivoluzione Francese.

Quando lo stregone arrivò a Bordeaux, c’era la guerra e un incendio stava distruggendo la città, allora, lo stregone, davanti agli abitanti esterrefatti fece qualche movimento con il bastone pronunciando qualche parola di tipo abracadabra in latino e una pioggia dirotta si mise a cadere e la città fu salvata. Pensate un po’, pragmatici come sono i bordolesi, che si sono convertiti subito e che, quando lo stregone è morto, hanno rispedito il corpo a Limoges, conservando il suo bastone magico al riparo nella basilica di Saint-Seurin. Ogni 30 giugno, la gente andava a Saint-Seurin per ricordare lo stregone e verificare che il bastone era sempre li, un po’ come fanno gli italiani con la sindone di Torino, se volete. Comunque vi ho detto che i bordolesi sono un popolo molto pragmatico quindi in periodo di siccità o di canicola, quando la vigna cominciava a seccare, la gente andava in processione a cercare il bastone, poi si recava alla fontana di Figueyreau per fare cadere la pioggia. Il cerimoniale era molto codificato, lo stregone, successore del primo stregone, doveva recitare delle formule magiche, disporre il bastone su una lenzuola tesa sopra la fontana, tra i fichi. Poi, abbassare la lenzuola fino a fare toccare delicatamente l’acqua di Figueyreau al bastone. Perché il bastone non doveva essere immerso nell’acqua della fonte, ma ricevere solo qualche goccia; altrimenti avrebbe provocato delle inondazioni o un diluvio. Insomma il bastone magico si manipolava un po’ come la dinamite nei film di Sergio Leone. Il bastone magico di San Marziale ha funzionato senza mai fallire dall’antichità fino al periodo dei Lumi. Nel 1716, lo stregone che doveva fare cadere la pioggia ha troppo bagnato il bastone e la processione ha mancato essere travolta da un diluvio. Poi, alla Rivoluzione Francese, il bastone magico di San Marziale si è perso e nessuno l’ha mai ritrovato e io mi sto dicendo, con le temperature che abbiamo, che avremmo bene bisogno di questo fottuto bastone a fare piovere in questo momento 😉